MARCIA PER LA VITA: un atto di amore a Dio
(di Roberto de Mattei)Nei giorni in cui viviamo, il male morale sembra caratterizzato da una terribile forza espansiva: si allarga e dilaga, travolgendo uomini e istituzioni. La diffusione della teoria del gender, la rivendicazione dell’omosessualità, l’invenzione del crimine di omofobia saranno ricordati nei secoli venturi come espressioni di un’inversione di valori su scala mondiale. Riluttanti, ma passivi, gli uomini del nostro tempo tacitano le loro coscienze e accettano che il vizio sia definito virtù e la virtù vizio. E mentre il male avanza, il bene si ritrae, fino a ridursi a poche fiammelle che, qua e là, illuminano le tenebre.
Umanamente parlando, la sconfitta dei pochi che ancora difendono i princìpi naturali e cristiani appare inevitabile. Eppure, ciò che è irreversibile è la loro vittoria. Il male infatti prevale sul bene quando i buoni si convincono dell’inevitabilità della propria sconfitta e cessano di combattere. Ma la difesa, da parte anche di pochi, della legge naturale e divina ha in sé una forza propulsiva che conduce necessariamente alla vittoria. Vi sono naturalmente delle condizioni perché ciò avvenga. La prima è che i buoni respingano l’illusione di venire a patti con il nemico e scelgano invece di combattere fino un fondo come quei crociati che facevano voto di non retrocedere in battaglia. La seconda condizione è che essi rifiutino la tentazione del catacombalismo, che consiste nel rinunciare all’azione pubblica per professare solo in privato la loro fede, come avviene ai cristiani in terra d’Islam ai quali viene imposta la dhimmitudine, cioè la pura tolleranza di culto in foro interno, mentre la religione di Maometto regna sulla società. Come può esprimersi per l’uomo comune che non ha responsabilità politiche e culturali, questa testimonianza pubblica della propria fede? Una possibilità importante è data dalle manifestazioni popolari in difesa della vita e della famiglia che da qualche anno a questa parte aumentano in tutto il mondo, in numero e qualità. Basti ricordare la March for Life americana che dal 1974 raccoglie a Washington centinaia di migliaia di manifestanti e la Manif pour tous francese, che dal 2012 ha portato in piazza milioni di persone per protestare contro lo pseudo-matrimonio omosessuale.
Ma anche in Italia abbiamo da cinque anni a questa parte una Marcia per la Vita che si è imposta per il numero e la qualità dei partecipanti. Un tempo risuonavano nella Cristianità le voci solitarie dei grandi profeti, come san Vincenzo Ferreri, san Francesco da Paola, san Luigi Grignion di Montfort. Nella società secolarizzata di oggi i profeti vengono lapidati ed è necessaria la forza di una voce collettiva per denunciare apertamente gli errori, ricordare le grandi verità morali, chiamare gli uomini a raccolta nelle piazze. Qualcuno dirà che queste manifestazioni sono inutili perché non riescono a cambiare le leggi e i costumi. Non è così. Le mobilitazioni popolari influiscono sulla classe politica, perché nella società democratica, per governare c’è bisogno del consenso. Il ruolo dei mass media è proprio quello di creare un consenso artificiale e se l’egemonia mediatica viene incrinata, tutto il sistema entra in crisi. Ma soprattutto queste manifestazioni contribuiscono a rafforzare le convinzioni e a sviluppare la combattività di coloro che vi partecipano. Non si tratta di un aspetto secondario. Non illudiamoci sulla stabilità delle nostre idee e dei nostri comportamenti.
L’uomo ha bisogno di comunicare con i propri simili e nella società liquida contemporanea, in cui tutto si disgrega e muta, c’è uno straordinario bisogno di trovarsi accanto a chi la pensa come noi, perché la comunanza di vita e di idee è il più formidabile collante sociale. Non dobbiamo accontentarci degli spazi virtuali che, attraverso Internet, ci offre la cultura dominante. Molti buoni si mimetizzano sul web, indossando false personalità. Ci si improvvisa teologi, filosofi, politici, senza avere una preparazione in nessuno di questi campi. Uomini miti e tranquilli utilizzano un linguaggio sarcastico ed aggressivo che mai utilizzerebbero nelle loro conversazioni private. Lo spazio virtuale ci allontana dalla realtà e ci fa perdere quel senso dell’essere su cui si costruisce ogni vita ordinata. La riconquista della società parte proprio dalla riconquista delle relazioni umane, perché la società è fatta di uomini, non di byte. Partecipare ad una Marcia significa rinunciare ad un giorno di riposo e di svago, intraprendere un viaggio spesso costoso e faticoso, esporsi alle critiche di familiari e di amici. Ma lo sforzo è la condizione necessaria affinché si realizzi la terza condizione del successo: l’aiuto indispensabile della grazia. Nessuna iniziativa umana che sia priva dell’aiuto della grazia divina ha la possibilità di riuscire. Con questo aiuto invece tutto è possibile, come la storia ha tante volte dimostrato. La grazia non si ottiene solo con la preghiera, ma anche con l’azione e il sacrificio e questo vale soprattutto per i laici, chiamati ad impegnarsi nell’ordine temporale.
L’aborto è un crimine sociale davanti a cui non possiamo tacere. Ora, anche in Italia la Provvidenza ci offre la possibilità di far sentire la nostra voce. La Marcia per la Vita, che si svolge ogni anno nel mese di maggio non è una di quelle iniziative velleitarie che nascono e muoiono nello spazio di una stagione. Essa è frutto dell’abnegazione di uomini e donne che dedicano la loro vita alla difesa dell’ordine naturale e cristiano. Nello spazio di cinque anni è cresciuta ed è divenuta, da nazionale, internazionale, attirando l’attenzione dei movimenti pro-life di tutto il mondo, che anche quest’anno saranno a Roma. La Marcia ha ottenuto inoltre l’adesione di molte decine di vescovi italiani e stranieri e dello stesso Papa Francesco che ogni anno invia un caloroso incoraggiamento. Non è un’iniziativa ecclesiale, ed è aperta a tutti gli uomini di buona volontà, anche non credenti, che si riconoscano nel suo lapidario programma: “Sì alla vita umana innocente, dal concepimento alla morte naturale; no all’aborto e alla cultura di morte, senza eccezioni e senza compromessi”.
Naturalmente la battaglia per la difesa della vita non può esaurirsi in un evento, pur importante, come questo, ma va affiancata da altre iniziative, che già sono nate e che potranno nascere per creare un clima psicologico e culturale che contribuisca a cambiare gli uomini e le leggi, e soprattutto per offrire ad ognuno di noi la possibilità di compiere un gesto simbolico, ma vero e reale di amore a Dio. Se chi ama Dio osserva i suoi comandamenti (Gv. 14, 15), chi li difende pubblicamente compie un gesto certamente gradito al Cielo. Per questo saremo anche noi tra la folla, con la nostra voce e le nostre bandiere, il prossimo 10 maggio. (Roberto de Mattei)
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