Non a caso, Castro ha tenuto a dire “Quando Francesco verrà a Cuba andrò a tutte le sue messe”, ma si è ben guardato dal dire che, d’ora in avanti, andrà a Messa. Perché evidentemente, agli occhi tutt’altro che ingenui di un vecchio comunista, le Messe di Bergoglio rappresentano qualcosa di più. O qualcosa di diverso?
Martedì 12 maggio 2015 Sono pervenute in Redazione:
Caro Alessandro Gnocchi,
se ricordo bene, Giovanni Paolo II ottenne, con la sua visita a Cuba, il ripristino della festività del S. Natale a Cuba. Insomma, ottenne un risultato a favore della cristianità. Ora apprendiamo, dalla visita di Raul Castro in Vaticano, che Cuba è molto grata per il ruolo svolto dal Papa nel riavvicinamento con gli Stati Uniti. Benissimo. Non mi pare però una gran novità il fatto che la diplomazia vaticana da sempre lavori, con grande discrezione, in tante parti del mondo. Qui mi pare che si sia alla solita spettacolarizzazione, e in più, mi consenta, di un avvenimento (il riavvicinamento Usa – Cuba) in cui è difficile vedere un qualche specifico vantaggio per la cristianità, che se è messa al bando a Cuba, anche negli Stati Uniti ha vita dura; basta pensare alla politica abortista e omosessualista di Obama. Insomma, in che modo si difenda la Fede, questo proprio non mi è chiaro. E poi secondo lei cosa vuol dire quella frase di Castro “Se il Papa continua così tornerò alla Chiesa cattolica”? A essere molto sincero, è una frase che, detta da un vecchio ateo comunista, a me fa un po’ paura: se “continua così”. Cioè, come? Con comportamenti spettacolari davanti al mondo?
Grazie per la pazienza a leggermi. Con amicizia
Gigi Marangoni
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Gentile Dott. Gnocchi,
da quando a Roma c’è Bergoglio abbiamo visto tutto e il contrario di tutto. Sia detto con rispetto, ma questo Papa ha portato una gran confusione. Voglio ammettere tutta la buona fede, ma mi pare che questo sia un dato di fatto. Abbiamo sentito le cose più mondane, e poi telefonate, e le interviste a Scalfari, insomma, non c’è bisogno di elencare le mille cose di cui si è parlato tante volte. Adesso arriva una specie di “imprimatur” proprio da un comunista come Raul Castro, che dice che con un Papa così (o ha detto “se continua così”) lui potrebbe tornare nella Chiesa cattolica. Ma questa frase non è la miglior dimostrazione del fatto che questo papato sta cambiando l’immagine della Chiesa? Insomma, una Chiesa che diventi gradita a un Raul Castro lascia molto stupiti. In definitiva, di che chiesa stiamo parlando? Lei cosa ne dice?
Un cordiale saluto
Claudio Ognibene
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Caro Marangoni, caro Ognibene,
sotto quell’aria garbata e mite, covate un’anima reazionaria irriducibile e incontentabile. Suvvia, non si fa così. Tutti plaudono all’appeal pastorale del Papa venuto dalla fine del mondo. Credenti, diversamente credenti, non credenti ammirano la nuova perlina infilata nella collana degli atei impenitenti che Bergoglio esibisce in favore di telecamere a reti mondiali unificate. L’informazione e la disinformazione cattoliche superano a sinistra Repubblica nel magnificare la strategica furbizia del vescovo di Roma. Non cito solo per amore di brevità tutti gli altri esempi delle magnifiche sorti progressive di cui tutti i cattolici sono chiamati a essere entusiasticamente partecipi, e voi che cosa fate? State ancora lì a cercare qualche briciola di cattolicesimo che possa consolare i vostri poveri cuoricini di cristiani convinti che la fede, la dottrina, la morale e direi anche il senso della decenza non possano mutare?
Aggiornatevi, cari Marangoni e Ognibene: la vita diventerà più facile e la smetterete di angustiarvi per le sorti della Chiesa cattolica, per il destino eterno delle anime e per la gloria di Dio. Aggiornatevi, se non volete soffrire, perché assistere a questo miserabile spettacolo con sguardo cattolico fa davvero male.
Per quanto mi riguarda, ho poco da aggiungere al vostro pensiero. Più che altro, si può chiosare quanto avete già messo in evidenza con le vostre osservazioni. A cominciare da quella sull’opera diplomatica che, grazie al carisma di papa Francesco in persona, avrebbe portato al riavvicinamento tra gli Stati Uniti omosessualisti, abortisti e protestanti e la Cuba atea e comunista. Stante il fatto che la diplomazia vaticana non è stata inventata dalla chiesa-della-miericordia di papa Bergoglio come molti sembrano credere, viene davvero da chiedersi dove stia il lato positivo di un tale risultato e, soprattutto, dove stia il vantaggio per la fede cattolica. Vista la china presa dai tempi attuali, Stati Uniti e Cuba avrebbero finito fatalmente per avvicinarsi per conto loro, essendo l’uno il completamento dell’altro in quanto oppositori al regno sociale di Nostro Signore.
Quanto questi due leviatani siano complementari nella loro lotta contro Cristo è indicato da una notizia che nessuno ha collegato a quella dell’incontro tra papa Bergoglio e Raul Castro. Ma è proprio questo tassello a completare in chiave inquietante il puzzle della misericordia bergogliano-castrista diffuso in tutto l’Orbe cattolico e non cattolico dagli araldi della “Nuova Pentecoste”. Il giorno del fatidico incontro, il sito del “Corriere della Sera”, riprendendo l’agenzia Ansa, titolava così: “Gay Pride a Cuba. La figlia di Castro alla testa del corteo”. E poi diceva: “La figlia del presidente cubano Raul Castro ha ‘benedetto’ decine di matrimoni gay simbolici sabato all’Avana nel corso di una manifestazione contro le discriminazioni che ha visto scendere un piazza oltre un migliaio di persone. Durante il regime di Fidel Castro, gli omosessuali erano stati messi al bando. Il fratello Raul (che oggi incontrerà Papa Francesco in Vaticano), una volta diventato presidente, ha condannato il trattamento riservato ai gay, garantendo loro maggiori diritti. Mariela, l’avvocato per i diritti degli omosessuali più in vista nell’isola, ha utilizzato la sua influenza per promuovere riforme in questa direzione”.
Cari Marangoni e Ognibene, se questa è Cuba, e lo è, e se quelli di Obama sono gli Stati Uniti, e lo sono, viene da pensare che, invece di operare per un loro riavvicinamento sarebbe stato meglio fare il contrario. Ma, per una scelta simile, bisogna credere che Cristo, e quindi la Chiesa cattolica che è il suo corpo mistico, continua ad avere dei nemici che vanno combattuti invece che vezzeggiati e coccolati.
Pare difficile che questo lo possa fare una Chiesa che, nella persona del suo Vertice, partecipa a iniziative come “La Fabbrica della Pace” con tanto di Emma Bonino incorporata su invito del Vertice stesso. Il quale Vertice, all’immancabile domanda del bambino su che cosa sia la pace, ha risposto: “La pace è prima di tutto che non ci siano le guerre, ma anche che ci sia la gioia, l’amicizia tra tutti, che ogni giorno si faccia un passo avanti per la giustizia, perché non ci siano bambini affamati, malati che non abbiano la possibilità di essere aiutati nella salute. Fare tutto questo è fare la pace. La pace è un lavoro, non è uno stare tranquilli, lavorare perché tutti abbiano la soluzione ai problemi, ai bisogni che hanno nella loro terra, nella loro patria, nella loro famiglia, nella loro società: così si fa la pace, artigianale”. Proprio così, una “pace artigianale” fatta in proprio dall’uomo. Una melassa umana completamente estranea a quel Gesù Cristo che pure aveva consegnato agli uomini la “sua” pace, talmente estranea che Nostro Signore non viene citato.
Già che ci siamo, cari Marangoni e Ognibene, beviamo fino in fondo l’amaro calice della “Fabbrica della Pace” con quest’ultima citazione della cronaca di “Repubblica”, organo ufficiale del pensiero bergogliano: “’Perché i bambini soffrono?’,ha chiesto un piccolo ospite. ‘Questa domanda è una delle più difficili a cui rispondere. Non c’è risposta’ ha detto Francesco a un bambino malato che gli chiedeva per quale ragione si viene al mondo con problemi di salute come i suoi e cosa si possa fare. ‘C’è stato un grande scrittore russo, Dostoevskij, che aveva fatto la stessa domanda: ‘perché soffrono i bambini?’ – ha affermato – ‘E lì, si può solo guardare al cielo e aspettare risposte che non si trovano’. Francesco però ha detto di poter rispondere alla seconda parte della domanda: ‘Cosa posso fare io perché un bambino soffra di meno: stargli vicino, la società dia aiuti anche palliativi per le sofferenze dei bambini, si sviluppino l’educazione dei bambini verso le malattie. Lavorare tanto’”.
Capite, Marangoni e Ognibene? Il Vicario di Nostro Signore Gesù Cristo, il dolce Cristo in terra che, davanti a una domanda sul dolore dice che non ci sono risposte. Di più, chiude le porte del Cielo perché afferma che, pur guardando lassù, non si trovano ragioni. Ci può essere qualcosa di più tremendo, doloroso, tragico dell’affermazione che in Dio non si sono risposte? A chi guarderà quel bambino malato? A un Dio così cattivo da negargli le risposte fondamentali sulla sua vita o a un Papa così buono da stagli vicino fino a chiedere le cure palliative?
E così si comprende perché Raul Castro, durante la sua visita romana, ha detto: “Leggo tutti i discorsi del Papa, se continua così tornerò alla Chiesa cattolica. Potrei ricominciare addirittura a pregare, anche se sono comunista”. Si badi bene, “se continua così” il Papa, perché è chiaro che chi ha cambiato strada non è il leader comunista, ma il suo interlocutore. Non a caso, Castro ha tenuto a dire “Quando Francesco verrà a Cuba andrò a tutte le sue messe”, ma si è ben guardato dal dire che, d’ora in avanti, andrà a Messa. Perché evidentemente, agli occhi tutt’altro che ingenui di un vecchio comunista, le Messe di Bergoglio rappresentano qualcosa di più. O qualcosa di diverso?
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
“FUORI MODA”. La posta di Alessandro Gnocchi – rubrica del martedì
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Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it , con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.
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Il successo di questa rubrica è testimoniato dal numero crescente di lettere che arrivano in redazione. A questo proposito preghiamo gli amici lettori di contenere i propri testi entro un massimo di 800 – 1.000 battute. In tal modo sarà più facile rispondere a più lettere nella stessa settimana. Ringraziamo tutti per la gentile attenzione e collaborazione.
PD
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http://www.riscossacristiana.it/fuori-moda-la-posta-di-alessandro-gnocchi-rubrica-del-martedi-10/
Scismatici, eretici e figlie d'arte al gay pride di Cuba
Scismatici, eretici e figlie d'arte al gay pride di Cuba
I Gay Pride vilipendono spesso l’abito di sacerdoti e suore, ma sabato 9 maggio, a Cuba, all’VIII Giornata contro la omofobia e la transfobia, il prete c’era davvero: Roger LaRade, un ex gesuita omosessuale che, con diversi altri, non perde occasione per usurpare il titolo di “cattolico”.
Reginetta del ballo è stata ovviamente Mariela Castro Espín, nipote del Líder máximo, Fidel, e figlia del fratello di questi, Raúl, l’attuale capo indiscusso dell’Isola; lo stesso che il giorno dopo la pagliacciata, domenica 10, ha incontrato Papa Francesco in Vaticano. Tutto è iniziato la sera di venerdì 8 con un gran gala contro l’omofobia ‒ nel Teatro Karl Marx de L’Avana ‒ e con l’assegnazione (alla memoria) del primo premio istituito dal Centro Nacional de Educación Sexual de Cuba, il “braccio armato” della rampolla Castro, a Vilma Espín Guillois (1930-2007), ingegnere chimico, femminista, rivoluzionaria, membro del Comitato centrale dell’Ufficio politico del Partico comunista cubano dal 1980 al 1991, moglie di Raúl e madre di Mariela. Poi sabato, sfidando la legislazione cubana che (nonostante le chiare aperture di papà Raúl) vieta ancora le “nozze” gay, Mariela e soci (in tutto un migliaio di persone) hanno preparato il set sul quale una ventina di coppie omosessuali si è “sposata” con “rito simbolico”.
Gettonato officiante della Wedding Ceremonies (un “tutto compreso” per ogni gusto e sensibilità), il citato LaRade si autodefinisce «ex sacerdote gesuita che attualmente esercita privatamente come analista jungiano» e si vanta di saper celebrare nozze con rito cattolico o «spirituale o non-confessionale», oltre che di «amare la lettura, le passeggiate, la bicicletta, i film e lo studio della chitarra». I suoi ricordi del seminario sono però un po’ diversi. All’epoca, infatti, «condivideva con i compagni di studi una vita contemplativa fatta di preghiera, Scritture e filosofia», e, nel tempo libero, «gite nei bar e nei club gay di San Francisco, o uscite per vedere film a tema gay come La cage aux folles. Alcuni dei suoi compagni di classe portavano anche leziosi soprannomi femminili».
Oggi è arcivescovo e primate di un gruppuscolo attivo in Canada con il nome di L’Église Catholique Eucharistique/The Eucharistic Catholic Church, votato alla «piena inclusione delle persone LGBTQ, che sono doni di Dio, nella vita della Chiesa, la quale comprende pure l’ordinazione sacerdotale e il sacramento del matrimonio». Tutto ebbe inizio negli anni 1940 quando, dopo voci e sospetti, il vescovo della Chiesa ortodossa greca John Augustine Kazantks (morto nel 1957), si dichiarò omossessuale, ruppe con i confratelli ed emigrò negli Stati Uniti. Il nucleo originario di quella che poi sarà l’ECC, orgogliosa prima Chiesa gay, nacque ad Atlanta, il 1° luglio 1946, allorché Kazantks ordinò sacerdote George Augustine Hyde (1923-2010), ex seminarista cattolico. Il loro primo luogo di culto fu una stanza in affitto al Winecoff Hotel di cui pagavano pigione al Cotton Blossom Room, il gay bar dell’albergo.
Il seguito è un intreccio complesso di nuove Chiese e di molti scismi, tutti orbitanti in quel piccolo ma agitato mondo dove s’intrecciano le sigle e le pulsioni dell’ortodossia autocefala di “rito occidentale” statunitense (avente il dichiarato scopo di azzerare l’identità etnico-culturale dei fedeli ortodossi oriundi orientali negli Stati Uniti onde rigenerarli in una nuova ortodossia esclusivamente nordamericana), di un certo “cattolicesimo americano” eterodosso e “nazionalista”, del “vetero-cattolicesimo” americano (la branca locale dello scisma nato da chi, tra 1869 e 1871, rifiutò il dogma dell’infallibilità pontificia, promulgato durante il Concilio Ecumenico Vaticano I), ma soprattutto della voglia di rifondare ereticamente il cattolicesimo in una “teologia LGBT”. O, come dicono spesso, LGBTQ, cioè lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e queer, cioè “bizzarri”, o questioning, quelli che ancora non han deciso di che sesso essere; oppure ancora ‒ così per esempio preferiscono a Cuba ‒ LGBTI, dove l’ultima lettera sta per “intrasessuali”, coloro che sono affetti da modificazioni patologiche del normale processo fisiologico di sviluppo degli apparati sessuali che però in questa logica surreale diventano l’ennesima possibilità di “scegliersi il sesso”.
Come che sia, alla fine di detto intreccio emerge, distinta dalla ECC originaria attiva negli stati Uniti, L’Église Catholique Eucharistique/The Eucharistic Catholic Church attiva in Canada con due parrocchie nell’Ontario, sette in Camerun e una missione a Güines, isola di Cuba. Arcivescovo e primate dal 2005 ne è appunto LaRade, il quale, dopo l’ordinazione tra i gesuiti, divenne cappellano dell’Università di Regina (Saskatchewan canadese), nel 1990 si è innamorato di un uomo, nel medesimo anno ha gettato alle ortiche l’abito sacerdotale, poi si è immerso nello studio di Carl Gustav Jung tanto da farne un mestiere, dopo 12 anni di convivenza ha "sposato" con rito civile il suo amato e alla fine è tornato prete in ambienti vetero-cattolici.
Carnevalate di chi si arrampica sugli specchi per cercare di definire da sé un cattolicesimo alternativo all’unica Chiesa Cattolica, certo; di ecclesiastici LGBT-friendly dalle carriere pirotecniche esiste del resto una enciclopedia intera. Ma c’è un punto che inquieta. Questo piccolo mondo sin troppo attivo rivendica a gran voce la piena successione apostolica delle proprie ordinazioni. Una pretesa tutta da verificare caso per caso, ma se fosse vera i suoi preti e i suoi vescovi sarebbero anche per la Chiesa Cattolica canonicamente validi benché illeciti. E dunque che fare delle benedizioni e dei sacramenti amministrati da quel clero illecito ma valido? Peraltro Roger LaRade è al di sopra di ogni sospetto: esercita illecitamente l’autorità episcopale nell’ECC, ma la sua ordinazione sacerdotale nella Chiesa Cattolica fu valida.
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