ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 4 febbraio 2015

Femminismo ravasiano

Attacchi vetero-femministi contro il card. Burke


(di Cristina Siccardi) Nel desolante alveo della fede che oggi siamo costretti a vivere, dove il fiele diventa bevanda quotidiana, c’è chi riesce, a mescerlo pubblicamente, scagliandosi con livore contro persone di adamantina ecclesialità. È possibile lanciare pietre, senza rispetto, contro un porporato dal profilo cattolico e dalla caratura teologica del cardinale Raymond Leo Burke? Oggi è possibile.
Lo ha fatto Gianni Gennari il 30 gennaio scorso con un articolo al vetriolo, pubblicato da “Vatican Insider”, dal titolo Se Burke non vuole le “chierichette”. Lo stratagemma escogitato dal giornalista-teologo (ordinato sacerdote nel 1965, fu vicino alle posizioni di Tonino Tatò – fondatore del “Movimento dei cattolici comunisti” nel 1943 – e di Enrico Berlinguer, del quale il primo divenne suo segretario. Gennari si sposò nel 1984, dopo aver ottenuto lo stato laicale) è quello di opporre il Cardinale, che tiene alta la bandiera degli insegnamenti perenni della Chiesa eludendo teologicamente alle mode mondane, al pensiero femminista, servendosi così di un obsoleto mezzo progressista che propagandava l’idea che la Chiesa fosse nemica della donna, intesa come categoria (gli odi emblematici seminati nelle società dal comunismo erano, è bene ricordarlo, uomo-donna, ricco-povero).
La sinistra ha sempre giocato sulla contrapposizione forzata fra uomo e donna, urtandosi evidentemente contro la civiltà cristiana (cristocentrica e mariana), e tale impostazione ideologica, purtroppo entrata nella Chiesa, elimina, con la menzogna e l’uguaglianza imposta di stampo illuminista, l’armonia e la bellezza degli opposti complementari, voluti e creati da Dio.
Il fatto che il cardinale Burke, che è stato Prefetto della Segnatura Apostolica, il Supremo Tribunale della Santa Sede, si allinei con la dottrina della Chiesa di sempre non dovrebbe scandalizzare le persone pensanti: le chierichette sono oggettivamente una presenza che disturba. Partiamo dall’etimologia, che chiarisce sempre al meglio i concetti: il termine «chierichetto» (piccolo chierico, piccolo sacerdote) deriva dal latino «clericus», forma aggettivale di clerus, indicante chi appartiene all’ordine sacerdotale.
Ebbene, «chierichetta» è la piccola chierica, ovvero la piccola sacerdotessa… basterebbe fermarsi qui per comprendere l’incompatibilità fra la bambina-ragazza e il servizio all’altare. In fondo, è molto semplice: esistono vocazioni diverse perché esistono sessi diversi. Lo scambio dei ruoli è molto pericoloso, crea competizioni sregolate, scompenso psicologico e organizzativo, caos e, soprattutto, profana l’ordine stabilito da Dio, di conseguenza distrugge l’equilibrio fra i rapporti umani. La Chiesa è sempre stata maestra di ordine e di armonia, di rispetto e di onore per Dio e, conseguentemente, per le persone e tra le persone, che, riverendo le leggi divine, non sono alterate dalle passioni terrene, quest’ultime vincolate al peccato originale: antagonismi, prevaricazioni, rivoluzioni non hanno ragion d’essere per chi riconosce il valore di ciascun ruolo.
Scriveva il Padre della Chiesa san Giovanni Crisostomo, commentando la seconda lettera a Timoteo: «Vedi come anche le donne erano ardenti, infiammate di fede; così Priscilla, così questa Claudia (…) si erano staccate nell’animo dalle faccende mondane, e maggiormente splendevano (…) La donna infatti porta su di sé una parte non piccola dell’organizzazione civile (…) e tanto meno in campo spirituale: può morire mille volte, se lo vuole, e molte sono state martirizzate; può custodire la castità, e meglio degli uomini, perché non è molestata da pari ardore; può mostrare modestia, dignità e illibatezza, senza di cui nessuno potrà vedere il Signore (Ebr 12, 14), e disprezzo per le ricchezze, se lo vuole: in breve, ogni altra virtù» (Omelie sulla seconda lettera a Timoteo, 10, 3).
Vedere ragazze con i pendenti ai lobi delle orecchie, che si aggiustano i capelli o che si guardano le unghie laccate, all’interno del presbiterio (dal greco πρεσβύτερος, presbýteros, «più anziano»; dal latino presbite, sacerdote, dunque il presbiterio è abitato da chi ha ricevuto una specifica e sacra Ordinazione) è qualcosa che stride non soltanto alla semantica lessicale, ma tanto più alla teologia, che si occupa delle cose di Dio e non di femminismo.
Il malevolo articolo è costruito sui luoghi comuni delle suffragette catto-comuniste e accusa la Chiesa di essere stata, nel passato, contro la figura femminile per partito preso, citando aneddoticamente san Pio X fra i persecutori beffardi delle donne. Sarebbe bene, proprio a tale proposito, invitare, chi dubita, a leggere i registri parrocchiali redatti di pugno da don Sarto (che parole utilizzava di encomio muliebre!) e i molteplici passi che questo Santo Pontefice scrisse nel suo copiosissimo carteggio ad onore proprio delle donne e fra questi spicca sua madre, Margherita Sarto, che egli amò, esaltò e venerò con la similare forza con la quale sant’Agostino amò, esaltò e venerò santa Monica. Le liriche parole, dettate dal cuore virile e non ideologico, che ritroviamo in questi santi, compreso don Bosco nei confronti di sua madre (il fondatore dei Salesiani profetizzò, il 6 gennaio 1870, una futura Roma «effemminata»), non si leggono in nessuna pagina progressista, sia laica che clericale.
Quando Gennari afferma che «la tendenza antifemminile è antica, in tutte le culture, e la troviamo anche nelle culture apparentemente moderne, non soltanto nella cultura cristiana e cattolica», mette ancor più in risalto la limpidezza dottrinale del cardinale Burke, autentico servitore della Chiesa, il quale non dice che «i tempi sono cambiati» e che le chierichette devono fare concorrenza ai chierichetti con accento rivendicativo, ma, in termini realistici e sacri, inneggia alle meraviglie della Sacra liturgia: in questa «“casa santa” (San Pietro), seguendo l’esempio della Madre di Dio e implorando la sua intercessione, scopriamo che il nostro unico “condividere” la nostra unica “eredità” è il Signore vivente per noi nella Chiesa e la nostra dimora permanente si trova in un popolo santo nella “comunione dei santi”» (Omelia del Cardinale Burke in San Pietro durante il pellegrinaggio Populus Summorum Pontificum 2014).
Molte vocazioni sono nate proprio da bambini, servendo all’altare, guardando il Tabernacolo e il sacerdote. Molto difficile che una chiamata arrivi in compagnia delle piccole chieriche. (Cristina Siccardi)
http://www.corrispondenzaromana.it/attacchi-vetero-femministi-contro-il-card-burke/

Scaraffia e quella Chiesa ancora maschile: «In troppi pensano a loro come serve»



«Francesco, lui, lo ha detto molto chiaramente. Quella frase, soprattutto: “Soffro quando vedo nella Chiesa che il ruolo di servizio della donna — quel ruolo che tutti noi dobbiamo avere — scivola verso la servitù”. Ecco: ci sono ancora molte donne che nella Chiesa vivono in condizione di servitù, fanno da cameriere o da badanti ai preti e vengono trattate come serve».
La storica Lucetta Scaraffia, coordinatrice dell’inserto «Donne, Chiesa, Mondo» dell’Osservatore Romano, è stata chiamata a concludere, sabato, l’assemblea sulle «culture femminili» in Vaticano. Parlerà del futuro.
Pare di capire, professoressa, che nella Chiesa ci sia una maggiore attenzione, no?
«Sì, per un motivo ineludibile. La Chiesa, specie in Occidente, è spiazzata. È un mondo assolutamente al maschile, a livello decisionale, ma composto per la maggior parte di donne. I due terzi dei religiosi sono donne, dalle missionarie alle suore di clausura. E sono le donne che ormai mandano avanti le parrocchie, insegnano catechismo, badano ai bambini, assistono anziani e malati».
Però?
«Però la loro voce non viene ascoltata. Non è questione di potere, ma di voce. Di ascolto della loro voce e di partecipazione ai processi decisionali. Non si tratta di sacerdozio o di donne cardinale. Non ci sarebbe bisogno di cambiare nulla…».
Ad esempio?«Trovo vergognoso, per dire, che le donne non facciano parte delle congregazioni che precedono il Conclave. Ci sono cardinali, vescovi e gli ordini religiosi maschili, giustamente. Ma le madri generali, le rappresentanti di organizzazioni internazionali, quelle no. Donne importantissime, che avrebbero tantissimo da dire, e nessuno le ascolta. Del resto, è ridicolo che non ci siano donne ai vertici dei dicasteri dei laici o della famiglia; perfino tra i religiosi l’unica donna è sottosegretario».
Come reagiscono le donne?«Le vedo esasperate, sfiduciate. Stanno per conto loro. È questa è una perdita grave, per la Chiesa».
Eppure qualcosa si muove. L’inserto femminile dell’«Osservatore», le cinque donne nominate nella commissione teologica internazionale…
«L’inserto è nato tre anni fa, sotto il pontificato di Benedetto XVI, proprio per mostrare che le donne c’erano, perché non fossero ignorate».
Parlava di Occidente. E altrove?
«In molte parti del mondo la Chiesa è l’istituzione più femminista che ci sia, grazie alle donne. Pensi alle missionarie che in Africa o in Asia fanno studiare ragazze altrimenti escluse dalle scuole. O l’assistenza delle suore alle donne che subiscono violenza. Ci sono Paesi dove sono solo i cristiani a difendere le donne. Eppure: lo ha mai sentito rivendicare, questo? È come se non se ne accorgessero neppure…».
Francesco ha detto: «Bisogna fare di più».
«Francesco se ne rende conto e lo ha ripetuto, nel suo modo franco. Ma sarà durissima. E diffido delle consulte femminili. Penso debbano entrare nelle strutture che ci sono già».
Non si fa molte illusioni…
«Non so quanto gli uomini siano disposti a rinunciare a una fetta di potere. Pochi sentono il problema. Del resto tanti sono anziani, hanno passato la vita a vedere donne che fanno le serve. Per questo è fondamentale che ci siano donne a insegnare nei seminari: così i futuri preti non le vedranno solo a lavare piatti o calzini, si faranno un’idea diversa».

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