ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 21 giugno 2015

Stilum Curiae.

Dopo S. Giovanni
Sono da martedì scorso in ospedale perché il carretto aveva bisogno di un nuovo asse per la ruota sinistra, per cui ho seguito un po’ da lontano le vicende della straordinaria manifestazione di piazza San Giovanni a Roma. Ho pensieri un po' fastidiosi....

Sono da martedì scorso in ospedale perché il carretto aveva bisogno di un nuovo asse per la ruota sinistra, per cui ho seguito un po’ da lontano le vicende della straordinaria manifestazione di piazza San Giovanni a Roma.  

Ieri sera mi sono venute alcune curiosità. Molto laiche.
Pensavo: se fossi il Segretario Generale di un’organizzazione, mettiamo un sindacato, o un partito, e avessi cercato di dissuadere con pensieri parole opere ed omissioni i miei dal parteciparvi, e poi me ne fossi trovato davanti quel po’ po’ lì, nonostante la sordina (anzi sordona) cercata di mettere agli organi di informazione dell’organizzazione stessa, forse un paio di domande me le porrei.

La prima, è evidente: ma conosco davvero bene animo e sentimenti dei miei organizzati, che dalle Alpi alla Sicilia si sono sbattuti fin qui con bimbi al seguito contro venti e maree e sotto la pioggia?  

La seconda è più delicata. Ma mi chiedo se il segretario di un’organizzazione laica o politica, dopo un fatto analogo a quello che è accaduto ieri, non si porrebbe il problema di scrivere al suo Capo che sulla fiducia chissà da chi consigliato mi ha proiettato al mio incarico, una lettera. Il tipo di lettera sta a lui sceglierlo. Ma almeno di scuse, no? 
MARCO TOSATTI

http://www.lastampa.it/2015/06/21/blogs/san-pietro-e-dintorni/stilum-curiae-dopo-s-giovanni-eGzLu0ilNvbIS3TK7mO8KN/pagina.html

Sabato 20 giugno un popol s’è desto. Da una folla immensa e colorata un grande sì alla famiglia e un inequivocabile ‘No pasaran’ all’indottrinamento gender e ai disegni di legge Cirinnà, Scalfarotto e Fedeli. Sarà ascoltata? Un duro richiamo alla realtà per il segretario generale della Cei Galantino, per i vertici di CL, per l’associazionismo cattolico collaterale al potere e per il governo del ‘cattolico’ Renzi.
 Dagli atri muscosi, dai fori cadenti (…) un volgo disperso repente si desta/intende l’orecchio/solleva la testa/percosso da novo crescente romor…  E’ il coro del III atto dell’ ‘Adelchi’, tragedia di Alessandro Manzoni sul crollo del dominio longobardo in Italia e il conseguente ‘risveglio’ popolare, appena giunta notizia della sconfitta del re Desiderio ad opera del futuro Carlo Magno presso Susa. Fatte le debite distinzioni storiche, sabato 20 giugno piazza san Giovanni ha visto il risveglio inatteso di un popolo fin qui ufficialmente irrilevante per i grandi massmedia e per i Palazzi del potere, un po’ come è accaduto in Francia con gli esordi clamorosi della ‘Manif  pour tous’. Un popolo di tutte le età convenuto dalle Alpi alla Sicilia con la precisa volontà di sfidare l’avanzata della truce macchina da guerra del pensiero unico in materia di famiglia, vita ed educazione. Che s’è trovato a sfidare anche quel po’ po’ di acqua che il cielo (con la c minuscola) ha scaricato su piazza San Giovanni per quaranta minuti prima dell’inizio dell’incontro: quale altra manifestazione non si sarebbe dispersa? Invece le decine di migliaia già presenti in piazza hanno steso teli impermeabili sui passeggini, hanno stretto a sé i bimbi, si sono protetti alla bell’e meglio con ombrelli improvvisati e hanno avuto perfino la forza di cantare: anche il nubifragio s’è dovuto arrendere alla volontà di chi c’era.
Ce n’est qu’un début, continuons le combat (non è che un inizio, la battaglia continua): il celebre slogan del ’68 francese (poi ripreso anche dalla Manif pour tous transalpina), è una realtà: non sarà facile smobilitare la folla di piazza san Giovanni, cosciente di aver dato il primo, grande avvio a una stagione che si preannuncia lunga e combattuta. Le prime reazioni della nota lobby e dei suoi conniventi parlano un linguaggio violento, totalitario: manifestazione inutile e odiosa, piazzata omofoba, un salto nella preistoria. Anche: Ho visto un’Italia medievale(Cirinnà, prima firmataria del disegno di legge per il ‘matrimonio gay’), Una manifestazione inaccettabile (Il sottosegretario Scalfarotto, primo firmatario del disegno di legge liberticida ‘contro l’omofobia’). Non è finita: c’è chi vaneggia (Franco Grillini) del complotto gender completamente inventato nelle stanze vaticane. La piazza piena brucia e dunque le reazioni sono di una arroganza pari alla dolorosa sorpresa. Accresciuta, tale sorpresa, dal fatto che il nubifragio aveva fatto ben sperare la nota lobby e i suoi conniventi in un flop clamoroso della manifestazione. Insomma: dall’esultanza allo scoramento condito di una rabbia direttamente proporzionale alle illusioni maturate nel primo pomeriggio.

L’IRA FUNESTA DEL SEGRETARIO GENERALE DELLA CEI, IL CASO DI “AVVENIRE”. SI INCOMINCIA A PARLARE DI DIMISSIONI 
Molto stizzita anche la reazione del segretario generale della Cei, Nunzio Galantino, che ha lavorato tanto (ma proprio tanto) perché la manifestazione neppure nascesse e ha poi tentato di soffocarla in culla. Galantino si è sentito preso di mira da un passo dell’intervento di Kiko Arguello: “Sembra che il segretario generale della Cei (Galantino, già citato in precedenza da Arguello) abbia detto altro, ma il Santo Padre sta con noi”. Subito il nuovo portavoce della Cei, il mite don Ivan Maffeis, è stato ‘precettato’ e ha dovuto rilasciare una dichiarazione molto dura verso Arguello: “Kiko Arguello si è reso protagonista di una caduta di stile gratuita e grave. Contrapporre il Papa alla Cei, e in particolare al suo segretario generale, è strumentale e non veritiero”. C’è dell’altro. Il quotidiano ufficiale della Cei, ormai marcato a uomo da Galantino, non solo ha pressoché ignorato la manifestazione fino all’altro giorno. E sabato 20 ha pubblicato un commento del direttore, in cui – già nel titolo a tutta pagina e nel sommato – si esprimeva “qualche paura”. Quale? Che la manifestazione brandisse a mo’ di “battaglia” (termine odiatissimo dai cultori della ‘bandiera bianca’) termini come padre madre. Stamattina, domenica 21, “Avvenire” ha fatto ancora di meglio. In prima pagina l’articolo principale è dedicato alla lotta all’azzardo, con commento. L’editoriale alla strage di Charleston, negli Stati Uniti. A centro pagina una grande foto per la visita del Papa a Torino. Sulla destra un richiamo con foto più piccola alla manifestazione: già nelle poche righe in prima pagina si è voluto inserire la frase: “Unica nota stonata la polemica pretestuosa di Kiko Arguello”. Dentro, a pagina 9 (!) l’articolo di cronaca, un altro articolo dal titolo “La festa felice di chi non è contro” (NdR: dev’essere un’ossessione quel ‘non essere contro’) e un commento siglato “Avvenire” dal titolo “Grande, bella e pacifica (con un po’ di zizzania)”, in cui si legge: “Peccato solo per la pretestuosa e presuntuosa polemica di un oratore, uno solo: Kiko Arguello. Ha ceduto al vizio di emulare e assecondare chi cerca di seminare zizzania nella Chiesa. Peccato, davvero”. “Avvenire”, meritevole di tante lodi su battaglie antropologiche fondamentali per la dignità umana, sul 20 giugno è stato oggettivamente penoso e sta suscitando una forte indignazione in molti cattolici. Quanto scritto da “Avvenire” è il ringraziamento di Galantino a chi ha voluto caparbiamente (e c’è pienamente riuscito) portare in piazza centinaia di migliaia di cattolici per difendere la famiglia e contrastare il pensiero unico del gender. Forse il segretario generale della Cei, un vescovo-pilota perdipiù perdente, non sa che un pastore deve avere addosso l’odore delle pecore (ma allora legga meglio papa Francesco!). Galantino distingue palesemente tra le pecore di serie A, quelle docili e pronte a ogni compromesso sui valori fondamentali dell’uomo (pur di non guastare i rapporti con il governo di cattolici à la carte e poltronisti) e quelle che invece restano con forte volontà fedeli alla dottrina sociale della Chiesa, manifestandolo pubblicamente e dunque visibilmente davanti all’intera comunità. Più d’uno sabato pomeriggio si chiedeva se non sia ormai il caso che il segretario generale incominci a pensare alle dimissioni (o venga consigliato in tal senso) per ripetuta e manifesta incapacità di comprendere una parte consistente del suo popolo.

UN DURO RICHIAMO AI VERTICI DI CL E DELLE ALTRE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE DI MASSA 
La manifestazione del 20 giugno si è rivelata un avvertimento molto doloroso anche per i vertici odierni di CL (ivi compreso lo stesso don Carron). La non adesione - motivata dalla curiosa opinione che le adunate di piazza non sarebbero mai servite e non servirebbero a niente - è stata letteralmente ignorata da decine di migliaia di ciellini. Quando dal palco Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la Vita, ha detto che “se fosse ancora vivo, oggi don Giussani sarebbe qui insieme con noi”, dalla piazza si è levato un vero boato di approvazione. C’è materia dunque per riflettere ai piani alti di CL.
Duro il richiamo anche per le altre associazioni e movimenti cattolici di massa assenti a piazza San Giovanni, dall’Azione cattolica a Rinnovamento nello Spirito, dai Focolarini agli scout dell’Agesci (che, come è noto, in alcune centinaia dopo aver sentito il Papa a San Pietro sono andati ad applaudire il Gay pride con tanto di cartelli politicamente corretti), dalle Acli a tutte quelle aggregazioni meno numerose ma molto influenti, a partire dalla Comunità di Sant’Egidio. Forse i vertici di tali associazioni avranno incominciato a capire che c’è un mondo cattolico, numericamente molto rilevante, che non è disposto ad alzare bandiera bianca per presunte convenienze ecclesiali o politiche.

LE DIFFERENZE CON IL ‘FAMILY DAY’ del 2007
La piazza di ieri era diversa da quella del ‘Family Day’ del 2007. Che è stato un grande successo, ma fondato su premesse differenti. Nel 2007 è la Cei, grazie all’azione intelligente e tempestiva del cardinale Ruini, che ha stimolato (oltre che finanziato) la partecipazione della gran parte del mondo associazionistico. In quell’occasione “Avvenire”, diretto da Dino Boffo, aveva preparato con continuità, ricchezza di contributi e incisività l’appuntamento del 12 maggio. Erano stati coinvolti direttamente anche il mondo politico e quello sindacale di area cattolica.
Sabato 20 giugno 2015 invece la manifestazione è stata convocata da un Comitato di laici temerari (razionalmente c’erano molti dubbi sulla riuscita dell’evento), nato il 2 giugno precedente, dunque diciotto giorni prima. In tale lasso di tempo, i promotori -ignorati dai grandi massmedia fin quasi all’ultimo, sostanzialmente osteggiati dalla segreteria generale della Cei e da “Avvenire”, disdegnati dai vertici delle grandi associazioni cattoliche salvo il movimento neocatecumenale, avendo l’appoggio solo di qualche cardinale e vescovo coraggiosi -  sono riusciti a portare in piazza una folla enorme di cattolici. Un vero ‘miracolo laico’, preparato attraverso centinaia di incontri svoltisi in tutta Italia sul tema del gender e dei disegni di legge in corso di esame parlamentare e organizzati in particolare da Massimo Gandolfini (portavoce della manifestazione), dalla ‘Croce’ di Mario Adinolfi, da “Notizie pro-vita”, dai Giuristi per la Vita di Gianfranco Amato, da Alleanza cattolica. E’ giusto aggiungere che il Comitato non è stato sponsorizzato da nessuno: anche la richiesta a Tremitalia di poter usufruire di un biglietto scontato sui treni, come l’azienda ha sempre fatto in casi analoghi, è stata respinta. Ognuno ha dunque pagato di tasca propria e si è sobbarcato in diversi casi viaggi notturni, lunghi e faticosi per poter raggiungere quella Roma in cui si è dovuto confrontare poi anche con i torrenti d’acqua che scendevano dal cielo. Qui una grande lode va anche a chi ha curato con successo i non facili aspetti tecnici dell’organizzazione, come Nicola Di Matteo e Maria Rachele Ruiu.

ANALOGIE E DIFFERENZE CON LA ‘MANIF POUR TOUS’ FRANCESE
Dapprima diverse analogie. La Manif pour tous è sbocciata in Francia in poco tempo. A novembre 2012 le prime manifestazioni con decine di migliaia di persone, a gennaio 2013 la prima adunata di massa a Parigi con oltre un milione di persone. La Manif pour tous è stata ignorata per mesi dai poteri massmediatici, fino a quando non è stato più possibile nascondere il fenomeno. Che allora è stato, bon gré mal gré, evidenziato, ma nel contempo accusato di “omofobia”, di “arretratezza culturale” proprio come hanno fedelmente testimoniato le prime reazioni italiane della nota lobby e dei suoi conniventi alla grande testimonianza di piazza San Giovanni. Non solo: si è cercato nel contempo di togliere credibilità alla Manif francese, irridendone i promotori. Il che sta accadendo puntualmente pure in Italia. Ancora: si è tentato di minimizzarne l’impatto sull’opinione pubblica (e però le foto e i video parlano da sé…), sostenendone l’inutilità. Altra analogia: la Manifè stata organizzata da laici, in buona parte cattolici. Ma nella Manif erano presenti anche persone di altre confessioni e religioni, oltre a non credenti. Proprio come sabato a San Giovanni: dal palco hanno parlato (suscitando grandi applausi) anche l’imam Mohamed di Centocelle (in nome della comunità islamica di Roma), l’evangelico Giacomo Ciccone (in nome della grande maggioranza del protestantesimo italiano), il rappresentante di varie etnie presenti a Roma. Molto gradito il messaggio del Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni, letto dal palco (data l’impossibilità di partecipare fisicamente essendo sabbath), sulla necessità di non lasciarsi travolgere dalle nuove ideologie antropologicamente sovversive. Un’ulteriore analogia: la presenza di persone omosessuali. Dal palco è stato letto il messaggio (anch’esso applaudito più volte a scena aperta) inviato dall’associazione Genitori e amici di persone omosessuali (Agapo), in cui si sostiene con forza che il disegno di legge Cirinnà “non fa il bene degli omosessuali” in genere e in particolare “dei nostri figli”, che sarebbero spinti alla “confusione”. Nel testo si sostiene che “il ‘matrimonio gay’ non ha senso sul piano antropologico” e costituirebbe “una grave ingiustizia sul piano sociale”. Altro messaggio letto: quello del presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, l’arcivescovo Vincenzo Paglia. Un’ultima analogia: la Chiesa di Francia, se ha stimolato con il cardinale Ving-Trois alla riflessione sull’argomento e con il cardinale Barbarin è voluta essere sempre presente agli appuntamenti della Manif, in genere non l’ha appoggiata, tenendosene assai distante nella maggioranza dei vescovi e delle associazioni cattoliche tradizionali.
Una differenza – enorme – però c’è: la Maniffrancese è sbocciata troppo tardi, quando alcune leggi liberticide erano già in vigore. LaManif italiana invece è ancora in tempo per bloccare i disegni di legge frutto dell’ideologia totalitaria del gender. Ora naturalmente, se al Comitato “Difendiamo i nostri figli” spetta di prefigurare rapidamente nuovi modi di intervento, per i parlamentari cattolici il compito è quello di agire immediatamente e incisivamente a Palazzo Madama e a Palazzo Montecitorio. Si deve dire che i segnali dai ‘cattolici’ del Pd, quelli delle continue mediazioni a basso prezzo, non sono incoraggianti. E neppure quelle dei ‘cattolici à la carte’ di Palazzo Chigi. Occorre insistere, come ha chiesto più volte coralmente la piazza, sul ‘no’ chiaro e inequivocabile ai disegni di legge Cirinnà e Scalfarotto e a quello Fedeli sulle ‘pari opportunità’, a meno che da quest’ultimo non venga tolto l’emendamento che prescrive l’indottrinamento gender nelle scuole. E’ interessante notare che la piazza ha accompagnato con un boato di disapprovazione la citazione delle “autorità istituzionali” che non hanno accettato l’invito a essere presenti. E con un boato di disapprovazione ancora maggiore la citazione  (da parte di Mario Adinolfi) del sottosegretario Scalfarotto, che in tempo reale ha definito “inaccettabile” la manifestazione.
Altra differenza: la presenza massiccia in particolare di un movimento cattolico, il Cammino neocatecumenale. In Francia invece i gruppi aderenti erano tanti e in genere minuscoli, poi naturalmente molto cresciuti. A Piazza San Giovanni si è levato un altro boato quando alle 15.20 – dieci muniti prima dell’inizio della manifestazione - si è affacciato sul palco Kiko Arguello, che si è presentato con poche parole: “Buonasera a tutti! Alla battaglia! Coraggio!”. Ancora una volta: complimenti al Cammino neocatecumenale che ha ritenuto fondamentale scendere in piazza hic et nunc, qui e ora, per cercare di impedire che il pensiero unico entri nella città di soppiatto, grazie ai conniventi e ci metta tutti con le spalle al muro.

SUL PALCO L’ICONA DELLA ‘SALUS POPULI ROMANI’ 
Oltre al logo della manifestazione sulla destra del palco, in alto, è stata affissa la copia di una icona particolarmente cara ai romani (e molto cara anche al Papa): quella della Salus populi romani, conservata in Santa Maria Maggiore: “E’ il saluto di Roma a tutti quelli che vengono da fuori”, ha detto Massimo Gandolfini.

QUALCHE SPUNTO DALLA MANIFESTAZIONE 
Da Cagliari. Usciamo verso le 12.30 da casa a Piazza Bologna e vediamo una colonna di persone con la bandiera dei Quattro Mori. Da dove venite? Da Cagliari. In quanti siete? Almeno in duecento. Come raggiungete piazza San Giovanni? A piedi, sono quasi cinque chilometri. Una signora in carrozzella: Io sono su gomma. E se dovesse piovere forte come previsto? Fa bene una rinfrescata. Questo lo spirito della manifestazione. 
Metropolitana. Scendiamo alla metropolitana: vagoni già pieni. Tante chitarre. Siete neocatecumenali? Come fa a saperlo? Si ride. Da dove?Da Palermo. Quanti siete? Trecento. Giungiamo a Termini e si cambia. La banchina della metro A è già piena di bresciani, anche di cremonesi (siamo ciellini). Arriva il convoglio, un vagone straripa  di marchigiani, da Macerata. Un buon inizio, no? 
Striscioni e cartelli. Sulla piazza, prima che scoppi il nubifragio, facciamo in tempo ad annotare i contenuti di alcuni striscioni e cartelli, intanto che risuonano i canti dei gruppi neocatecumenali. Centinaia di bandiere della Manif rosa e azzurre su modello francese. ‘Manif’ da Empoli (oltre cento). Difendiamo i nostri figli, no al gender nelle scuole. Maschio e femmina Dio li creò. Tutti nascono da mamma e papà. Nella famiglia il futuro dell’Italia. Citazioni dell’articolo 26 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (quello sul diritto prioritario dei genitori per l’istruzione dei figli) e degli articoli 29 e 30 della Costituzione italiana (famiglia naturale, educazione dei figli). Mamma e papà, aiuto! No al disegno di legge Cirinnà (grande striscione della Manif pour tous). L’ideologia gender è più pericolosa dell’Isis. Teoria gender?No grazie. Sulle unioni omosessuali, Renzi, chi siamo noi per arrogarci il diritto di procreare in modo artificiale bambini orfani? Dalla sana educazione dipende la felicità di una Nazione (frase di san Giovanni Bosco).
Dal palco. La folla si estende a perdita d’occhio, non si riesce a intravvederne la fine. Grappoli umani si abbarbicano alla grande statua di san Francesco.
Oratori 1. Massimo Gandolfini introduce e spiega l’ideologia gender e un video che presenta il Papa mentre parla di ‘colonizzazione ideologica’ e chiede di “agire contro”. La famiglia Aquino racconta in breve la sua esperienza di educazione dei figli (11). La giornalista e scrittrice Costanza Miriano illustra con linguaggio colloquiale la differenza tra maschio e femmina nella quotidianità: “I figli sono generati, non comprati!”
Oratori 2. Dopo un bel video della Manif pour tous, parla l’avvocato umbro Simone Pillon: “E’ da tanto tempo che aspettavamo questa piazza! Il combattimento gigantesco che stiamo conducendo non è contro le persone, ma contro le ideologie! Noi ci siamo alzati in piedi! L’Italia ha un compito insostituibile, è l’ultimo baluardo di un’antropologia scritta nell’uomo” (boato della piazza). La famiglia SergioAngori racconta poi l’esperienza della figlia che, in seconda media, ha avuto una docente che ha propagandato per tutto l’anno l’ideologia del gender.
Oratori 3. Subito un boato per il presidente dei Giuristi per la Vita Gianfranco Amato: “Non è vero che in questa piazza non ci sono le istituzioni, perché – secondo la Costituzione – la sovranità appartiene al popolo”. E “il popolo è qui per dire: Basta!”. Purtroppo “oggi viviamo in una democrazia totalitaria che sta tentando per legge di imporre l’ideologia gender. Occorre opporsi a ogni tentativo in tal senso” (boato). Amato cita ancora il Papa (“colonizzazione ideologica”, paragone con la “gioventù hitleriana”). Poi definisce la manifestazione “il primo grande atto collettivo di resistenza contro l’imposizione della dittatura del pensiero unico da parte di una lobbyche non ha niente a che vedere con il popolo” (boato). Ricorda un passo del discorso di Winston Churchill del giugno 1940 per la resistenza al nemico nazista. E aggiunge: “Noi combatteremo nelle scuole, nelle piazze, nelle cabine elettorali” (boato). “Non ci arrenderemo mai! Mai mai!” (boato)
Oratori 4. Tocca poi all’ex-sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, presidente dei Comitati “Sì alla famiglia” tener vive le emozioni della folla. Mantovano ricorda le “tante bombe sulla famiglia”, buttate sul popolo italiano in poco tempo: dal divorzio breve a quello facile (“Si impiega più tempo a disdire l’abbonamento telefonico che non a divorziare”), la fecondazione eterologa, la selezione genetica degli embrioni, il disegno di legge Cirinnà (travolto da un doppio, possente coro di ‘no!’). “Forza, coraggio e speranza!” conclude Mantovano (boato).
Oratori 5. Dopo un video molto chiaro sulla relazione tra madre e figlio, tocca a Mario Adinolfi , direttore de “La Croce”. Già abbiamo detto dell’accenno a Scalfarotto, sepolto dalla disapprovazione corale della piazza. Adinolfi fa capire che l’articolo 5 del disegno di legge Cirinnà introduce de facto (pur se scritto naturalmente in un burocratese incomprensibile ai più) la possibilità di adozione per i gay. Citando a tale proposito Elton John, ne ripercorre i tentativi fatti – dopo essersi “sposato” con un uomo – per comperare un figlio (“i soldi possono tutto”), ma il figlio – generato con l’utero in affitto e portato in grembo da un’altra donna - piange continuamente perché cerca inutilmente il seno della madre. Un vero capitolo di disumanità, dovuto al fatto che Elton John “vuol essere come Dio e non conosce il senso del limite naturale: l’uomo non può essere Dio!”. Per Adinolfi il disegno di legge Cirinnà “è il coronamento dell’ideologia gender”: “Perciò noi dobbiamo batterci per i veri diritti civili e senza vescovi-pilota!” (boato).
Oratori 6: Tocca a Kiko Arguello: la testimonianza pubblica “è indispensabile per essere coerenti con la propria condotta di vita”. In un momento in cui “l’Europa sta commettendo un grave peccato contro la Luce”. Il fondatore del Cammino neocatecumenale introduce un brano famoso dall’ “Apocalisse” di san Giovanni sulla donna vestita di luce, coronata di dodici stelle, cui un enorme drago rosso con sette teste e dieci corna cerca inutilmente di strappare il figlio appena partorito. L’arcangelo Michele con i suoi angeli sconfiggerà il drago, pure sostenuto da altri angeli, precipitandolo sulla terra. La folla neocatecumenale canta con forza il brano, accompagnando la voce di Arguello, in spagnolo e in italiano.
Si giunge alla fine con i ringraziamenti e l’ “arrivederci” di Massimo Gandolfini, mentre le nubi gonfie di altra pioggia si avvicinano e incominciano a scaricarsi di nuovo. La folla sciama rapidamente, anche perché le strade in un batter d’occhio si trasformano in torrenti. Per caso reincontriamo Adinolfi, che sta attendendo un bus che non arriva. Tanti (veramente tanti) che passano lo ringraziano ad alta voce, gli stringono la mano, perfino lo salutano dai finestrini abbassati delle auto che hanno incominciato a ripopolare la strada. Il bus non arriva, la metropolitana è lontana (chiusa la fermata di san Giovanni), non resta che sospirare un tassì. Che giunge e ci porta a Largo Argentina: intanto il tassista, spontaneamente parla della manifestazione e dice che “è stata una cosa buona, ci voleva, il matrimonio è solo tra uomo e donna”. Il popol s’è desto.
Il popolo della famiglia è più vivo che mai e manda un messaggio a politici e vescovi
di Riccardo Cascioli21-06-2015
20 giugno a Roma
Contro tutto e contro tutti. Contro il maltempo che a due ore dall’evento ha scatenato un nubifragio che ha fatto temere l’annullamento della manifestazione; e contro i Galantini di ogni specie che hanno tentato in tutti i modi di sabotare questo evento di popolo.

Ma alla fine il popolo, un popolo formato da famiglie, dai nonni ai bambini più piccoli, ha risposto ben oltre le più rosee previsioni: un milione di persone che hanno riempito piazza San Giovanni e le vie limitrofe soltanto per dire «Ci siamo, e siamo decisi a difendere con le unghie e con i denti i nostri figli, e con essi il futuro della nostra società». In decine di migliaia, che erano arrivati presto in piazza, hanno sopportato stoicamente anche il nubifragio, miracolosamente cessato poco prima dell’inizio previsto e ripreso violento appena cessate le ultime parole del portavoce di “Difendiamo i nostri figli” Massimo Gandolfini. È come se anche il Cielo si fosse commosso davanti a questa voglia insopprimibile di esserci e avesse infine ceduto sospendendo il diluvio per consentire che questa voce si sentisse forte e facesse tremare anche i sordi palazzi della politica.
Del resto, miracoloso è stato anche l’evento in sé. Deciso il 2 giugno, in soli 18 giorni si è realizzata una mobilitazione incredibile: da ogni parte d’Italia, dalla Val d’Aosta fino alla Sicilia e alla Sardegna decine e decine di migliaia di famiglie hanno organizzato e realizzato il viaggio a Roma nel silenzio dei media, nella discreta ostilità di una parte dei vertici dell’episcopato italiano, nella mancanza di sostegni istituzionali, nella assoluta assenza di finanziamenti da qualsivoglia organizzazione e istituzione. Un popolo si è davvero autoconvocato: non per esprimere rabbia, non per reclamare privilegi, ma consapevole di rappresentare il fondamento della nostra società e per riaffermare quindi con decisione la propria esistenza contro i tentativi di distruggerla. Tentativi – lo abbiamo detto tante volte - che si chiamano disegno di legge sulle Unioni civili (Cirinnà), riforma della scuola con l’inserimento obbligatorio di lezioni sul genere, progetto di legge contro l’omofobia (Scalfarotto). Il dialogo può ripartire solo riconoscendo la dovuta dignità a questo popolo, che – la piazza lo dimostra - non è affatto minoranza. Si può anzi dire che quello di ieri sia stato un successo ancora maggiore del Family Day del 2007, che bloccò i Di.Co proposti da Rosy Bindi: sia quantitativamente sia qualitativamente visto che è nato tutto dal basso.
Se ieri un messaggio è stato lanciato forte e chiaro dalla piazza è stato il no assoluto al disegno di legge Cirinnà, la prima minaccia da affrontare (in ordine di tempo). E no assoluto anche all’introduzione dell’ideologia di genere nelle scuole. Ieri, la prima reazione degli esponenti dei partiti di sinistra è stata di irritazione e di rabbia: una folla così, difficile ignorarla, mette quel granellino di sabbia nell’ingranaggio che potrebbe bloccare quella “gioiosa macchina da guerra” che è la lobby gay. D’altra parte la semplice convocazione della manifestazione ha provocato la nascita di un gruppo di lavoro di parlamentari sulla famiglia, e tanti di loro ieri erano in piazza mescolati in gran parte nel pubblico. Otterrà dei risultati politici? Difficile dirlo, e però è un fatto nuovo che non va sottovalutato.
Ma un messaggio chiaro deve essere arrivato anche alla Conferenza episcopale italiana (Cei): per la prima volta, finalmente, si è realizzato un evento voluto e gestito da laici senza l’ingombrante presenza di “vescovi-pilota”, come li ha definiti papa Francesco. Anzi, il principale “vescovo-pilota”, il segretario della Cei Nunzio Galantino, ha fatto di tutto per impedire che l’evento si realizzasse e che poi, una volta deciso, non avesse successo. Ha “pilotato” il Forum delle Associazioni Familiari verso la non adesione, ha “pilotato” Avvenire – il quotidiano di proprietà della Cei - verso il silenzio-stampa: minimo il risalto dato alla preparazione della manifestazione, scandaloso il tentativo di mitigarne gli effetti.

Mentre tutti i giornali oggi danno ampio risalto in prima pagina al Family Day, l’Avvenireoggi in edicola (e nelle chiese) apre il giornale con questa sconvolgente notizia: «Lotta all’azzardo: il “bluff” del governo» (visto ieri sera in tv nell’anteprima delle prime pagine dei giornali). Ebbene sì, le polemiche intorno alla legge sul gioco d’azzardo sono la notizia del giorno per il quotidiano dei vescovi: neanche la Pravda dei tempi d’oro raggiungeva vette simili per nascondere le vere notizie. Ma non basta, la «folla grande e bella» di Roma è solo la terza notizia, dopo anche l’annuncio – che va avanti da giorni – della visita del Papa a Torino, che avverrà soltanto oggi. Una vergogna che non rende purtroppo ragione dell’impegno di quei vescovi – seppur minoranza – che invece hanno da subito sostenuto la manifestazione non facendo mancare il loro giudizio di pastori.
Certo è che la Cei nel suo insieme non ha proprio dato l’idea di «pastori che sentono l’odore del gregge», per usare l’efficace espressione di papa Francesco; il gregge è andato per la sua strada e i pastori l’hanno abbandonato. Una mancanza di direzione che coinvolge anche i movimenti ecclesiali: per la manifestazione di ieri si deve un grande grazie a Kiko Arguello (che ieri dal palco non ha mancato di lanciare una freccia appuntita a mons. Galantino) e al suo movimento Neocatecumenale, ma per il resto nessuno ha voluto metterci la faccia e si è arrivati ad esempio a situazioni paradossali, come quella di Comunione e Liberazione: tantissimi i militanti in piazza ieri malgrado il parere contrario dei vertici. È una ulteriore dimostrazione che, nel suo insieme, fosse dipeso dai vertici della Chiesa e dei gruppi ecclesiali ieri piazza San Giovanni sarebbe stata semideserta. E invece il popolo si è mosso, percependo con chiarezza la gravità del momento storico che stiamo vivendo. In tanti, ai piani alti della Chiesa dovrebbero riflettere. 
 - UNA GIORNATA INDIMENTICABILEdi Giuseppe Brienza


QUANDO I CATTOLICI SCENDONO IN PIAZZA.




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A proposito della manifestazione odierna a Roma, a difesa della famiglia tradizionale, contro l’aberrante teoria gender (“siamo in piazzo per sostenere l’ovvio“, come direbbe Chesterton, che aveva profeticamente affermato che sarebbe arrrivato il momento di dover ingaggiare una battaglia per sostenere che l’erba è verde), mi viene da pensare che il “il davolo fa le pentole, ma non i coperchi“. Mi spiego meglio.Nelle ultime settimane, man mano che si avvivìcinava la data, sempre più persone, dalle quali mai mi sarei aspettato un tale attivismo, mi facevano pervenire messaggi, chi via mail, chi via whatsapp, i più tradizionalisti anche con semplice telefonata, a sostenere l’importanza di una presa di posizione foete, manifesta, contro la dilagante tendenza di voler considerare a tutti i costi l’identità sessuale una libera scelta, slegata dalla Natura e dalla biologia.La cosa mi ha fatto ovviamente molto piacere, ma ancora più piacere mi ha fatto constatare come l’urgenza della presa di posizione sia stata percepita anche da persone che su altri temi non ero riuscito a coinvolgere: e questo mi fa pensare che, ogni tanto, il potere occulto commette degli errori: in questo caso di presunzione. Ci hanno toccato i figli: e non in una maniera leggera, che basta non avere la TV in casa e siamo salvi: no, vogliono imporre in tutte le scuole corsi, rieducazioni, veri e propri lavaggi del cervello alla totale insaputa dei genitori. E questo è stato l’errore.Vedete: su tanti altri temi non ero riuscito a smuovere amici, parenti genitori: sì, un po’ mi ascoltavano, ma più per educazione che per altro.
Ci imbrogliano con il debito eterno, creato ad arte per nascondere e non permettere di vedere la traboccante sovrabbondanza del creato? Sì, vabbeh, sarà… ma noi pensiamo a lavorare, al resto ci penserà qualcun altro!Ci avvelenano con additivi nel cibo industriale, mofìdificano geneticamente i prodotti che il Creatore aveva predisposto? E vabbè… chissà se è proprio vero…Inventano terrorismo per convincerci ad andare in guerra? Ma chissà, però guarda che quei barbuti fondamentalisi islamici sono davvero pericolosi, sai?
  • L’informazione è tutta controllata, e vi nasconde le cose importanti per non farvi sapere? Ma va là, non sarà proprio sempre così… E via dicendo.
Adesso che, toccati sul vivo dei propri figli, si sono resi conto che il potere non guarda in faccia nessuno, ed è disposto a tutto pur di distruggere le famiglie; oppure che l’informazione, serva del potere, non dà alcun riscontro all’oltre milione di persone in piazza San Giovanni a Roma, forse saranno più aperti nell’accettare che la verità è molto diversa da quella che ci vogliono far credere anche in atri ambiti (che poi non sono così scollegati fra di loro come potrebbe sembrare a prima vista).
Un altro ottimo segnale che i tempi stanno cambiando.

2 commenti:

  1. Prendiamoli a calci dove a loro piace tanto ai vari scarafaggiotti branco di zozzoni. jane

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  2. Fa piacere vedere il popolo cattolico che manifesta interesse e sensibilità. Il popolo è sveglio ma non sempre ben informato. Una sola nota stonata: non c'è stato il coraggio di manifestare un NO incondizionato. Con i NI sub conditione non si va da nessuna parte ma, quand'anche il numero di persone sia elevato, ci si condanna, presto o tardi, all'irrilevanza! Sbagliano a cantare vittoria. I mandanti di queste politiche anticristiche sono senza scrupoli e, a differenza dei cattolici intervenuti sabato a Roma, non si accontentato di lasciare nemmeno le briciole agli avversari. Il tarlo corrosivo del compromesso sgonfierà ogni ambizione di successo. Contro Satana e i suoi accoliti solo un no netto più funzionare, e questa manifestazione non si è data dei connotati precisi ma molto evanescenti e nient'affatto univoci! Un'occasione sprecata. Ricordiamoci che il Signore non ha bisogno dei milioni ma di pochi disposti a tutto, per ottenere TUTTO.

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