ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 9 marzo 2015

Vatican bluff 2


RENZI SCHERZA COI SANTI - L'ACCORDO ITALIA-VATICANO PER CANCELLARE IL SEGRETO BANCARIO NON ESISTE - UN DIPLOMATICO RIVELA A “LIBERO” CHE ALL'AMBASCIATA ITALIANA PRESSO LA SANTA SEDE NON C'E' ALCUN DOSSIER SUL FISCO TRA ROMA E I SACRI PALAZZI

Gli annunci del premier sono "un regalo" al Vaticano per "dare una verginità che non c'è affatto" - Difficile replicare le intese già firmate con Svizzera e Montercarlo perché i termini per far aderire alla voluntary disclosure i paesi in black list sono scaduti il 2 marzo ...

Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"

VATICANO, SEDE IORVATICANO, SEDE IOR
Di concreto, sul tavolo, non c’è proprio nulla. E in ogni caso, assicura a Libero una importante fonte diplomatica italiana, il presunto accordo fiscale tra il nostro Paese e la Santa sede sullo scambio di informazioni bancarie non porterà a risultati importanti sul versante della lotta all’evasione fiscale. Semmai sarà un formidabile «regalo» al Vaticano perché sulle questioni finanziarie «gli diamo una patente di verginità che non c’è affatto».

Un pezzo da novanta degli ambienti diplomatici italiani chiede di restare protetto dall’anonimato, ma attacca a testa bassa l’iniziativa annunciata dal premier Matteo Renzi. Il premier, in un’intervista all’Espresso, ha parlato di intese dietro l’angolo tra l’Italia e lo Stato Vaticano volte a uno scambio di informazioni sui conti correnti dello Ior (Istituto per le opere di religione) necessario a dare la caccia agli evasori e a chi ricicla denaro sporco nella banca del Papa.
BERGOGLIO - RENZIBERGOGLIO - RENZI

Giovedì da Oltretevere sono arrivate conferme sui contatti in corso. Tuttavia, a livello diplomatico non risultano fascicoli aperti che facciano intravedere imminenti sottoscrizioni di patti ufficiali. All’ambasciata italiana presso la Santa sede non circolano né dossier né bozze. Certo, i contatti tra le autorità italiane e quelle vaticane sono in corso da tempo, ma dopo il memorandum siglato nel 2013 dai due enti antiriciclaggio (Aif vaticana e Uif italiana) non ci sono stati sviluppi né passi in avanti. Anzi.

Dopo il protocollo di due anni fa è salita la tensione con la procura di Roma, il Tesoro e la Banca d’Italia che hanno puntato il dito contro i Sacri palazzi. E recentemente, in un incontro diplomatico, il governatore di via Nazionale, Ignazio Visco, ha ammesso che per la trasparenza e un pieno scambio di informazioni la strada da fare è ancora lunga e che c’è ancora tanta confusione. Come dire che l’addio al segreto bancario dello Ior è un miraggio. 
EVASIONE FISCALEEVASIONE FISCALE

Eppure Renzi sostiene di voler «recuperare un po’ di soldi». Parole, quelle dell’inquilino di palazzo Chigi, che lascerebbero pensare a una trattativa in fase avanzata. Per la verità una vera e propria intesa fiscale non risulta agli addetti ai lavori. L’ex sindaco di Firenze ha detto di puntare a replicare gli accordi appena siglati con Svizzera, Montecarlo e Liechtenstein. Una strada che, però, non sembra facilmente percorribile: perché quelle intese sono arrivate sulla base della legge sulla voluntary disclosure (cioè collaborazione volontaria) per il rientro di capitali detenuti illegalmente all’estero, che prevedeva un termine, il 2 marzo, scaduto da pochissimi giorni. 
evasione-fiscaleEVASIONE-FISCALE

Ma allora perché Renzi di fatto canta vittoria? Oltretevere raccontano che in questa circostanza l’annuncio ed eventualmente la successiva firma di un accordo (tutto da scrivere e da «riempire») farebbero comodo tanto al Primo ministro italiano quanto ai vertici delle istituzioni finanziarie della Santa sede. A trarre benefici dal blitz mediatico di Renzi sarebbe, in particolare, all’Aif (presieduta da un consulente di banche americane, lo svizzero René Brülhart) che sta cercando di accreditarsi, non senza fatica, con le istituzioni finanziarie internazionali dell’antiriciclaggio (su tutte Moneyval).
GEORGE PELL E DANEY CASEYGEORGE PELL E DANEY CASEY

Le finanze vaticane, in ogni caso, restano in acque agitate. Ieri la Corte costituzionale della Santa sede (il Pontificio consiglio per i testi legislativi) ha nettamente limitato i «poteri» del prefetto della Segreteria per l’Economia, il cardinale australiano George Pell, cui non è stata assegnata la gestione dei beni patrimoniali della Santa sede, come invece era stato deciso nel luglio scorso nel Motu Proprio papale che trasferiva al «super dicastero» di Pell la sezione ordinaria dell’Apsa (Amministrazione patrimonio sede apostolica), con il suo cospicuo patrimonio immobiliare. La nomina di Pell era frutto dell’accordo che a marzo 2013 portò il Conclave a eleggere Papa Francesco. Ora Jorge Bergoglio vuole più poteri  e ridimensiona il porporato australiano.

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