ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 6 giugno 2015

Fino a quando verrò


Id quod habetis tenete donec veniam (Ap 2, 25).
Fino a che il Signore non ritorni, teniamo ben stretto ciò che abbiamo ricevuto: sono i mezzi della salvezza, anzi è la sua stessa vita già germogliata in noi, è Lui stesso vivente in noi: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2, 20); «Egli è il vero Dio e la vita eterna» (1 Gv 5, 20). Non lasciamoci rubare Cristo, non lasciamoci estromettere dalla Chiesa: Extra Ecclesiam nulla salus (cf. DS 802, 870, 1351). Parliamo della salvezza eterna, la cui sola alternativa è l’Inferno, non della lotta alla crisi o alla disoccupazione, che sono salutari castighi per una società che ha rigettato Dio e ricusa ostinatamente di ritornare sulla retta via. Non lasciamoci distogliere dalla vera speranza, quella celeste, che poggia sull’offerta redentrice del Verbo incarnato e sulle Sue infallibili promesse; quella di cui già possediamo la caparra nelle primizie dello Spirito Santo, grazie al quale «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori» (Rm 5, 5; cf. Rm 8, 23; 2 Cor 1, 22; 5, 5).
«Se il nostro evangelo rimane velato, lo è per coloro che si perdono, ai quali il dio di questo mondo ha accecato la mente incredula, perché non vedano lo splendore del glorioso evangelo di Cristo, che è immagine di Dio» (2 Cor 4, 3-4). I ciechi, purtroppo, sono ormai innumerevoli, nella società e nella Chiesa stessa; chi non ha coltivato e custodito una fede retta e viva non ha difese dagli inganni di Satana, dio di questo mondo, e ingoia supinamente tutto ciò che i suoi scagnozzi gli propinano. La massa tumorale composta di questi poveretti – nonché di quanti l’hanno provocata spargendo le tossine di un falso insegnamento – ha ormai invaso con le sue metastasi tutta la componente terrena del Corpo mistico; l’unica soluzione è una conversione radicale, ma ci vorrà una terapia d’urto… Per decenni i sintomi della malattia, sebbene sempre più evidenti, sono stati non semplicemente ignorati o tollerati, ma molto spesso applauditi e incrementati come indice di buona salute, frutto di un indiscutibile progresso e rinnovamento.
Da questo punto di vista, sarebbe assurdo che le cellule sane si sentissero estranee al corpo perché quelle cancerose sembrano più forti e numerose. Le prime non possono avere nulla a che spartire con le seconde, pena l’essere a loro volta contagiate, ma non per questo sono fuori della Chiesa, nonostante il cancro sia arrivato fino alla sala-comandi, che per questo sta andando in tilt. È ovvio che questa situazione paradossale non possa essere indolore per la parte ancora immune, che soffre e geme nelle doglie del parto; ma quest’ultima non deve lasciarsi smuovere di un millimetro dalla certezza di fede – e dalla consolazione spirituale che ne deriva – di essere la vera Sposa di Cristo. Quel settore della Chiesa visibile che lo ha tradito e, come una belva indiavolata, ne sta dilaniando il Corpo, di fatto non vi appartiene più, se mai ne ha fatto parte realmente. Da quest’opera diabolica di demolizione dall’interno possiamo e dobbiamo difenderci rimanendo saldamente convinti che non siamo affatto “fuori”, ma dentro più che mai, dentro quel Gesù che, sulla terra, è in agonia sino alla fine del mondo, sia in senso temporale che in senso geografico.
Abbiamo tutti i mezzi necessari per conservare la vera fede e l’unione reale al Corpo mistico: l’Eucaristia, la Sacra Scrittura, la Tradizione vivente nei Padri, nei Concili, nella Liturgia, il Magistero autentico fino all’ultimo Papa eletto in modo certo (riguardo al successore, san Roberto Bellarmino sentenzia: Dubius papa habetur pro non papa). Ciò che ci è stato trasmesso è immutabile, in quanto dottrina rivelata di origine divina: «La verità è principio della tua Parola: resta per sempre ogni sentenza della tua giustizia» (Sal 119 [118], 160). In ebraico il termine verità (’emet) appartiene all’ambito semantico della stabilità e della fedeltà, espresso dalla stessa radice della parola amen: Dio non può cambiare né venir meno alle Sue parole. La grazia o misericordia (ḥesed) è inseparabile dalla verità così intesa, al punto che i due termini ricorrono spessissimo associati in endiadi, specie per qualificare il Dio della Bibbia (cf. per es. Es 34, 6). Una reale – e non immaginaria – fruizione della misericordia divina suppone pertanto un’adesione incondizionata alla Rivelazione cristiana – un’adesione vitale, capace di trasformare la coscienza individuale e di modificare l’esistenza concreta. Il resto è illusione, narcisismo, vanità… impuro e peccaminoso godere di sé.
La parte malata della Chiesa militante, in fin dei conti, ha avuto dal buon Dio ciò che voleva: un capo che ne sancisse il tradimento e l’apostasia facendoli passare per sorprese dello spirito; rimane peraltro da chiarire a quale spirito ci si riferisca. La Provvidenza ha così avviato un’operazione-verità con cui sta distinguendo, nel Corpo mistico, le membra vive dalle membra morte, facendo venire allo scoperto chi, secondo l’efficace espressione agostiniana ripresa dal Vaticano II, è nella Chiesa con il corpo, ma non con il cuore (cf. PL 43, 197; LG 14). Secondo il grande Dottore non basta essere battezzati, se è vero che lo stesso Battesimo salva gli uni e danna gli altri: Eodem Baptismo et boni catholici salvi fiunt, et mali catholici vel haeretici pereunt (De Baptismo contra Donatistas, 5, 28: PL 43, 198). Anche questo passaggio al vaglio è espressione di misericordia: per i veri cattolici, perché riconoscano i falsi e ne prendano le distanze; per gli altri, perché si rendano conto che non tutti sono con loro e, quando verrà il castigo purificatore, si ricordino che c’è ancora una possibilità di salvezza: tornare sulla via di sempre, accessibile a chiunque si decida a seguirla con l’aiuto della grazia

http://lascuredielia.blogspot.it/2015/06/fino-quandoverro-id-quod-habetis-tenete.html 

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