ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 7 giugno 2015

Constat de revulutione

Malinconiche considerazioni sul referendum irlandese 

di Carla D’Agostino Ungaretti

zzzzdsstrIn questi ultimi tempi mi è tornata spesso in mente la vicenda umana del geniale e spiritosissimo scrittore e commediografo irlandese Oscar Wilde (chi non conosce L’importanza di chiamarsi Ernesto, prototipo dell’umorismo di stampo anglosassone?), condannato ai lavori forzati per sodomia nell’Inghilterra vittoriana della fine dell’ ‘800 dai quali uscì distrutto fisicamente e spiritualmente, secondo me oltre ogni misura umana e cristiana.  Ma penso anche che l’accelerazione che il pensiero nichilista e relativista è riuscito a innestare in meno di cento anni, riuscendo a capovolgere di 180 gradi la percezione occidentale del fenomeno omosessuale, è stata talmente travolgente che non può essere stata provocata dalle sole forze umane, ma da quel Male che ha imbevuto di sé il “secolo breve” provocando dittature, guerre mondiali e l’ottundimento generale delle coscienze.

La dimostrazione di ciò io, cattolica “bambina“, educata con il Catechismo di S. Pio X – che potrà forse ritenersi un po’ superato nello stile esteriore fatto, come è noto, di domandine  e rispostine, ma non certo nella sostanza e nella Verità – l’ho avuta con il recente referendum irlandese e non posso rimanere silenziosa, o peggio indifferente, di fronte a quanto è successo in quell’ “isola verde“, paese un tempo cattolicissimo che in passato fu capace di opporsi anche eroicamente ai soprusi ideologici e antipapisti dell’Inghilterra protestante. Incredibile a dirsi, ora il 62% degli elettori irlandesi, per primi al mondo, ha approvato che venisse inserita nella Costituzione (legge fondamentale degli Stati moderni dalla quale discendono tutte le altre leggi) la legittimità del matrimonio tra omosessuali. E’ la prima volta, cioè, che una simile rivoluzionaria innovazione proviene “dal basso” e non “dall’alto” come è avvenuto in altri paesi.
Non trovo parole per esprimere il mio avvilimento e il mio totale sconforto, ma non tanto per il voto della gente comune – che, come tutti sanno, purtroppo è facilmente manipolabile dai mass – media, a loro volta cassa di risonanza del pensiero unico corrente – ma perché questo esito, assurdo per i cristiani e per tutte le persone di buon senso, peccaminoso e (mi si consenta di dirlo) diabolico, è stato accettato come “necessario”, “inevitabile”, “normale” anche dai vertici della Chiesa irlandese e, di conseguenza, anche dai parroci e dai sacerdoti in genere, da molte persone consacrate come tante suore dedite all’insegnamento e all’assistenza dei giovani, proprio coloro, cioè, che dovrebbero illuminare le coscienze e guidare la “resistenza” (ormai solo cattolica, perché il protestantesimo si è comodamente adeguato all’ideologia corrente) contro questo abominio antropologico.
Tanti, e molto più esperti e più avanti nella fede di me, hanno fatto sentire la loro voce di dolore e delusione per questo evento, considerandolo sotto le varie angolature, sociali, giuridiche, etiche, morali, antropologiche, economiche, perciò la mia voce non può suonare che come quella del pulcino che pigola alla ricerca della chioccia, la mamma scomparsa alla sua vista, perché non vedo più nel mio orizzonte morale la presenza determinante della Chiesa. Che ne è di quel Cristianesimo che ha improntato tutta la civiltà occidentale? Il mio disagio spirituale è aggravato dalla mia incondizionata appartenenza alla Chiesa Cattolica, della quale mi sento figlia al cento per cento, e allora mi domando cosa debba fare e pensare una figlia che ama sinceramente sua madre, che le ha sempre obbedito, che l’ha sempre considerata, nella vita, il suo principale punto di riferimento, quando vede che essa, inaspettatamente, traligna come potrebbe fare una qualunque madre terrena che si sia lasciata sedurre dalle lusinghe del mondo? E, mi sia permesso aggiungere, questo dell’Irlanda non è purtroppo l’unico esempio.
Ma anche volendo giudicare da un punto di vista solo terreno, mi sconvolge la constatazione che appena pochi decenni fa non si poteva, neppure in un mondanissimo salotto, nominare l’omosessualità (peraltro sempre esistita e condannata, così come è sempre esistito ed è sempre stato condannato il peccato) mentre ora viene elevata a diritto umano meritevole di ricevere riconoscimento e protezione da parte degli ordinamenti giuridici, con rassegnata accettazione da parte della Chiesa. Il problema per me è tremendo perché, come ha spiegato il Prof. Roberto de Mattei, i cattolici irlandesi votando SI, sono incorsi, spero inconsciamente, nell’apostasia, peccato molto più grave dell’empietà perché hanno esplicitamente rinnegato il bimillenario insegnamento della fede e della morale cattolica, nell’inerte condiscendenza dei loro pastori[1].
L’Arcivescovo di Dublino e Primate d’Irlanda, Diarmuid Martin, ha definito l’esito del referendum  non un peccato collettivo contro Dio e la Sua legge, ma “una rivoluzione sociale” con la quale ora la Chiesa dovrà “fare i conti[2] e smettere di “negare l’evidenza” [3].Ma quale evidenza? Quella del pensiero corrente che asserisce la piena legittimità morale della sodomia praticata con conseguente possibilità di matrimonio e alla quale, volenti o nolenti anche i cattolici dovranno adeguarsi? Già, perché c’è sempre il rischio enorme che i sacerdoti che rifiutino di celebrare matrimoni gay possano venire deferiti alla Corte di Strasburgo, come fuori legge violatori di diritti costituzionalmente garantiti.
Quindi anche l’espressione usata dall’Arcivescovo, a mio giudizio, è ambigua e fuorviante perché sembra rendere meno grave il problema che invece è gravissimo. L’Arcivescovo riconosce che la maggior parte di coloro che hanno votato SI ha studiato nelle scuole cattoliche, ma la sua analisi non arriva a riconoscere il fallimento totale di quel sistema educativo e a chiedere perdono a Dio per non essere riusciti a comunicare ai loro allievi la legge umana e naturale, esistente, osservata e condivisa fin dalla notte dei tempi, che ora sembra crollare a pezzi sotto le insidie di un sistema filosofico edonista, nichilista e relativista che pretende l’adeguamento a un unico pensiero mondiale, nemico di Dio e finalizzato alla sola realizzazione del proprio utile e del proprio piacere qui e ora. Senza contare  la pessima testimonianza in negativo che quei cosiddetti educatori sono riusciti a offrire ai loro allievi.  Cosa insegneremo tra qualche anno ai bambini europei che nascono ora? E come chiarire ora le idee agli adolescenti europei che hanno già imparato dai media, dai video giochi, dalla TV che il matrimonio gay è la cosa più naturale del mondo? Dicono che bisogna aiutare e sostenere la famiglia, ma questo proposito fa tremare le vene e i polsi, se pensiamo che i genitori di quegli adolescenti si sono formati in quel famigerato e distruttivo ’68, all’insegna del“vietato vietare”.
Ebbene io, “cattolica “bambina” non mi stancherò mai, nel mio piccolo, di definire le pratiche omosessuali contrarie alla natura, e non solo perché questa è la legge di Dio (che in questo tipo di discussioni forse è meglio lasciare da parte) ma perché ce lo dice la stessa anatomia e fisiologia del corpo umano maschile e femminile. Come accettiamo e riteniamo naturale la legge che fa spuntare la pianta dal seme gettato nella terra, così dobbiamo riconoscere che l’accoppiamento sessuale umano è possibile ed ha una giustificazione solo se avviene tra un uomo e una donna.  E’ possibile, perché essi sono dotati di organi diversi e complementari, vale a dire l’uno funzionale all’altra; ha una giustificazione perché solo attraverso di esso si provvede alla prosecuzione della specie cui apparteniamo[4]. C’è bisogno di ricordare, per esempio, che gli omosessuali maschi (e mi limito a questi) si servono di organi del partner deputati a tutt’altra funzione fisiologica, il che rende del tutto assurdo e innaturale l’accoppiamento? Eppure si sente dire anche da parte di uomini e donne di chiesa che il cattolicesimo deve ancora fare una riflessione profonda sull’omosessualità, come se ci fossero ancora dubbi in proposito, perché la fede deve essere inclusiva e non respingere nessuno.
E’ la scoperta dell’acqua calda: quando mai la Chiesa ha respinto il peccatore pentito? Gesù Cristo non andava per primo incontro ai peccatori? Ma lo faceva per convertirli (e sempre ci riusciva) non per consentire loro di continuare a peccare, anzi raccomandava loro di non peccare più.
Questo è il punctum dolens di tutto il discorso che sembra non essere più capito: in questa materia (e anche in altre) la Chiesa non parla più del peccato, non chiede più la penitenza, quelle sono diventate parole senza senso, ciò che conta èl’amore, soprattutto sessuale (la castità è uno status completamente dimenticato, se non si parla di persone consacrate) dimenticando che anche questa parola è diventata aleatoria e precaria. Per divorziare ora bastano sei mesi; si comincia a pensare di consentire anche in Italia la stipulazione dei patti prematrimoniali, come ci hanno insegnato i divi di Hollywood, per non litigare troppo quando ci si separerà. Il matrimonio non vale più nulla, però gli omosessuali vogliono sposarsi.
Questa  verità antropologica riguardante l’uomo e la donna per millenni non ha avuto bisogno di essere spiegata e giustificata, tanto era lapalissiana; ora, nel giro di un ventennio, è cambiato tutto. Perché?  Ora il pensiero dominante vuole farci credere che il sole sorge a ovest anziché a est e i fiumi scorrono verso la sorgente anziché verso la foce. Il tutto con una dovizia di argomentazioni che, in definitiva, riposano solo su due argomenti: tutto ciò che procura piacere è lecito; lo Stato e la società devono assecondarmi, il primo con leggi che consentano e tutelino le mie tendenze, naturali o innaturali che siano; la seconda, astenendosi dal criticarmi, pena l’emarginazione sociale. Insomma, il pensiero relativista, dopo aver vinto, ora vuole anche stravincere,  convincendo le menti che l’omosessualità è bella e degna di essere sperimentata fino ad arrivare a consentirne il matrimonio.
Non c’è l’opera del “nemico” dietro tutto ciò?
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[1] Cfr. CORRISPONDENZA ROMANA, 27.5.2015.
[2] Cfr. AVVENIRE, 24.5,2015,  pag. 15.
[3] Cfr. CORRIERE DELLA SERA, 25.5.2015, pag. 12.
[4] Dimenticavo che quest’ultima argomentazione purtroppo sta perdendo vigore, data la possibilità riconosciuta e approvata degli “uteri in affitto” per gli omosessuali maschi e dell’inseminazione artificiale per le femmine.

 –  di Carla D’Agostino Ungaretti



Redazione

Da Padova, nuova brillante affermazione del diritto a rincretinire

Nell’arduo cammino dell’affermazione dei diritti umani, ricca di sublimi eroismi e preclare virtù, è sempre più chiara la travolgente affermazione del diritto a rincretinire. Da Padova ci arriva una notizia sensazionale: 138 giovani cattolici (?), dimostrando tra l’altro un’originalità strepitosa, scrivono ad Avvenire una lettera aperta in cui chiedono che nella Chiesa si apra un dialogo sui “diritti civili degli omosessuali”. Ci informa di ciò il Mattino di Padova, con un articolo pubblicato ieri (a firma di Claudio Malfitano), che qui di seguito riportiamo integralmente. E se vogliamo uscire dall’ironia, notiamo che questo gruppetto di sprovveduti (vogliamo pensare che siano tali, altrimenti ci sarebbe da dir di peggio… ) si è fatto abbindolare in pieno dal nuovo inganno delle “aperture” , della “accoglienza” e del “dialogo”, con conseguente necessità – chissà perché – di rinunciare all’identità cristiana e tuffarsi sgomitando nel mondo, cercando di salvare la faccia con il “ragionato riformismo” che, tradotto in italiano, vuol dire fare da battistrada, o da utili idioti, al compimento del disastro. La storia è piena di esempi al proposito, ma la storia, si sa, non insegna mai nulla. E’ istruttiva la chiusura della lettera, laddove si afferma “noi crediamo che la Chiesa abbia molte cose importanti da dire ai giovani. In termini di guerre e di pace, per esempio. Oppure sul tema dei migranti e dell’accoglienza del prossimo”. Non si parla nemmeno di striscio di salvezza dell’anima, di peccato, di pentimento… già, però queste cose le diceva la Chiesa cattolica. Adesso resta un punto, tutto da chiarire: di che “chiesa” parlino i baldi giovani padovani  e quale sia il loro credo religioso. Bazzecole, in fondo, oltretutto “divisive”. L’importante è la misericordia…
PD
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Da “Il Mattino” di Padova. Edizione on line del 5 giugno 2015:
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Giovani cattolici e unioni gay, da Padova l’appello alla Cei: “Parliamone”
138 giovani, tutti tra i 18 e i 35 anni, attivi nella Diocesi scrivono a “Avvenire”: “Serve un riformismo ragionato, altrimenti saremo travolti” – di Claudio Malfitano
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zzzzgcpdPADOVA. Aprire un dialogo all’interno della Chiesa sul tema dei diritti civili degli omosessuali. È una richiesta, dal punto di vista teologico, rivoluzionaria quella che ben 138 giovani, tutti tra i 18 e 35 anni, attivi nelle strutture della diocesi di Padova hanno rivolto alle gerarchie cattoliche tramite una lettera aperta pubblicata da “Avvenire”, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana. «Il fatto di considerare il matrimonio cristiano e la famiglia tradizionale dei valori aggiunti non è in contraddizione con la possibilità di riconoscere alcuni diritti civili alle persone omosessuali», scrivono i giovani cattolici padovani.
Un appello che nasce dalla riflessione dopo il risultato del referendum in Irlanda, paese che a larga maggioranza ha approvato l’accesso al matrimonio civile per le coppie dello stesso tempo. Dalla «cattolicissima» Irlanda alla «città del Santo», con la semplicità e gli strumenti dei giovani: un testo condiviso in “Google Drive” da quattro studenti può aprire una breccia nella secolare ostilità della Chiesa nei confronti dei comportamenti omosessuali. I protagonisti dell’«impresa» sono appunto cinque ragazzi padovani: Giacomo Ghedini, 22 anni, studente al primo anno della magistrale in Storia in un programma didouble degree alle Università di Bologna e Paris 7; Anna Valentini, 23 anni, studente di Lettere Antiche al Liviano; Anna Rebecca Ceccato, 23 anni, studente di Giurisprudenza a Ferrara; Giovanni Gabelli, 23 anni, che si sta specializzando in biotecnologie vegetali alla Scuola di studi superiori dell’Università di Torino; e Chiara Tedesco, 23 anni, laureata in Infermieristica al Bo.
L’appello dei ragazzi, che hanno trovato molti sottoscrittori tra i coetanei, si estende anche ai politici di area cattolica: «Siate laici coerenti con la propria vocazione, capaci di assumersi delle responsabilità che a volte esigono mediazioni sofferte. Se non lo fate ora, c’è il fondato rischio di ritrovarsi a subire passivamente in futuro scelte improvvise e radicali». Alla base della lettera l’idea che «un ragionato riformismo sulle unioni civili» possa permettere «di sospendere la riflessione su quei punti che destano maggiori perplessità, quali l’adozione dei minori».
Nella lunga missiva anche una richiesta ai mezzi di comunicazione, alle televisioni e ai giornali: «Non dare l’immagine di una Chiesa arroccata su una posizione immobile su questi temi. La Chiesa di cui noi siamo parte viva è una Chiesa aperta al dialogo e all’incontro», sottolineano i ragazzi. «Ci piacerebbe che come Chiesa ci facessimo più carico della situazione dei tanti omosessuali che si sentono discriminati e mostrassimo più visibile il volto di una comunità accogliente», è la conclusione.
Il promotore: “Ci piace una Chiesa aperta”. «Volevamo combattere l’immagine di una Chiesa chiusa e ostile alle persone omosessuali. È un’esigenza che sentiamo vivendo tra i nostri coetanei». Lo spunto per la lettera appello ad “Avvenire”, racconta Giacomo Ghedini, è nato proprio da come i media hanno raccontato la Chiesa all’indomani del referendum irlandese. E forse un po’ anche da quelle parole del segretario di stato vaticano, il vicentino Pietro Parolin, che subito dopo il risultato ha commentato: «Il sì alle nozze gay non è una sconfitta della Chiesa ma una sconfitta dell’umanità».
Da dove nasce l’esigenza di correggere questa immagine negativa della Chiesa? «Nasce dall’esperienza che abbiamo con i nostri coetanei, con i nostri amici omosessuali. E anche dalla nostra attività di educatori, a confronto con ragazzi che stanno crescendo e formando una loro personalità. Crediamo che tanti giovani si allontanino dalla Chiesa perché la trovano chiusa, poco accogliente. E invece noi crediamo che la Chiesa abbia molte cose importanti da dire ai giovani. In termini di guerre e di pace, per esempio. Oppure sul tema dei migranti e dell’accoglienza del prossimo».
http://www.riscossacristiana.it/da-padova-nuova-brillante-affermazione-del-diritto-a-rincretinire/

3 commenti:

  1. poveri noi!questi sono i cristiani del futuro?!ma di quale chiesa parlano?si si ...indubbiamente senza comandamenti ....senza il Padrone di casa.....

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  2. Chissa' quanto il san Wojtyla sara' orgoglioso dei suoi papaboys......
    Che bella la gioventu' cresciuta in parrocchia.....
    e che bello il giornale dei vescovi italiani.....

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  3. Tra poco il Padrone della vigna torna....

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