L'Osservatore Romano
(Card. Loris Francesco Capovilla) All’ingresso di Ca’ Maitino, una lapide ricorda un fatto importante per la storia della Chiesa, in modo particolare dell’azione di Angelo Giuseppe Roncalli^, cioè l’incontro avvenuto, in questa dimora, tra lui e l’arcivescovo Montini. Sono esattamente sessant’anni dalla mia riflessione su quella testimonianza data con semplicità e grande speranza: «Presago colloquio sui destini della Chiesa». La significazione di quel ricordo sta tutta nel fatto di una forte, fraterna e prolungata amicizia dei due metropoliti di Venezia e Milano.
Quello che disse allora il cardinale Roncalli più volte, a me e ad altri suoi collaboratori, suscita l’impressione di un qualche cosa che preveniva gli eventi. Quale il significato di quel presagio? Si trattava di un colloquio di cui gustai l’eco nel racconto del Patriarca.
Indubbiamente quel presagio ha avuto attuazione lenta e decisa che potrebbe compendiarsi così: elezione dei due personaggi al papato, annuncio del concilio Vaticano II, aggiornamento delle strutture portanti della Chiesa. Nessuna discussione sulle verità rivelate, sulla sacra tradizione, sulle consolidate disposizioni pastorali ma l’ansia di tradurre il tutto in un servizio più profondo e aggiornato della Chiesa, della cristianità e dell’umanità intera. Oggi parlano quegli eventi e noi rimaniamo stupiti innanzi alle tante buone volontà corrispondenti alle esigenze dei tempi che corrono. Esse rendono servizio al messaggio cristiano e all’intera famiglia umana.
Da allora a oggi abbiamo fatto insieme un buon cammino. Abbiamo approfondito l’arte del colloquio col mondo intero e, a sua volta, il mondo intero guarda con simpatia a Roma. Pertanto, dinnanzi a qualsiasi difficoltà, viene spontaneo il richiamo al divino poeta: «Avete il novo e ’l vecchio Testamento, / e ’l pastor de la Chiesa che vi guida; / questo vi basti a vostro salvamento» (Dante Alighieri, Paradiso, canto V).
In ciascuno di noi è cresciuto il rispetto per la persona umana, la comprensione di diverse scelte religiose e sociali, l’impegno di darsi la mano l’un l’altro in un cammino che è iniziato: Tantum aurora est.
La ricchezza del rapporto tra Angelo Giuseppe Roncalli/Giovanni XXIII e Giovanni Battista Montini è ben documentata dal loro epistolario e dalle tracce sparse in varie annotazioni circa i loro incontri che risalgono agli anni Venti. Ci troviamo quanto basta a testimonianza di un’amicizia discreta, a conferma di una fede granitica e di un forte amore per la Chiesa, nonché di un servizio ecclesiale dove le ragioni pastorali e religiose hanno sempre prevalso dentro ogni impegno: anche diplomatico, politico, culturale.
Fra i tanti incontri che costellano le vite dei due futuri Pontefici debitori della ricca tradizione cristiana lombarda che, soprattutto dall’epoca borromaica a quella di Andrea Carlo Ferrari, Ildefonso Schuster e Achille Ratti, ha permeato in profondità coscienze individuali e comunità, clero e laicato, percorsi e istituzioni, spicca quello a Sotto il Monte nella festa dell’Assunta di sessant’anni fa, 15 agosto 1955, in un periodo in cui, dopo aver condiviso il servizio alla Santa Sede come diplomatici — Roncalli prima in Bulgaria, poi in Turchia e Grecia, quindi in Francia, Montini, di fatto sempre in Segreteria di Stato — i due si potevano dedicare pienamente al ministero pastorale. Alla svolta di Roncalli trasferito da Parigi a Venezia, era infatti seguita quella di Montini mandato a Milano. È questo il periodo in cui fra i due ecclesiastici — già forti — crescono la stima, la sintonia, la convergenza su una precisa idea di Chiesa intesa innanzitutto al servizio, all’ascolto, al dialogo con un mondo in trasformazione.
Non a caso sin dalla prima lettera che registra il nuovo destino di Montini, Roncalli, da Venezia il 12 dicembre 1954, nel ricordo del «bel cielo Lombardo», che aveva sorriso ai due all’inizio della vita, e della «lunga consuetudine di fraterni rapporti» che aveva vivificato il loro «comune servizio della Santa Sede», gli scrisse: «Compiremo insieme il sacramentum voluntatis Christi di S. Paolo. Esso impone l’adorazione della Croce: ma ci riserba, accanto ad essa, una sorgente di ineffabili consolazioni anche per quaggiù, finché ci durerà la vita e il mandato pastorale».
Ma arriviamo all’Assunta del 1955, che, dopo il mancato incontro a Venezia per la festa dell’Ascensione (alla quale Montini non riuscì a partecipare come invece avrebbe desiderato soprattutto per «os ad os alloqui di tante cose, le nostre cose di Pastori responsabili!»), vede quest’opportunità a Sotto il Monte.
È un momento in cui anche la corrispondenza testimonia un salto di registro nel rapporto Roncalli-Montini, sempre più chiaro nel successivo intrecciarsi di pensieri e di sentimenti, nel segno sì della stessa fraternità episcopale (e forse con Roncalli nei panni di un fratello maggiore) ma soprattutto delle stesse preoccupazioni pastorali, in una comune weltanschauung, dove — pur affrontati con sensibilità e formazione culturale diversa — sono nuovi approcci nei modi di concepire l’azione pastorale, il dialogo con i lontani, il confronto con la tradizione e la modernità, a costruire il ponte fra Milano e Venezia in un periodo segnato da trasformazioni nei comportamenti dei credenti. Ecco allora questo singolare appuntamento, svoltosi nel pomeriggio del 15 agosto a Ca’ Maitino di Sotto il Monte, residenza estiva del Patriarca Roncalli. Un giorno storico, preparato da un paio di lettere, un invito e una risposta immediata, che qui vogliamo ricordare. «Eccellenza rev.ma e car.ma — scrive Roncalli da Sotto il Monte il 12 agosto 1955 — Da qualche giorno son qui in campagna nel mio paesello nativo a soli 35 kilometri da Milano di cui scorgo i contorni del Duomo. Mi godo una solitudine laboriosa e deliziosa, bel posto alle falde di una collina: casa non indegna né di arciv. di Milano né di un patriarca di Venezia. Di qui volevo venirmene a Milano a salutarla e stabilire un contatto... pastorale, a prender motivo di buona attività su tante cose. Ma chi può cogliere i voli del nuovo arciv. di Milano giorno per giorno? L’altro ieri mgr. Corbella mi informò sottovoce che S.E. mgr. arcivescovo dopo il 15 corr. conta di cascare a Ponte di Legno, a lui famigliare, un po’ di riposo. E allora mi perdoni l’audacia, cara Eccellenza. Ella potrebbe da Milano, in poco più di un’ora venire fin qua — strada Milano-Concorezzo-Vimercate-Bernareggio-Paderno d’Adda-Calusco-Carvico-Sotto il Monte — accettare — V.E. e i suoi compagni di comitiva — una modesta colazione, poi io l’accompagno a Clusone e di là ella procede per Lovere a Ponte di Legno. Io mi fermerei per un giorno o due al Seminario di Clusone. Le mie vacanze accennano a terminare: non potendo disporre di altri giorni oltre il 24 corr. abbia la bontà di farmi tenere un cenno. Il nostro incontro penso debba riuscire per ambedue motivo di consolazione e di sollievo. Aff.mo e dev.mo † Angelo Gius. card. Roncalli patriarca di Venezia».
Ed ecco la risposta dell’arcivescovo Giovanni Battista Montini, datata Milano 12 Agosto 1955: «Eminenza Reverendissima, et si licet, Carissima, Stavo appunto concertando il piano d’una visita a Sotto il Monte, quando sopraggiunge il messo che appunto me lo offre, e me ne indica la strada. E così sia, ma con una modifica; e cioè con la rinuncia alla Patriarcale colazione, che a tanto, se pur persuade l’estrema bontà dell’invito, non basta il tempo. Penserei di farLe una visitina nel pomeriggio dell’Assunta, poniamo verso le 16.30, per proseguire poi subito, non già per Pontedilegno, dove troppa brava gente cospirerebbe a convertire le mie ore di vacanza in una corvée di visite e di impegnucci, sì bene verso la nativa Val Trompia, in solitudine camaldolese. Incontrare Vostra Eminenza, ossequiarla, delibare alcune delle Sue succose sentenze, e soprattutto avere da Lei qualche confortatrice ricetta ad uso pastorale, mi sarà gaudio non piccolo, preludio utilissimo a quei ripensamenti, che la breve e desiderata distensione, in silenzio e in solitudine, mi ripromette. Né potrei prima. Ancora una lista di impegni mi chiama di qua e di là; il Duomo mi tiene per la letizia dell’Assunta; S.Ecc. Mons. Dell’Acqua ha già appuntamento al mio desco meridiano, quel giorno. Dopo, allora; se a Vostra Eminenza piace. E già piace a chi pregusta l’onore di dirsi a voce, come ora per calamo, velociter scribentis, Suo devotissimo in † G.B. Montini».
Dunque, quell’incontro tanto desiderato avvenne. Ne restano schegge delle conversazioni. Ne abbiamo riferimenti nelle fonti documentali che qui a seguire si raccolgono come foglie sparse. Eccoli: «15 agosto 1955. Nel pomeriggio ebbi la cara visita di S.E. mgr. Montini arciv. di Milano. Mi fece tanto, tanto piacere. Si felicitò del bel posto, qui in faccia alla sua diocesi, e nelle ore più serene, al Duomo: ragionammo di cose gravi e interessanti: inizio di un dialogo più lungo che continuerà». E ancora, lo stesso giorno: «Nel pomeriggio parte per l’eremo di Camaldoli di Gussago (Brescia) per trascorrere un periodo di riposo, fino al giorno 21, ospite di S.E. mons. Menna. Compie una sosta a Sotto il Monte (Bergamo) dove incontra S.Em. il card. Angelo Giuseppe Roncalli, patriarca di Venezia. Si ferma anche a Brescia, dove incontra p. Bevilacqua». Il 19 agosto 1955 il cardinale Roncalli mi scrive la seguente lettera: «Nel pomeriggio dell’Assunta ebbi la grande soddisfazione della visita personale dell’Arcivescovo di Milano, mons. Montini qui a Camaitino. Non potendomi prima intendere per un incontro a Milano, io gli accennavo ad una distrazione che avrebbe potuto prendersi venendo qui a colazione il martedì di S. Rocco. Mi rispose subito che egli voleva farmi invece una visita nel pomeriggio stesso dell’Assunta dopo le funzioni Pontificali. E venne infatti col solo suo Secretario: stette più di un’ora a godersi la casa, il panorama, ed a far godere anche a me una conversazione con delle eccellenti idee datemi e trasmessegli di cui ragioneremo poi. Partì contentissimo proseguendo per un Camaldoli diocesi di Brescia per riposarsi un poco con mons. Menna, il vescovo già di Mantova ivi quiescente. Come le dico. Era felicissimo e…lo fui anch’io».
Un altro appunto, scritto il 21 agosto 1955 a Imbersago (Lecco): «S. Messa alla Madonna del Bosco in ricordo della Incoronazione del 29 agosto 1954 nella festa del Cuore Immacolato di Maria (…). Mie parole al Vangelo (…). Parole incoraggianti[,] un pensiero al Card. Schuster e all’arcivescovo mgr. Montini»
Il 24 agosto 1955 il cardinale Roncalli scrive a monsignor Girolamo Bortignon,* vescovo di Padova e segretario della Conferenza Episcopale Triveneta, un lettera in cui riferisce tra l’altro: «Nel pomeriggio dell’Assunta ebbi l’onore ed il piacere di una visita di S.E. Montini. Sarà bene, parmi, che il dialogo prosegua, poiché ci sono punti di vista gravi che interessa assai di vedere e di approfondire insieme».
L'Osservatore Romano, 12 agosto 2015.
Quello che disse allora il cardinale Roncalli più volte, a me e ad altri suoi collaboratori, suscita l’impressione di un qualche cosa che preveniva gli eventi. Quale il significato di quel presagio? Si trattava di un colloquio di cui gustai l’eco nel racconto del Patriarca.
Indubbiamente quel presagio ha avuto attuazione lenta e decisa che potrebbe compendiarsi così: elezione dei due personaggi al papato, annuncio del concilio Vaticano II, aggiornamento delle strutture portanti della Chiesa. Nessuna discussione sulle verità rivelate, sulla sacra tradizione, sulle consolidate disposizioni pastorali ma l’ansia di tradurre il tutto in un servizio più profondo e aggiornato della Chiesa, della cristianità e dell’umanità intera. Oggi parlano quegli eventi e noi rimaniamo stupiti innanzi alle tante buone volontà corrispondenti alle esigenze dei tempi che corrono. Esse rendono servizio al messaggio cristiano e all’intera famiglia umana.
Da allora a oggi abbiamo fatto insieme un buon cammino. Abbiamo approfondito l’arte del colloquio col mondo intero e, a sua volta, il mondo intero guarda con simpatia a Roma. Pertanto, dinnanzi a qualsiasi difficoltà, viene spontaneo il richiamo al divino poeta: «Avete il novo e ’l vecchio Testamento, / e ’l pastor de la Chiesa che vi guida; / questo vi basti a vostro salvamento» (Dante Alighieri, Paradiso, canto V).
In ciascuno di noi è cresciuto il rispetto per la persona umana, la comprensione di diverse scelte religiose e sociali, l’impegno di darsi la mano l’un l’altro in un cammino che è iniziato: Tantum aurora est.
La ricchezza del rapporto tra Angelo Giuseppe Roncalli/Giovanni XXIII e Giovanni Battista Montini è ben documentata dal loro epistolario e dalle tracce sparse in varie annotazioni circa i loro incontri che risalgono agli anni Venti. Ci troviamo quanto basta a testimonianza di un’amicizia discreta, a conferma di una fede granitica e di un forte amore per la Chiesa, nonché di un servizio ecclesiale dove le ragioni pastorali e religiose hanno sempre prevalso dentro ogni impegno: anche diplomatico, politico, culturale.
Fra i tanti incontri che costellano le vite dei due futuri Pontefici debitori della ricca tradizione cristiana lombarda che, soprattutto dall’epoca borromaica a quella di Andrea Carlo Ferrari, Ildefonso Schuster e Achille Ratti, ha permeato in profondità coscienze individuali e comunità, clero e laicato, percorsi e istituzioni, spicca quello a Sotto il Monte nella festa dell’Assunta di sessant’anni fa, 15 agosto 1955, in un periodo in cui, dopo aver condiviso il servizio alla Santa Sede come diplomatici — Roncalli prima in Bulgaria, poi in Turchia e Grecia, quindi in Francia, Montini, di fatto sempre in Segreteria di Stato — i due si potevano dedicare pienamente al ministero pastorale. Alla svolta di Roncalli trasferito da Parigi a Venezia, era infatti seguita quella di Montini mandato a Milano. È questo il periodo in cui fra i due ecclesiastici — già forti — crescono la stima, la sintonia, la convergenza su una precisa idea di Chiesa intesa innanzitutto al servizio, all’ascolto, al dialogo con un mondo in trasformazione.
Non a caso sin dalla prima lettera che registra il nuovo destino di Montini, Roncalli, da Venezia il 12 dicembre 1954, nel ricordo del «bel cielo Lombardo», che aveva sorriso ai due all’inizio della vita, e della «lunga consuetudine di fraterni rapporti» che aveva vivificato il loro «comune servizio della Santa Sede», gli scrisse: «Compiremo insieme il sacramentum voluntatis Christi di S. Paolo. Esso impone l’adorazione della Croce: ma ci riserba, accanto ad essa, una sorgente di ineffabili consolazioni anche per quaggiù, finché ci durerà la vita e il mandato pastorale».
Ma arriviamo all’Assunta del 1955, che, dopo il mancato incontro a Venezia per la festa dell’Ascensione (alla quale Montini non riuscì a partecipare come invece avrebbe desiderato soprattutto per «os ad os alloqui di tante cose, le nostre cose di Pastori responsabili!»), vede quest’opportunità a Sotto il Monte.
È un momento in cui anche la corrispondenza testimonia un salto di registro nel rapporto Roncalli-Montini, sempre più chiaro nel successivo intrecciarsi di pensieri e di sentimenti, nel segno sì della stessa fraternità episcopale (e forse con Roncalli nei panni di un fratello maggiore) ma soprattutto delle stesse preoccupazioni pastorali, in una comune weltanschauung, dove — pur affrontati con sensibilità e formazione culturale diversa — sono nuovi approcci nei modi di concepire l’azione pastorale, il dialogo con i lontani, il confronto con la tradizione e la modernità, a costruire il ponte fra Milano e Venezia in un periodo segnato da trasformazioni nei comportamenti dei credenti. Ecco allora questo singolare appuntamento, svoltosi nel pomeriggio del 15 agosto a Ca’ Maitino di Sotto il Monte, residenza estiva del Patriarca Roncalli. Un giorno storico, preparato da un paio di lettere, un invito e una risposta immediata, che qui vogliamo ricordare. «Eccellenza rev.ma e car.ma — scrive Roncalli da Sotto il Monte il 12 agosto 1955 — Da qualche giorno son qui in campagna nel mio paesello nativo a soli 35 kilometri da Milano di cui scorgo i contorni del Duomo. Mi godo una solitudine laboriosa e deliziosa, bel posto alle falde di una collina: casa non indegna né di arciv. di Milano né di un patriarca di Venezia. Di qui volevo venirmene a Milano a salutarla e stabilire un contatto... pastorale, a prender motivo di buona attività su tante cose. Ma chi può cogliere i voli del nuovo arciv. di Milano giorno per giorno? L’altro ieri mgr. Corbella mi informò sottovoce che S.E. mgr. arcivescovo dopo il 15 corr. conta di cascare a Ponte di Legno, a lui famigliare, un po’ di riposo. E allora mi perdoni l’audacia, cara Eccellenza. Ella potrebbe da Milano, in poco più di un’ora venire fin qua — strada Milano-Concorezzo-Vimercate-Bernareggio-Paderno d’Adda-Calusco-Carvico-Sotto il Monte — accettare — V.E. e i suoi compagni di comitiva — una modesta colazione, poi io l’accompagno a Clusone e di là ella procede per Lovere a Ponte di Legno. Io mi fermerei per un giorno o due al Seminario di Clusone. Le mie vacanze accennano a terminare: non potendo disporre di altri giorni oltre il 24 corr. abbia la bontà di farmi tenere un cenno. Il nostro incontro penso debba riuscire per ambedue motivo di consolazione e di sollievo. Aff.mo e dev.mo † Angelo Gius. card. Roncalli patriarca di Venezia».
Ed ecco la risposta dell’arcivescovo Giovanni Battista Montini, datata Milano 12 Agosto 1955: «Eminenza Reverendissima, et si licet, Carissima, Stavo appunto concertando il piano d’una visita a Sotto il Monte, quando sopraggiunge il messo che appunto me lo offre, e me ne indica la strada. E così sia, ma con una modifica; e cioè con la rinuncia alla Patriarcale colazione, che a tanto, se pur persuade l’estrema bontà dell’invito, non basta il tempo. Penserei di farLe una visitina nel pomeriggio dell’Assunta, poniamo verso le 16.30, per proseguire poi subito, non già per Pontedilegno, dove troppa brava gente cospirerebbe a convertire le mie ore di vacanza in una corvée di visite e di impegnucci, sì bene verso la nativa Val Trompia, in solitudine camaldolese. Incontrare Vostra Eminenza, ossequiarla, delibare alcune delle Sue succose sentenze, e soprattutto avere da Lei qualche confortatrice ricetta ad uso pastorale, mi sarà gaudio non piccolo, preludio utilissimo a quei ripensamenti, che la breve e desiderata distensione, in silenzio e in solitudine, mi ripromette. Né potrei prima. Ancora una lista di impegni mi chiama di qua e di là; il Duomo mi tiene per la letizia dell’Assunta; S.Ecc. Mons. Dell’Acqua ha già appuntamento al mio desco meridiano, quel giorno. Dopo, allora; se a Vostra Eminenza piace. E già piace a chi pregusta l’onore di dirsi a voce, come ora per calamo, velociter scribentis, Suo devotissimo in † G.B. Montini».
Dunque, quell’incontro tanto desiderato avvenne. Ne restano schegge delle conversazioni. Ne abbiamo riferimenti nelle fonti documentali che qui a seguire si raccolgono come foglie sparse. Eccoli: «15 agosto 1955. Nel pomeriggio ebbi la cara visita di S.E. mgr. Montini arciv. di Milano. Mi fece tanto, tanto piacere. Si felicitò del bel posto, qui in faccia alla sua diocesi, e nelle ore più serene, al Duomo: ragionammo di cose gravi e interessanti: inizio di un dialogo più lungo che continuerà». E ancora, lo stesso giorno: «Nel pomeriggio parte per l’eremo di Camaldoli di Gussago (Brescia) per trascorrere un periodo di riposo, fino al giorno 21, ospite di S.E. mons. Menna. Compie una sosta a Sotto il Monte (Bergamo) dove incontra S.Em. il card. Angelo Giuseppe Roncalli, patriarca di Venezia. Si ferma anche a Brescia, dove incontra p. Bevilacqua». Il 19 agosto 1955 il cardinale Roncalli mi scrive la seguente lettera: «Nel pomeriggio dell’Assunta ebbi la grande soddisfazione della visita personale dell’Arcivescovo di Milano, mons. Montini qui a Camaitino. Non potendomi prima intendere per un incontro a Milano, io gli accennavo ad una distrazione che avrebbe potuto prendersi venendo qui a colazione il martedì di S. Rocco. Mi rispose subito che egli voleva farmi invece una visita nel pomeriggio stesso dell’Assunta dopo le funzioni Pontificali. E venne infatti col solo suo Secretario: stette più di un’ora a godersi la casa, il panorama, ed a far godere anche a me una conversazione con delle eccellenti idee datemi e trasmessegli di cui ragioneremo poi. Partì contentissimo proseguendo per un Camaldoli diocesi di Brescia per riposarsi un poco con mons. Menna, il vescovo già di Mantova ivi quiescente. Come le dico. Era felicissimo e…lo fui anch’io».
Un altro appunto, scritto il 21 agosto 1955 a Imbersago (Lecco): «S. Messa alla Madonna del Bosco in ricordo della Incoronazione del 29 agosto 1954 nella festa del Cuore Immacolato di Maria (…). Mie parole al Vangelo (…). Parole incoraggianti[,] un pensiero al Card. Schuster e all’arcivescovo mgr. Montini»
Il 24 agosto 1955 il cardinale Roncalli scrive a monsignor Girolamo Bortignon,* vescovo di Padova e segretario della Conferenza Episcopale Triveneta, un lettera in cui riferisce tra l’altro: «Nel pomeriggio dell’Assunta ebbi l’onore ed il piacere di una visita di S.E. Montini. Sarà bene, parmi, che il dialogo prosegua, poiché ci sono punti di vista gravi che interessa assai di vedere e di approfondire insieme».
L'Osservatore Romano, 12 agosto 2015.
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Franco Bellegrandi
Nichitaroncalli
Pagg. 224 - Euro 22,00
ISBN: 88-7130-009-2
EILES, Roma
Nichitaroncalli
Pagg. 224 - Euro 22,00
ISBN: 88-7130-009-2
EILES, Roma
Contro ogni logica opportunistica, tracciare una "controvita" di Giovanni XXIII che pone in risalto l'impegno rivoluzionario di quel Papa, per l'appunto ribattezzato "il Papa dei comunisti", non è da tutti.
La testimoniata denuncia di tutta la corruzione e la ferocia sanguinaria in cui quei regimi comunisti prosperano ringalluzziti dalla ostpolitik vaticana, rende ancor più grave di responsabilità e colpevolezza morale l'apertura a quel comunismo della Chiesa Cattolica e del Vaticano, voluta dal Papa Roncalli e proseguita fino a compimento da Papa Montini.
Quell'aver predicato e praticato l'anacronistico connubio fra cattolicesimo e marxismo, quell'aver portato avanti una politica tanto compiacente con i regimi comunisti dell'Est sulla pelle della Chiesa del Silenzio, oggi non può suscitare che stupore e meditata riprovazione, per di più di fronte ad una assurda avvenuta beatificazione e ad un'altra più assurda proposta di beatificazione.
L'esaltazione [anche e fino alla beatificazione] di Roncalli ha come controaltare il ridimensionamento di Pio XII, il Papa che "nientemeno osò scomunicare i comunisti".
Il comunismo nostrano è sicuro del fatto suo. Sa chi è Roncalli e sa che vicino a Roncalli vive e lavora una sua fedele creatura, il suo segretario particolare...
Ma il libro di Bellegrandi non è una biografia giovannea, non riguarda soltanto il prete di sotto il monte, ma tratta anche di quelPaolo VI che a Milano, da Arcivescovo, sarebbe stato fermato, di notte, dalla polizia, in abiti borghesi e in dubbia compagnia.
Tratta di quell'arcivescovo legato da anni da amicizia particolare con un attore che si tinge i capelli di rosso e che non fa mistero della sua relazione con il futuro Papa. Quel prediletto di Montini avrà l'autorizzazione a entrare e uscire dall'appartamento del Papa a suo piacimento, anche nel pieno della notte.
Roger Peyrefitte, celebre omosessuale, rinfaccerà pubblicamente al Papa la sua omosessualità (vedi "il Tempo" del 4-4-1976).
Già con Giovanni XIII vi fu un'improvvisa comparsa, in posti di prestigio e di responsabilità vicino al Papa, di personaggi omosessuali: la lunga mano dell'arcivescovo di Milano, afflitto da quelle sue debilezze, poneva già da allora, con discrezione, uno dopo l'altro, i personaggi del suo giuoco e del suo cuore, sulla scacchiera dello Stato dalle undicimila stanze.
La testimoniata denuncia di tutta la corruzione e la ferocia sanguinaria in cui quei regimi comunisti prosperano ringalluzziti dalla ostpolitik vaticana, rende ancor più grave di responsabilità e colpevolezza morale l'apertura a quel comunismo della Chiesa Cattolica e del Vaticano, voluta dal Papa Roncalli e proseguita fino a compimento da Papa Montini.
Quell'aver predicato e praticato l'anacronistico connubio fra cattolicesimo e marxismo, quell'aver portato avanti una politica tanto compiacente con i regimi comunisti dell'Est sulla pelle della Chiesa del Silenzio, oggi non può suscitare che stupore e meditata riprovazione, per di più di fronte ad una assurda avvenuta beatificazione e ad un'altra più assurda proposta di beatificazione.
L'esaltazione [anche e fino alla beatificazione] di Roncalli ha come controaltare il ridimensionamento di Pio XII, il Papa che "nientemeno osò scomunicare i comunisti".
Il comunismo nostrano è sicuro del fatto suo. Sa chi è Roncalli e sa che vicino a Roncalli vive e lavora una sua fedele creatura, il suo segretario particolare...
Ma il libro di Bellegrandi non è una biografia giovannea, non riguarda soltanto il prete di sotto il monte, ma tratta anche di quelPaolo VI che a Milano, da Arcivescovo, sarebbe stato fermato, di notte, dalla polizia, in abiti borghesi e in dubbia compagnia.
Tratta di quell'arcivescovo legato da anni da amicizia particolare con un attore che si tinge i capelli di rosso e che non fa mistero della sua relazione con il futuro Papa. Quel prediletto di Montini avrà l'autorizzazione a entrare e uscire dall'appartamento del Papa a suo piacimento, anche nel pieno della notte.
Roger Peyrefitte, celebre omosessuale, rinfaccerà pubblicamente al Papa la sua omosessualità (vedi "il Tempo" del 4-4-1976).
Già con Giovanni XIII vi fu un'improvvisa comparsa, in posti di prestigio e di responsabilità vicino al Papa, di personaggi omosessuali: la lunga mano dell'arcivescovo di Milano, afflitto da quelle sue debilezze, poneva già da allora, con discrezione, uno dopo l'altro, i personaggi del suo giuoco e del suo cuore, sulla scacchiera dello Stato dalle undicimila stanze.
Insomma, nessun Papa sarebbe riuscito in così pochi anni, come è accadutoa Roncalli e a Montini, a trasformare il volto bimillenario della Chiesa e a capovolgere gli equilibri del mondo, secondo il disegno di forze occulte, interessate a questa colossale e drammatica rivoluzione.
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