L’inferno visto da Santa Veronica Giuliani: “Sarà sempre così. Sempre, sempre, sempre”
Santa Veronica Giuliani (Orsola) nacque il 27 dicembre 1660. Entrò nel monastero delle Clarisse Cappuccine di Città di Castello. Morì il 9 luglio 1727. Una visione dell’inferno, avuta nel 1696, è così raccontata da Santa Veronica: «Parvemi che il Signore mi facesse vedere un luogo oscurissimo; ma dava incendio come fosse stata una gran fornace. Erano fiamme e fuoco, ma non si vedeva luce; sentivo stridi e rumori, ma non si vedeva niente; usciva un fetore e fumo orrendo, ma non vi è, in questa vita, cosa da poter paragonare. In questo punto, Iddio mi dà una comunicazione sopra l’ingratitudine delle creature, e quanto gli dispiaccia questo peccato. E qui mi si dimostrò tutto appassionato, flagellato, coronato di spine, con viva, pesante croce in spalla. Così mi disse: “Mira e guarda bene questo luogo che non avrà mai fine. Vi sta, per tormento, la mia giustizia ed il rigoroso mio sdegno”.
In questo mentre, mi parve di sentire un gran rumore. Comparvero tanti demoni: tutti, con catene, tenevano bestie legate di diverse specie. Le dette bestie, in un subito, divennero creature (uomini), ma tanto spaventevoli e brutte, che mi davano più terrore che non erano gli stessi demoni. Io stavo tutta tremante, e mi volevo accostare dove stava il Signore. Ma, contuttoché vi fosse poco spazio, non potei mai avvicinarmi più. Il Signore grondava sangue, e sotto quel grave peso stava. O Dio! Io avrei voluto raccogliere il Sangue, e pigliare quella Croce, e con grand’ansia desideravo il significato di tutto. In un istante, quelle creature divennero, di nuovo, in figura di bestie, e poi, tutte furono precipitate in quel luogo oscurissimo, e maledicevano Iddio e i Santi. Qui mi si aggiunge un rapimento, e mi parve che il Signore mi facesse capire, che quel luogo era l’inferno, e quelle anime erano morte, e, per il peccato, erano divenute come bestie, e che, fra esse, vi erano anche dei religiosi [...]. Mi pareva di essere trasportata in un luogo deserto, oscuro e solitario, ove non sentivo altro che urli, stridi, fischi di serpenti, rumori di catene, di ruote, di ferri, botti così grandi, che, ad ogni colpo, pensavo sprofondasse tutto il mondo. E io non aveva sussidi ove rivolgermi; non potevo parlare; non potevo invitare il Signore. Mi pareva che fosse luogo di castigo e di sdegno di Dio verso di me, per le tante offese fatte a Sua Divina Maestà. E avevo davanti di me tutti i miei peccati [...]. Sentivo un incendio di fuoco, ma non vedevo fiamme; altro che colpi sopra di me; ma non vedevo nessuno. In un subito, sentivo come una fiamma di fuoco che si avvicinava a me, e sentivo percuotermi; ma niente vedevo. Oh! Che pena! Che tormento! Descriverlo non posso; e anche il sol ricordarmi di ciò, mi fa tremare. Alla fine, fra tante tenebre, mi parve di vedere un piccolo lume come per aria. A poco a poco, si dilatò tanto. Mi sembrava che mi sollevasse da tali pene; ma non vedevo altro».
Un’altra visione dell’inferno è del 17 gennaio 1716. La Santa racconta che in detto giorno fu trasportata da alcuni angeli nell’inferno: «In un batter d’occhio mi ritrovai in una regione bassa, nera e fetida, piena di muggiti di tori, di urli di leoni, di fischi di serpenti [...]. Una grande montagna si alzava a picco davanti a me ed era tutta coperta di aspidi e basilischi legati assieme [...]. La montagna viva era un clamore di maledizioni orribili. Essa era l’inferno superiore, cioè l’inferno benigno. Infatti, la montagna si spalancò e nei suoi fianchi aperti vidi una moltitudine di anime e demoni intrecciati con catene di fuoco. I demoni, estremamente furiosi, molestavano le anime le quali urlavano disperate. A questa montagna seguivano altre montagne più orride, le cui viscere erano teatro di atroci e indescrivibili supplizi.
Nel fondo dell’abisso vidi un trono mostruoso, fatto di demoni terrificanti. Al centro una sedia formata dai capi dell’abisso. Satana ci sedeva sopra nel suo indescrivibile orrore e da lì osservava tutti i dannati. Gli angeli mi spiegarono che la visione di Satana forma il tormento dell’inferno, come la visione di Dio forma la delizia del Paradiso. Nel frattempo, notai che il muto cuscino della sedia erano Giuda ed altre anime disperate come lui. Chiesi agli angeli di chi fossero quelle anime ed ebbi questa terribile risposta: “Essi furono dignitari della Chiesa e prelati religiosi».
E in quell’abisso, ella vide precipitare una pioggia di anime... Ed ecco altre visioni della Santa:«Come Dante, anche la nostra Santa, appena su la soglia, ode urli, voci lamentevoli, bestemmie e maledizioni contro Dio. Vede mostri, serpenti, fiamme smisurate. È menata per tutto l’inferno. Precipitano giù, con la furia di densa grandine, le anime dei nuovi abitatori. E a quest’arrivo, si rinnovano pene sopra pene ai dannati. In un luogo ancora più profondo trova ammucchiate migliaia di anime (sono quelle degli assassini), sopra le quali incombe un torchio con una immensa ruota. La ruota gira e fa tremare tutto l’inferno. All’improvviso il torchio piomba su le anime, le riduce quasi a una sola; cosicché ciascuna partecipa alla pena dell’altra. Poi ritornano come prima. Ci sono parecchie anime con un libro in mano.
I demoni le battono con verghe di fuoco nella bocca, con mazze di ferro sul capo, e con spuntoni acuti trapassano loro le orecchie. Sono le anime di quei religiosi bastardi, che adattarono la regola a uso e consumo proprio. Altre anime sono rinchiuse in sacchetti e infilzate dai diavoli nella bocca d’un orrendo dragone che in eterno le digruma. Sono le anime degli avari. Altre gorgogliano tuffate in un lago d’immondizie. Di tratto in tratto sgusciano fulmini. Le anime restano incenerite, ma dopo riacquistano lo stato primiero. I peccati che hanno commesso sono i più gravi che mai vivente può immaginare. Tutte le strade dell’inferno appaiono sparse di rasoi, di coltelli, di mannaie taglienti. E mostri, dovunque mostri. E una voce che grida: “Sarà sempre così. Sempre, sempre, sempre”. Veronica è condotta alla presenza di Lucifero. Egli ha d’intorno le anime più graziate dal cielo, che nulla fecero per Iddio, per la sua gloria; e tiene sotto i piedi, a guisa di cuscino, e pesta continuamente le anime di quelli che mancarono ai loro voti. “Via l’intrusa che ci accresce i tormenti”!, urla furibondo ai suoi ministri. Levata dall’inferno, Veronica ripete esterrefatta: “O giustizia di Dio, quanto sei potente”»!
In questo mentre, mi parve di sentire un gran rumore. Comparvero tanti demoni: tutti, con catene, tenevano bestie legate di diverse specie. Le dette bestie, in un subito, divennero creature (uomini), ma tanto spaventevoli e brutte, che mi davano più terrore che non erano gli stessi demoni. Io stavo tutta tremante, e mi volevo accostare dove stava il Signore. Ma, contuttoché vi fosse poco spazio, non potei mai avvicinarmi più. Il Signore grondava sangue, e sotto quel grave peso stava. O Dio! Io avrei voluto raccogliere il Sangue, e pigliare quella Croce, e con grand’ansia desideravo il significato di tutto. In un istante, quelle creature divennero, di nuovo, in figura di bestie, e poi, tutte furono precipitate in quel luogo oscurissimo, e maledicevano Iddio e i Santi. Qui mi si aggiunge un rapimento, e mi parve che il Signore mi facesse capire, che quel luogo era l’inferno, e quelle anime erano morte, e, per il peccato, erano divenute come bestie, e che, fra esse, vi erano anche dei religiosi [...]. Mi pareva di essere trasportata in un luogo deserto, oscuro e solitario, ove non sentivo altro che urli, stridi, fischi di serpenti, rumori di catene, di ruote, di ferri, botti così grandi, che, ad ogni colpo, pensavo sprofondasse tutto il mondo. E io non aveva sussidi ove rivolgermi; non potevo parlare; non potevo invitare il Signore. Mi pareva che fosse luogo di castigo e di sdegno di Dio verso di me, per le tante offese fatte a Sua Divina Maestà. E avevo davanti di me tutti i miei peccati [...]. Sentivo un incendio di fuoco, ma non vedevo fiamme; altro che colpi sopra di me; ma non vedevo nessuno. In un subito, sentivo come una fiamma di fuoco che si avvicinava a me, e sentivo percuotermi; ma niente vedevo. Oh! Che pena! Che tormento! Descriverlo non posso; e anche il sol ricordarmi di ciò, mi fa tremare. Alla fine, fra tante tenebre, mi parve di vedere un piccolo lume come per aria. A poco a poco, si dilatò tanto. Mi sembrava che mi sollevasse da tali pene; ma non vedevo altro».
Un’altra visione dell’inferno è del 17 gennaio 1716. La Santa racconta che in detto giorno fu trasportata da alcuni angeli nell’inferno: «In un batter d’occhio mi ritrovai in una regione bassa, nera e fetida, piena di muggiti di tori, di urli di leoni, di fischi di serpenti [...]. Una grande montagna si alzava a picco davanti a me ed era tutta coperta di aspidi e basilischi legati assieme [...]. La montagna viva era un clamore di maledizioni orribili. Essa era l’inferno superiore, cioè l’inferno benigno. Infatti, la montagna si spalancò e nei suoi fianchi aperti vidi una moltitudine di anime e demoni intrecciati con catene di fuoco. I demoni, estremamente furiosi, molestavano le anime le quali urlavano disperate. A questa montagna seguivano altre montagne più orride, le cui viscere erano teatro di atroci e indescrivibili supplizi.
Nel fondo dell’abisso vidi un trono mostruoso, fatto di demoni terrificanti. Al centro una sedia formata dai capi dell’abisso. Satana ci sedeva sopra nel suo indescrivibile orrore e da lì osservava tutti i dannati. Gli angeli mi spiegarono che la visione di Satana forma il tormento dell’inferno, come la visione di Dio forma la delizia del Paradiso. Nel frattempo, notai che il muto cuscino della sedia erano Giuda ed altre anime disperate come lui. Chiesi agli angeli di chi fossero quelle anime ed ebbi questa terribile risposta: “Essi furono dignitari della Chiesa e prelati religiosi».
E in quell’abisso, ella vide precipitare una pioggia di anime... Ed ecco altre visioni della Santa:«Come Dante, anche la nostra Santa, appena su la soglia, ode urli, voci lamentevoli, bestemmie e maledizioni contro Dio. Vede mostri, serpenti, fiamme smisurate. È menata per tutto l’inferno. Precipitano giù, con la furia di densa grandine, le anime dei nuovi abitatori. E a quest’arrivo, si rinnovano pene sopra pene ai dannati. In un luogo ancora più profondo trova ammucchiate migliaia di anime (sono quelle degli assassini), sopra le quali incombe un torchio con una immensa ruota. La ruota gira e fa tremare tutto l’inferno. All’improvviso il torchio piomba su le anime, le riduce quasi a una sola; cosicché ciascuna partecipa alla pena dell’altra. Poi ritornano come prima. Ci sono parecchie anime con un libro in mano.
I demoni le battono con verghe di fuoco nella bocca, con mazze di ferro sul capo, e con spuntoni acuti trapassano loro le orecchie. Sono le anime di quei religiosi bastardi, che adattarono la regola a uso e consumo proprio. Altre anime sono rinchiuse in sacchetti e infilzate dai diavoli nella bocca d’un orrendo dragone che in eterno le digruma. Sono le anime degli avari. Altre gorgogliano tuffate in un lago d’immondizie. Di tratto in tratto sgusciano fulmini. Le anime restano incenerite, ma dopo riacquistano lo stato primiero. I peccati che hanno commesso sono i più gravi che mai vivente può immaginare. Tutte le strade dell’inferno appaiono sparse di rasoi, di coltelli, di mannaie taglienti. E mostri, dovunque mostri. E una voce che grida: “Sarà sempre così. Sempre, sempre, sempre”. Veronica è condotta alla presenza di Lucifero. Egli ha d’intorno le anime più graziate dal cielo, che nulla fecero per Iddio, per la sua gloria; e tiene sotto i piedi, a guisa di cuscino, e pesta continuamente le anime di quelli che mancarono ai loro voti. “Via l’intrusa che ci accresce i tormenti”!, urla furibondo ai suoi ministri. Levata dall’inferno, Veronica ripete esterrefatta: “O giustizia di Dio, quanto sei potente”»!
giovedì 16 luglio 2015
Fonte: CulturaCattolica.it
http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=17&id_n=37513
Ringrazio le Suore Cappuccine di Mercatello sul Metauro – oltre che per la loro accoglienza – per l'invio della foto cui si riferisce l'articolo di Andrea Mondinelli. In questo modo ci si può più facilmente rendere conto del significato dello scritto
Veronica Giuliani, santa con la spada
mercoledì 15 luglio 2015
Ringrazio le Suore Cappuccine di Mercatello sul Metauro – oltre che per la loro accoglienza – per l'invio della foto cui si riferisce l'articolo di Andrea Mondinelli. In questo modo ci si può più facilmente rendere conto del significato dello scritto
Caro don Gabriele,
con grande gioia cercherò di commentare il quadro che rappresenta Santa Veronica Giuliani, che con la mano destra brandisce la spada e con la sinistra regge sul suo cuore il libro aperto. La prima cosa che mi ha colpito, o meglio, che ho guardato è stato il volto di Santa Veronica ed ho avuto il profondo desiderio di contemplare quello che lei stava contemplando: il volto del suo Santissimo Sposo. Mi ha colpito la sproporzione della spada, che è molto più grande di quanto dovrebbe essere ed il fatto che la Santa non l’ha impugna come dovrebbe essere impugnata in battaglia, ma trafigge il dragone infernale appoggiandosi alla spada come ad un bastone. Ella lo sconfigge senza degnarlo di alcuno sguardo. Questo è un grande insegnamento. Dopo, data la bassa qualità della foto, ho visto che la spada in realtà era il Crocifisso. Anzi, prima di averlo visto, l’ho intuito nel dormiveglia mattutino: ho pensato che ciò che trafigge il demonio è il crocifisso e con stupore ho visto disegnato il Signore Crocifisso che si sta staccando dalla croce a simboleggiare la sua resurrezione. È Lui che vince! Il Crocifisso è visivamente davanti a Santa Veronica, che sembra nell’atto di porgerlo a chi guarda il quadro, poi mi sono concentrato sul libro che a me sembrava bianco, grazie alla bassa risoluzione della foto. Il libro è aperto e rivolto a noi che guardiamo il quadro, ma, non riuscendo a leggere, ho pensato subito al Diario di Santa Veronica ed a San Paolo, a cui era particolarmente devota, per il legame libro-spada.
Infatti, il riferimento al forte legame che unisce Santa Veronica a San Paolo risulta visivamente immediato, proprio perché nell’iconografia cristiana l’Apostolo delle genti è raffigurato con libro e spada. Legame ancora più stretto perché il libro è aperto alla pagina della lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini 6,17: “Prendete la spada dello Spirito che è la Parola di Dio. La nostra battaglia non è contro la carne e il sangue, ma contro gli spiriti del male”. Infatti, lo spadone trafigge il dragone infernale, che la insidia.
Mi sono ricordato che nel libro “Santa Veronica Giuliani vera discepola e apostola di Maria” di fr. Emmanuele del Cuore Immacolato e Addolorato di Maria è scritto che “la Santa amava [San Paolo] in modo speciale tra tutti i Santi e chiamava «mio san Paolo» proprio per la sua dottrina dell’espiazione nella quale egli dice: «completo nella mia carne quello che manca alla Passione di Cristo» (Col 1, 24), sapendo che santa Veronica, per il suo virile ed eroico anelito di immolazione nel desiderio di convertire tutte le genti, è stata definita da qualcuno, con espressione ardita, ma non ingenua, «il san Paolo degli ultimi tempi»”.
Cosa ci vuol comunicare la Santa? Ci dice chiaramente che per la battaglia decisiva della nostra vita terrena dobbiamo rivestirci dell’armatura di Dio: dobbiamo afferrare ed aggrapparci alla spada crocifisso per rimanere saldi nella fede. In un mondo che ha perduto ogni riferimento e gira come una trottola, “pirla” direbbe il compianto card. Biffi, dobbiamo stare fermi: “Stat Crux dum volvitur orbis” (“la Croce resta fissa mentre il mondo ruota”), “la Croce di Cristo è il punto fermo, in mezzo ai mutamenti e agli sconvolgimenti del mondo” [Benedetto XVI – Certosa S. Bruno – 9.10.2011]. Lo dobbiamo fare, in primo luogo, per salvare la nostra anima, secondo per essere apostoli di Maria Santissima, veri cristiani, luce del mondo e sale della terra. Per meglio dire, più che afferrare la croce, dobbiamo chiedere al Signore la grazia di essere inchiodati insieme a Lui. Questa richiesta è una vera e propria follia agli occhi del mondo, invece è l’unica veramente ragionevole. Per questo gli occhi di Santa Veronica sono fissi costantemente al volto del suo Sposo, ella vede con gli occhi di Cristo ed ama con il suo Cuore e ci invita ad imitarla, perché la Carità scaturisce dalla gioia della Croce. Per la carne è impossibile da comprendere, è uno scandalo, è una follia, invece lo sguardo della fede, che rompe la superficie della nostra mondanità, contempla questo mistero in uno sguardo che abbraccia tutto e come Gesù sulla croce ci fa dire: “Tutto è compiuto”.
Il mondo in cui viviamo, invece, è immerso nella pazzia provocata proprio dalla mancanza/perdita della fede. Osservava Chesterton che il santo ha lo scopo di essere segno di contraddizione e di restituire sanità mentale a un mondo impazzito. “Ancora ogni generazione cerca per istinto il suo santo - aveva detto -, ed egli è non ciò che la gente vuole, ma piuttosto colui del quale la gente ha bisogno… Da ciò il paradosso della storia che ciascuna generazione è convertita dal santo che la contraddice maggiormente”. Esiste, forse un santo o una santa più in contraddizione con la nostra generazione di Santa Veronica Giuliani? Non esiste, è lei, l’Apostola di Maria per eccellenza, quella chiamata ad aiutarci nella conversione. Ella ci ricorda che “nella Croce di Cristo non solo si è compiuta la redenzione mediante la sofferenza, ma anche la stessa sofferenza umana è stata redenta. L’uomo «muore», quando perde «la vita eterna». Il contrario della salvezza è la sofferenza definitiva: la perdita della vita eterna, l’essere respinti da Dio, la dannazione. Il Figlio unigenito è stato dato all’umanità per proteggere l’uomo, prima di tutto, contro questo male definitivo e contro la sofferenza definitiva” (Salvifici doloris di San Giovanni Paolo II).
Anche la stessa sofferenza umana è stata redenta, ma noi in un certo senso tendiamo, comunque, a rifiutarla, perché in ultimo rifiutiamo la Croce. Volete un esempio che ci metta in difficoltà? Eccolo: il Beato don Carlo Gnocchi scrive in quel suo testamento spirituale che è “Pedagogia del dolore innocente”: «Ma di tutta questa massa di dolore innocente, così intima, così pura e così vasta, quanta è andata a Cristo e all’umanità? E quanta al contrario è andata perduta, perché nessuno si è curato adeguatamente di indirizzarla verso la sua meta naturale, che è Cristo? E così la passione redentrice di Cristo e la vita soprannaturale della Chiesa, hanno perduto, per sempre, uno dei tesori più preziosi, destinato ad assicurare alla prima la sua pienezza ed al mondo la redenzione e la pace, assai più e assai meglio che non le faticose arti della politica, gli sforzi colossali della finanza e le abili contrattazioni della diplomazia umana».
Santa Veronica ci reindirizza alla piena comprensione di questo inestimabile tesoro. Riecheggiano proprio per noi le ultime parole della santa, che compendiano tutto il suo magistero: «L’Amore si è fatto trovare! Questa è la causa del mio patire. Ditelo a tutte, ditelo a tutte!». Nell’udienza generale di mercoledì 15 dicembre 2010 Benedetto XVI disse: «Santa Veronica vive in modo profondo la partecipazione all’amore sofferente di Gesù, certa che il “soffrire con gioia” sia la “chiave dell’amore”».
Soffrire con gioia è il paradosso cristiano, impossibile per la carne, ma possibile per lo Spirito. Il mondo rifiuta violentemente questo paradosso, basta rileggersi il “manifesto sull’eutanasia” che è stato pubblicato da The Humanist nel luglio 1974 e firmato da personalità come Monod (Nobel per la medicina nel 1965), Pauling (Nobel per la chimica nel 1954 e per la pace nel 1962), Thomson (Nobel per la fisica nel 1937): “Affermiamo che è immorale accettare o imporre la sofferenza. Crediamo nei valori morali di ogni individuo; ciò implica che lo si lasci libero di decidere della propria sorte”. Ve ne siete accorti? Dice testualmente che è immorale anche solo accettare la sofferenza, pure se poi si dichiara la libertà di scelta dell’individuo! Dicono che è stata immorale la vita di Santa Veronica. Di più, è stata immorale la vita di Gesù, che è immorale la Croce di Cristo. Sapete perché? Perché, dicono, “l’uomo sa finalmente di essere solo nell’immensità indifferente dell’Universo da cui è emerso per caso”. Questo è l’inganno del dragone infernale, con la bocca spalancata per divorarci, ma Santa Veronica ci porge le armi per sconfiggerlo: “la spada dello Spirito che è la Parola di Dio”.Quella spada che è la Croce, da cui emerge Cristo Risorto e, si spera, noi con lui.
P.S.: 1
Per mostrarvi i miracoli della croce abbracciata con amore, vi porto la testimonianza di Marcello Callegari, un mio concittadino salodiano. Marcello all’età di quattro anni e mezzo rimane coinvolto in un incidente stradale nel quale perde la mamma, il papà e il fratellino maggiore; sopravvive, ma i danni subiti lo segneranno per il resto della vita. Per ben ventuno anni non riuscì a comunicare con il mondo esterno, tanto che alcuni lo ritennero incapace di intendere e di volere, ma grazie all’attenzione delle persone che vivevano con lui e all’ausilio del computer riuscì ad esternare i suoi pensieri. Marcello iniziò ad esprimere se stesso attraverso scritti e poesie. Marcello morì improvvisamente il 27 maggio 2006, quando Dio lo chiamò a Sé per riabbracciare la sua famiglia. Concludo proprio con la poesia che Marcello dedica alla sofferenza:
P.S.: 2 Santa Veronica mi è stata di grande aiuto nella comprensione del problema dell’eutanasia. Chi fosse interessato può collegarsi al link in calce, in cui ho cercato di rispondere alla seguente domanda: sofferenza o eutanasia?
http://www.mpvgarda.it/files/File/Eutanasia/Sofferenza%20o%20eutanasia.pdf
con grande gioia cercherò di commentare il quadro che rappresenta Santa Veronica Giuliani, che con la mano destra brandisce la spada e con la sinistra regge sul suo cuore il libro aperto. La prima cosa che mi ha colpito, o meglio, che ho guardato è stato il volto di Santa Veronica ed ho avuto il profondo desiderio di contemplare quello che lei stava contemplando: il volto del suo Santissimo Sposo. Mi ha colpito la sproporzione della spada, che è molto più grande di quanto dovrebbe essere ed il fatto che la Santa non l’ha impugna come dovrebbe essere impugnata in battaglia, ma trafigge il dragone infernale appoggiandosi alla spada come ad un bastone. Ella lo sconfigge senza degnarlo di alcuno sguardo. Questo è un grande insegnamento. Dopo, data la bassa qualità della foto, ho visto che la spada in realtà era il Crocifisso. Anzi, prima di averlo visto, l’ho intuito nel dormiveglia mattutino: ho pensato che ciò che trafigge il demonio è il crocifisso e con stupore ho visto disegnato il Signore Crocifisso che si sta staccando dalla croce a simboleggiare la sua resurrezione. È Lui che vince! Il Crocifisso è visivamente davanti a Santa Veronica, che sembra nell’atto di porgerlo a chi guarda il quadro, poi mi sono concentrato sul libro che a me sembrava bianco, grazie alla bassa risoluzione della foto. Il libro è aperto e rivolto a noi che guardiamo il quadro, ma, non riuscendo a leggere, ho pensato subito al Diario di Santa Veronica ed a San Paolo, a cui era particolarmente devota, per il legame libro-spada.
Infatti, il riferimento al forte legame che unisce Santa Veronica a San Paolo risulta visivamente immediato, proprio perché nell’iconografia cristiana l’Apostolo delle genti è raffigurato con libro e spada. Legame ancora più stretto perché il libro è aperto alla pagina della lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini 6,17: “Prendete la spada dello Spirito che è la Parola di Dio. La nostra battaglia non è contro la carne e il sangue, ma contro gli spiriti del male”. Infatti, lo spadone trafigge il dragone infernale, che la insidia.
Mi sono ricordato che nel libro “Santa Veronica Giuliani vera discepola e apostola di Maria” di fr. Emmanuele del Cuore Immacolato e Addolorato di Maria è scritto che “la Santa amava [San Paolo] in modo speciale tra tutti i Santi e chiamava «mio san Paolo» proprio per la sua dottrina dell’espiazione nella quale egli dice: «completo nella mia carne quello che manca alla Passione di Cristo» (Col 1, 24), sapendo che santa Veronica, per il suo virile ed eroico anelito di immolazione nel desiderio di convertire tutte le genti, è stata definita da qualcuno, con espressione ardita, ma non ingenua, «il san Paolo degli ultimi tempi»”.
Cosa ci vuol comunicare la Santa? Ci dice chiaramente che per la battaglia decisiva della nostra vita terrena dobbiamo rivestirci dell’armatura di Dio: dobbiamo afferrare ed aggrapparci alla spada crocifisso per rimanere saldi nella fede. In un mondo che ha perduto ogni riferimento e gira come una trottola, “pirla” direbbe il compianto card. Biffi, dobbiamo stare fermi: “Stat Crux dum volvitur orbis” (“la Croce resta fissa mentre il mondo ruota”), “la Croce di Cristo è il punto fermo, in mezzo ai mutamenti e agli sconvolgimenti del mondo” [Benedetto XVI – Certosa S. Bruno – 9.10.2011]. Lo dobbiamo fare, in primo luogo, per salvare la nostra anima, secondo per essere apostoli di Maria Santissima, veri cristiani, luce del mondo e sale della terra. Per meglio dire, più che afferrare la croce, dobbiamo chiedere al Signore la grazia di essere inchiodati insieme a Lui. Questa richiesta è una vera e propria follia agli occhi del mondo, invece è l’unica veramente ragionevole. Per questo gli occhi di Santa Veronica sono fissi costantemente al volto del suo Sposo, ella vede con gli occhi di Cristo ed ama con il suo Cuore e ci invita ad imitarla, perché la Carità scaturisce dalla gioia della Croce. Per la carne è impossibile da comprendere, è uno scandalo, è una follia, invece lo sguardo della fede, che rompe la superficie della nostra mondanità, contempla questo mistero in uno sguardo che abbraccia tutto e come Gesù sulla croce ci fa dire: “Tutto è compiuto”.
Il mondo in cui viviamo, invece, è immerso nella pazzia provocata proprio dalla mancanza/perdita della fede. Osservava Chesterton che il santo ha lo scopo di essere segno di contraddizione e di restituire sanità mentale a un mondo impazzito. “Ancora ogni generazione cerca per istinto il suo santo - aveva detto -, ed egli è non ciò che la gente vuole, ma piuttosto colui del quale la gente ha bisogno… Da ciò il paradosso della storia che ciascuna generazione è convertita dal santo che la contraddice maggiormente”. Esiste, forse un santo o una santa più in contraddizione con la nostra generazione di Santa Veronica Giuliani? Non esiste, è lei, l’Apostola di Maria per eccellenza, quella chiamata ad aiutarci nella conversione. Ella ci ricorda che “nella Croce di Cristo non solo si è compiuta la redenzione mediante la sofferenza, ma anche la stessa sofferenza umana è stata redenta. L’uomo «muore», quando perde «la vita eterna». Il contrario della salvezza è la sofferenza definitiva: la perdita della vita eterna, l’essere respinti da Dio, la dannazione. Il Figlio unigenito è stato dato all’umanità per proteggere l’uomo, prima di tutto, contro questo male definitivo e contro la sofferenza definitiva” (Salvifici doloris di San Giovanni Paolo II).
Anche la stessa sofferenza umana è stata redenta, ma noi in un certo senso tendiamo, comunque, a rifiutarla, perché in ultimo rifiutiamo la Croce. Volete un esempio che ci metta in difficoltà? Eccolo: il Beato don Carlo Gnocchi scrive in quel suo testamento spirituale che è “Pedagogia del dolore innocente”: «Ma di tutta questa massa di dolore innocente, così intima, così pura e così vasta, quanta è andata a Cristo e all’umanità? E quanta al contrario è andata perduta, perché nessuno si è curato adeguatamente di indirizzarla verso la sua meta naturale, che è Cristo? E così la passione redentrice di Cristo e la vita soprannaturale della Chiesa, hanno perduto, per sempre, uno dei tesori più preziosi, destinato ad assicurare alla prima la sua pienezza ed al mondo la redenzione e la pace, assai più e assai meglio che non le faticose arti della politica, gli sforzi colossali della finanza e le abili contrattazioni della diplomazia umana».
Santa Veronica ci reindirizza alla piena comprensione di questo inestimabile tesoro. Riecheggiano proprio per noi le ultime parole della santa, che compendiano tutto il suo magistero: «L’Amore si è fatto trovare! Questa è la causa del mio patire. Ditelo a tutte, ditelo a tutte!». Nell’udienza generale di mercoledì 15 dicembre 2010 Benedetto XVI disse: «Santa Veronica vive in modo profondo la partecipazione all’amore sofferente di Gesù, certa che il “soffrire con gioia” sia la “chiave dell’amore”».
Soffrire con gioia è il paradosso cristiano, impossibile per la carne, ma possibile per lo Spirito. Il mondo rifiuta violentemente questo paradosso, basta rileggersi il “manifesto sull’eutanasia” che è stato pubblicato da The Humanist nel luglio 1974 e firmato da personalità come Monod (Nobel per la medicina nel 1965), Pauling (Nobel per la chimica nel 1954 e per la pace nel 1962), Thomson (Nobel per la fisica nel 1937): “Affermiamo che è immorale accettare o imporre la sofferenza. Crediamo nei valori morali di ogni individuo; ciò implica che lo si lasci libero di decidere della propria sorte”. Ve ne siete accorti? Dice testualmente che è immorale anche solo accettare la sofferenza, pure se poi si dichiara la libertà di scelta dell’individuo! Dicono che è stata immorale la vita di Santa Veronica. Di più, è stata immorale la vita di Gesù, che è immorale la Croce di Cristo. Sapete perché? Perché, dicono, “l’uomo sa finalmente di essere solo nell’immensità indifferente dell’Universo da cui è emerso per caso”. Questo è l’inganno del dragone infernale, con la bocca spalancata per divorarci, ma Santa Veronica ci porge le armi per sconfiggerlo: “la spada dello Spirito che è la Parola di Dio”.Quella spada che è la Croce, da cui emerge Cristo Risorto e, si spera, noi con lui.
P.S.: 1
Per mostrarvi i miracoli della croce abbracciata con amore, vi porto la testimonianza di Marcello Callegari, un mio concittadino salodiano. Marcello all’età di quattro anni e mezzo rimane coinvolto in un incidente stradale nel quale perde la mamma, il papà e il fratellino maggiore; sopravvive, ma i danni subiti lo segneranno per il resto della vita. Per ben ventuno anni non riuscì a comunicare con il mondo esterno, tanto che alcuni lo ritennero incapace di intendere e di volere, ma grazie all’attenzione delle persone che vivevano con lui e all’ausilio del computer riuscì ad esternare i suoi pensieri. Marcello iniziò ad esprimere se stesso attraverso scritti e poesie. Marcello morì improvvisamente il 27 maggio 2006, quando Dio lo chiamò a Sé per riabbracciare la sua famiglia. Concludo proprio con la poesia che Marcello dedica alla sofferenza:
|
P.S.: 2 Santa Veronica mi è stata di grande aiuto nella comprensione del problema dell’eutanasia. Chi fosse interessato può collegarsi al link in calce, in cui ho cercato di rispondere alla seguente domanda: sofferenza o eutanasia?
http://www.mpvgarda.it/files/File/Eutanasia/Sofferenza%20o%20eutanasia.pdf
Non so se tremar per la paura o cantare inni a Dio per la gioia e per la bellezza del suo immenso Amore. jane
RispondiElimina