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martedì 12 maggio 2015

Botti & botte

Primi botti in vista del Sinodo di ottobre. Dalla Svizzera fanno sapere che “la Santa Famiglia non è più il modello ideale”

Il relatore generale denuncia "una pressione senza legittimità teologica"

Il cardinale Péter Erdo, arcivescovo di Budapest e relatore generale del Sinodo
Roma. Il cardinale Péter Erdo, arcivescovo di Budapest e relatore generale del Sinodo dei vescovi sulla famiglia, ha avvertito che “una pressione senza legittimità teologica sicuramente causa soltanto una divisione ulteriore nella chiesa”. Insomma, meglio che non ci siano calate sull’Urbe di presuli decisi a rivoluzionare la morale sessuale cattolica – “noi non siamo una filiale di Roma”, aveva fatto sapere il cardinale Reinhard Marx, capo dei vescovi tedeschi e pronto ad andare per conto suo a prescindere dalle risultanze sinodali – ma piedi ben piantati a terra.
“Sono questioni che vanno affrontate con precisione, con un grande senso di fedeltà alla tradizione e una grande sensibilità verso le possibilità che stanno dentro l’eredità teologica e istituzionale”, ha aggiunto Erdo, che lo scorso ottobre prese pubblicamente le distanze dalla relatio post disceptationem da lui stesso firmata (ma non scritta) che annunciava svolte radicali su divorziati e risposati, omosessuali, comunione spirituale e sacramentale.

ARTICOLI CORRELATI Accogliere i fedeli separati e sveltire le pratiche di nullità matrimoniale. Novità dalla curia di Milano Il sesso squassa la vigna Marx lancia la sfida: "Non siamo una filiale di Roma e non sarà un Sinodo a dirci cosa fare qui"Forse, la denuncia di certe pressioni “senza legittimità teologica” è dovuta alla lettura del rapporto sullo stato della chiesa svizzera messo a punto dall’episcopato elvetico sulla base delle risposte al questionario inviato a tutte le diocesi dopo il Sinodo straordinario di qualche mese fa. Per farsene un’idea è sufficiente scaricarsi il documento (venti paginette dattiloscritte) e leggerlo. Se si ha poco tempo, basta l’estratto messo online in cui si legge testualmente che “occorre finirla con l’esclusione dai sacramenti dei divorziati risposati; i motivi di rottura d’un matrimonio sono troppo complessi perché si possa ancora ammettere la punizione globale inflitta dalla chiesa in caso di nuove nozze”e “il partenariato di omosessuali e lesbiche deve trovar posto nella chiesa”. Quanto alle convivenze, “emerge un ampio consenso relativo alla benedizione dei partenariati”. Non si tratta di convinzioni circoscritte a piccoli gruppi, dal momento che la “stragrande maggioranza” di quanti hanno risposto “è rappresentata dai collaboratori della chiesa, dagli agenti pastorali e dai catechisti, ma soprattutto dai fedeli impegnati nelle parrocchie, nelle comunità e nelle associazioni ecclesiastiche”. Nonostante “i feedback non siano unanimi su tutti i punti, emergono grandi affinità e tendenze generali”, come quella relativa al fatto che “il matrimonio sacramentale, concluso in chiesa, è diventato un modello minoritario”. Soltanto “una piccola minoranza”, infatti, “esprime l’auspicio di stretta osservanza della dottrina attuale della chiesa con la sua rigorosa disciplina”.

Il problema sta tutto, dicono convinti i cattolici di Svizzera, nella Santa Famiglia, “che non appare affatto come modello ideale”, tant’è che si propone un approccio “bottom-up” (così nel testo). La dottrina, si legge nel rapporto “deve sapersi affermare rispetto ai criteri sviluppati in virtù dell’esperienza di vita e di fede delle persone”. C’è bisogno di inaugurare “uno sviluppo e un rinnovamento della tradizione”, e per farlo bisogna prendere come punto di partenza “l’allontanamento tra i fedeli e la dottrina”, nient’altro che l’ennesimo “segno dei tempi”.
di Matteo Matzuzzi | 12 Maggio 2015 
http://www.ilfoglio.it/chiesa/2015/05/12/sinodo-svizzera-chiesa-erdo-famiglia___1-v-128671-rubriche_c377.htm

"Gesù, Giuseppe e Maria? Ormai non sono più adatti come modello di famiglia"

Un documento della Conferenza episcopale svela che per i fedeli la Sacra Famiglia non è più un modello. E la Chiesa ammette: "Bisogna riformulare i vecchi modelli"

I progressisti scaldano i motori in attesa del Sinodo ordinario sulla famiglia, in programma per il prossimo ottobre.







Prima erano stati i vescovi tedeschi a rivendicare con forza l'autonomia da Roma in merito alle questioni pastorali - nel concreto, in merito al problema dell'accesso alla Comunione per i divorziati risposati e l'accoglienza alle coppie omosessuali.
Ora arriva un documento esplosivo della Conferenza Episcopale in Svizzera che raccoglie le risposte al questionario sulla famiglia diffuso tra i fedeli dopo il Sinodo straordinario dello scorso autunno. Dalle risposte raccolte nelle diocesi elvetiche emerge una sostanziale compattezza nell'opinione pubblica dei cattolici dei vari cantoni, che, pur con gli ovvi distinguo del caso, sembrano esprimere esigenze e desideri condivisi. E la risposta della Chiesa svizzera non può non sorprendere.
Ma partiamo dall'inizio, dall'analisi sentire dei fedeli. Che, nel documento dei vescovi svizzeri, rivela subito una sorpresa. Il modello di famiglia proposto nella relazione conclusiva del Sinodo straordinario - i cosiddetti Lineamenta - ed individuato nellaSanta Famiglia non è più attuale né corrisponde ai desideri e alle aspettative dei fedeli. Che invece cercano e trovano un approccio "bottom-up", che parta dal basso e dalla concretezza della vita quotidiana.
Anche in merito alle persone omosessuali, i fedeli svizzeri mostrano di non comprendere perché la Chiesa li tratti come "persone particolarmente bisognose d'aiuto" e anzi di desiderare che le loro relazioni vengano "benedette" dalle gerarchie senza che venga loro imposta una castità ormai considerata "pretesa irrealistica e crudele".
Punto di partenza non è più la Bibbia, ma "il proprio ambito di esperienza e percezione soggettivo". Che, inevitabilmente, conduce a una varietà di pratiche e comportamenti non più riconducibile sotto alcuna dottrina che non sia la prassi del relativismodominante - contro cui, giova ricordarlo, si scagliava il cardinale Ratzinger all'indomani della morte di Giovanni Paolo II.
I fedeli "danno prova di grande fiducia nella misericordia di Dio, ma spesso rimproverano alla Chiesa di nuocere con la sua prassi a questa fede". Spesso ottengono dalle parrocchie e dagli strati più bassi del clero "una testimonianza di fede più veritiera di quanto previsto dal diritto canonico", e in definitiva risposte più adatte ad affrontare sfide e problemi della vita quotidana. In definitiva, si aspettano che anche i vertici della Chiesa comprendano e apprezzino le diverse realtà. E la Chiesa, di fronte a queste richieste sempre più pressanti, che fa? Come affrontare il rischio dell'allontamento di un numero sempre maggiore di fedeli?
La risposta dei vescovi svizzeri è cristallina. Poiché qui "è in gioco la credibilità della Chiesa", il Sinodo dovrebbe non solo "riflettere sulle vie per raggiungere l'ideale", ma anche e soprattutto "concepire in modo nuovo l'ideale stesso e riformularlo in vista delle situazioni di vita odierne". Non più educare i fedeli a sforzarsi di imitare la Santa Famiglia, ma rimodellare l'immagine della Santa Famiglia sulle nuove suggestioni che giungono dal "mondo". Serve altro?


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