Maria di Gesù Crocifisso: L’estatica “osservatrice” del Concilio Vaticano I
(di Cristiana de Magistris) Anche il Concilio Vaticano I ha avuto i suoi osservatori. Ma diversi – per grazia e per fede – dai 6 protestanti sorprendentemente invitati all’ultima Assise conciliare.
L’“osservatrice” del tutto eccezionale è Suor Maria di Gesù Crocifisso, al secolo Mariam Baouardy, morta il 26 agosto 1878, in odore di santità, nel Carmelo di Betlemme, all’età di 33 anni. Galilea come il divin Maestro, del tutto illetterata, povera ed orfana, è passata alla storia col nome di “Piccola Araba”. La sua vita è caratterizzata da una tale irruzione del divino che il Cardinal Mercier, dopo averla studiata attentamente, non esitò ad affermare che si tratta di una delle esistenze più straordinarie dell’agiografia cattolica. Estasi, visioni, stimmate, trasverberazioni, locuzioni, apparizioni, profezie, scrutazioni dei cuori, bilocazioni fino alla possessione diabolica seguita dalla possessione angelica: questa fenomenologia mistica d’eccezione si ritrova con una sorprendente semplicità nella vita del “piccolo nulla”, come ella amava definirsi, una vita degna più del cielo che della terra, che ebbe anche il sigillo del martirio.
La Vergine Santa le aveva predetto, tra le molte cose, che sarebbe divenuta religiosa, prima figlia di san Giuseppe e poi di S. Teresa. E così accadde. Dopo una breve permeanza tra le Suore di san Giuseppe, entrò nel 1867 al Carmelo di Pau, in Francia, dove prese l’abito col nome di Sr. Maria di Gesù Crocifisso. Da qui fu inviata a fondare un Carmelo in India, dove emise i voti, e poi un altro a Betlemme, dove morì. Tutto si realizzò secondo le predizioni dalla Regina del cielo.
Il “Padre mio”, Pio IX
Nella vita straordinaria di questo Fiore dell’Oriente un posto del tutto singolare occupa Pio IX, colui che amò con tenerissimo affetto ma che non ebbe mai la gioia di incontrare – per vie naturali – sulla terra.
La Provvidenza volle che la vita di Mariam Baouardy avvolgesse, come con un velo di preghiera e di immolazione, l’intero pontificato di Pio IX. Ella nasce pochi mesi prima della sua ascesa al soglio pontificio e muore qualche mese dopo di lui. Si tratta di 33 anni trascorsi in una mistica e stupefacente sintonia: tra l’umile carmelitana e il grande pontefice, che ella amava chiamare “padre mio”, vi fu una comunione perfetta di amore ardentissimo a Nostro Signore Gesù Cristo e di dedizione incondizionata alla sua immacolata Sposa, la Santa Madre Chiesa. Nelle sue frequenti estasi Mariam vedeva spesso il Vicario di Cristo, talvolta durante le funzioni pontificali, tal altre nel pieno delle sue sofferenze. Spesso gli inviava importanti messaggi riguardanti gli interessi della Chiesa. Nel 1868, in tre distinte occasioni, lo fece avvertire che la caserma Serristori era minata. Non fu dato alcun ascolto all’avviso e il 23 ottobre di quell’anno la caserma esplose seppellendo i suonatori della banda militare. Il cardinal Antonelli disse allora ad un canonico: «Purtroppo, non abbiamo approfittato dell’avvertimento proveniente dal Carmelo di Pau». Ma l’anno seguente le cose andarono diversamente. L’estatica carmelitana avvisò di altri tre luoghi minati, e questa volta si provvide per tempo.
E Pio IX non mancò di ricompensare l’angelica carmelitana per vie altrettanto straordinarie. Quando dal Carmelo di Pau si decise la fondazione di un Carmelo a Betlemme, ci fu una levata di scudi sia da parte di Roma sia da parte del Patriarcato di Gerusalemme. La situazione politica dei Luoghi Santi era troppo febbrile per permettere a un drappello di religiose d’insediarvisi. Ma il Cielo non era di questo avviso ed, evidentemente, Pio IX lo sapeva. Intervenne, perciò, di autorità e firmò di suo pugno il rescritto che autorizzava la fondazione. Ad un Cardinale che gli fece osservare che, secondo la legge canonica, occorreva il permesso della plenaria dei Cardinali, il Santo Padre senza esitazione rispose: «Non sono forse io più di tutti i cardinali?». E la fondazione si fece.
Il Concilio Vaticano I e la guerra del 1870
Siamo nel gennaio del 1870, all’epoca del Vaticano I. La Piccola Araba partecipa all’evento per vie soprannaturali, accompagnandolo con un digiuno a pane e acqua di 40 giorni che il Signore le aveva richiesto e i superiori autorizzato. «La Chiesa soffre – dice – il Santo Padre soffre; il suo cuore è afflitto, perché non c’è abbastanza unione tra i vescovi del Concilio. La Chiesa è nostra Madre. Quando una madre soffre, tutti i figli soffrono con la madre. La Chiesa è mia Madre. Oh! Come vorrei dare il mio sangue per la Chiesa! Offro tutto per essa, per l’unione, per la pace, per il trionfo della Chiesa. Ho visto il Concilio. Ho visto tre vescovi del Concilio, santissimi e che hanno reso grandi servizi alla Chiesa; erano circondati da tenebre, attorniati da migliaia di demoni che si sforzavano di nascondere loro una piccola luce sempre presente ai loro occhi, simbolo della fede, della verità; mentre a destra ed a sinistra, c’è una grande luce che i demoni vorrebbero far loro seguire. Questi spiriti tentatori sono talmente numerosi, che, se avessero un corpo, l’aria ne sarebbe oscurata. Questi stessi demoni vanno anche su un grande numero di altri vescovi. Ve ne è più di duecento i quali non seguono la piccola luce che hanno davanti agli occhi, perché Satana lo impedisce loro, ponendo come una nuvola spessa fra questa luce e loro, mentre non si distolgono abbastanza dalla luce che è a destra ed a sinistra; questa luce non viene da Dio, ma dal ragionamento umano».
Nel mese seguente un’altra visione le mostra con chiarezza il ritorno dei vescovi dissidenti, avvenuto grazie all’indefesso lavoro di Pio IX: «In seguito – narra nella medesima visione – ho visto il Santo Padre (Pio IX, ndr) addormentarsi e due bimbi (angeli) l’hanno portato via nelle loro braccia. Un altro (Leone XIII, ndr) è venuto a sostituirlo ed ha trovato la porta aperta, ed egli ha finito facilmente il lavoro cominciato, e coloro che avevano voluto altre volte fermare il Santo Padre nel suo lavoro vedevano ora la verità. Una voce mi ha detto: Rallegrati per il fatto che ti ho domandato questo digiuno di quaranta giorni a pane e acqua, per farti partecipare ai meriti e ai lavori dei Padri del Concilio. Bisogna che, con questo digiuno, tu tolga le pietre dal sentiero, affinché essi non cadano. Ho detto allora a Dio: Signore, se è tua volontà che io faccia questo digiuno, io lo accetto, non soltanto per quaranta giorni, ma per quarant’anni, se tu lo vuoi».
Alcuni mesi più tardi, gli avvenimenti della guerra che seguì al Concilio non sfuggirono a quest’anima eletta. In una visione del 16 luglio 1870, in cui le viene chiesto di “pregare e far pregare”, il Signore le mostra i soldati che combattevano per Lui, aggiungendo: «Dichiaro che nessuno di questi uomini che combattono per il mio nome, avrà da subire il minimo giudizio, anche se avesse commesso tutti i peccati. A questi uomini che avranno dato la loro vita combattendo, darò la pace e la vita eterna. Nello stesso tempo, si voltò verso la Francia e disse all’Imperatore: “Fintanto che seguirai la luce sarò con te. Ti prometto quattro vittorie, se combatti per la mia gloria, perché tutti sappiano che combatti in mio nome, che Io sono in te e che tu sei in me. Ti prometto in seguito una buona morte e una eternità felice”».
Il 5 e il 6 agosto seguente – racconta – «vidi un vecchio crocifisso (il Papa), e ai suoi piedi, l’Imperatore, triste ed umiliato, e vidi il sangue del vecchio crocifisso cadere su di lui. Non so se la luce che avevo visto davanti all’Imperatore e alla fedeltà alla quale erano legate quattro vittorie fosse di non ritirare le truppe da Roma; ma, da quando egli l’ha fatto, l’ho visto per tre giorni di seguito triste ed umiliato, ai piedi del vecchio crocifisso il cui sangue si effondeva con abbondanza su di lui, sulla sua famiglia e su coloro che lo circondavano». L’estatica carmelitana aveva avuto una doppia visione: il trionfo della Francia, se l’Imperatore fosse stato fedele all’ispirazione di non ritirare le truppe da Roma, e la sventurata ritirata con la conseguente disfatta della Francia. Vede il sangue del “vecchio del Vaticano” cadere come una vendetta sull’Imperatore e sui suoi. «La morte così tragica del principe imperiale, dieci anni dopo – commentò il Padre Estrate –, è ancora presente in tutti gli spiriti e conferma in modo impressionante la verità di questa profezia».
Morte di Pio IX
Il profondo affetto filiale della Piccola Araba per Pio IX si manifestò spesso attraverso una personale somiglianza fisica della Carmelitana con l’amato Pontefice. A partire dal 1875-6, dunque negli ultimi anni della vita di entrambi, i suoi occhi, la sua bocca, tutto il suo sembiante, durante le frequenti estasi si trasfigurava ed assumeva un’espressione che richiamava i tratti di Pio IX. Una delle suore presenti, che aveva visto il papa a Roma (cosa ben rara a quei tempi!), esclamò: «Oh, il suo volto è quello di Pio IX! Oh, come gli somiglia!». Un giorno in cui le suore manifestavano la loro meraviglia davanti a questo ennesimo prodigio, l’estatica, con la sua incantevole innocenza, diede questa spiegazione: «È semplicemente giusto che la figlia rassomigli al padre suo!».
Dio ricompensò tanto amore al Papa facendole conoscere anticipatamente la morte di Pio IX e l’elezione di Leone XIII.
Nell’agosto del 1867, sant’Elia, parlando di Pio IX alla veggente, aveva detto: «Questo Papa è santo! Dopo di lui, ne verrà un altro come nessun altro; soffrirà molto fra le mani di Dio; non vi saranno croci come quelle che egli avrà. Il terzo santo Padre sarà il Serafico».
In un’estasi del 21 gennaio 1878, ella parlando di Pio IX, disse: «Il Padre mio sta per partire… ci si prepara alla processione. Si loda Dio… una moltitudine di vergini con il Signore in testa verranno a cercare il Padre mio. Mi ha benedetto sulla fronte con il dito che tiene Gesù. Io sono felice del mio Padre… Gli uccelli cantano, la terra trasale ed anche il cielo… Quando un’anima è fedele, oh! Come tutto è bello!…».
Il 3 febbraio 1878, aggiungeva: «Ho visto la santa Vergine che teneva nelle sue mani il nostro amatissimo Padre e Pontefice Pio IX». Quattro giorni dopo, Pio IX spirava santamente. In quel memorabile 7 febbraio, raccontano le suore presenti, l’estatica carmelitana assunse ancora una volta una maestà singolare che la rassomigliava all’ineffabile fisionomia del “padre suo”, il Papa dell’Immacolata e dell’infallibilità pontificia, che aveva ormai lasciato la terra.
Durante una lunga estasi del 17 febbraio, vedendo il Santo Padre Pio IX nella gloria, esclamò con trasporto: «Mio padre mi disse: Addio, figlia, a presto!». Parlando della di lui morte, diceva: «Egli ha detto ai suoi figli: Addio! Figli, mi auguro che siate fedeli. Guardate: tutto passa!». E aggiungeva: «Vedete, quando il Padre mio è morto, mi sembrò che il cielo e la terra fossero in trionfo e volessero accompagnarlo. Eppure, aveva un corpo come noi. Egli dice che niente vi impedisce di diventare santi come lui».
Dopo pochi mesi, il 26 agosto, il “piccolo niente” seguiva il grande Pontefice. Sul letto di morte agli astanti disse: «Ricordatevi che tutto passa, e che non avremo alla morte, per giustificarci davanti a Dio, che ciò che avremo fatto per Lui durante la vita!». Testimoniò la sua felicità di morire religiosa, rendendo la sua bella anima a Dio, senza agonia, con un sorriso celestiale e infinitamente dolce.
Il messaggio della Piccola Araba
Negli umani avvenimenti nulla avviene senza che sia stato accuratamente regolato dalla Provvidenza di Dio, la quale tutto dispone per il nostro massimo bene. «Perché allora – si chiedeva il cardinal Sevin – Dio ha suscitato una tale anima tra noi?». Anzitutto, si risponde, per testimoniare al nostro mondo materialista l’esistenza del mondo soprannaturale. «Per opporre – dice il Cardinale – alle nostre vite laiciste una vita veramente soprannaturale, mai conosciuta prima. Ella è e rimarrà unica negli annali della santità cristiana».
Il cardinal Sevin scriveva oltre un secolo fa. La canonizzazione della Piccola Araba va oltre. Essa costituisce un richiamo, un monito, un rimprovero non più al mondo ma alla Chiesa che, nella sua componente umana, sembra seguire il mondo invece di attirarlo. Che non guarda più alle realtà increate, ma si ferma ed è risucchiata dall’effimera materia. Che pare non credere più agli Angeli e al mondo invisibile, ma è persa dietro a ciò che si vede e si tocca, ed è destinato inesorabilmente a passare. La Piccola Araba con la sua vita imbevuta, fin dai suoi albori, del soprannaturale nella sua più alta espressione viene a proclamare alla Chiesa del XXI secolo il primato di Dio sul mondo, del soprannaturale sul naturale, della grazia sulla natura, dell’unica vera Fede sull’insano sincretismo che ci attanaglia: “La mia religione è la sola vera”, aveva gridato a soli 13 anni. Ella proclama ancora il primato della contemplazione sull’azione, nonché il vero amore al Vicario di Cristo, che non è fatto di slogan ed ovazioni, ma di preghiera e penitenza. Ciò che accadde al Vaticano I è emblematico. Il Signore chiese a questa carmelitana del tutto illetterata e quasi analfabeta di pregare e digiunare per cambiare le sorti di un Concilio. Infine, il “piccolo niente” invita tutti all’umiltà. Questa figlia eccezionale della Palestina, con la sua vita grande perché piccola, continua a ripetere al mondo che solo i piccoli entrano nel Regno dei Cieli.
Uno scrittore francese di origine ebraica, René Schwob, dedicò alla Piccola Araba un libro dal titolo Leggenda aurea al di là del mare, che concludeva con questo commento: «Ci sia permesso auspicare che questa piccola illetterata, quando sarà avvenuta la sua canonizzazione, divenga la patrona degli intellettuali. È ben qualificata per liberarli dall’orgoglio». E non solo loro. (Cristiana de Magistris)
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