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martedì 14 aprile 2015

Chi parla e chi tace

Ankara contro il Papa

La Ratisbona di Francesco

E’ finito il tempo dei sorrisi (di circostanza) tra Vaticano e Turchia. Le ritorsioni sono solo all’inizio


Il presidente Recep Tayyip Erdogan e il Pontefice durante l'incontro dello scorso novembre


Roma. La reazione di Ankara alle frasi del Papa sul genocidio armeno è solo l’antipasto di quel che avverrà nei prossimi giorni, fanno sapere i giornali turchi. Le elezioni politiche sono dietro l’angolo, e il partito del presidente Recep Tayyip Erdogan cerca in ogni modo di risalire i sondaggi che lo danno in flessione. Niente di meglio, dunque, che cavalcare l’orgoglio ottomano ferito dalle frasi di Francesco pronunziate domenica in San Pietro.
Per l’ambasciata presso la Santa Sede è questione di diritto internazionale: “Il genocidio è un concetto giuridico e se le rivendicazioni non soddisfano i requisiti di legge, restano calunnie”. La legge scritta a Istanbul riconosce solo che ci fu qualche vittima nel corso “di un processo di delocalizzazione” degli armeni (così l’agenzia ufficiale Anadolu) avviato dall’Impero ottomano ormai in decomposizione. Perfino un gentiluomo come il professor Ahmet Davutoglu, teorico massimo del neottomanesimo, già titolare degli Esteri e ora primo ministro, ha osservato che quanto detto dal Pontefice non fa altro che “dar credito al crescente razzismo e all’approccio anti turco in Europa”. Tra l’altro, ha aggiunto il premier, “sottolineare le sofferenze di una sola parte, in tempo di guerra, non è cosa appropriata per un Papa e per l’autorità che detiene”. Il resto sono bordate contro Francesco, le cui parole sarebbero state “vuote”, “inappropriate”, “inaccettabili”, “false”.

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Dal Vaticano nessun commento. Dopotutto, il testo ufficiale del discorso papale è chiaro, quella frase sul genocidio è presa dalla dichiarazione firmata nel 2001 da Giovanni Paolo II e il Catholicos Karekin II. Se la reazione turca allora fu diversa, lo si deve al fatto che quindici anni fa in Anatolia il kemalismo reggeva ancora bene all’urto del revanscismo ottomano. E comunque, ha sottolineato ieri mattina a Santa Marta il Papa, “il cammino della chiesa è quello della franchezza, dire le cose con libertà”.

Il primo grave incidente diplomatico dell’èra Francesco ha squarciato il velo su una certa ipocrisia che ammantava i rapporti tra la Santa Sede e la Turchia. Relazioni tese da tempo, che di certo un viaggio novembrino tra Ankara e Istanbul, condensato in poco gradite visite al nuovissimo Serraglio dalle mille e più stanze di Erdogan e in lunghe conversazioni con il responsabile per gli Affari religiosi turco, Mehmet Görmez, non hanno migliorato. Come non poteva essere considerato un punto di svolta il via libera alla costruzione di una chiesa cristiana (dopo novant’anni di divieti) nell’estrema periferia di Istanbul, non troppo distante dalle piste dell’aeroporto Atatürk.

Görmez, poi – uomo con fama di moderato e illuminato, ça vans dire – è colui che la scorsa estate invitò il Pontefice a denunciare pubblicamente gli attacchi alle moschee in Europa: “Non basta lavare i piedi di una giovane donna né organizzare una partita di calcio religiosa. Bisogna prevenire le azioni discriminatorie che hanno per bersaglio chi fa parte di una religione sacra come quella islamica”. Ieri, ha accusato il vescovo di Roma di sostenere “tesi senza fondamento ispirate da lobby politiche e società di pubbliche relazioni”.
W il Papa che non piace troppo

Al direttore - Dopo la visita di Bergoglio in Turchia nel novembre scorso, con quei fiori al mausoleo di Atatürk e quella preghiera nella Moschea blu, mi erano tornate in mente le parole pronunciate da Caterina, figlia del principe Fabrizio, nelle ultime pagine del Gattopardo: “Per me questo Papa è un turco”. Ora, Francesco definisce la strage degli armeni “primo genocidio del XX secolo” e manda su tutte le furie Ankara; si può dunque escludere che sia turco, e però i turchi, responsabili del genocidio, non li menziona mica, come fa invece con il nazismo e lo stalinismo (non “comunismo” tout court, e già su questo…). Insomma, insiste sulla necessità di ricordare le vittime, ma per quanto concerne i carnefici la sua memoria va e viene. Anche sui martiri cristiani di oggi, il Papa esprime tante belle parole di vicinanza, ma mai una chiara denuncia a proposito dei loro persecutori e dell’ideologia che li anima, vale a dire l’islamismo politico. Questo Papa non è un turco, ma Ratisbona è ad anni luce di distanza.
Daniele Montani

Non concordo. Questa volta il Papa è stato tosto. E il Papa che fa il tosto, e che di conseguenza non piace troppo, è il Papa che nel nostro piccolo vorremmo sentire ogni giorno.

 http://www.ilfoglio.it/lettere/lettera_del_giorno.htm

Aleppo, massacro cristiano.
Proprio mentre Papa Francesco denunciava il genocidio armeno a opera dei turchi del 1915, e il genocidio cristiano presente, i ribelli bombardavano con i missili Grad i quartieri cristiani di Aleppo quella che era un città simbolo del Medio Oriente per la convivenza di culture, religioni ed etnie diverse, una delle città culturalmente e storicamente più ricche del mondo. Un appello di Andrea Riccardi

MARCO TOSATTI
14/04/2015
Aleppo, quella che era un città simbolo del Medio Oriente per la convivenza di culture, religioni ed etnie diverse, una delle città culturalmente e storicamente più ricche del mondo, sta morendo. E proprio mentre Papa Francesco denunciava il genocidio armeno a opera dei turchi del 1915, e il genocidio cristiano presente, i ribelli bombardavano con i missili Grad i quartieri cristiani della città.  

Riportiamo alcuni messaggi, diffusi da Ora pro Siria : “Missili Grad sulle zone cristiane, chiese, case. Decine di morti, famiglie sotto le macerie, palazzi interi per terra, ospedali pieni di feriti. E' tutta gente povera che aveva solo la propria casa, e ora non sa dove andare! Non sappiamo che fare! Ma fino a quando questo compromesso silenzio internazionale?! firma: Sacerdote Cattolico Aleppino”..   
“Ancora una volta la Famiglia Salesiana di Aleppo saluta due giovani dell'oratorio in partenza per il cielo. La tempesta della feroce guerra in corso in Siria ha colpito di nuovo i ragazzi di Don Bosco. Con tanta tristezza abbiamo ricevuto la notizia della morte dei due giovani fratelli Anwar Samaan e Misho Samaan insieme alla madre Minerva, causata da un razzo caduto sulla loro casa oggi 10 aprile 2015. Anwar e Misho hanno trascorso la loro fanciullezza e giovinezza nella casa di Don Bosco, e da animatori hanno lasciato nell'animo di tanti un segno di gioia e di amore alla vita. Anwar è il fratello maggiore (nato il 20 luglio 1993) mentre Misho è il minore (07 settembre 1998): due giovani nel fiore della vita. I Salesiani del Medio Oriente danno le condoglianze alla loro famiglia e a tutti i loro amici e conoscenti. Preghiamo affinché la pace e la gioia del Signore Risorto raggiunga il cuore del nostro Medio Oriente ferito. I salesiani del Medio Oriente”.  

La situazione, già drammatica, nella complicità degli Stati Uniti e della Turchia, oltre che delle altre potenze internazionali e regionali dietro la guerra in Siria, ha provocato un appello del fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi: “Ad Aleppo continuano a morire cittadini innocenti senza che la comunità internazionale proponga un’iniziativa per salvare la popolazione di Aleppo da un conflitto che in oltre due anni ha provocato migliaia di vittime e di sfollati”. Dopo il recente bombardamento della scuola Saed al-Ansari, nel distretto di Mashhad ad Aleppo, che ha causato la morte di cinque alunni tra i 12 e i 15 anni e di tre insegnanti, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, invoca una tregua che permetta la cessazione degli scontri e il soccorso degli abitanti: “Non è più possibile restare fermi di fronte al quotidiano moltiplicarsi delle vittime, ad una tragedia che vede spegnersi sempre più una città che rappresentava un luogo di secolare coabitazione tra cristiani e musulmani. La comunità internazionale deve intervenire con urgenza sulle parti in conflitto per giungere all’immediata apertura di un corridoio umanitario che permetta il soccorso degli abitanti. Non far nulla equivale alla scelta di far morire in tempi terribilmente brevi chi è rimasto in città”.  

Andrea Riccardi è l’autore di “Save Aleppo”, un appello lanciato il 22 giugno 2014, che ha riscosso l’adesione di migliaia di firme tra cui un buon numero di rappresentanti delle istituzioni e del mondo della cultura. “Salvare Aleppo – si legge nell’appello - vale più che un'affermazione di parte sul campo! Si debbono predisporre corridoi umanitari e rifornimenti per i civili” nella convinzione che “bisogna imporre la pace in nome di chi soffre” e “ricostruire un futuro per questo storico crocevia per tanti popoli”.  
http://www.lastampa.it/2015/04/14/blogs/san-pietro-e-dintorni/aleppo-massacro-cristiano-kItTUO2cJGw4sAF0KduI8K/pagina.html

Papa Francesco a lezione da Papa Ratzinger?

14 - 04 - 2015Michele Magno
Papa Francesco a lezione da Papa Ratzinger?
Il Bloc Notes di Michele Magno
Nell’omelia pronunciata nella basilica di San Pietro, Papa Francesco ha paragonato il genocidio degli armeni agli stermini che si sono consumati nel corso del Novecento. Si tratta di una lettura non priva di rischi sul piano storiografico (può suonare, ad esempio, come una involontaria omissione del carattere unico e irripetibile della Shoah).
Ma non è questo il punto. Denunciando il genocidio armeno come il primo capitolo di una persecuzione contro i cristiani che miete ancora vittime in tutto il pianeta, il Papa si propone come il difensore più autorevole della cristianità offesa e martirizzata anche nel mondo delle chiese orientali. Lungo la via armena Roma si avvicina a Mosca, l’altro grande polo cristiano d’oriente.
Dopo l’intemerata di Francesco, come cambieranno i rapporti tra islam e cristianesimo? È difficile dirlo. Ma il problema non è la reazione della Turchia islamica di Erdogan (anche se il Papa non ha citato gli autori del genocidio armeno del 1915-1917, ovvero i “Giovani Turchi”, che erano laici e volevano modernizzare il proprio Paese). Il problema è che la distanza tra islam e cristianesimo resta incolmabile sul piano teologico.
Ne erano convinti due intellettuali assai distanti tra loro: Alain Besançon, fervente cattolico e liberale di tendenza conservatrice, e Jacques Ellul, studioso appartenente alla scuola del teologo calvinista svizzero Karl Barth, schierato su posizioni di radicale ambientalismo e simpatizzante per gli ideali anarchici (è di Besançon la prefazione al libro postumo di Ellul “Islam e Cristianesimo. Una parentela impossibile”, Edizioni Lindau, 2006).
Chi avesse voglia di sfogliarlo, potrà trovarvi un’analisi assai acuta dell’attrattiva che la religione musulmana esercita in certi ambienti cristiani, e non solo del vicino oriente. E cioè il fascino che promana da una critica severa della modernità capitalistica, a cui si contrappongono la stabilità delle tradizioni, lo spirito comunitario, il calore dei rapporti umani. In questa prospettiva, per certi ambienti cristiani i musulmani sembrano perfino  “migliori” degli ebrei, dal momento che onorano Gesù e Maria; cosa che gli ebrei non fanno.
Proprio nel 2006 Benedetto XVI svolgeva all’Università di Ratisbona il suo celebre discorso, suscitando nel mondo musulmano le violente reazioni che conosciamo. Pur invitando al dialogo tra fede e ragione e all’incontro tra le diverse fedi, Papa Ratzinger distingueva chiaramente tra la propria religione e l’islam.
In fondo, il suo successore oggi fa lo stesso. L’Isis e i massacri dei cristiani stanno lì a dimostrare che è impossibile un ritorno ai tempi di San Giovanni Damasceno, quando ci si domandava se l’islam non fosse una forma come un’altra di cristianesimo.

1 commento:

  1. Questa volta il Papa è stato tosto. E il Papa che fa il tosto, e che di conseguenza non piace troppo, è il Papa che nel nostro piccolo vorremmo sentire ogni giorno. PAROLE SANTE!!!

    andrea riccardi chi????????? quello che ben è voluto dalla massoneria?

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