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domenica 23 agosto 2015

“Se le cose non funzionano è anche colpa mia”

Fatima, il sacrificio e la Grecia


Nostra Signora di Fatima poté insegnare il valore della preghiera e del sacrificio a tre bambini, con assoluta adesione dei tre alle Sue richieste. Quanta confusione non dovremmo provare noi adulti, incapaci al minimo sacrificio per il bene e la salvezza delle anime?


La visita a Fatima, “Terra di Maria” ci fa imbattere immancabilmente con la storia dei tre Pastorelli. Se ci soffermiamo sulle primissime apparizioni, quelle preparatorie alla visita della Madonna, cogliamo la gradualità della pedagogia celeste. L’Angelo non chiede subito ai bambini di fare riparazione per i peccatori, li conduce gradatamente al sacrificio. Il sacrificio, dunque, attiene ad un passaggio non immediato con il nostro incontro con il Divino. Non ci si sacrifica, infatti, senza conoscere chi ce lo chiede, per chi ci si sacrifica, senza restare ammirati dal richiedente, in definitiva senza amare. 
Anche noi possiamo presumere di essere stati salvati per le preghiere e il sacrificio di qualcuno. Dunque, dovremmo avvertire il dovere morale di sacrificarci per gli altri, per quelli che sono lontani, oltre a salvare noi stessi. Il più delle volte, però, non siamo disposti a mortificarci per i poveri peccatori. Per questo motivo siamo dei falliti, incapaci di far fronte ad un obbligo naturalmente giusto.
Se il nostro metro di paragone fosse la Madonna o i Santi, allora vedremmo quanto distanti siamo da loro. I Santi desideravano la sofferenza perché la consideravano un gioiello con cui abbellire la propria anima, un mezzo per ottenere la guarigione spirituale, la conversione di un’anima. Desiderare il sacrificio non è una manifestazione di un contorcimento mentale, non è masochismo; è piuttosto comprendere che è funzionale all’acquisizione delle virtù, alla nostra salvezza e a quella dei peccatori. È troppo facile amare gli altri finché non costa nulla. L’amore vero si vede nel sacrificio. Non tutti possono capire, e non pretendiamo che tutti vogliano scegliere questa strada, ma chiediamo a tutti di non frapporre impedimenti sul cammino di chi vuole seguire la via dei santi.
Nella vita di sant’Antonio Maria Claret si legge che desiderava ardentemente versare tutto il sangue delle sue vene per amore di Gesù. Un giorno mentre camminava gli si avvicinò un tipo e fece come se volesse omaggiarlo con riverenza; ad un tratto, con un rasoio, gli sfregiò la faccia. Avrebbe voluto tagliargli la gola, ma per una serie di circostanze gli procurò solo un taglio sulla gota. L’incisione fu profonda, perse circa quattro libre e mezza di sangue. Per via di quel taglio la saliva prodotta dalle ghiandole salivari fuoriusciva dalla ferita. Il Santo non fu mai così lieto come in quel periodo e ringraziò il Signore per averlo accontentato.
Molti Santi hanno portato le stimmate. Uno di questi fu Padre Pio da Pietrelcina. Ebbene le stimmate, per lui, non sono mai state un ornamento da ostentare, in modo da vantarsi di essere un prediletto del Signore; non si può, però, negare che la sofferenza lo rendeva più vicino alle sofferenze del Redentore e, pertanto, partecipe più degli altri alla Redenzione di Nostro Signore Gesù Cristo. Partecipare alla Redenzione del Cristo vuol dire diventare corredentori, cioè partecipi della missione di salvezza delle anime.
Sulla sponda completamente opposta a quella dove soggiornano i Santi, ci troviamo noi, irriconoscenti, incapaci di sacrificarci per gli altri.
In effetti, possiamo paragonare questa Nazione a noi, figli ingrati, che pur avendo ricevuto da Dio ogni aiuto e soccorso possibile, quando siamo chiamati a restituire, non siamo in grado di rendere quanto dovremmo; ovvero non siamo capaci di fare sacrifici per gli altri, siamo buoni solo a prendere e mai a dare. Questo paragone con gli accadimenti del mondo contemporaneo, non vuole essere un’analisi economica o politica della situazione greca; è un tentativo di cogliere certe similitudini tra la vita degli uomini e quelle delle Nazioni. Sembrerebbe che ciò che accade nei massimi sistemi sia solo il riflesso di ciò che succede in noi, nella nostra vita spirituale.
Gli avvenimenti di Fatima insegnano che dobbiamo imparare a comportarci esattamente al contrario di come normalmente ci comportiamo: dobbiamo cercare di praticare la penitenza in modo sistematico perché la Madonna chiede sacrifici per salvare le anime. Non abbiamo alternative: o rispondere, o andare incontro all’inevitabile fallimento, com’è avvenuto per la Grecia. Ognuno di noi dovrebbe dire: “Se le cose non funzionano è anche colpa mia”. Quanto ho pregato perché in Grecia non si verificasse la crisi? E se fosse solo l’inizio di una crisi che si diffonderà in altre parti d’Europa, cosa sono disposto a fare in termini di sacrifici e preghiera? È chiaro che se ragionassimo così, a maggior ragione dovremmo pregare per la conversione nostra e dei peccatori.

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