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giovedì 11 giugno 2015

Il medaglione come biglietto di viaggio?

Putin cerca la sponda del Papa, ma l’Ucraina può rovinare la festa

Non basterà presentarsi come “protettore dei cristiani”. I cattolici di Kiev chiedono a Francesco gesti forti

Il Papa riceverà in udienza Vladimir Putin oggi alle 17
Roma. Per la seconda volta in un anno e mezzo, il presidente russo Vladimir Putin sarà ricevuto dal Papa di Roma in Vaticano. Oggi alle 17 il capo del Cremlino – ritardi di routine permettendo, visto che Putin non si contraddistingue per essere emulo di Immanuel Kant in fatto di puntualità – si chiuderà nella Biblioteca del Palazzo apostolico con Francesco e lì, a quattr’occhi, cercherà di sfruttare la sponda del Pontefice per risolvere i suoi (seri) problemi con l’occidente.
L’obiettivo è quello di tornare al centro del gioco, mostrando al mondo che, se i “sette grandi” del pianeta lo escludono e lo sbertucciano tra i boschi della bavarese Elmau, lui può vantarsi di avere un filo diretto con l’autorità religiosa più popolare e ascoltata del globo terracqueo. Una visita che “non ha come priorità i rapporti tra la Santa Sede e il Patriarcato di Mosca”, dice al Foglio don Stefano Caprio, docente di Cultura russa al Pontificio istituto orientale di Roma. Rapporti che ancora oggi, spiega, sono freddi. “Da quando è stata abbandonata la politica di penetrazione portata avanti da Giovanni Paolo II per abbracciare la più tradizionale Ostpolitik, non si sono fatti passi avanti. A parte scambi di libri, icone e cortesie, direi che siamo fermi al 2004, quando il cardinale Kasper andò a Mosca a consegnare l’icona raffigurante la Madonna di Kazan”. Don Caprio, tra i primi sacerdoti cattolici a entrare nel 1989 nell’Unione sovietica in via di decomposizione, non si sorprende affatto del rifiuto di Kirill di recarsi a Cracovia per la Giornata mondiale della gioventù del 2016, annunciato con volto funereo dal cardinale Stanislaw Dziwisz: “Qual è la notizia? Mi avrebbe semmai stupito il contrario”.


ARTICOLI CORRELATI Le convergenze tra il Papa e Putin Le passeggiate italiane di uno zar L’offensiva di Francesco “Putin ora deve decidere”, dice ObamaNon si stupisce, il nostro interlocutore, del niet di Kirill. Torna con la memoria a quel che accadde nel 1991, sempre a Cracovia e sempre in occasione di una Gmg: “Io c’ero e ricordo ancora i diecimila giovani giunti lì dalla Russia. Molti si fecero battezzare cattolici, anche se non lo erano affatto. Per loro si trattava della prima ‘evasione’ dal regime”. Un precedente che di certo al Patriarca non è sfuggito. Un gioco di sponda, quello tra Bergoglio e Putin, che riuscì bene sul finire dell’estate del 2013, quando il Papa mobilitò masse e coscienze per scongiurare i bombardamenti su Damasco tesi a rovesciare Bashar el Assad, promuovendo una giornata di digiuno e preghiera e finendo così – implicitamente – per sintonizzarsi sulle frequenze russe, fin dal principio ostili a ogni ingerenza straniera nella crisi siriana. Il fatto che pochi giorni dopo Francesco avesse inviato all’inquilino del Cremlino  (allora presidente del G20) una lettera in cui gli si chiedeva di fare il possibile per evitare conflitti nel vicino oriente, contribuì ad accrescere l’intesa tra i due. Stavolta però, a differenza del 2013, c’è un elemento in più che si chiama Ucraina: il rapporto tra i due è “incredibilmente forte”, ma rimane da vedere se “l’unico neo potenziale tra Roma e Mosca rovinerà la festa”, ha scritto il vaticanista statunitense John Allen. Neo che, appunto, porta a Kiev. “Putin cercherà una sponda per evitare un ulteriore inasprimento delle sanzioni dovute a quel che accade tra Donbass e Crimea”, sottolinea don Stefano Caprio.

Presentarsi come “protettore dei cristiani d’oriente” servirà a poco, quando sul tavolo del Pontefice ci sono le doglianze della chiesa greco-cattolica ucraina, che da mesi denuncia l’invasione dei tank russi e per questo è stata accusata dal presidente del dipartimento per le Relazioni ecclesiastiche esterne di Mosca, il metropolita Hilarion, di aver in qualche modo fomentato “il conflitto civile trasformatosi poi in un sanguinoso conflitto armato”. Hilarion andava oltre, chiarendo già un anno fa che “la presenza della chiesa greco-cattolica rappresenta un grande ostacolo nei rapporti tra il Patriarcato e la Santa Sede”. Ieri, l’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, ha fatto sapere di aver inviato al Papa una lettera in cui gli chiede di “essere la voce del popolo ucraino, dei suoi figli, di tutti i cattolici credenti in Ucraina che soffrono”. Un messaggio a Francesco “affinché come un padre difenda i suoi figli”, ha spiegato il presule. Il problema, osserva don Caprio, è che anche “Kirill è in imbarazzo per la piega che sta prendendo il putinismo. Il patriarca ha sì ispirato la politica nazionalista-ortodossa del numero uno del Cremlino, ma alla fine Putin si è mostrato addirittura più intransigente dello stesso capo della chiesa di Mosca. Kirill non ha annesso la Crimea alla sua giurisdizione, il presidente sì”. Per questo è arduo ipotizzare che il capo dello stato si possa fare latore di istanze o richieste del patriarcato, anche perché “su temi come relativismo e lotta ai matrimoni omosessuali, oggi pare esserci meno consonanza di vedute tra i vertici ortodossi e quelli cattolici, tant’è che in Russia si torna prepotentemente a parlare di superiorità morale della chiesa ortodossa”, aggiunge il docente al Pontificio istituto orientale: “Con Karol Wojtyla il clima era di scontro, lui polacco che tentava di perseguire una politica di penetrazione. Con Joseph Ratzinger – che di relazioni politiche con Mosca non si interessava affatto – c’era una condivisione a livello dottrinale. Ora la situazione è più complessa”.

Se Kirill non offre troppa corda a Francesco, questi ha col tempo rinsaldato l’intesa con Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli: “Ma il Papa, che è un realista, sa bene che dei circa 225 milioni di cristiani ortodossi nel mondo, due terzi si rifanno alla chiesa di Mosca”, ricordava Allen. E’ chiaro, dunque, “che tutte le strade passano per la capitale russa”. Il Pontefice, di ritorno dal viaggio in Turchia, lo scorso dicembre,  si diceva pronto a incontrare il patriarca di Mosca: “Tu mi chiami e io vengo, tutti e due vogliamo incontrarci e andare avanti”. Tuttavia, benché non si vedano date all’orizzonte e Kirill rifiuti per ora anche vertici  in terra “neutrale”, dalla Russia fanno sapere che “il tema non è stato depennato”.
di Matteo Matzuzzi | 10 Giugno 2015 

San Pietro chiama il Cremlino

Nina Fabrizio
ANCHE STAVOLTA è arrivato in Vaticano col suo proverbiale ritardo, oltre un’ora, ma non per questo Vladmir Putin ha spezzato il buon clima che lo attendeva Oltretevere. Tanto che con papa Francesco che ha incontrato per la seconda volta (la prima fu nel novembre 2013, allora sul tavolo c’era la crisi siriana) si è intrattenuto a colloquio privato quasi un’ora buona.
UN TEMPO eloquente, segno di una discussione approfondita tra il Pontefice argentino e lo zar del Cremlino, che è ruotata in gran parte attorno al dossier Ucraina e ai conflitti che investono il Medio Oriente.Con Putin, Francesco ha fatto appello a un «sincero e grande sforzo» per realizzare la pace nella regione ucraina, e in particolare a impegnarsi perché «tutte le parti rispettino l’accordo di Minsk» oltre che ad assicurare l’apertura di canali per gli aiuti umanitari.
L’altro focus col presidente russo non poteva che essere sulla situazione mediorientale con i suoi vari fronti di guerra, dove il Papa è fortemente preoccupato anche per la sorte delle diverse minoranze, prima fra tutte
i cristiani. Insieme, Bergoglio e Putin, hanno condiviso «l’urgenza» che la comunità internazionale rinnovi il suo impegno per trovare soluzioni sia per la Siria che per l’Iraq, entrambi sotto l’attacco dell’autoproclamato Califfato islamico. Tra sorrisi, strette di mano, saluti scambiati anche in tedesco, Francesco ha cercato l’empatia con il leader russo che da parte sua, in questo momento, ha anche bisogno di rompere l’isolamento verso l’Occidente.
L’obiettivo del Papa è rinsaldare il dialogo con Mosca che nella sua visone geopolitica ritiene essenziale.
NEL CLIMA attuale di nuova guerra fredda, Bergoglio non esita a mettere in gioco tutta la sua leadership personale al servizio della pace, superando nuovi e vecchi steccati.
Intenzioni ben chiarite da Francesco, mentre resta tuttora sullo fondo la possibilità di un suo futuro viaggio a Mosca, anche con il regalo consegnato a Vladimir Putin. «Questo è un medaglione fatto da un artista del secolo scorso – ha detto porgendo al presidente della Federazione russa l’omaggio –. È l’Angelo della pace che vince tutte le guerre e parla di solidarietà fra i popoli».
http://www.quotidiano.net/san-pietro-chiama-il-cremlino-1.1047654

Santa Sede: quell'ospite gradito chiamato Putin

In vista dell'incontro di domani tra il Papa e il presidente della Federazione russa, intervista a Fabrizio Di Ernesto, esperto di tematiche geopolitiche e autore del recente saggio "Santa madre Russia" 


Il viaggio di Vladimir Putin in Italia consente al presidente della Federazione russa di recarsi anche in Vaticano, dove nel pomeriggio di domani avrà un colloquio con Papa Francesco. In poco più di due anni di pontificato, Bergoglio apre già per la seconda volta la porta delle mura leonine al rappresentante del Cremlino. E lo fa in una fase storica in cui i leader occidentali sembrano invece meno propensi a stabilire un contatto amichevole con la Russia, come dimostrano i toni usati nel corso del G7 in Germania dal presidente statunitense Barack Obama e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel.
Ma c’è un’immagine, forse, che racconta meglio di tutte la solida base su cui poggia il nuovo asse tra Santa Sede e Russia: è quella di Putin che, durante la scorsa visita in Vaticano il 25 novembre 2013, si fa il segno della croce e bacia l’icona mariana appena donata al Papa, il quale compie lo stesso gesto. Simbolo di un legame che ha radici più profonde del mero rapporto diplomatico. Di questo e di altri aspetti della Russia di Putin, ZENIT ne ha parlato con Fabrizio Di Ernesto, esperto di tematiche geopolitiche e autore del saggio di recente uscita Santa madre Russia - Putin e la presenza di Mosca sullo scacchiere internazionale.
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Dott. Di Ernesto, nel suo libro identifica nello sfruttamento di petrolio e gas l’elemento che dalla caduta del Muro di Berlino ad oggi ha consentito alla Russia di tornare al suo “antico splendore”. Ritiene che in questo senso abbia giocato un ruolo anche la religione, dopo anni di ateismo di Stato?
La religione, nello specifico la dottrina cristiana sia nella variante ortodossa che in quella cattolica, è stata abilmente utilizzata da Putin per rilanciare l'unità nazionale e ridisegnare la nuova civiltà russa. Se il capitalismo derivante da gas e petrolio ha poco o nulla a che vedere con la religione, il Presidente russo ha poi sfruttato in modo anche propagandistico gli introiti derivanti da queste ricchezze per rilanciare lo Stato sociale e l'assistenzialismo verso le fasce più deboli della popolazione. Se prima ciò avveniva perché correlato all'ideologia comunista, oggi i più bisognosi si rivolgono e vengono aiutato presso le strutture della Chiesa ortodossa, che è tornata a recitare un ruolo decisivo nelle sorti del Paese.
Lei pone l’accento sui rapporti tesi tra Occidente e Federazione Russa. È verosimile ritenere che uno dei motivi di questa acredine, specie con gli Stati Uniti, sia l’opposto atteggiamento dei due Paesi nei confronti di quelli che vengono definiti i “nuovi diritti” e nei confronti del ruolo svolto dalla religione nell’ambito pubblico?
L'Occidente critica la Russia accusandola di non rispettare i diritti umani, puntando in particolare l’accento sulla norma che vieta la propaganda gay. Non so quanto siano “nuovi”, ma posso affermare che la Russia è molto attenta però ai diritti sociali. Uno dei fiori all'occhiello della sanità russa è l'assistenza alle donne in gravidanza dopo che per decenni l'aborto era utilizzato quasi come metodo contraccettivo principale. Entro il 2017 il governo realizzerà circa 25 milioni di metri quadrati di nuove abitazioni per le fasce più deboli della società. Politiche sociali che in Occidente sono ormai state dimenticate. E contrariamente a quanto si dice i gay non sono perseguitati, la sessualità rientra nella sfera della vita privata e come tale è tutelata, solo vengono evitate manifestazioni di dubbio gusto come i gay pride.
Dunque in Russia non esiste il problema dei diritti umani, malgrado il tema venga periodicamente a galla sui media occidentali?
Sicuramente il Presidente russo non è un liberale ma non è nemmeno quel dittatore dipinto dai nostri giornali. Lui sta ridisegnando la società russa e utilizza come base di partenza le fondamenta della tradizione moscovita, ovvero la patria, la famiglia, la religione e la cultura. Forse l'Occidente dovrebbe occuparsi di più di ciò che avviene in casa propria piuttosto che preoccuparsi della pagliuzza nell'occhio di Putin.
Tensioni con l’Occidente che si sono acuite con la crisi ucraina. In una recente intervista al Corriere della Sera il presidente russo Vladimir Putin ha respinto fermamente le accuse di essere un aggressore. Lei è d’accordo?
La questione ucraina è molto complessa. Quando l'impero sovietico si è dissolto Michail Gorbaciov e Bush senior hanno stretto un accordo informale molto importante: Mosca si sarebbe aperta alla democrazia, al liberismo, ai grandi finanziatori internazionali e Washington avrebbe evitato di seminare missili e basi militari intorno alla Russia. Nel corso degli anni però la Nato ha compiuto un'opera di accerchiamento e quando è stata ventilata l'ipotesi di armare l'Ucraina la Russia ha riportato la Crimea nei suoi confini, anche perché lì si trova la base russa di Sebastopoli e Putin non poteva perderla. Dopo anni in cui sono spesso scoppiate ai confini con la Russia rivoluzioni colorate in chiave anti-russa e filo americana, lui non ha fatto altro che facilitare una controrivoluzione in suo favore. Non credo sia un aggressore, provocato ha reagito; solo che poi come sempre capita la guerra ha coinvolto, loro malgrado, le popolazioni civili della regione.
Domani l’incontro tra papa Francesco e Vladimir Putin. Su quali temi c’è maggiore convergenza, oggi, tra Santa Sede e Federazione Russa?
Sicuramente il rispetto delle tradizioni sociali e l'assistenza alle fasce più deboli della società. Altro punto su cui le due parti convergono è costituito dalla necessità di evitare nuovi eccidi in Siria. Putin è l'unico tra i leader internazionali ad aver più volte proposto di aiutare i cristiani che si trovano in Medio Oriente.
In un pezzo su Avvenire, l’ex ministro degli Esteri italiano Franco Frattini ha posto attenzione sul clima da guerra fredda che si respira intorno al G7 riunito in queste ore, dove si percepisce una rediviva ostilità nei confronti della Russia. La Santa Sede può svolgere un ruolo di mediazione tra i due “blocchi”?
Sicuramente l’intento di papa Bergoglio è di invitare le parti al dialogo. Temo tuttavia che sarà uno sforzo vano, almeno per ora. Il clima a livello diplomatico non è dei migliori. L'Europa, andando contro i propri interessi, si è accodata agli Usa nelle sanzioni contro la Russia. La Santa Sede oggi è su posizioni più vicine alla Russia che all'Occidente su molti temi, ma a mio avviso il Pontefice non sembra in grado di avvicinare le due parti. L'unica possibilità a mio avviso sarebbe quella di riuscire a rompere il fronte anti Putin persuadendo l'Italia e la Germania, i Paesi più penalizzati dalle sanzioni, a schierarsi con lui riportando Mosca al tavolo delle trattative. Ma per il momento la strada è tutta in salita.
http://www.zenit.org/it/articles/santa-sede-quell-ospite-gradito-chiamato-putin

di Fabio Petrucci
Nella giornata di ieri Vladimir Putin è stato in Italia per la visita all'EXPO di Milano. Gli scontati colloqui di rito con Renzi e Mattarella sono passati in secondo piano sin da quando, la settimana scorsa, è stato annunciato l'incontro tra il presidente russo e papa Francesco, sempre più protagonista politico della scena internazionale. Putin e Bergoglio si sono incontrati per la seconda volta, dopo il loro primo colloquio del novembre 2013. Di quell'occasione si ricorda soprattutto il momento dello scambio dei doni, con l'icona della Madonna di Vladimir, protettrice del popolo russo, portata a Roma da Putin. Anche questa volta il dono del capo del Cremlino non è stato privo di carica simbolica, essendo un quadro raffigurante la Cattedrale di Cristo Salvatore, demolita per ordine di Stalin e ricostruita dopo il crollo dell'URSS: un po' il manifesto della morte e resurrezione dell'ortodossia russa insomma. Al centro del colloquio, durato 50 minuti, ci sono stati gli scottanti temi della persecuzione dei cristiani in Medio Oriente e della crisi ucraina. In quest'ottica, l'incontro tra Putin e Francesco si rivela l'occasione più appropriata per riflettere sullo stato dei rapporti tra Cremlino e Santa Sede.
Sui temi dell'identità cristiana dell'Europa e della difesa dei valori non negoziabili il Vaticano pare non avere più alleati nell'Occidente che, persino negli antichi bastioni cattolici della Spagna e dell'Irlanda, è ormai in piena deriva ateo-libertaria. Viceversa la Russia, liberata dalla gabbia ideologica del marxismo-leninismo e tornata alla propria millenaria tradizione cristiana ortodossa, sta svolgendo un provvidenziale ruolo di katechon politico-culturale contro la degenerazione nichilistica dell'Occidente. In questo senso il paese degli zar diventa per la Santa Sede un interlocutore sempre più prezioso e imprescindibile. Negli ultimi anni, proprio in concomitanza con la legalizzazione di matrimoni e adozioni gay in una moltitudine di paesi euro-atlantici, la Russia ha preso una posizione nettamente opposta, vietando la propaganda gay verso i minori a costo di un linciaggio mediatico culminato nella campagna contro le Olimpiadi invernali di Soči del 2014. Inoltre, a parte l'implementazione di vari interventi legislativi tesi a limitare la pesante incidenza dell'aborto, sono attualmente allo studio limitazioni alle normative sul divorzio e sulla maternità surrogata (introdotta in Russia nei torbidi anni di Eltsin). La rotta intrapresa dalla Russia va quindi in una direzione opposta a quella dell'agenda occidentale e certamente più affine alle indicazioni del magistero cattolico. Tanto che nel giugno 2014 la Federazione Russa è stata tra i 26 paesi favorevoli ad una risoluzione ONU a tutela della famiglia tradizionale, osteggiata invece da gran parte dei paesi occidentali. Su questi temi è peraltro molto forte anche la volontà di collaborazione con Roma del Patriarcato di Mosca, più titubante invece nel settore dell'ecumenismo teologico.
L'ambito dell'identità culturale e dei valori etici non è comunque l'unico in cui Santa Sede e Federazione Russa si trovano concordi. Sul Medio Oriente infatti esiste un'innegabile intesa sia sulla necessità di proteggere le antiche e martoriate comunità cristiane che sull'opposizione alle ambigue politiche poste in essere dalla coalizione occidentale. Nel marzo scorso Vaticano e Russia (insieme al Libano) hanno presentato all'ONU un documento congiunto a difesa dei cristiani del Medio Oriente. Sulla Siria, non casualmente, si è concretizzata nel 2013 la più simbolica delle convergenze russo-vaticane, quando di fronte alla minaccia di un intervento armato occidentale contro Damasco, papa Francesco, oltre ad inviare una lettera a Putin (in quel periodo presidente di turno del G20), indisse una suggestiva veglia di preghiera contro la guerra. Guerra poi effettivamente scongiurata grazie alla grande tenacia e capacità di mediazione del presidente russo. 
La questione ucraina è senza dubbio l'argomento più scivoloso nelle relazioni russo-vaticane. Il conflitto ucraino è un tema particolarmente delicato per la Santa Sede perché tra i motivi di tensione che agitano il paese quello religioso assume una rilevanza non indifferente. Malgrado le pressioni provenienti dal primate della Chiesa greco-cattolica ucraina, il papa non ha mai parlato di “aggressione russa” ai danni del paese, ed anzi è arrivato persino a sconfessare la strategia del cosiddetto “uniatismo”, reputandola superata e controproducente. Per la Santa Sede l'imperativo è quello di evitare lo scoppio di una nuova “guerra fredda”, non solo a livello politico, ma anche religioso. Non è un caso se l'atteggiamento prudente ed equilibrato di papa Francesco sia stato esplicitamente lodato dal Patriarcato di Mosca e dalle autorità russe.
In definitiva, se si escludono le inevitabili difficoltà sull'Ucraina, tra Vaticano e Russia si configura un'innegabile convergenza su una molteplicità di questioni, che spaziano dal ruolo pubblico del sacro all'affermazione dei valori non negoziabili, dalla difesa delle comunità cristiane in pericolo alla volontà di favorire lo sviluppo di un ordine globale multipolare. Sul finire dell'800 il visionario filosofo e teologo russo Vladimir Solov'ëv teorizzava (un po' ingenuamente) l'instaurazione di una santa alleanza cristiana tra il papato romano e lo zarismo russo. Si dice che papa Leone XIII abbia commentato tale progetto dicendo: «Bella idea! Ma fuor d'un miracolo è cosa impossibile». Forse sarà nel XXI secolo, in un contesto totalmente mutato rispetto all'epoca di Solov'ëv, che quell'utopia potrà diventare almeno in parte realtà. E se così sarà, Putin non potrebbe rivelarsi un alleato decisivo per la Chiesa cattolica anche sull'importante e delicato fronte cinese? Forse anche a questo la diplomazia vaticana ha cominciato a pensare.

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