ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 15 agosto 2015

Vittoriosa sul serpente antico

Ella ti schiaccerà la testa
Ipsa conteret caput tuum (Gen 3, 15).

L’esegesi moderna spiega che il soggetto di questa frase non è la Donna, ma la sua discendenza. Poco importa: la Chiesa non si è fermata al senso letterale nella sua lettura dell’Antico Testamento, fin dall’epoca dei Padri apostolici. In ogni caso, la discendenza allora promessa e attesa dalle genti, il Figlio di Dio fatto uomo, ha schiacciato la testa del serpente in indissolubile unione con la Madre, che non solo ha reso possibile l’Incarnazione con il libero fiat a cui il Padre ha voluto sospendere il Suo piano di salvezza, ma ha pure condiviso totalmente le sofferenze redentrici del Verbo, da Lei generato nella natura umana passibile, e ha attirato lo Spirito Santo con la propria efficacissima preghiera nel cuore della Chiesa nascente. Anch’Ella dunque, con il Deus homo, ha schiacciato la testa del biblico rettile, ma lo ha fatto come semplice creatura, sia pure perfettamente trasformata dalla grazia, dando così anche a noi la possibilità di farlo con la grazia di Suo Figlio, che ci raggiunge attraverso di Lei.

Vittoriosa sul serpente antico fin dal Suo concepimento in virtù dei meriti di Colui che da Lei sarebbe nato, vergine incontaminata nell’anima e nel corpo per l’assenza della minima ombra di peccato e per la perpetua consacrazione a Dio, Genitrice dell’Incontenibile nella carne che L’ha rivestito per essere mezzo del Sacrificio redentore nell’effusione del sangue da Lei stessa donato, la Regina è assunta accanto a Lui per partecipare alla Sua vittoria sulla morte – subito, senza attendere la Parusia come noi, peccatori convertiti – e riversare sui credenti torrenti di grazie, sino alla fine dei tempi. Potrebbe essere diversamente, d’altronde? Potrebbe la Madre non occuparsi dei figli, già contenuti nel Capo da Lei portato in grembo, fino al pieno compimento della loro salvezza? Potrebbe la Corredentrice dimenticare coloro per i quali ha tanto sofferto, facendosi un tutt’uno con il crocifisso frutto del Suo seno? Potrebbe l’inizio e modello della Chiesa trascurarne la crescita in quella santità che in Lei è già perfetta?

Potrebbe la distruttrice di tutte le eresie non esserci particolarmente vicina in questi tempi di prova apocalittica, come l’ha definita l’alto Prelato amico, che in questi giorni abbiamo potuto di nuovo incontrare per chiedergli appoggio in vista dell’opera nuova che, Deo volente, sta per nascere? Sotto il manto di Maria ci rifugiamo con incondizionata fiducia: tocca a Lei aprire porte umanamente invalicabili; tocca a Lei ottenere per noi prudenza, consiglio, fortezza, audacia e perseveranza. Tocca a Lei brandire lo stendardo del Regno di Dio e raccogliere sotto di esso i cristiani fedeli che non sopportano più il diabolico inganno del gran seduttore, sotto lo stendardo di quella Croce che svetta sovrana senza lasciarsi piegare alle mortifere ideologie del mondo, quella Croce che ha già vinto l’Inferno e rende vittoriosi gli oscuri martiri dimenticati, le innumerevoli vittime mietute da quattordici secoli da quella falsa religione che sarebbe equivalente alla nostra…

In questo giorno di trionfo della vera fede, in questa festa che ci fa contemplare in anticipo ciò che saremo, se l’avremo meritato, chiediamo con insistenza alla Vergine santa che il piccolo gregge dei Suoi figli legittimi abbia presto dei Pastori che lo guidino e trovi luoghi accoglienti dove radunarsi. Ripetiamo con particolare fervore la preghiera del Montfort per chiedere apostoli pronti a volare come colombe dovunque lo Spirito Santo li sospinga: liberos, figli spirituali di Lei che siano liberi dell’autentica libertà evangelica, portatori delle ricchezze celesti abbandonati alla Provvidenza e mossi da puro amore per la salvezza delle anime, quelle anime costate un prezzo così alto a Gesù e Maria, quelle anime che anche il sangue dei martiri odierni contribuisce a strappare agli artigli del diavolo e alle sue imposture. Siamo un unico Corpo: la Chiesa trionfante con i suoi meriti e le sue preghiere, la Chiesa purgante con la sua intercessione, la Chiesa militante con le sue lotte e sofferenze.

Che sia il martirio del corpo o quello del cuore, tutto concorre al trionfo del Regno di Dio. Pertanto non scoraggiamoci affatto, ma, pur gemendo nella prova, fissiamo lo sguardo sulla Vittoriosa, come l’anziano fondatore perseguitato i cui occhi spenti dal dolore, al pensiero di Lei, tornano in un attimo a brillare di luce soprannaturale, dirigendosi in alto e dilatandosi in un sorriso di beatitudine celeste come se La vedessero… La Regina è con noi, bella e terribile come schiere a vessilli spiegati (Ct 6, 4). Come promesso, ci sta guidando passo passo nella realizzazione di un’opera che è Sua. Pochi mesi fa non avremmo neanche immaginato quale strada si sarebbe potuta aprire; tra qualche mese stupiremo del cammino che vi avremo percorso.

Consacrandoci a Lei, diventiamo nelle Sue mani strumenti della divina misericordia, come Ella lo è stata nelle mani di Dio. Lasciamoci dunque guidare da Lei, lasciamoci condurre per mano, tranquilli e sicuri sotto la Sua guida. Maria penserà a tutto per noi, provvederà a tutto e, allontanando ogni angustia e difficoltà, verrà prontamente in soccorso alle nostre necessità corporali e spirituali (san Massimiliano Maria Kolbe).

Solennità Maria SS.ma Assunta in cielo





Dopo l'Annunciazione, Maria è partita verso la montagna di Giudea per andare a trovare Elisabetta. Colma dello Spirito Santo, Elisabetta l'ha benedetta. L'ha proclamata "Madre del mio Signore". Fonte di gioia. Beatitudine vivente della fede. Maria ha risposto con il cantico del Magnificat. Parole ispirate, che lasciano intravedere il suo cuore. Esse sono per noi il suo "testamento spirituale". Identificandosi con Maria, la Chiesa di tutti i tempi continua a cantare tutti i giorni il Magnificat come suo proprio cantico. Celebriamo oggi il mistero dell'Assunzione. Alla fine del suo passaggio sulla terra, la Madre del Redentore, preservata dal peccato e dalla corruzione, è stata elevata nella gloria in corpo e anima vicino a suo Figlio, nel cielo. La tomba vuota di Maria, immagine della tomba vuota di Gesù, significa e prelude alla vittoria totale del Dio della vita sulla morte, quando alla fine del mondo farà sorgere in vita eterna la morte corporale di ognuno di noi unita a quella di Cristo. L'Apocalisse ci mostra "un segno grandioso del cielo": la Donna che ha il sole per mantello, e una corona di stelle. Invincibile con la grazia di Dio di fronte al nemico primordiale. "Figura e primizia della Chiesa". Primizia nel dolore della maternità al servizio della Redenzione. Primizia nel destino della gloria. Da lì, nel focolare della Trinità, Maria ci aspetta tutti per vivere e cantare con lei la nostra riconoscenza alla Grazia di Dio. La beatitudine divina e umana della Salvezza. Il suo eterno Magnificat.

MARTIROLOGIO

Solennità dell'Assunzione della beata Vergine Maria, Madre di Dio e Signore nostro Gesù Cristo, che, completato il corso della sua vita terrena, fu assunta anima e corpo nella gloria celeste. Questa verità di fede ricevuta dalla tradizione della Chiesa fu solennemente definita dal papa Pio XII.  


 costituzione Apostolica Munificentissimus Deus» di Pio XII, papa
Santo e glorioso é il corpo della Vergine Maria
I santi padri e i grandi dottori nelle omelie e nei discorsi, rivolti al popolo in occasione della festa odierna, parlavano dell'Assunzione della Madre di Dio come di una dottrina già viva nella coscienza dei fedeli e da essi già professata; ne spiegavano ampiamente il significato, ne precisavano e ne approfondivano il contenuto, ne mostravano le grandi ragioni teologiche. Essi mettevano particolarmente in evidenza che oggetto della festa non era unicamente il fatto che le spoglie mortali della beata Vergine Maria fossero state preservate dalla corruzione, ma anche il suo trionfo sulla morte e la sua celeste glorificazione, perché la Madre ricopiasse il modello, imitasse cioé il suo Figlio unico, Cristo Gesù. San Giovanni Damasceno, che si distingue fra tutti come teste esimio di questa tradizione, considerando l'Assunzione corporea della grande Madre di Dio nella luce degli altri suoi privilegi, esclama con vigorosa eloquenza: «Colei che nel parto aveva conservato illesa la sua verginità doveva anche conservare senza alcuna corruzione il suo corpo dopo la morte.
Colei che aveva portato nel suo seno il Creatore, fatto bambino, doveva abitare nei tabernacoli divini. Colei, che fu data in sposa dal Padre, non poteva che trovar dimora nelle sedi celesti. Doveva contemplare il suo Figlio nella gloria alla destra del Padre, lei che lo aveva visto sulla croce, lei che, preservata dalla spada del dolore quando lo vide morire. Era giusto che la Madre di Dio possedesse ciò che appartiene al Figlio, e che fosse onorata da tutte le creature come Madre ed ancella di Dio» San Germano di Costantinopoli pensava che l'incorruzione e l'assunzione al cielo del corpo della Vergine Madre di Dio non solo convenivano alla sua divina maternità, ma anche alla speciale santità del suo corpo verginale: «Tu, come fu scritto, sei tutta splendore (cfr. Sal 44, 14); e il tuo corpo verginale é tutto santo, tutto casto, tutto empio di Dio. Per questo non poteva conoscere il disfacimento del sepolcro, ma, pur conservando le sue fattezze naturali, doveva trasfigurarsi in luce di incorruttibilità, entrare in una esistenza nuova e gloriosa, godere della piena liberazione e della vita perfetta».
Un altro scrittore antico afferma: «Cristo, nostro salvatore e Dio, donatore della vita e dell'immortalità, fu lui a restituire la vita alla Madre. Fu lui a rendere colei, che l'aveva generato, uguale a se stesso nell'incorruttibilità del corpo, e per sempre. Fu lui a risuscitarla dalla morte e ad accoglierla accanto a sé, attraverso una via che a lui solo é nota». Tutte queste considerazioni e motivazioni dei santi padri, come pure quelle dei teologi sul medesimo tema, hanno come ultimo fondamento la Sacra Scrittura. Effettivamente la Bibbia ci presenta la santa Madre di Dio strettamente unita al suo Figlio divino e sempre a lui solidale, e compartecipe della sua condizione.
Per quanto riguarda la Tradizione, poi, non va dimenticato che fin dal secondo secolo la Vergine Maria vene presentata dai santi padri come la novella Eva, intimamente unita al nuovo Adamo, sebbene a lui soggetta. Madre e Figlio appaiono sempre associati nella lotta contro il nemico infernale; lotta che, come era stato preannunziato nel protovangelo (cfr. Gn 3, 15), si sarebbe conclusa con la pienissima vittoria sul peccato e sulla morte, su quei nemici, cioé, che l'Apostolo delle genti presenta sempre congiunti (cfr. Rm capp. 5 e 6; 1 Cor 15, 21-26; 54-57). Come dunque la gloriosa risurrezione di Cristo fu parte essenziale e il segno finale di questa vittoria, così anche per Maria la comune lotta si doveva concludere con la glorificazione del suo corpo verginale, secondo le affermazioni dell'Apostolo: «Quando questo corpo corruttibile si sarà vestito di incorruttibilità e questo corpo mortale di immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte é stata ingoiata per la vittoria» (1 Cor 15; 54; cfr. Os 13, 14).
In tal modo l'augusta Madre di Dio, arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l'eternità «con uno stesso decreto» di predestinazione, immacolata nella sua concezione, vergine illibata nella sua divina maternità, generosa compagna del divino Redentore, vittorioso sul peccato e sulla morte, alla fine ottenne di coronare le sue grandezze, superando la corruzione del sepolcro. Vinse la morte, come già il suo Figlio, e fu innalzata in anima e corpo alla gloria del cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli.(AAS 42 [1950], 760-762. 767-769)

Da “Le feste cristiane” di Olivier Clément.

Dormizione e assunzione della Vergine
L’Assunzione della Vergine esprime in modo mirabile l’adagio patristico diffusosi a partire da Ireneo di Lione, nel II secolo: “Dio si è fatto uomo perché l’uomo possa diventare Dio”. Diventare Dio: cioè un vivente la cui vita non ha limiti, una vita liberata dal male e dalla morte. Per descrivere con maggior chiarezza questa festa, accosterò l’una all’altra due icone: quella della Vergine con il bambino e quella della Dormizione-Assunzione (più avanti spiegherò questi due termini).
Nella prima è la madre a reggere e proteggere il bambino, e a volte, come nella “Vergine della tenerezza”, essa appoggia il proprio volto al volto minuto del Figlio. Maria, a nome di tutta l’umanità, accoglie Dio. Prima assunzione: quella della divinità da parte dell’umanità. Nella seconda icona, avviene esattamente il contrario: la madre è morta; le sue spoglie, nera crisalide, sbarrano orizzontalmente la composizione; ma lo spazio della morte si apre, appare Cristo, vittorioso, verticale di luce che fa dell’icona una croce di gloria. Egli prende tra le braccia l’anima non disincarnata di sua madre, rappresentata come una bambina che porta a compimento la sua nascita nel regno. E in alcune icone, Gesù stringe al proprio volto il volto di questa donna bambina: germe e anticipazione della trasfigurazione di tutto il creato. Seconda assunzione, questa volta dell’umano da parte del divino.
La chiesa, infatti, maturò presto l’intuizione secondo cui il corpo di Maria, prodigiosamente “consustanziale” a quello del Risorto, non era possibile che fosse rimasto prigioniero della morte. Così, al Dio fatto uomo corrisponde l’uomo deificato, e il primo essere umano presente, anima e corpo, nella gloria divina è la “Donna vestita di sole” di cui parla l’Apocalisse. Maria si trova ormai al di là della morte e del giudizio, in quella luce che le Scritture chiamano “regno di Dio”; e tuttavia umana, infinitamente materna, ella rimane totalmente rivolta verso gli uomini, verso le loro sofferenze, verso il pellegrinaggio compiuto così spesso a tastoni dalla chiesa, e prima ancora dalla chiesa mistica che ingloba l’intera umanità e tutto quanto il cosmo. Nella grande spiritualità della chiesa antica, come pure in molte leggende popolari, Maria è colei che pronuncia sull’inferno – anche sul nostro inferno interiore – la preghiera per la salvezza universale.
I testi delle omelie orientali associano, a partire dal V secolo, la Dormizione di Maria – vale a dire una morte pacifica, in cui l’anima entra nella pace – e la sua Assunzione corporale – l’anima ricongiunta al corpo nell’unità della persona (come avverrà a ciascuno di noi), ormai elevata al cielo, letteralmente sollevata dallo slancio “risurrezionale” del Cristo –.

Ma anche..


Parecchie leggende, ricche peraltro di significato, si sono sedimentate nelle più antiche liturgie. Mentre Maria viene avvisata della sua morte da un angelo, gli apostoli, dispersi lontano da lei, le sono miracolosamente trasportati accanto. Lei li consola, li benedice, prega per la pace del mondo, e muore. Essi la seppelliscono nel Getsemani. Dopo tre giorni, Maria appare loro mentre stanno celebrando l’eucarestia, e gli apostoli trovano la sua tomba vuota.
Celebrata originariamente in ricordo di una “stazione” (così si faceva la liturgia, di stazione in stazione) ubicata nei pressi di Betlemme e dove la Vergine si sarebbe riposata, l’Assunzione veniva festeggiata in Oriente come in Occidente nel mese di gennaio. La festa estesa all’impero bizantino intorno all’anno 600, giunse in Occidente quarant’anni più tardi, grazie a papa Teodoro I, il quale proveniva dal clero di Gerusalemme.
Nel 1950, Pio XII proclamò con tutte le solennità che si addicono ad un dogma che l’“immacolata Madre di Dio, la sempre Vergine Maria, dopo aver terminato il corso della sua vita terrena, è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste”. La chiesa ortodossa, che si prepara a questa festa con un digiuno di quindici giorni, non ha avvertito la necessità di un simile dogma; nessun ortodosso, infatti, contesta il mistero della dormizione-assunzione proclamato dai testi liturgici dell’ortodossia: “Ella è la Madre della vita, e colui che aveva abitato il suo seno verginale l’ha trasferita alla vita… Ogni figlio della terra trasalga nel suo spirito e celebri con gioia la venerabile assunzione della Madre di Dio”. Si aggiunga che in oriente la venerazione mariana è al tempo stesso onnipresente e assai discreta, quasi iniziatica, poiché dipendente non tanto dall’annuncio della risurrezione di Cristo, quanto dalla ricezione di tale annuncio. 
La differenza tra l’oriente e l’occidente è che per il primo Maria doveva passare, in Cristo, attraverso una morte e resurrezione reali, mentre per il secondo il dogma dell’Immacolata Concezione rende dubbia la sua morte: su questo punto il dogma del 1950 non si pronuncia. Si tratta di una semplice disputa terminologica? Ciò che è in gioco sono due approcci parzialmente differenti al tema del “peccato originale” e della sua trasmissione? Oppure il problema è un altro?
In realtà, sia per l’oriente che per l’occidente, l’assunzione è un segno delle cose ultime. In Maria, “figlia del proprio Figlio”, dice Dante, ci è data un’anticipazione della glorificazione di tutto l’universo che avverrà alla fine dei tempi, quando Dio sarà “tutto in tutti”, “tutto in ogni cosa”. Innalzata al cielo – a differenza di Cristo che si innalza da se stesso – Maria, dicono certi testi liturgici, è la nostra “Terra promessa”. La dormizione-assunzione anticipa la parusia, e non è affatto un caso che nei grandi affreschi che impreziosiscono i muri esterni delle chiese monastiche moldave, il tronco di Iesse divenga un immenso, cosmico roveto ardente. L’assunzione anticipa e prepara il nostro comune destino. Nel corpo della Vergine, sepolto simbolicamente dagli apostoli (richiamo della pentecoste) nel Getsemani (richiamo della passione, unica fonte della nostra salvezza), in quel corpo portato verso la luce originaria e terminale, tutto il creato è assunto dall’Increato, tutta la carne della terra diventa eucaristia. Come Giovanni Damasceno, allora, anche noi possiamo dire: “Rallegrati, germe divino della terra, giardino in cui fu posto l’Albero della vita!”

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