CEI E SAN GIOVANNI: SOPIRE, TRONCARE...TRONCARE, SOPIRE
Alcune considerazioni sul dopo San Giovanni: si cerca di svuotare del suo significato la grane manifestazione contro l’indottrinamento gender e contro i disegni di legge ad esso connessi, in corso d’esame nel Parlamento italiano. Il segretario generale della Cei opera alacremente per sminuire il valore della manifestazione, poiché non vuole attriti con il Governo Renzi. Gli piace perciò piazza San Pietro, fatta per pregare, per applaudire il Papa, politicamente ben controllabile, vaticana e non italiana.
“Sopire, troncare (…) troncare, sopire”: così sussurra nel capitolo XIX dei “Promessi Sposi” il potente Conte Zio alla sua controparte religiosa, il padre provinciale dei Cappuccini, a proposito dell’auspicato trasferimento del coraggioso padre Cristoforo, difensore dei ‘piccoli’ contro le ingiustizie dell’autorità.
“Sopire, troncare (…) troncare, sopire”: è anche il metodo utilizzato in questi giorni da chi – non essendo riuscito a soffocarla in culla – vuole sminuire a tutti i costi significato e contenuti della grande manifestazione di sabato 20 giugno a piazza San Giovanni contro l’imposizione dell’ideologia gender nelle scuole e contro l’atteggiamento in materia del governo Renzi, con il corollario dei disegni di legge Cirinnà (de facto riconoscimento del ‘matrimonio omosessuale’), Fedeli (introduzione ufficiale dell’indottrinamento gendernelle scuole), Scalfarotto (criminalizzazione di chi pubblicamente oserà affermare che il matrimonio è tra uomo e donna).
Chi vuole sopire, troncare (,…) troncare, sopire? In primo luogo l’odierno segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, cui preme prima d’ogni altra cosa mantenere un buon rapporto con il governo di ‘cattolici poltronisti’ e ‘cattolici à la carte’ presieduto da Matteo Renzi. Tutto nel segno della più pura tradizione di una politichetta di piccolo cabotaggio, fondata sui soliti baratti, piccoli favori ben lontani dalla politica di alto profilo connotata dal Duc in altum di Giovanni Paolo II. Galantino - che più d’un prelato dentro le Mura vaticane considera una “vera e propria sciagura per la Chiesa italiana”, uno che “parla parla parla e rappresenta in definitiva solo se stesso e pochi altri” – ha cercato da subito di attenuare la grande eco massmediatica della manif facendo rilasciare dal mite portavoce della Cei don Ivan Maffeis una dichiarazione truculenta contro Kiko Arguello, che dal palco aveva osato citare negativamente e certo non casualmente (perché sapeva), contrapponendolo al Papa, proprio il segretario generale: pretestuoso, presuntuoso il fondatore dei neocatecumenali, resosi autore di una grave caduta di stile. Forse il segretario generale avrebbe dovuto prima di tutto ringraziare Arguello per essere riuscito a portare in piazza, in difesa della dottrina sociale della Chiesa, molte decine di migliaia di neocatecumenali: o no? Invece ha preferito dar voce alla sua profonda stizza per la riuscita di una manifestazione che non può oggettivamente che far del bene sia alla Chiesa che all’intera società italiana. Una manifestazione diremmo profetica.
IL CASO DI "AVVENIRE"
Galantino, da segretario generale della Cei, controlla anche due massmedia nazionali di notevole importanza: il quotidiano “Avvenire” e TV Sat 2000. Per quanto riguarda quest’ultima, ogni discorso è superfluo, visto il suo colore. Dispiace e molto invece che anche “Avvenire” si sia dovuto adeguare ai ‘consigli’ galantiniani. E’ lo stesso “Avvenire”, che pure in questi anni si è rivelato un quotidiano di grande e preziosa sensibilità civile per esempio nella lotta alla mortifera trimurti della droga, del gioco d’azzardo, dell’usura oppure nella denuncia capillare e circostanziata dei crimini ambientali (con drammatiche ricadute umane) commessi nella ‘Terra dei fuochi’. Non è che “Avvenire” non si sia mai occupato di gender e dintorni, anzi si riscontra facilmente il contrario. E tuttavia, quando una parte della base cattolica ha voluto confrontarsi con la difficile sfida di una manifestazione a piazza San Giovanni il pomeriggio di sabato 20 giugno, “Avvenire” ha taciuto finché ha potuto, poi – quando si incominciava a delineare un possibile successo – è stato costretto obtorto collo a prenderne atto con qualche modesta rilevanza. Un atteggiamento oggettivamente umiliante per un giornale di qualità, penoso, che è continuato a connotarsi come tale dopo la manifestazione. Domenica 21 giugno un richiamo, ma non certo d’apertura – in prima pagina, un paio di articoli e un corsivo al veleno all’interno. Poi, mentre le letteracce e le minacce di disdire l’abbonamento si infittivano (chiedere per favore all’ Ufficio diffusione….), il direttore è tornato sull’argomento rispondendo ad alcune lettere, definendo tra l’altro “infelicissima” la “polemica” che “inopinatamente” Arguello ha fatto sul palco di San Giovanni e “abili disinformatori” (o “sprezzanti mestatori professionisti” riferito a commentatori non credenti) chi aveva constatato l’ostilità concreta del segretario generale della Cei verso la manif. Nel contempo sempre “Avvenire” ha dato invece ampio spazio a proposte di “mediazione” (a esaminarle cascano le braccia per la sprovvedutezza -o altro - su cui sono fondate) provenienti da cattolici ‘à la carte’ del Pd: ”Unioni civili, nel Pd nuova mediazione” così il titolo a tutta pagina 11 dell’edizione di martedì 23 giugno (con l’appendice molto significativa dell’intervista a Gaetano Quagliariello, coordinatore del partito di Alfano: “Se è un compromesso alto, noi ci stiamo”); “Unioni civili, ecco la mediazione”, altro titolone nel numero di venerdì 26 giugno. Insomma: il cuore di “Avvenire” (al di là di un paio di interviste di segno opposto) batte a quanto appare in pagina per la “mediazione”, che è legittimo considerare espressione della ‘bandiera bianca’ galantiniana.
SVUOTARE LA MANIFESTAZIONE DEI SUOI CONTENUTI 'FORTI'
Da subito poi è in corso il tentativo di ridurre la manif a un’allegra scampagnata capitolina di famiglie bonaccione, “una festa felice di chinon è contro”, come titolava con intenzione molto scoperta lo stesso “Avvenire” di domenica 21 giugno. Ahimè per il giornale della Cei, la realtà è stata ben diversa. Le centinaia di migliaia di persone presenti in piazza (e ben oltre) non erano venute da Nord e da Sud per una ‘gita fuori porta’, sorbendosi eroicamente una sorta di diluvio prima e dopo la manif. Nossignori: erano a San Giovanni per dire alcuni ‘No’ chiari, netti e udibili anche dentro le stanze di Palazzo Chigi (e magari anche alla Circonvallazione Aurelia 65, ufficio del segretario generale). ‘No’ all’imposizione dell’ideologia gender nelle scuole (centinaia i cartelli), ‘no’ al disegno di legge Cirinnà, ‘no’ al disegno di legge Fedeli, ‘no’ al disegno di legge Scalfarotto e ‘no’ anche alla politica sfasciafamiglie del governo del ‘cattolico’ Renzi. Vogliamo ricordare per chi non c’era (come il direttore di “Avvenire”) alcuni momenti sonori della manif? “L’Italia ha un compito insostituibile, è l’ultimo baluardo di un’antropologia scritta nell’uomo!” (Simone Pillon, boato); “Noi combatteremo nelle scuole, nelle piazze, nelle cabine elettorali!” (Gianfranco Amato, boato); “Non ci arrenderemo mai! Mai, mai!” (Gianfranco Amato, boato); fischi e muggiti corali per Scalfarotto, che citato da Mario Adinolfi, ha definito in tempo reale “inaccettabile” la manif ; “Il disegno di legge Cirinnà è il coronamento dell’ideologia gender. Perciò noi dobbiamo batterci per i veri diritti civili e senza vescovi-pilota!” (Mario Adinolfi, boato). Pochi esempi che danno già un’idea, sufficientemente vicina alla verità, dello svolgimento, delle convinzioni, delle emozioni della manif.
UN ARTICOLO SINGOLARE SULL'INDOTTRINAMENTO GENDER CHE "NON ESISTE"
Con stupore si è poi letto su “Repubblica” un articolo della autodefinitasi “insegnante, preside, felicemente credente e cattolica” Mariapia Veladiano. E’ anche scrittrice, tiene una rubrica su “Il Regno”, collabora con “Repubblica” e pure con “Avvenire” (nel 2012 per tre mesi ha curato la rubrica quotidiana “Mattutini”). Quale il titolo dell’articolo? “Quelle lettere per dire no a qualcosa che non esiste”. Qualcosa? Sì, l’ideologia gender. A dire il vero si osserva subito una contraddizione macroscopica tra il titolo e la colonnina accanto sulla sinistra, in cui appaiono le copertine di 5 libri concretissimi di propaganda gender, come quelli della casa editrice “Stampatello”. Nell’articolo la Veladiano scrive tra l’altro: “Di una teoria gender non si ha notizia certa. Un vorticoso giro fra i siti delle scuole della nostra lunga penisola non ci consegna una sola programmazione individuale in cui si parla di ‘teoria gender’. E ci si chiede allora perché genitori si organizzino con moduli, protocolli e un lessico blandamente giuridico e un poco minaccioso contro qualcosa che non c’è”. Non è finita: “Il gender è una manna. Ogni giorno un po’ e lo sdegno è servito, il nemico è servito, il pensiero è congelato e si sente meno la paura per quel che non si capisce. Per fortuna c’è un nemico là fuori”. Le mamme e i papà che si sono visti tornare i figli dall’asilo o da scuola con strane idee sessuali sono serviti, abituati come sono a creare fantasmi! C’è di più: anche papa Francesco ormai frequentemente mette in guardia contro l’imposizione della colonizzazione ideologica del gender, invitando ad agire (come fanno pure il presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco, altri cardinali, diversi vescovi, sacerdoti coraggiosi, tanti laici). Che anche papa Francesco sia un visionario, uno che ha una vera e propria fissazione che intorpidisce, anzi ‘congela’ il cervello? Se uno più uno fa due, tale lo considera la Veladiano, che pure si professa una sua ammiratrice fervente. Forse però solo a intermittenza, gentile collaboratrice della triade “Repubblica”, “Il Regno” e “Avvenire”?
SAN PIETRO E' VATICANO, SAN GIOVANNI E' ITALIA
Giovedì 25 giugno il segretario generale della Cei ha riunito oltre un centinaio di rappresentanti di associazioni, movimenti e comunità ecclesiali per chiedere loro di partecipare alla Veglia per il Sinodo che si terrà a piazza San Pietro sabato 3 ottobre. Non è una novità, poiché ripropone lo stesso raduno che si è già svolto a ottobre dell’anno scorso, alla vigilia del primo Sinodo sulla famiglia. Non dubitiamo che la Veglia di preghiera si terrà all’insegna di “misericordia e perdono”, come titolava a tutta pagina mercoledì 24 giugno l’ “Avvenire”, riassumendo a suo modo l’ Instrumentum laboris sinodale. Piazza San Pietro: è una piazza che piace al segretario generale della Cei, è una piazza per pregare, una piazza per ‘mostrare al Papa quanti siamo’, fargli sentire il calore dei convenuti. Soprattutto non è una piazza italiana, ma vaticana. Dunque è una piazza ben controllata, che non disturba Palazzo Chigi né mette in pericolo i delicati equilibri all’interno del mondo associazionistico ecclesiale. Insomma: non è la politicamente italianissima e incontrollabile Piazza San Giovanni in Laterano, magari piena di cattolici ‘di base’ così ‘scorretti’: un brutto ricordo e un presagio ancora peggiore (nel caso in cui la manif si ripeta) per il vescovo-pilota perdente.
C’è dell’altro. A piazza San Pietro si prega. Se lo si fa seriamente, si è assorti nella preghiera. Si è assorti anche visibilmente. Magari si appare con il viso ‘inespressivo’ (proprio perché assorti). Però a Nunzio Galantino questo tipo di ‘inespressività’ piace, non è come quello – da lui valutato con disprezzo a maggio 2014 - di chi recita il Rosario fuori dalle cliniche abortiste italiane…
NELLA LEGGE SULLA SCUOLA UN PASSO DI GRANDE AMBIGUITA'
In questi giorni si sta discutendo in sede governativa e parlamentare anche della legge sulla scuola, approvata la settimana scorsa dal Senato, in cui è stato inserito su proposta di Giovanna Martelli, consigliera di Matteo Renzi in materia di pari opportunità, un emendamento dal testo ambiguo e che rimanda alla strategia anti-discriminazioni (non ambigua in materia di gender) del noto Unar, ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, che graziosamente collabora con le associazioni lgbt. Su tale testo le ministre Giannini e Boschi avevano promesso solennemente ai parlamentari del partito di Alfano, che chiedevano di essere rassicurati – per poter votare ‘sì’ alla legge - sulla sua non pericolosità ideologica, un atto amministrativo, una dichiarazione pubblica sulla necessità che i genitori potessero esercitare seriamente, se del caso, il loro ‘consenso informato’. Ma il Governo – premuto dalla nota lobby - si è rimangiato la parola data e, molto probabilmente, non ci sarà nessuna dichiarazione in tal senso. Vedremo come si comporteranno i cattolici della maggioranza: confermeranno, salvo eccezioni, di essere ‘poltronisti’ e/o ‘à la carte’ oppure per una volta serviranno la verità delle cose più della poltrona? E’ evidente che anche in questo caso il segretario generale della Cei non vuole scontri con il Governo sul gender e certi parlamentari, magari ciellini ed ex-ministri, già l’hanno capito e si sono adeguati. Come Maurizio Lupi sul “Sussidiario”: “Non facciamo confusioni, non agitiamo fantasmi (Ndr: dev’essere una nuova parola d’ordine di chi alza bandiera bianca), partiamo dai fatti e dalle parole scritte, che in tema di leggi fanno testo”. Il guaio è che le parole ‘genere’ e ‘discriminazioni’ sono oggi variamente interpretate. E prevale ormai in Occidente l’interpretazione che ne dà il simbolo della società liquida, un certo Barack Obama. Non è un complimento.
CEI E SAN GIOVANNI: SOPIRE, TRONCARE… TRONCARE, SOPIRE – di GIUSEPPE RUSCONI –www.rossoporpora.org – 1 luglio 2015
Risposta ad Introvigne sulla manifestazione del 20 maggio… e su altro
Caro Introvigne, a proposito di via stretta, anzi strettissima, dovresti sapere che l’approccio sociologico è insufficiente non solo per fare dovuti distinguo, ma anche per capire cosa veramente c’è dietro (e alla base) di certe scelte dei cattolici oggi.
Personalmente ho ritenuto opportuno non schierarmi in merito alla manifestazione del 20 giugno non aderendo, ma nemmeno permettendomi di sconsigliarne la partecipazione. Non aderendo, perché molte (troppe) erano le perplessità che avevo nel merito (perplessità che mi auguravo non prendessero consistenza, cosa che invece è avvenuta); non sconsigliando, perché sapevo bene che la stragrande maggioranza avrebbe partecipato con ottime intenzioni. Quelle ottime intenzioni che alla tua analisi sociologica possono facilmente sfuggire e che tu riduci semplicisticamente dicendo che chi ha partecipato è il cattolico in linea con gli odierni orientamenti pastorali.
Ma dov’è l’errore nel tuo approccio? Ti rispondo elencando quattro punti.
- Ormai tu hai dichiarato guerra al mondo che solitamente viene definito “tradizionalista” (aggettivo su cui si può discutere), ma ti rifiuti di capire che questo mondo, pur con tutti i suoi limiti e facendo i dovuti distinguo, ha storicamente e cattolicamente vinto per un semplice motivo: perché i fatti gli hanno dato ragione. Lasciamo stare la questione del Vaticano II (rottura o ermeneutica della continuità) resta (ed è un fatto) che non solo i dati dell’eclisse della vita cristiana sono quelli che sono, ma i problemi che pone la pastorale contemporanea non sono certo di poco conto. La tua intelligenza non può non capire che non c’è pastorale senza dottrina e che anche coloro che decretano la morte della dottrina o che ritengono che la pastorale possa sganciarsi totalmente da questa, in realtà partono sempre da un dato teorico e teologico, appunto: l’oblio della Dunque, ciò che oggi stiamo patendo è “figlio” di una ben precisa scelta teologica e di un certo orientamento magisteriale (mi riferisco soprattutto al magistero ordinario). Tu forse sei un po’ lontano dalla realtà, ti manca il contatto con il mondo cattolico, quello che s’incontra per le strade e nelle piazze. Prova a parlare con i ragazzi delle leggi omosessualiste che tra un po’ avremo anche in Italia, e ti accorgerai che spesso ad opporvisi sono ragazzi non cresciuti né in parrocchie né in oratori. I ragazzi cresciuti a Nutella e ACR, invece, in molti casi hanno idee tutt’altro che cattoliche e -vedi il caso degli scout- optano per altre scelte.
- Vengo al secondo punto. Tu continui (perché ormai è storia lunga) ad affermare che l’errore di colui che definisci “cattolico fondamentalista” sarebbe quello di “cristallizzare” la Tradizione, anzi –dici- di “ipostatizzarla”. Mi fa meraviglia, ma lo dovresti sapere bene: per un cattolico la Tradizione è proprio un’ipostasi. E’ chi non è cattolico che la può ritenere non tale. Nel linguaggio filosofico “ipostasi” significa ciò che “sta fermo” al di là del divenire. La Tradizione è la Verità; e la Verità è la natura costitutiva di Dio: nulla di più immutabile, nulla di più assoluto.
- Ma veniamo più specificamente in merito al riferimento del tuo intervento: la partecipazione alla manifestazione del 20 giugno. Anche in questo caso l’uso esclusivo del metodo sociologico ti fa dimenticare che per un cattolico la questione dell’omosessualismo non può essere totalmente sganciata dalla diffusione (sociologicamente rilevante) del peccato di omosessualità. Se tu confondi il ricordare che la pratica omosessuale sia contro-natura con l’essere contro le persone omosessuali, allora lo stesso Catechismo (anche quello di San Giovanni Paolo II e non solo di San Pio X) è contro le persone omosessuali … e certamente non ti sentiresti di affermare una cosa del genere.
- Il quarto punto è quello più grave. Con il dovuto rispetto, è un errore da “matita blu”. Sono d’accordo con la definizione che tu dai di “cattolico clericale”, sono d’accordo anche con quella di “laicismo”, ma non sono per nulla d’accordo su come definisci il “cattolico tradizionalista”. Tu dici che fondamentalmente questo tipo di cattolico tende a rinnegare il valore della ragione e quindi la giusta autonomia del naturale dal So bene che tu sei cresciuto con persone che ti hanno parlato continuamente di Regalità Sociale di Cristo. E cos’è questaRegalità se non l’unico vero antidoto tanto alla deriva teocratica di immanentismo fideista (sul modello islamico per intenderci) quanto di quellaliberale e totalitaria in cui le strutture politiche diventano realtà totalmente ontonome e auto-giudicantesi?
Concludo permettendomi di dire che il problema tuo e di certi ambienti a te vicini è l’aver abbandonato questa prospettiva. Avete dimenticato nei fatti che anche la soluzione liberale è una forma totalitaria, che non può esserci una fondazione assiologica alternativa a qualsiasi deriva di positivismo giuridico senza un fondamento metafisico. Ed è per questo che quando si agisce a livello politico (con azioni politiche dirette o con azioni civico-culturali, come può essere una manifestazione come quella del 20 giugno) non si può cattolicamente dimenticare questa prospettiva. Ed è anche per questo che mi riconosco nel Cattolicesimo della Tradizione (espressione che ritengo più precisa e meno ambigua di “cattolicesimo tradizionalista”), perché è l’unico cattolicesimo che assume una posizione intelligente nei confronti della storia: né estraniandosi da essa né diventandone cortigiana.
Lo so molto bene che un conto è il “male minore” altro il “bene possibile” e che molti fondano la propria azione “politica” su quest’ultimo principio. Non sto qui a sindacare perché alle volte il discrimine può essere molto labile. C’è un fatto, però, che un conto è fare una valutazione di questo tipo, altro, come fai tu, teorizzare una posizione che ha ormai dimenticato il principio perenne della Regalità Sociale di Cristo.
Caro Introvigne, a proposito di via stretta, anzi strettissima, dovresti sapere che l’approccio sociologico è insufficiente non solo per fare dovuti distinguo, ma anche per capire cosa veramente c’è dietro (e alla base) di certe scelte dei cattolici oggi.
Personalmente ho ritenuto opportuno non schierarmi in merito alla manifestazione del 20 giugno non aderendo, ma nemmeno permettendomi di sconsigliarne la partecipazione. Non aderendo, perché molte (troppe) erano le perplessità che avevo nel merito (perplessità che mi auguravo non prendessero consistenza, cosa che invece è avvenuta); non sconsigliando, perché sapevo bene che la stragrande maggioranza avrebbe partecipato con ottime intenzioni. Quelle ottime intenzioni che alla tua analisi sociologica possono facilmente sfuggire e che tu riduci semplicisticamente dicendo che chi ha partecipato è il cattolico in linea con gli odierni orientamenti pastorali.
Ma dov’è l’errore nel tuo approccio? Ti rispondo elencando quattro punti.
- Ormai tu hai dichiarato guerra al mondo che solitamente viene definito “tradizionalista” (aggettivo su cui si può discutere), ma ti rifiuti di capire che questo mondo, pur con tutti i suoi limiti e facendo i dovuti distinguo, ha storicamente e cattolicamente vinto per un semplice motivo: perché i fatti gli hanno dato ragione. Lasciamo stare la questione del Vaticano II (rottura o ermeneutica della continuità) resta (ed è un fatto) che non solo i dati dell’eclisse della vita cristiana sono quelli che sono, ma i problemi che pone la pastorale contemporanea non sono certo di poco conto. La tua intelligenza non può non capire che non c’è pastorale senza dottrina e che anche coloro che decretano la morte della dottrina o che ritengono che la pastorale possa sganciarsi totalmente da questa, in realtà partono sempre da un dato teorico e teologico, appunto: l’oblio della Dunque, ciò che oggi stiamo patendo è “figlio” di una ben precisa scelta teologica e di un certo orientamento magisteriale (mi riferisco soprattutto al magistero ordinario). Tu forse sei un po’ lontano dalla realtà, ti manca il contatto con il mondo cattolico, quello che s’incontra per le strade e nelle piazze. Prova a parlare con i ragazzi delle leggi omosessualiste che tra un po’ avremo anche in Italia, e ti accorgerai che spesso ad opporvisi sono ragazzi non cresciuti né in parrocchie né in oratori. I ragazzi cresciuti a Nutella e ACR, invece, in molti casi hanno idee tutt’altro che cattoliche e -vedi il caso degli scout- optano per altre scelte.
- Vengo al secondo punto. Tu continui (perché ormai è storia lunga) ad affermare che l’errore di colui che definisci “cattolico fondamentalista” sarebbe quello di “cristallizzare” la Tradizione, anzi –dici- di “ipostatizzarla”. Mi fa meraviglia, ma lo dovresti sapere bene: per un cattolico la Tradizione è proprio un’ipostasi. E’ chi non è cattolico che la può ritenere non tale. Nel linguaggio filosofico “ipostasi” significa ciò che “sta fermo” al di là del divenire. La Tradizione è la Verità; e la Verità è la natura costitutiva di Dio: nulla di più immutabile, nulla di più assoluto.
- Ma veniamo più specificamente in merito al riferimento del tuo intervento: la partecipazione alla manifestazione del 20 giugno. Anche in questo caso l’uso esclusivo del metodo sociologico ti fa dimenticare che per un cattolico la questione dell’omosessualismo non può essere totalmente sganciata dalla diffusione (sociologicamente rilevante) del peccato di omosessualità. Se tu confondi il ricordare che la pratica omosessuale sia contro-natura con l’essere contro le persone omosessuali, allora lo stesso Catechismo (anche quello di San Giovanni Paolo II e non solo di San Pio X) è contro le persone omosessuali … e certamente non ti sentiresti di affermare una cosa del genere.
- Il quarto punto è quello più grave. Con il dovuto rispetto, è un errore da “matita blu”. Sono d’accordo con la definizione che tu dai di “cattolico clericale”, sono d’accordo anche con quella di “laicismo”, ma non sono per nulla d’accordo su come definisci il “cattolico tradizionalista”. Tu dici che fondamentalmente questo tipo di cattolico tende a rinnegare il valore della ragione e quindi la giusta autonomia del naturale dal So bene che tu sei cresciuto con persone che ti hanno parlato continuamente di Regalità Sociale di Cristo. E cos’è questaRegalità se non l’unico vero antidoto tanto alla deriva teocratica di immanentismo fideista (sul modello islamico per intenderci) quanto di quellaliberale e totalitaria in cui le strutture politiche diventano realtà totalmente ontonome e auto-giudicantesi?
Concludo permettendomi di dire che il problema tuo e di certi ambienti a te vicini è l’aver abbandonato questa prospettiva. Avete dimenticato nei fatti che anche la soluzione liberale è una forma totalitaria, che non può esserci una fondazione assiologica alternativa a qualsiasi deriva di positivismo giuridico senza un fondamento metafisico. Ed è per questo che quando si agisce a livello politico (con azioni politiche dirette o con azioni civico-culturali, come può essere una manifestazione come quella del 20 giugno) non si può cattolicamente dimenticare questa prospettiva. Ed è anche per questo che mi riconosco nel Cattolicesimo della Tradizione (espressione che ritengo più precisa e meno ambigua di “cattolicesimo tradizionalista”), perché è l’unico cattolicesimo che assume una posizione intelligente nei confronti della storia: né estraniandosi da essa né diventandone cortigiana.
Lo so molto bene che un conto è il “male minore” altro il “bene possibile” e che molti fondano la propria azione “politica” su quest’ultimo principio. Non sto qui a sindacare perché alle volte il discrimine può essere molto labile. C’è un fatto, però, che un conto è fare una valutazione di questo tipo, altro, come fai tu, teorizzare una posizione che ha ormai dimenticato il principio perenne della Regalità Sociale di Cristo.
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