ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 22 agosto 2015

Mentes tuorum visita..!

“La luce che manca” – una lettera di Carla D’Agostino Ungaretti

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Caro Direttore,
dopo aver letto, il mattino dopo la sua pubblicazione, l’articolo del Prof. Viglione “La luce che manca”, sento veramente il bisogno di piangere sulla sua e sulla tua spalla, perché sono una cattolica “bambina”,apostolica, romana fino al midollo, attaccata visceralmente alla sua“Mater et Magistra”, che vede questa sua Madre perdere lucidità e forze al pari di una madre terrena che si avvicina alla fine della vita.
E come una figlia devota e affezionata non può non provare un grande dolore nell’assistere all’inevitabile decadenza fisica della propria madre terrena – che ricordava così come ella era stata durante la propria infanzia, e cioè bella, forte, sana e sicuro punto di riferimento – così io non posso non provare un pari dolore nell’assistere impotente alla confusione che oggi regna nella Chiesa di Cristo.
Ma questo dolore è aggravato, per di più, dalla certezza che questa decadenza storica, epocale, morale, dottrinale, pastorale, non è affatto fisiologica e ineluttabile al pari della vecchiaia umana, ma è prodotta da una forza misteriosa (devo pensare al demonio …  ?) che sta facendo di tutto per distruggerla e un sintomo preciso di tutto ciò il Prof. Viglione lo ha individuato in quella finestra del grande palazzo apostolico di Roma che ora è sempre buia, mentre una volta era costantemente illuminata e ci ricordava che il Vicario di Cristo era sempre lì, a lavorare e a pregare per il gregge che gli era stato affidato.
E’ vero: quella luce – alla quale anche io attribuisco un potente significato simbolico che non contrasta affatto, secondo me, con la scelta di uno stile di vita “povero” da parte del Papa – sembra si sia spenta perché colui che, tenendola accesa, ispirava al Prof. Viglione e a me, umilissima cattolica “bambina”, un immenso conforto spirituale in mezzo alle tristezze alle brutture del mondo, preferisce ora esortare il suo gregge ad andare al lavoro servendosi del car sharing e a spegnere in casa l’aria condizionata per non consumare troppa energia, invece di esortarlo a “non avere paura”, come disse S. Giovanni Paolo II e a rimanere saldo nella fede, come disse Cristo a Simon Pietro.
 Ma forse è proprio la paura il sentimento che confonde tante anime oggigiorno, soprattutto in occidente. La paura di perdere, seguendo Cristo, i propri piccoli e meschini vantaggi quotidiani, unitamente alla superbia alimentata dalla convinzione che tutto ciò che ci piace e ci fa comodo è “cosa buona e giusta”. Questi miei sentimenti non trovano alcun conforto nel mioentourage, composto sì, per la maggior parte, da cattolici, ma da cattolici che si credono “adulti”, perché non fanno che obiettare che “i tempi sono cambiati e la Chiesa si deve adeguare, se non vuole perdere terreno”. Ma che significa quella stupida frase che viene ripetuta come un mantra ad ogni livello? Forse che Gesù ha consentito che, duemila anni dopo la Sua venuta, la Chiesa – per la cui salvezza Egli aveva affrontato la passione e la morte terribile in croce – avrebbe potuto modificare il Suo messaggio a proprio piacimento e secondo le mode di quel “mondo” che Egli chiaramente vedeva opporsi al progetto di Dio? Eppure proprio questo sta avvenendo e i cattolici cosiddetti “adulti” non se ne accorgono, o non vogliono accorgersene.
 Evidentemente essi dimenticano che la Parola di Dio non è adattabile ai tempi e alle vicende storiche, perché “i cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” ha detto Gesù Cristo ponendo, con la Sua Resurrezione, un sigillo inamovibile su quelle Sue parole. Come è possibile dimenticare questo Suo chiarissimo e definitivo messaggio o, peggio, travisarlo o adulterarlo cedendo alle lusinghe della presunzione e della superbia umana, chiaramente ispirate da Lucifero? Eppure quella frase – che io non esito a definire stupida, impropria e (senza voler giudicare nessuno) anche peccaminosa – è lo slogan predominante sia negli ambienti colti che in quelli meno evoluti e purtroppo anche nel clero.
Uno degli esempi a mio giudizio più significativi è che oggi i sacerdoti, pastori di anime, docenti ai corsi di preparazione al Matrimonio, non fanno una piega ad ammettere al Sacramento i fidanzati conviventi “more uxorio”, perpetuando il colossale equivoco che induce gli sposi a contravvenire ai dettami del Catechismo della Chiesa Cattolica e a commettere un sacrilegio. La precisa domanda “Perché la Chiesa non parla più della castità pre ed extra matrimoniale?”, che io ho avuto occasione di rivolgere a vari conferenzieri cattolici e allo stesso giornale “Avvenire”, con riferimento al problema dei divorziati risposatisi solo civilmente, ha ricevuto solo risposte evasive dai primi e nessuna risposta dal secondo. I parroci, soprattutto quelli che conoscono meglio le loro pecorelle, non fanno una piega ad ammettere all’Eucaristia persone che dovrebbero essere paternamente consigliate ad accostarsi prima al Sacramento della Riconciliazione. Forse anche essi, che dovrebbero tuonare  dai pulpiti contro il peccato, ormai hanno paura della Parola di Dio, perché sanno che essa è tagliente come una lama e temono di rimanerne feriti essi stessi, dovendo poi mutare radicalmente le proprie vite.
Ho citato solo i casi più eclatanti che mi sono venuti in mente, ma se ne potrebbero citare a dozzine. L’ignoranza nelle “cose di Dio” regna sovrana e non si fa nulla per chiarire le idee al popolo. Mi torna sempre in mente Padre Pio da Pietrelcina, grandissimo santo e profondo conoscitore di anime, che non esitava a cacciare, e a male parole, dal confessionale il penitente che egli capiva non pentito. Oggi chi si pente più dei propri peccati? I politici pseudocattolici non esitano a sostenere progetti di legge palesemente contrastanti con la dottrina della Chiesa, sostenendo che una cosa è la fede, un’altra la politica, come se l’essere umano potesse essere diviso in due. Tutti dicono di agire sentendosi in pace con la propria coscienza (ecco la superbia di Lucifero … !) in un’autoreferenzialità che non ha nulla a che fare con la Parola di Dio, perché non sanno, o fingono di ignorare, che la coscienza del cristiano deve avere solo il Vangelo come ago della propria bussola. Perfino la“correzione fraterna” è rifiutata con il cortese (ma non sempre) invito a occuparsi dei fatti propri.
Nello squallore spirituale che ci circonda, non ci rimane che implorare lo Spirito Santo perché “visiti le menti dei suoi” e susciti, come ha fatto in passato, altri grandi Santi capaci di rischiarare la mente obnubilata di tutto il popolo di Dio, facendo“riaccendere la luce in quella stanza” e riconducendo il Cattolicesimo sul giusto sentiero. Quanto a me, prego ogni giorno il Signore perché mi consenta di concludere la mia vita dicendo come S. Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho custodito il deposito, ho conservato la fede”. 
         Come sempre, grazie per avermi letto.
Carla D’Agostino Ungaretti

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