ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 23 giugno 2015

Riparte il can can: dal family day al gay day




Il Sinodo: apertura su gay, coppie di fatto e divorziati risposati

Un «Instrumentum laboris» con posizioni differenziate: la comunità cristiana si impegni a far riconciliare coppie, anche per i figli, ma segua chi ha deciso di non tornare indietro


La Chiesa deve «prendersi cura delle famiglie “ferite”, dei separati, divorziati e risposati e far sperimentare loro l’infinita misericordia di Dio». Deve essere vicina a chi ha deciso di separarsi dopo anni di sofferenze, a chi è stato abbandonato. E deve aiutare le coppie a superare il dramma dei tradimenti. Ma non solo. Il Sinodo sulla famiglia, fissato da papa Francesco per il prossimo ottobre, dal 4, giorno di San Francesco, al 25, si avvicina. E i vescovi hanno messo a punto un «Instrumentum Laboris», elaborato con le risposte
dei fedeli di tutto il mondo al secondo questionario voluto da Papa Francesco e ampliando la Relatio dello scorso ottobre. Dal documento emergono però posizioni differenziate: «Infatti se c’è chi ritiene necessario incoraggiare quanti vivono unioni non matrimoniali a intraprendere la strada del ritorno, c’è anche chi sorregge tali persone invitandole a guardare avanti, ad uscire dalla prigione della rabbia, della delusione, del dolore e della solitudine per rimettersi in cammino. Certamente, affermano altri, quest’arte dell’accompagnamento richiede un discernimento prudente e misericordioso, nonché la capacità di cogliere nel concreto la diversità delle singole situazioni». Ma dal documento emergono ipotesi di aperture significative. Anche perchè «nella società odierna si osservano disposizioni differenti: solo una minoranza vive, sostiene e propone l’insegnamento della Chiesa cattolica sul matrimonio e la famiglia, riconoscendo in esso la bontà del progetto creativo di Dio». Vediamo quali sono le posizioni con cui la Chiesa si avvicina al Sinodo.
I DIVORZIATI RISPOSATI
Senza mettere «in discussione l’ideale della monogamia assoluta, ovvero dell’unicità del matrimonio», la Chiesa vuole prendersi cura anche dei «divorziati risposati civilmente che si trovano in condizione di convivenza irreversibile». Intanto potrebbe essere permesso loro di fare da padrini e madrine di battesimo e testimoni di nozze. Su di loro «c’è un comune accordo all’interno dell’Assemblea sulla ipotesi di un itinerario di riconciliazione o via penitenziale, sotto l’autorità del vescovo». Per poter magari riaccedere alla Comunione, non solo spirituale, ma sacramentale. O comunque «verso una sempre maggiore loro integrazione nella vita della comunità cristiana, tenendo conto della diversità delle situazioni di partenza». In concreto l’ipotesi è quella di «un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari, ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste», per esempio alla Prima Comunione o al matrimonio dei figli. Il documento rileva che «va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate da diversi fattori psichici oppure sociali».
COPPIE DI FATTO
A chi sceglie di non sposarsi in chiesa oppure di convivere è dedicata una parte della riflessione dei vescovi. La Chiesa dovrebbe accompagnare queste coppie, quando possibile e «con rispetto e pazienza», verso «la pienezza del sacramento del matrimonio»: «La scelta del matrimonio civile o, in diversi casi, della convivenza, molto spesso non è motivata da pregiudizi o resistenze nei confronti dell’unione sacramentale, ma da situazioni culturali o contingenti». Molto spesso, secondo l’Instrumentum, «la decisione di vivere insieme è segno di una relazione che vuole strutturarsi e aprirsi ad una prospettiva di pienezza». E la Chiesa esprime «apprezzamento per quanti hanno già questa volontà, che si traduce in un legame duraturo, affidabile e aperto alla vita» e propone loro «un cammino di crescita aperto alla possibilità del matrimonio sacramentale: un bene possibile che deve essere annunciato come dono che arricchisce e fortifica la vita coniugale e familiare, piuttosto che come un ideale difficile da realizzare».
NO ALLE NOZZE GAY
«Ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con sensibilità e delicatezza, sia nella Chiesa che nella società. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione». Ma di nozze non se ne può parlare: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Il documento ribadisce che «è del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso». Anche sulle adozioni, la Chiesa ricorda che i figli non sono «un prolungamento dei propri desideri».
ABORTO E EUTANASIA
Il Sinodo ribadisce con forza il suo no su aborto e eutanasia. «La vita è dono di Dio e mistero che ci trascende. Per questo, non si devono in alcun modo “scartarne” gli inizi e lo stadio terminale». «Oggi, troppo facilmente si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello scarto che, addirittura, viene promossa», si legge nel testo. In un mondo in cui «l’idea e la realtà della morte vengono rimosse». «È compito della famiglia, sostenuta dalla società tutta - aggiungono i vescovi - accogliere la vita nascente e prendersi cura della sua fase ultima». Per questo, «riguardo al dramma dell’aborto, la Chiesa anzitutto afferma il carattere sacro e inviolabile della vita umana e si impegna concretamente a favore di essa». E contro la «cultura dello scarto» lo stesso Papa si è espresso più volte. Per questo «urge che i cristiani impegnati in politica promuovano scelte legislative adeguate e responsabili in ordine alla promozione e alla difesa della vita».
CONTROLLO DELLE NASCITE
Anche qui si ribadisce la posizione della Chiesa sull’uso dei metodi naturali, contro i metodi che non lo sono. Ma partendo «dall’ascolto delle persone e dal dar ragione della bellezza e della verità di una apertura incondizionata alla vita come ciò di cui l’amore umano ha bisogno per essere vissuto in pienezza. E’ su questa base che può poggiare un adeguato insegnamento circa i metodi naturali per la procreazione responsabile per vivere in maniera armoniosa e consapevole la comunione tra i coniugi, in tutte le sue dimensioni, insieme alla responsabilità generativa». Per questo, spiegano i Padri Sinodali, «va riscoperto il messaggio dell’Enciclica “Humanae Vitae” di Paolo VI.
DONNE
Il Sinodo chiede una maggiore presenza delle donne nella Chiesa «Una maggiore valorizzazione della loro responsabilità nella Chiesa può contribuire al riconoscimento del ruolo determinante delle donne, prevedendo il loro intervento nei processi decisionali; la loro partecipazione, non solo formale, al governo di alcune istituzioni; il loro coinvolgimento nella formazione dei ministri ordinati». E sicuramente al Sinodo potrebbero partecipare delle uditrici.
LA SOFFERENZA DELLE FAMIGLIE
«Molte voci - si osserva - mettono in evidenza che il dramma della separazione spesso giunge alla fine di lunghi periodi di conflittualità che, nel caso in cui ci siano figli, hanno prodotto ancor maggiori sofferenze. A ciò segue l’ulteriore prova della solitudine in cui si viene a trovare il coniuge che è stato abbandonato o che ha avuto la forza di interrompere una convivenza caratterizzata da continui e gravi maltrattamenti subiti». Si tratta di «situazioni per le quali si attende una particolare cura da parte della comunità cristiana, specie nei confronti delle famiglie monoparentali, in cui talvolta sorgono problemi economici a causa di un lavoro precario, della difficoltà per il mantenimento dei figli, della mancanza di una casa». In ogni caso, «la condizione di coloro che non intraprendono una nuova unione, rimanendo fedeli al vincolo, merita tutto l’apprezzamento e il sostegno da parte della Chiesa».

LA NECESSITÀ DELLA RICONCILIAZIONE IN FAMIGLIA
Nell’ambito delle relazioni familiari, si ricorda, «la necessità della riconciliazione è praticamente quotidianaa causa di vari motivi. Le incomprensioni dovute alle relazioni con le famiglie di origine, il conflitto tra abitudini radicate diverse, la divergenza circa l’educazione dei figli, l’ansia per le difficoltà economiche, la tensione che sorge a seguito della perdita del lavoro: ecco alcuni dei motivi correnti che generano conflitti, per superare i quali occorre una continua disponibilità a comprendere le ragioni dell’altro e a perdonarsi reciprocamente». Ecco allora che «la faticosa arte della ricomposizione della relazione necessita non solo del sostegno della grazia, ma anche della disponibilità a chiedere aiuto esterno». A questo proposito, «la comunità cristiana deve rivelarsi veramente pronta». Poi, «nei casi più dolorosi, come quello del tradimento coniugale, è necessaria una vera e propria opera di riparazione alla quale rendersi disponibili. Un patto infranto può essere ristabilito - sottolinea l’Instrumentum Laboris del Sinodo sulla famiglia - A questa speranza occorre educarsi fin dalla preparazione al matrimonio
Ester Palma
http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/15_giugno_23/i-vescovi-chiesa-vicina-famiglie-ferite-tradimenti-risposati-96b8e12a-1990-11e5-9779-e399e180b2ac_print.html
Sinodo: accogliere divorziati e gay senza forzature dottrinali 
AGI
(Salvatore Izzo) "Ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, va rispettata nella sua dignita' e accolta con sensibilita' e delicatezza, sia nella Chiesa che nella societa'". Questo appello ad un atteggiamento di "rispetto e delicatezza" verso i gay, corredato dalla (ribadita) condanna di "ogni ingiusta discriminazione" nei loro confronti e   dall'esplicita richiesta a diocesi e parrocchie di "una specifica attenzione all'accompagnamento delle famiglie in cui vivono persone con tendenza omosessuale e di queste stesse persone", testimonia lo spirito di apertura che caratterizza il documento di base del prossimo Sinodo dei vescovi, redatto sulla base di quanto emerso nell'assemblea straordinaria dello scorso ottobre e integrato con le risposte dei fedeli di tutto il mondo al nuovo questionario voluto da Papa Francesco.
Il testo recepisce tutto quanto e' stato approvato a maggioranza semplice (e dunque formalmente non approvato) dalla assemblea straordinaria dello scorso ottobre, ma al contempo ribadisce la dottrina tradizionale: "Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia'". Mentre "e' del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all'introduzione di leggi che istituiscano il 'matrimonio' fra persone dello stesso sesso".
Anche sul tema controverso della riammissione alla comunione per i divorziati risposati civilmente, c'e' una apertura bilanciata da alcuni distinguo e dall'assicurazione che non si tocchera' la dottrina sull'indissolubilita'.  Dai questionari e' emerso "un comune accordo sulla ipotesi di un itinerario di riconciliazione o via penitenziale", ma questa formulazione prevede due ipotesi, subordinate e contrapposte, che debbono essere valutate e votate dal Sinodo, per essere infine sottoposte al Pontefice perche' prenda la sua decisione. La prima ipotesi e' che il cammino penitenziale accanto alla "presa di coscienza del fallimento e delle ferite da esso prodotte", e dunque al pentimento", sia accompagnato "dalla verifica dell'eventuale nullita' del matrimonio", che risolverebbe il problema nei singoli casi, qualora vi fossero le condizioni per l'annullamento (le cui procedure andranno in ogni caso semplificate con la riduzione dei gradi di giudizio, anche se e' stata bocciata la possibilita' di procedure extragiudiziali, cioe' sottratte ai tribunali ecclesiastici e affidate alla saggezza pastorale dei vescovi). Se queste condizioni non vi sono, secondo questa prima ipotesi da sottoporre al voto dell'assemblea sinodale, il cammino penitenziale dovrebbe semplicemente portare "all'impegno alla comunione spirituale e - come gia' previsto dalle non molto applicate norme canoniche vigenti - alla decisione di vivere (il secondo matrimonio) in continenza". La seconda e piu' realistica ipotesi riguarda invece la possibilita' che il cammino penitenziale "sotto la responsabilita' del vescovo diocesano" possa portare chi lo percorre con impegno e sincerita' d'animo all'accesso ai sacramenti con l'aiuto di "un presbitero a cio' deputato". Sarebbe necessario dunque raggiungere "un giudizio onesto sulla propria condizione, in cui anche lo stesso presbitero possa maturare una sua valutazione per poter far uso della potesta' di legare e di sciogliere in modo adeguato alla situazione". In concreto l'ipotesi e' quella di "un'accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari, ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi  irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a  subire sofferenze ingiuste". La via della comunione spirituale suggerita da Benedetto XVI all'Incontro Mondiale delle Famiglie tenutosi a Milano nel 2012 non rappresenta invece un'alternativa perche' anche questa per realizzarsi - ricorda il documento presentato oggi - necessita delle stesse condizioni della comunione sacramentale, cioe' suppone di trovarsi "in stato di grazia".
Il documento preparatorio del Sinodo spinge comunque ad "un'atteggiamento di accoglienza maggiore dei divorziati risposati, in riferimento a situazioni come la presenza di figli nati da questa seconda unione", come richiesto dalle risposte giunte da fedeli e diocesi di tutto il mondo, sottolinea il cardinale Peter Erdo, il presidente dei vescovi europei scelto da Francesco come relatore del prossimo Sinodo. Secondo il porporato, considerato un conservatore illuminato, come il suo vice, l'italiano Angelo Bagnasco, e' importante che si sia introdotto nel testo il concetto di "situazioni irreversibili" in merito alle situazioni di seconda convivenza o matrimonio civile irregolare dal punto di vista canonico. "Credo che ci sia una maturazione, il risultato sempre piu' chiaro e' che la vera sfida non e' 'comunione si', 'comunione no', ma come aiutare le persone a sentirsi parte viva e protagonisti della vita ecclesiale", aggiunge da parte sua Bruno Forte, grande teologo, arcivescovo di Chieti-Vasto, chiamato da Francesco al ruolo di segretario speciale della stessa assemblea ordinaria. "Solo in questo quadro di accoglienza e integrazione si puo' capire - dice ai giornalisti - come una persona che si sente rifiutata e giudicata puo' sentirsi accolta nella vita della comuita' ecclesiale". Il Sinodo, cioe', potrebbe chiedere al Papa che i divorziati non siano piu' esclusi dalla possibilita' di essere padrini, testimoni di nozze, lettori nelle liturgie e catechisti. “Dal momento che questi fedeli non sono fuori dalla Chiesa, si propone di riflettere sull'opportunita' di far cadere queste esclusioni", si legge infatti nell''Instrumentum laboris'.
"Ci saranno situazioni in cui si dira' anche la possibililita' di riammissione alla comunione?", e' stato chiesto a Forte nella conferenza stampa. Questa la prudente risposta: "si tratta di un "processo aperto su cui bisogna discernere insieme. Ma non ci sono 'no' pregiudiziali".
Altrettanto equilibrato risulta il commento dell'arcivescovo teologo sulla questione gay: "ogni persona, quale che sia la sua inclinazione sessuale, deve sentirsi rispettata e accolta nella Chiesa come e' certamente amata da Dio", riassume monsignor Forte indicando "la sfida e l'interrogativo che dobbiamo porci: come questo puo' tradursi nella pastorale della Chiesa?". Infatti, anche se "il punto fermo della dottrina della Chiesa e' che per matrimonio noi intendiamo quello tra uomo e donna aperto alla procreazione, questo non vuol dire che io - come pastore - non posso accogliere la persona omosessuale". "Sono due cose distinte: il matrimonio, definito cosi' dalla Costituzione italiana, e' una realta' che e' sfida pastorale e valore, e il fatto che nessuno si senta giudicato e rifiutato ma possibilmmente accompagnato e integrato nella vita della comunita'".
Una bella apertura e' annunciata dal documento riguardo alle coppie etero sposate civilmente o semplicemente conviventi. "La scelta del matrimonio civile o, in diversi casi, della convivenza molto spesso non e' motivata da pregiudizi o resistenze nei confronti dell'unione sacramentale, ma da situazioni culturali o contingenti", osserva il testo preparatorio del prossimo Sinodo, che suggerisce una strategia pastorale per accompagnare con rispetto e pazienza coppie sposate solo civilmente e coppie di fatto verso "la pienezza del sacramento del matrimonio".  In molte circostanze, rileva infatti il documento elaborato con le risposte dei fedeli di tutto il mondo, "la decisione di vivere insieme e' segno di una relazione che vuole strutturarsi e aprirsi ad una prospettiva di pienezza". L'"Instrumentum laboris" mostra apprezzamento per quanti hanno gia' nella loro condizione "questa volonta', che si traduce in un legame duraturo, affidabile e aperto alla vita" e propone loro "un cammino di crescita aperto alla possibilita' del matrimonio sacramentale: un bene possibile che deve essere annunciato  come dono che arricchisce e fortifica la vita coniugale e familiare, piuttosto che come un ideale difficile da realizzare". E' dunque necessario che "la comunita'  cristiana, soprattutto a livello locale, s’impegni a rafforzare lo stile di accoglienza che le e' proprio". "Attraverso la dinamica pastorale delle  relazioni personali e' possibile - sostiene il documento - dare concretezza ad una sana pedagogia  che, animata dalla grazia e in modo rispettoso, favorisca l’apertura  graduale delle menti e dei cuori alla pienezza del piano di Dio. In  questo ambito svolge un ruolo importante la famiglia cristiana che  testimonia con la vita la verita' del Vangelo". Il testo rileva anche che "ci sono contesti culturali e religiosi che pongono sfide particolari. In alcune societa' vige ancora la pratica della poligamia e in alcuni contesti tradizionali la consuetudine del 'matrimonio per tappe'". Negativa e' invece, "in altri contesti dove purtroppo permane, la pratica dei matrimoni combinati".
(AGI)

Divorziati, gay, unioni pre-matrimoniali: si discute al Sinodo

Vescovi
(©Ansa)
(©ANSA) VESCOVI

Nell’Instrumentum laboris per ottobre anche povertà, ecologia e migrazioni. Il Vangelo della famiglia «non schiacci». E non dimenticare il giubileo della misericordia che inizia subito dopo

IACOPO SCARAMUZZICITTÀ DEL VATICANO

Occorre un annuncio del «Vangelo della famiglia» che «dia speranza e non schiacci»: il Vaticano ha pubblicato oggi il documento-base del Sinodo di ottobre prossimo, che recepisce e integra le conclusioni dell’Assemblea straordinaria dell’anno scorso, rilanciando la discussione sui temi più disparati della famiglia, dalle convivenze pre-matrimoniali alla missionarietà della famiglia, dal nodo dei divorziati risposati a quello degli omosessuali, dall’aborto alla contraccezione, dall’educazione sessuale alla necessità di coinvolgere donne e famiglie nella formazione dei sacerdoti in seminario. Un testo che sottolinea, in conclusione, che non si può «dimenticare che la celebrazione del prossimo Sinodo si situa nella luce del Giubileo straordinario della Misericordia indetto da papa Francesco, che avrà inizio l’8 dicembre 2015».

Il testo recepisce, e chiosa, la relazione finale dell'Assemblea straordinaria dedicata sullo stesso tema della famiglia, che si era conclusa con un voto nel quale non avevano raggiunto i due terzi dei consensi tre paragrafi, uno sulla comunione ai divorziati risposati (52), uno sulla comunione spirituale agli stessi (53), e uno, che richiamava il Catechismo e la Congregazione della Dottrina della Fede, sull'accoglienza nei confronti degli omosessuali (55). La Segreteria del Sinodo, da allora, ha inviato alle diocesi di tutto il mondo una sorta di questionario, per approfondire le conclusioni della prima Assemblea, e, raccolti i suggerimenti, unitamente ai contributi di singoli fedeli, accademici, famiglie, gruppi, ha stilato, arricchendolo di citazioni delle udienze generali che, mercoledì dopo mercoledì, papa Francesco sta dedicando al tema della famiglia, l’Instrumentum laboris presentato oggi. Il documento «riflette in modo affidabile la percezione e le attese della Chiesa intera sul tema cruciale della famiglia, integrando il risultato della precedente Assemblea contenuto nella Relatio Synodi», ha riassunto il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario del Sinodo. 

In merito ai divorziati risposati, il documento afferma che c’è un «comune accordo sulla ipotesi di un itinerario di riconciliazione o via penitenziale» ma viene suggerito che sul contenuto di tale percorso le interpretazioni divergono: per alcuni, l’esito è un «impegno alla comunione spirituale e decisione di vivere in continenza», per altri non si esclude che un presbitero che accompagni i penitenti «possa maturare una sua valutazione per poter far uso della potestà di legare e di sciogliere in modo adeguato alla situazione». Come ha chiosato monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e segretario speciale della stessa Sssemblea ordinaria, in una conferenza stampa in Vaticano per la presentazione del Documento, «non c’è un no pregiudiziale» alla riammissione alla comunione, ma si tratta di un «processo aperto su cui bisogna discernere insieme». L’Instrumentum laboris, sottolinea poi, sembra escludere tanto il parallelo con la prassi ortodossa di benedizioni delle seconde nozze quanto l’ipotesi di concedere ai divorziati risposati la sola «comunione spirituale», che, si sottolinea, «è connessa con la comunione sacramentale». E si concentra poi su altri aspetti, mettendo in evidenza che «vanno ripensate le forme di esclusione attualmente praticate nel campo liturgico-pastorale, in quello educativo e in quello caritativo. Dal momento che questi fedeli non sono fuori della Chiesa, si propone di riflettere sulla opportunità di far cadere queste esclusioni».

Quanto alla omosessualità, il testo si limita a ribadire che «ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con sensibilità e delicatezza, sia nella Chiesa che nella società. Sarebbe auspicabile che i progetti pastorali diocesani riservassero una specifica attenzione all’accompagnamento delle famiglie in cui vivono persone con tendenza omosessuale e di queste stesse persone». La «attenzione pastorale» e «il matrimonio gay» sono «due cose diverse», ha puntualizzato in conferenza stampa il cardinale Peter Erdo, arcivescovo di Budapest e relatore generale della Assemblea di ottobre.

Al giorno d’oggi «solo una minoranza vive, sostiene e propone l’insegnamento della Chiesa cattolica sul matrimonio e la famiglia, riconoscendo in esso la bontà del progetto creativo di Dio. I matrimoni, religiosi e non, diminuiscono e il numero delle separazioni e dei divorzi è in crescita», rileva l’Instrumentum laboris. Vengono elencate una serie di «contraddizioni culturali» che gravano sulla famiglia, tra le quali vengono annoverate «teorie secondo le quali l’identità personale e l’intimità affettiva devono affermarsi in una dimensione radicalmente svincolata dalla diversità biologica fra maschio e femmina» (quello che sembra un riferimento alla cosiddetta teoria del gender) e, prosegue il testo, nello stesso tempo «si vuole riconoscere alla stabilità di una coppia istituita indipendentemente dalla differenza sessuale la stessa titolarità della relazione matrimoniale intrinsecamente legata ai ruoli paterno e materno, definiti a partire dalla biologia della generazione. La confusione non aiuta a definire – si sottolinea – la specificità sociale di tali unioni, mentre consegna all’opzione individualistica lo speciale legame fra differenza, generazione, identità umana». Il Documento passa poi in rassegna una seria di «contraddizioni sociali», tra cui le guerre, le migrazioni, le «politiche economiche sconsiderate», la povertà, temi sui quali il testo torna più volte, includendo anche, in linea con l’enciclica Laudato si’, il tema ecologico, facendo appello a «politiche familiari adeguate» e sottolineando che è «particolarmente necessario apprezzare adeguatamente la forza della famiglia, per poterne sostenere le fragilità».

Tra le novità presenti nel documento, è «ampiamente percepito un crescente bisogno di includere le famiglie, in particolare la presenza femminile, nella formazione sacerdotale», si sottolinea. I percorsi formativi della Chiesa «dovranno offrire itinerari di educazione che aiutino le persone a esprimere adeguatamente il proprio desiderio di amore nel linguaggio della sessualità», si legge ancora. Quanto alla contraccezione, «tenendo presente la ricchezza di sapienza contenuta nella Humanae Vitae», l’enciclica di Paolo VI, emergono «due poli da coniugare costantemente», si afferma, «da una parte, il ruolo della coscienza intesa come voce di Dio che risuona nel cuore umano educato ad ascoltarla; dall’altra, l’indicazione morale oggettiva, che impedisce di considerare la generatività una realtà su cui decidere arbitrariamente, prescindendo dal disegno divino sulla procreazione umana». Da una parte «la Chiesa insiste e incoraggia la natalità – ha chiosato Forte – dall'altra si rende conto che ci sono situazioni in cui una procreazione responsabile può essere qualcosa da fare a cui le coppie possono essere impegnate».

L’Instrumentum laboris rileva «un ampio consenso sull’opportunità di rendere più accessibili e agili, possibilmente gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità matrimoniale», mentre quanto alla «rilevanza della fede personale dei nubendi per la validità del consenso», questione sollevata già da Benedetto XVI, «si rileva una convergenza sull`importanza della questione e una varietà di approcci nell`approfondimento». Molti i riferimenti circa la necessaria accoglienza e «misericordia». Per esempio, «anche nel caso in cui la maturazione della decisione di giungere al matrimonio sacramentale da parte di conviventi o sposati civilmente sia ancora a uno stato virtuale, incipiente, o di graduale approssimazione, si chiede che la Chiesa non si sottragga al compito di incoraggiare e sostenere questo sviluppo». In generale, «il Vangelo della famiglia offre un ideale di vita che deve tener conto della sensibilità del nostro tempo e delle effettive difficoltà a mantenere gli impegni per sempre. Occorre qui un annuncio che dia speranza e che non schiacci: ogni famiglia sappia che la Chiesa non l’abbandona mai, in virtù del “legame – afferma il testo citando papa Francesco – indissolubile della storia di Cristo e della Chiesa con la storia del matrimonio e della famiglia umana”».
Sinodo, Miriano: "Ma quali aperture su gay e divorziati, su certi temi si avverte più prudenza"
23 giugno 2015, Marco Guerra
Sinodo, Miriano: 'Ma quali aperture su gay e divorziati, su certi temi si avverte più prudenza'
“Ma quali aperture su gay e divorziati, sui temi sensibili si avverte molta più prudenza”. Rispetto alla grande stampa generalista, Costanza Miriano offre ad IntelligoNews una lettura in controtendenza delle linee che emergono dallo Instrumentum Laboris, presentato oggi in vista del Sinodo per la Famiglia in programma per il prossimo ottobre. Non c’è traccia infatti di tutti i riferimenti alle unioni omosessuali presenti nella relazione intermedia.

Mirano come commenta l’Instrumentum Laboris per il Sinodo di ottobre?

«In primo luogo consentimi di dire che sono allibita di come i colleghi giornalisti stanno riportando i contenuti dell’Instrumentum Laboris per il Sinodo sulla famiglia. Sulle principali testate si parla di apertura a gay e divorziati…ma come lavora questa gente? Eventualmente è vero il contrario, si registra una marcia indietro totale su alcuni temi».

A cosa si riferisce in particolare?

«Nel testo presentato oggi, nei punti 130, 131 e 132 si parla di progetti pastorali per le famiglie in cui vivono persone con tendenza omosessuale mentre nella relazione intermedia del Sinodo dello scorso ottobre c’era una considerazione positiva anche di alcune forme di convivenza tra persone dello stesso sesso. Insomma, c’è una bella differenza. Inoltre, ora i vescovi respingono al mittente pressioni in questa materia e giudicano “inaccettabile” che organismi internazionali condizionino aiuti finanziari ai paesi poveri all'introduzione di leggi che istituiscano il 'matrimonio' fra persone dello stesso sesso».

Cambio di rotta anche su questione dei divorziati e risposati?   
     
«Qualche significativa retromarcia si avverte anche su questo tema sebbene venga evidenziata, giustamente, la necessità di togliere la doppia sentenza di nullità e di snellire tutto il processo. Però si parla anche di valutazione onesta di chi si accosta alla comunione vivendo in continenza e viene chiesto ai vescovi di valutare caso per caso, a seconda della situazione personale del divorziato. Quindi i titoli che vedo in questi minuti sulla testate non trovano alcuna giustificazione a meno che monsignor Forte, terminata la conferenza, non abbia detto cose diverse ai giornalisti che lo incalzavano con le domande».

Ma sui divorziati non crede che sia necessaria più misericordia? Anche perché tanti si trovano in questa condizione contro la loro volontà…

«Certamente, per questo si esortano i vescovi a valutare caso per caso sulla base della vicenda personale e a velocizzare i processi di nullità. Tuttavia la comunione non è un adesivo che si attacca durante una festa ma un sacramento. Il cardinale Erdò è stato chiarissimo in conferenza stampa. Posto di fronte a cosa sia meglio tra un uomo sposato che tradisce tutti i giorni e chi onestamente è divorziato da anni, il porporato ha fatto comunque una distinzione tra un adultero e chi ha rotto il matrimonio. L’indissolubilità del matrimonio è un insegnamento di Gesù e il cardinale ha ribadito che la Chiesa “si fida ancora di Gesù”, e ha perciò ricordato che il matrimonio cristiano è talmente esigente che gli apostoli, per seguire Cristo, non si sono sposati».

Secondo lei la piazza del 20 giugno ha influito su questo testo?

«Non credo proprio, mi piacerebbe essere così importante, ma lo Instrumentum Laboris al 20 giugno era sicuramente già tutto preparato. Io non mi sono mai preoccupata delle indicazioni che sarebbero emerse dal lavoro dei presuli. Più che altro, mi sono sempre arrabbiata per le mistificazioni della stampa, usare le parole apertura e chiusura non è nella logica della Chiesa».

Possiamo dire che ci si avvicina al prossimo Sinodo generale ordinario sulla famiglia con qualche con minori perplessità?
«Io sono più confortata. Questo testo lo trovo più affine alle mie idee e mi sembra che abbia raccolto le risposte arrivate dal famoso questionario rivolto alle famiglie».
http://www.intelligonews.it/articoli/23-giugno-2015/27868/sinodo-miriano-ma-quali-aperture-su-gay-e-divorziati-su-certi-temi-si-avverte-pi-prudenza
"L'Instrumentum Laboris” per il prossimo Sinodo: "cura Kasper" dietro le quinte?
23 giugno 2015, Americo Mascarucci
'L'Instrumentum Laboris” per il prossimo Sinodo: 'cura Kasper' dietro le quinte?
Si intitola “Instrumentum Laboris”, è il testo base del prossimo sinodo ordinario sulla famiglia presentato oggi in Vaticano dai cardinali Lorenzo Baldisseri e Peter Erdo e dall’arcivescovo Bruno Forte segretario speciale del Sinodo.
 

Il documento indica le linee guida che saranno al centro del dibattito sinodale nel prossimo mese di ottobre che tiene conto ovviamente degli indirizzi forniti nel Sinodo straordinario dell’ottobre 2014 quando tradizionalisti e progressisti si sono scontrati su temi cruciali come la comunione ai divorziati risposati e l’accoglienza delle coppie gay. 

In linea di massima il testo su cui discuteranno per tre settimane i padri sinodali ricalca le indiscrezioni circolate in questi ultimi mesi relativamente ad aperture timide sui temi più spinosi che comunque non mancheranno di aprire nuove tensioni fra conservatori e progressisti. Per ciò che riguarda i divorziati risposati è chiara la volontà di superare l’esclusione dai sacramenti, ma non attraverso norme generali uguali per tutti ma analizzando i singoli casi di partenza e attuando adeguati percorsi di reinserimento sotto la responsabilità del vescovo diocesano. 

E questa sotto certi aspetti è già una “mini rivoluzione” se si pensa che ai tempi di Benedetto XVI più volte la richiesta di riammissione dei divorziati risposati all’Eucaristia era stata giudicata impossibile da soddisfare. Questo perché, a detta dei conservatori, consentire ad un divorziato che ha contratto un nuovo matrimonio civile di fare la comunione, significherebbe contraddire un principio sancito da Gesù nel Vangelo, quello appunto dell’indissolubilità del vincolo nuziale. “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra commette adulterio”. E’ quindi evidente l’esigenza di conciliare il bisogno di misericordia alla verità del Vangelo, facendo in modo che il divorziato risposato non si senta escluso dalla comunione con la Chiesa e con i fratelli senza però entrare in contraddizione con l’insegnamento di Cristo. 

Ecco quindi che l’eventuale riammissione all’Eucaristia dovrà necessariamente essere preceduta da un cammino penitenziale, affidato ad un sacerdote sotto la diretta responsabilità del vescovo diocesano cui spetterà la parola finale in ordine alla riammissione ai sacramenti. Nessuna apertura significativa invece sul tema delle coppie gay. Anche per queste si stanno studiando adeguati percorsi di accoglienza e di inserimento ma escludendo a priori la possibilità di equiparare le unioni fra persone dello stesso sesso alla famiglia fondata sul matrimonio. Tuttavia diversamente da ciò che può sembrare le divergenze restano anche su punti che apparentemente potrebbero apparire superati; perché in campo tradizionalista resta ferma la contrarietà a qualsiasi modifica, seppur parziale, della dottrina della Chiesa. Un dato comunque emerge subito chiaro e riguarda il cardinale Walter Kasper, ossia il deus ex machina del nuovo corso della Chiesa, il principale sostenitore della politica dell’accoglienza, sia per i divorziati risposati che per i gay. Che fine ha fatto? Sta lavorando dietro le quinte, tessendo la tela dei rapporti per avere quella forte maggioranza mancata nell’ultimo sinodo straordinario, oppure come molti ritengono il suo ruolo ha smesso di essere così determinante come era sembrato in passato? 

Di certo la “cura Kasper” appare molto mitigata rispetto alle accelerazioni iniziali quando addirittura sembrava che tutti gli ostacoli dovessero cadere e che il principio della misericordia “a tutti” dovesse prevalere sui fondamenti della dottrina. Invece dal documento pre sinodo appare evidente la ricerca di una misericordia “per tutti” ossia attraverso adeguati percorsi di riabilitazione da applicare ai singoli casi. Perché è chiaro che ogni divorzio ha una sua storia, ogni famiglia ha le sue problematiche, ogni coppia vive situazioni differenti, drammi umani che non possono essere accomunati. Certamente aperture ci saranno ma coerentemente con il magistero della Chiesa. Da sottolineare anche il passaggio relativo al controllo delle nascite, con una riconferma dei principi dell’Humanae Vitae la contestata enciclica di Paolo VI che chiudeva la porta adogni possibile ricorso ai metodi contraccettivi. Ebbene, diversamente da chi pensava che l’Enciclica montiniana sarebbe stata rottamata, ecco che questa torna invece di stretta attualità in base al principio che la vita umana va sempre sviluppata e mai ostacolata. 

Una procreazione responsabile da aiutare con il ricorso a metodi naturali. Insomma nessuna rivoluzione all’orizzonte, ma soltanto la consapevolezza di una Chiesa che accoglie e non rifiuta e che ha la maturità per saper affrontare e discernere il bene dal male.

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