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martedì 28 luglio 2015

Uno "stimato religioso"

Chi è davvero padre Dall’Oglio

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Domani saranno passati esattamente due anni da quando padre Paolo Dall’Oglio è stato rapito in Siria, a Raqqa, oggi “capitale” dello Stato Islamico. Due giorni fa Papa Francesco ha voluto ricordare il gesuita italiano, lanciando un «accorato e pressante appello» alle «autorità locali e internazionali», «affinché venga presto restituita la libertà» a «questo stimato religioso».
Per meglio comprendere le circostanze che hanno portato al suo rapimento, forse non è male sapere chi è davvero padre Dall’Oglio. Ex militante di sinistra e fondatore della comunità monastica Deir Mar Musa in Siria, il sacerdote gesuita sogna da tempo la nascita di una «Chiesa islamo-cristiana», ispirata a quella che lui ha definito una «teologia dell’apertura, dichiaratamente inclusiva» in cui si possa cogliere «il valore teologico della profezia di Maometto dal punto di vista cristiano» (sic!).
In quest’ottica, padre Dall’Oglio ha scritto un saggio intitolato Innamorato dell’islam, credente in Gesù (Jaca Book)in cui motiva la sua aspirazione al sincretismo, nel tentativo di conciliare Vangelo e Corano; e ha più volte ospitato all’interno del monastero da lui fondato, come ricorda oggi Domenico Quirico su La Stampamomenti liturgici interreligiosi in cui pregavano insieme cristiani e musulmani.
All’esplodere della cosiddetta primavera araba in Siria nel 2011, il gesuita ha preso da subito le parti dei ribelli anti-Assad, predicando l’urgenza di sostituire il regime con un’architettura istituzionale democratica, basata sul consenso delle varie sensibilità religiose siriane. Per queste sue posizioni politiche, Dall’Oglio è stato espulso da Assad e costretto a lasciare la Siria nel 2012. L’anno seguente è però rientrato illegalmente in Siria, nella parte nord gestita dai ribelli; qui ha avviato trattative dirette anche con al-Qaeda, al fine di ottenere la liberazione di alcuni ostaggi. Convinto sostenitore dell’idea di dover dialogare e mediare anche con le frange più radicali del fondamentalismo islamico, il religioso italiano si trovava a Raqqa il 29 luglio 2013, impegnato a cercare un compromesso tra gruppi curdi e jihadisti arabi, quando è stato rapito verosimilmente proprio damiliziani vicini ad al-Qaeda.
Ora, al di là della sua dottrina scivolosa dal punto di vista teologico (tentare di conciliare cristianesimo e islam in un’unica fede sembra un’impresa ai limiti dell’ortodossia), questo «stimato religioso», come lo definisce Papa Francesco, ha indubbiamente adottato un metodo di azione che, se non da ingenuo o irresponsabile, è sicuramente avventato. Alla stregua di Greta e Vanessa, ha creduto nella bontà della causa dei ribelli e ha finito per diventarne vittima; ha parlato e operato palesemente per sostenere le ragioni delle frange anti-Assad e dato credito all’idea di jihad come strumento di liberazione dall’oppressione, e se ne è trovato a sua volta oppresso. Forse il suo compito di gesuita, di sacerdote di frontiera avrebbe dovuto essere un altro: difendere le comunità di cristiani minacciate dall’avanzare dell’intolleranza islamica, anziché appoggiare le rivendicazioni delle fazioni musulmane ribelli. Sarebbe stato più coerente con quel Gesù, in cui lui dice di credere, e con il suo ruolo di “portavoce” della Chiesa in quella terra martoriata.
Ma tant’è, così non è stato. Ora, sia chiaro, anche noi ci uniamo alla preghiera e all’appello del Papa affinché padre Dall’Oglio torni al più presto, e sano e salvo, in Italia: la sua vita resta più importante di qualsiasi altro discorso fatto sopra. Ma ci permettiamo di dare due suggerimenti: in primo luogo, si eviti di pagare per lui un riscatto, come già accaduto verosimilmente con Greta e Vanessa, perché ciò significherebbe foraggiare ulteriormente le casse già pingui del Califfato e dei suoi sostenitori. In seconda istanza, la sua vicenda sia da esempio per qualsiasi altro prete di frontiera o missionario: bisogna essere accorti prima di scegliere la causa per cui battersi, perché, oltre a poter deviare dalla missione per cui si è stati consacrati, si rischia di scoprire che quelli che credevamo amici erano in realtà feroci aguzzini.

«Liberate padre Dall'Oglio e i rapiti in Siria»
Nel corso dell'Angelus di domenica in Piazza San Pietro Papa Francesco ha rivolto "un accorato e pressante appello per la liberazione" di padre Paolo Dall`Oglio, uno "stimato religioso" del quale "tra qualche giorno ricorrerà il secondo anniversario da quando, in Siria, è stato rapito".

"Non posso dimenticare - ha proseguito il Papa - anche i vescovi ortodossi rapiti in Siria e tutte le altre persone che, nelle zone di conflitto, sono state sequestrate. Auspico il rinnovato impegno delle competenti autorità locali e internazionali, affinché a questi nostri fratelli venga presto restituita la libertà. Con affetto e partecipazione alle loro sofferenze, vogliamo ricordarli nella preghiera", ha concluso Francesco.

La famiglia Dall'Oglio attraverso la Radio Vaticana oggi ha espresso la propria gratitudine a Papa Francesco. "A nome della nostra famiglia desidero esprimere tutta la nostra gratitudine al Papa per l`appello che ha rivolto ieri all`Angelus per la liberazione di nostro fratello Paolo, a due anni dal suo rapimento in Siria. Vorrei sottolineare che è stato per noi fonte di grande consolazione e nello stesso tempo di emozione e di
speranza", afferma Francesca Dall`Oglio. "La nostra famiglia è vicina alla sofferenza dei familiari di tutti gli altri sequestrati in Siria e non solo".

Papa Francesco: liberare padre Dall'Oglio

Il Papa ha rivolto "un accorato e pressante appello" per la liberazione di padre Paolo Dall'Oglio, il gesuita rapito due anni fa in Siria, come pure dei vescovi ortodossi e delle altre persone "che, nelle zone di conflitto, sono state sequestrate"


Il Papa ha rivolto "un accorato e pressante appello" per la liberazione di padre Paolo Dall'Oglio, il gesuita rapito due anni fa in Siria, come pure dei vescovi ortodossi e delle altre persone "che, nelle zone di conflitto, sono state sequestrate". Per questo Francesco auspica "il rinnovato impegno delle autorità locali e internazionali". Il pontefice lo ha ricordato dopo l'Angelus.
Padre Paolo Dall'Oglio, è stato rapito il 27 luglio 2013 nei pressi di Raqqa nella Siria settentrionale. Sarebbe prigioniero delle milizie jihadiste. Per trent'anni e fino alla sua espulsione nell'estate del 2012, Dall'Oglio ha vissuto e lavorato nel suo Paese d'adozione in nome del dialogo islamo-cristiano.

Attualmente sono cinque gli italiani sequestrati nel mondo. Oltre al gesuita, ci sono anche i 4 dipendenti della società di costruzioni Bonatti rapiti in Libia. L'ultimo italiano a essere liberato, il 9 giugno scorso, è stato Ignazio Scaravilli, medico catanese sequestrato in Libia a gennaio da un gruppo di criminali comuni e jihadisti legato alla galassia radicale di Ansar-al-Sharia. Prima di lui, il 15 gennaio 2015, erano state liberate le due giovanissime cooperanti Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, scomparse in Siria il 31 luglio del 2014. Giovanni Lo Porto, invece, il cooperante italiano scomparso nel 2012, è stato ucciso lo scorso gennaio da un drone Usa durante un raid contro al-Qaeda tra Pakistan e Afghanistan.

Papa Francesco "liberate padre Paolo Dall'Oglio"

L'appello del pontefice all'Angelus di ieri e le iniziative italiane per non dimenticare il religioso rapito in Siria



All'Angelus di ieri il Papa ha rivolto "un accorato e pressante appello" per la liberazione di padre Paolo Dall'Oglio, il gesuita rapito due anni fa in Siria. Accanto a lui Francesco ha voluto mettere anche i vescovi ortodossi, in questo suo costante tessere la tela dell'ecumenismo attraverso “il sangue dei martiri”. Per questo Francesco auspica "il rinnovato impegno delle autorità locali e internazionali". Un appello che fa dire che in Vaticano nessuno crede (o vuole credere) che il gesuita italiano sia morto.

Questa opinione è anche quella del giornalista di Gr Rai, vaticanista ed esperto di Medio Oriente oltre che amico personale di padre Paolo Dall'Oglio, Riccardo Cristiano che – assieme ad altri 9 giornalisti – ha voluto dare vita ad una associazione intitolata proprio al religioso da due anni nelle mani dei jihadisti, “Giornalisti amici di padre Dall'Oglio”.

Chi siete e come nasce questa iniziativa? 
Riccardo Cristiano: I soci fondatori sono 10, tutti amici di Paolo con cui ci siamo tenuti in contatto dopo il sequestro. L'idea era che fosse necessario fare qualcosa. Per noi è molto importante che ci siano, in questa iniziativa, anche i tre colleghi della rivista Popoli, pubblicazione per la quale Paolo scriveva.

Quali le finalità?
Cristiano: La finalità è il ricordo e l'attualizzazione delle opere e dei discorsi di Paolo Dall'Oglio, perché ci sono delle intuizioni sulle quali riflettere e mettere in opera. Molte cose che sono successe in Siria sono state comprese da Paolo assai prima che accadessero, in primis  sulla questione dei profughi siriani e dell'enorme pressione che questa crisi umanitaria avrebbe prodotto in Medio Oriente e sull'Europa. Hanno sequestrato un uomo, non possono sequestrare il suo pensiero

Che ne pensi dell'appello del Papa?
Cristiano: C'è un filo di speranza. La frase “uno stimato religioso” è una espressione bellissima “mi appello alle autorità locali e internazionali” poi è molto interessante come discorso, esiste un qualche canale che può fare qualcosa? Serve per capire se è ancora vivo? La diplomazia vaticana è al lavoro? Parrebbe di sì. Speriamo...

Prossime tappe?
Cristiano: Prossimamente proveremo a pubblicare gli atti di un convegno svoltosi a Marzo, e poi cercare di recuperare il materiale in arabo che Paolo produceva per una sua trasmissione su Orient TV. Presto saremo a Milano dove presenteremo l'associazione e dove un altro pezzo di realtà ecclesiali e culturali si potranno unire. A Roma Sant'Egidio, Civiltà Cattolica e Città Nuova a Milano coinvolgeremo Aggiornamenti Sociali e gli amici di Popoli, poi si vedrà...

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