Luther’s Table |
… c’è un magistero romano che è meglio ignorare… è legittima difesa. La preghiera dei fedeli (?), e altro: mi rendo conto che non è sempre facile trovare una Messa in rito antico, ma, quando è possibile, conviene sforzarsi di farlo anche a costo di macinare chilometri a fatica: ne va della gloria che dobbiamo tributare a Dio e della salvezza della nostra anima, checché ne dica la “Preghiera degli infedeli”.
Martedì 10 febbraio 2015
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sono pervenute in Redazione:
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Caro Alessandro Gnocchi,
ho letto la sua ultima rubrica e l’ho trovata molto chiara e molto utile, oltre che molto condivisibile. Mi manca solo un’altra indicazione: se è vero, come è vero, tutto quello che dice, come dobbiamo comportarci quando parla papa Francesco?
Duilio Paltrinieri
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Caro Paltrinieri,
rispondo alla sua domanda aggiungendo un punto agli otto della rubrica della scorsa settimana. Punto nove: dopo aver seguito per doveri di cattolicità e per doveri d’ufficio le imprese di Bergoglio sono giunto alla conclusione di ignorare completamente il suo magistero, mediatico e non. Dai Tischreden [1] di Santa Marta ai pronunciamenti d’alta quota, passando per discorsi ed encicliche faccio come se non ci fosse. Tanto, quel poco di cattolico che, per scelta o per caso, c’è dentro lo conosco già. Il resto è solo dannoso.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
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1 – Tischreden (in italiano “Discorsi a tavola”). Raccolta di detti di Martin Lutero. Per estensione: motti, pensieri che scaturiscono dal dialogo familiare,a tavola.
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Caro Dottor Gnocchi,
domenica scorsa a Messa ho sentito questa roba durante la preghiera dei fedeli: “Per la Chiesa, perché non pretenda di essere depositaria della via per la salvezza degli uomini”. Testuale, così. Sono rimasto così allibito che l’ho annotata subito per non scordarla. Mi sembrava così grossa che ho chiesto conferma a mia moglie, forse avevo capito male io, ma anche lei aveva sentito la stessa cosa. Mi chiedo se le preghiere dei fedeli il prete le controlla prima della Messa o no. Ma se per caso fosse stata una “libera iniziativa”, il celebrante non avrebbe dovuto correggere subito una tale bestialità? Ma se invece l’ha approvata prima della Messa, ci capisco ancora di meno. Insomma, a sentire cose del genere vien da chiedersi cosa andiamo a fare a Messa e perché dobbiamo sforzarci di essere “buoni cristiani”, come mi diceva sempre mia madre. Potrei concludere che la Chiesa non mi garantisce più la salvezza. E allora, visto che alla salvezza ci tengo, a chi dovrei rivolgermi? Mi scusi l’espressione, ma mi sembra roba da matti e ho la gran tentazione di smettere di andare a Messa, così tra l’altro non sentirò più neanche il sacerdote che tante volte inizia dicendo: “Benvenuti a questa assemblea” e mi sembra di essere a una riunione di condominio. Perdoni lo sfogo. Le auguro buon lavoro e la saluto con tanta stima.
Corrado Astolfi
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Caro Astolfi,
partirei dal fondo suggerendole che, quando riceve il benvenuto all’assemblea, lei si trova nel buon diritto di lasciare una delega e andarsene, come si fa nelle riunioni di condominio o in altre occasioni di pari intensità e di pari appeal.
Per quanto riguarda la preghiera dei fedeli a cui si riferisce, non pensi di essere capitato su chissà quale pianeta. Quella che tanto la scandalizza è merce comune, contrabbandata nelle chiese di tutto l’orbe ex cattolico: non si può definire diversamente una Chiesa fondata da Gesù Cristo (Via, Verità e Vita), che prega per non cadere nella tentazione di ritenere Cristo Via, Verità e Vita.
Caro Astolfi, dove vive? Lo show della preghiera dei fedeli è una delle parti più tragicomiche delle “assemblee” a cui partecipano tanti cattolici. Così tragicomiche che, più che “Preghiera dei fedeli”, dovrebbe essere chiamata “Preghiera degli infedeli”. Lì dentro si trova di tutto e, di solito, il sacerdote concorda, anzi ha partecipato alla stesura e incita i poveri fedeli sulla strada dell’apostasia che lui ha già percorso fin dai teneri anni del seminario.
Se per caso, raramente, il sacerdote non concorda, allora abbozza senza avere il coraggio di intervenire perché ormai le padrone delle chiese sono le pie donne dallo sguardo un po’ stralunato che governano con piglio autoritario liturgia, pastorale e catechesi in nome e per conto della comunità fregandosene di Nostro Signore. Le preghiere degli infedeli sono di loro stretta competenza perché è proprio lì che si esprimono in tutta la loro ricchezza e la loro fecondità il genio femminile e il sacerdozio dei laici. Trovare una migliore esemplificazione dei frutti del Vaticano II sarebbe difficile.
Capisce bene, caro Astolfi, che se anche un sacerdote non è completamente d’accordo, il risultato non cambia: i fedeli usciranno di chiesa felici di aver pregato di far parte di una compagine che non serve a niente o quasi e, quindi, non chiede niente o quasi e dunque va bene per tutti: cattolici, se ancora ne rimangono, apostati, diversamente credenti e anche atei. Basto solo non evocare quello scomodo Gesù Cristo che pretende ancora di essere Via, Verità e Vita.
Grazie a Dio, da anni non mi sottopongo più a questa tortura. Frequento la Messa in rito tradizionale, dove tutte queste amenità anticristiche, anche volendolo, non possono trovare spazio. Lo consiglio anche a lei caro Astolfi: la rinascita della fede cattolica passa solo attraverso la restaurazione della liturgia cattolica, che non è quella inventata a tavolino da Annibale Bugnini e promulgata da papa Paolo VI, ma quella che ci è stata consegnata da secoli e secoli di tradizione.
Mi rendo conto che non è sempre facile trovare una Messa in rito antico, ma, quando è possibile, conviene sforzarsi di farlo anche a costo di macinare chilometri a fatica: ne va della gloria che dobbiamo tributare a Dio e della salvezza della nostra anima, checché ne dica la “Preghiera degli infedeli”.
Ora, lei avrebbe buonissimo gioco ad obiettare che da decenni la Chiesa cattolica non fa altro che predicare di essere quanto viene così efficacemente sintetizzato nelle “preghiere degli infedeli” che circolano per l’orbe ex cattolico. Le vengo incontro ricordando che l’attuale pontefice, non più tardi di un mese fa, ha definito testualmente l’interreligiosità come una grazia. Traduco: il Vicario di Cristo dice che è una grazie non appartenere a Cristo.
Caro Astolfi, siamo arrivati a fine corsa, ma questo non significa che la verità sia mutata. È solo diventato quasi impossibile trovarla entrando in chiesa.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
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sono pervenute in Redazione:
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Caro Alessandro Gnocchi,
ho letto la sua ultima rubrica e l’ho trovata molto chiara e molto utile, oltre che molto condivisibile. Mi manca solo un’altra indicazione: se è vero, come è vero, tutto quello che dice, come dobbiamo comportarci quando parla papa Francesco?
Duilio Paltrinieri
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Caro Paltrinieri,
rispondo alla sua domanda aggiungendo un punto agli otto della rubrica della scorsa settimana. Punto nove: dopo aver seguito per doveri di cattolicità e per doveri d’ufficio le imprese di Bergoglio sono giunto alla conclusione di ignorare completamente il suo magistero, mediatico e non. Dai Tischreden [1] di Santa Marta ai pronunciamenti d’alta quota, passando per discorsi ed encicliche faccio come se non ci fosse. Tanto, quel poco di cattolico che, per scelta o per caso, c’è dentro lo conosco già. Il resto è solo dannoso.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
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1 – Tischreden (in italiano “Discorsi a tavola”). Raccolta di detti di Martin Lutero. Per estensione: motti, pensieri che scaturiscono dal dialogo familiare,a tavola.
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Caro Dottor Gnocchi,
domenica scorsa a Messa ho sentito questa roba durante la preghiera dei fedeli: “Per la Chiesa, perché non pretenda di essere depositaria della via per la salvezza degli uomini”. Testuale, così. Sono rimasto così allibito che l’ho annotata subito per non scordarla. Mi sembrava così grossa che ho chiesto conferma a mia moglie, forse avevo capito male io, ma anche lei aveva sentito la stessa cosa. Mi chiedo se le preghiere dei fedeli il prete le controlla prima della Messa o no. Ma se per caso fosse stata una “libera iniziativa”, il celebrante non avrebbe dovuto correggere subito una tale bestialità? Ma se invece l’ha approvata prima della Messa, ci capisco ancora di meno. Insomma, a sentire cose del genere vien da chiedersi cosa andiamo a fare a Messa e perché dobbiamo sforzarci di essere “buoni cristiani”, come mi diceva sempre mia madre. Potrei concludere che la Chiesa non mi garantisce più la salvezza. E allora, visto che alla salvezza ci tengo, a chi dovrei rivolgermi? Mi scusi l’espressione, ma mi sembra roba da matti e ho la gran tentazione di smettere di andare a Messa, così tra l’altro non sentirò più neanche il sacerdote che tante volte inizia dicendo: “Benvenuti a questa assemblea” e mi sembra di essere a una riunione di condominio. Perdoni lo sfogo. Le auguro buon lavoro e la saluto con tanta stima.
Corrado Astolfi
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Caro Astolfi,
partirei dal fondo suggerendole che, quando riceve il benvenuto all’assemblea, lei si trova nel buon diritto di lasciare una delega e andarsene, come si fa nelle riunioni di condominio o in altre occasioni di pari intensità e di pari appeal.
Per quanto riguarda la preghiera dei fedeli a cui si riferisce, non pensi di essere capitato su chissà quale pianeta. Quella che tanto la scandalizza è merce comune, contrabbandata nelle chiese di tutto l’orbe ex cattolico: non si può definire diversamente una Chiesa fondata da Gesù Cristo (Via, Verità e Vita), che prega per non cadere nella tentazione di ritenere Cristo Via, Verità e Vita.
Caro Astolfi, dove vive? Lo show della preghiera dei fedeli è una delle parti più tragicomiche delle “assemblee” a cui partecipano tanti cattolici. Così tragicomiche che, più che “Preghiera dei fedeli”, dovrebbe essere chiamata “Preghiera degli infedeli”. Lì dentro si trova di tutto e, di solito, il sacerdote concorda, anzi ha partecipato alla stesura e incita i poveri fedeli sulla strada dell’apostasia che lui ha già percorso fin dai teneri anni del seminario.
Se per caso, raramente, il sacerdote non concorda, allora abbozza senza avere il coraggio di intervenire perché ormai le padrone delle chiese sono le pie donne dallo sguardo un po’ stralunato che governano con piglio autoritario liturgia, pastorale e catechesi in nome e per conto della comunità fregandosene di Nostro Signore. Le preghiere degli infedeli sono di loro stretta competenza perché è proprio lì che si esprimono in tutta la loro ricchezza e la loro fecondità il genio femminile e il sacerdozio dei laici. Trovare una migliore esemplificazione dei frutti del Vaticano II sarebbe difficile.
Capisce bene, caro Astolfi, che se anche un sacerdote non è completamente d’accordo, il risultato non cambia: i fedeli usciranno di chiesa felici di aver pregato di far parte di una compagine che non serve a niente o quasi e, quindi, non chiede niente o quasi e dunque va bene per tutti: cattolici, se ancora ne rimangono, apostati, diversamente credenti e anche atei. Basto solo non evocare quello scomodo Gesù Cristo che pretende ancora di essere Via, Verità e Vita.
Grazie a Dio, da anni non mi sottopongo più a questa tortura. Frequento la Messa in rito tradizionale, dove tutte queste amenità anticristiche, anche volendolo, non possono trovare spazio. Lo consiglio anche a lei caro Astolfi: la rinascita della fede cattolica passa solo attraverso la restaurazione della liturgia cattolica, che non è quella inventata a tavolino da Annibale Bugnini e promulgata da papa Paolo VI, ma quella che ci è stata consegnata da secoli e secoli di tradizione.
Mi rendo conto che non è sempre facile trovare una Messa in rito antico, ma, quando è possibile, conviene sforzarsi di farlo anche a costo di macinare chilometri a fatica: ne va della gloria che dobbiamo tributare a Dio e della salvezza della nostra anima, checché ne dica la “Preghiera degli infedeli”.
Ora, lei avrebbe buonissimo gioco ad obiettare che da decenni la Chiesa cattolica non fa altro che predicare di essere quanto viene così efficacemente sintetizzato nelle “preghiere degli infedeli” che circolano per l’orbe ex cattolico. Le vengo incontro ricordando che l’attuale pontefice, non più tardi di un mese fa, ha definito testualmente l’interreligiosità come una grazia. Traduco: il Vicario di Cristo dice che è una grazie non appartenere a Cristo.
Caro Astolfi, siamo arrivati a fine corsa, ma questo non significa che la verità sia mutata. È solo diventato quasi impossibile trovarla entrando in chiesa.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
“FUORI MODA”. La posta di Alessandro Gnocchi – rubrica del martedì
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Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it , con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.
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Il successo di questa rubrica è testimoniato dal numero crescente di lettere che arrivano in redazione. A questo proposito preghiamo gli amici lettori di contenere i propri testi entro un massimo di 800 – 1.000 battute. In tal modo sarà più facile rispondere a più lettere nella stessa settimana. Ringraziamo tutti per la gentile attenzione e collaborazione.
PD
http://www.riscossacristiana.it/gnocchi100215/
L’argomento all’ordine del giorno era la pubblicazione di un direttorio sulla “Ars celebrandi”, sull’arte del celebrare la messa, con “oggetto di particolare attenzione” l’omelia.
Il direttorio era in cantiere da anni, ma nel 2005 era ancora in alto mare. I cardinali e i vescovi della congregazione avevano in visione due bozze.
Ebbene, Bergoglio disse di cestinarle entrambe e di riscrivere tutto da capo, con una “nuova redazione più meditativa, fresca e vitale”.
E aggiunse:
“Penso che il [nuovo] documento non possa essere un’istruzione e probabilmente neppure un direttorio, che risulterebbe troppo pesante”.
Il bello di questa “ponenza” dell’allora arcivescovo di Buenos Aires è che nei giorni scorsi è stata resa pubblica – mentre di norma restano tutte segrete – ed è stata data da leggere a tutti i preti di Roma in vista dell’incontro d’inizio Quaresima che avranno con papa Francesco il prossimo giovedì 19 febbraio, incontro che verterà proprio sulla “Ars celebrandi”:
> Plenaria 2005 – Ponenza di S.E.R il Signor Cardinale Jorge Mario Bergoglio S.J.
Da allora sono passati dieci anni e solo oggi la lunghissima gestazione del documento ha avuto fine.
Ma appunto. Non doveva essere un direttorio e invece lo è fin dal titolo. Doveva essere “breve” e invece è di ben 156 pagine.
Papa Francesco l’ha formalmente approvato. Ma quello che gli premeva dire sulle omelie l’aveva già detto in un’ampia sezione “ad hoc” della sua programmatica esortazione apostolica “Evangelii gaudium“.
E su come desidera che si predichi dà esempio ogni mattina nella cappella di Casa Santa Marta.
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/02/10/quel-direttorio-che-il-papa-voleva-cestinare/
Quel direttorio che il papa voleva cestinare
Il “Direttorio omiletico” partorito oggi dalla congregazione vaticana per il culto divino ha avuto un esito curioso. Ha l’approvazione e quindi la paternità di papa Francesco. Ma è tutto diverso da come Jorge Mario Bergoglio l’avrebbe desiderato, stando a quanto lui disse nel lontano 2005.
Il 1 marzo di quell’anno, un mese prima della morte di Giovanni Paolo II, fu convocata in Vaticano la congregazione per il culto divino di cui Bergoglio faceva parte. E proprio a lui fu assegnata la “ponenza”, cioè l’introduzione ai lavori.L’argomento all’ordine del giorno era la pubblicazione di un direttorio sulla “Ars celebrandi”, sull’arte del celebrare la messa, con “oggetto di particolare attenzione” l’omelia.
Il direttorio era in cantiere da anni, ma nel 2005 era ancora in alto mare. I cardinali e i vescovi della congregazione avevano in visione due bozze.
Ebbene, Bergoglio disse di cestinarle entrambe e di riscrivere tutto da capo, con una “nuova redazione più meditativa, fresca e vitale”.
E aggiunse:
“Penso che il [nuovo] documento non possa essere un’istruzione e probabilmente neppure un direttorio, che risulterebbe troppo pesante”.
Il bello di questa “ponenza” dell’allora arcivescovo di Buenos Aires è che nei giorni scorsi è stata resa pubblica – mentre di norma restano tutte segrete – ed è stata data da leggere a tutti i preti di Roma in vista dell’incontro d’inizio Quaresima che avranno con papa Francesco il prossimo giovedì 19 febbraio, incontro che verterà proprio sulla “Ars celebrandi”:
> Plenaria 2005 – Ponenza di S.E.R il Signor Cardinale Jorge Mario Bergoglio S.J.
Da allora sono passati dieci anni e solo oggi la lunghissima gestazione del documento ha avuto fine.
Ma appunto. Non doveva essere un direttorio e invece lo è fin dal titolo. Doveva essere “breve” e invece è di ben 156 pagine.
Papa Francesco l’ha formalmente approvato. Ma quello che gli premeva dire sulle omelie l’aveva già detto in un’ampia sezione “ad hoc” della sua programmatica esortazione apostolica “Evangelii gaudium“.
E su come desidera che si predichi dà esempio ogni mattina nella cappella di Casa Santa Marta.
Settimo Cielo
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/02/10/quel-direttorio-che-il-papa-voleva-cestinare/
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