USA: manuale di “spin” LGBT per la visita del Papa
Un manuale per volgere a favore delle politiche LGBT il viaggio del Papa negli USA. Un testo che entrerà nella storia dello “spin”.
Il viaggio di Papa Francesco negli USA non poteva che essere un momento fondamentale per il confronto sull’ideologia del Gender, di questo ne sono stati sin dall’inizio consapevoli proprio i movimenti LGBT che per l’occasione hanno redatto e diffuso una guida per i giornalisti finalizzata a volgere a proprio favore l’occasione.
Il pamphlet è stato redatto dall’associazione GLAAD (Gay & Lesbian Alliance Against Defamation) che l’ha pubblicato con il nome di The papal visit, scaricabile in formato PDF. Sarah Kate Ellis, la Presidente e CEO della GLAAD, apre la pubblicazione con un suo intervento nel quale spiega che nella Chiesa le istanze LGBT sono presenti e sotto rappresentate, si specificherà poi che la Chiesa non è sinonimo di “Vescovi” o “gerarchie”, un richiamo vero ma che viene proposto per essere strumentalizzato al fine di creare spaccature e a indurre ad un comportamento indipendente dalle indicazioni gerarchiche.
Non possono poi che esserci le immancabili statistiche di provenienza non chiarita e in genere basate su domande che spesso sono ambigue, da usare per convincere chi le legge di una tendenza ormai chiara e inarrestabile, in questo caso proprio la parte laica della Chiesa che viene indirettamente istruita su quello che deve pensare: se le statistiche dicono che i fedeli sono contro le gerarchie, ogni fedele che la pensi diversamente si sentirà parte di una minoranza destinata ad essere sconfitta.
Segue un glossario di termini da usare e da evitare da parte dei cronisti, nonché una lista nera di nomi di esponenti della Chiesa irriducibili avversari del Gender, probabilmente da attaccare, e altri più possibilisti da presentare come campioni di modernità, vengono poi riportate storie di comunità LGBT che collaborano con istituzioni cattoliche e di attivisti LGBT cattolici, proprio come la Presidente e CEO della GLAAD, storie esemplari di armonia per formare l’immagine di una incompatibilità sbagliata.
Ovviamente ci sono anche le raccomandazioni a riportare storie di ‘discriminazione’, come quelle scuole che hanno inserito nei loro contratti la clausola che impegna a non promuovere in alcun modo i rapporti con lo stesso sesso.
Siamo di fronte ad un agile manuale che riassume le tecniche di persuasione che ormai sono conosciute da chi si è preso la briga di informarsi al riguardo:
-Presentare statistiche che anziché fotografare una situazione la provochino:-Creare una neolingua favorevole all’idea che si vuol far passare;-Stilare una lista nera di nomi da attaccare e screditare;-Stilare una lista di nomi da arruolare per spaccare il fronte avversario;-Creare un database di casi limite positivi da proporre continuamente come esempi da seguire;-Creare un database di casi limite negativi coi quali colpire la sensibilità delle persone a favore della causa che si vuole sostenere.
Come si può constatare non si tratta di nulla che vada contro la legge, le tecniche di persuasione e manipolazione sono ampiamente legali, e lo sono dal tempo in cui Edward Bernays, l’inventore della moderna pubblicità, persuase le donne a fumare facendo intendere loro che la sigaretta era un simbolo di emancipazione.
Si tratta solo di diventare consapevoli dei mezzi di persuasione che vengono impiegati e non farsi condizionare da essi, per questo motivo bisogna essere grati alla GLAAD per averci messo a disposizione un così chiaro e sintetico manuale del loro modo di agire.
La posta in gioco, come afferma Sarah Kate Ellis, è l’impatto che la visita papale avrà per “molti anni su molte famiglie”, e aggiungiamo, sulla tabella di marcia di quella rivoluzione antropologica che va sotto il nome di teoria del Gender.
BY ENZO PENNETTA ON
CARD. MUELLER E METROPOLITA HILARION: UNITI CONTRO IL LAICISMO –di Giuseppe Rusconi - www.rossoporpora.org – 21 settembre 2015
Presentata venerdì 18 settembre in Vaticano, presso il Collegio Teutonico, la versione in italiano del volume del Patriarca Kirill “La parola del pastore”, edita dalla Lev, in collaborazione con l’Accademia Sapientia et Scientia e le edizioni del patriarcato di Mosca – Discorso molto intenso del cardinale Müller sulla necessità di un’unità d’azione con gli ortodossi in materia di valori – Per il metropolita Hilarion il volume costituisce un’ulteriore, importante occasione di riavvicinamento tra cattolici e ortodossi
Volontà di procedere insieme in tempi burrascosi per l’attacco incessante del laicismo nichilista; e questo al di là delle divergenze teologiche e soprattutto al di là dell'annosa questione sull’esercizio del primato del vescovo di Roma. E’ più importante che papa Francesco e il patriarca di Mosca Kirill si ritrovino uniti spiritualmente e materialmente nella difesa dei valori umani e cristiani che non si incontrino fisicamente da qualche parte in Europa.
E’ in sintesi quanto è emerso dalla presentazione, nel tardo pomeriggio di venerdì 18 settembre, dentro il Vaticano, presso il Collegio Teutonico, del volume “La parola del pastore” . Ne è autore il patriarca di tutte le Russie, Kirill. Per l’occasione erano presenti come relatori principali il metropolita Hilarion (che presiede il Dipartimento delle Relazioni esterne del Patriarcato di Mosca) e il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il volume, che – come ha ricordato Hilarion – raccoglie i testi degli interventi di Kirill a partire dal 1994 nella trasmissione “La parola del pastore” alla tv russa, è pubblicato dalla Libreria editrice vaticana in collaborazione con le edizioni del Patriarcato di Mosca e con l’Accademia Sapientia et Scientia. La cui presidente, Giuseppina Cardillo Azzaro ha curato – insieme con il figlio Pierluca Azzaro – la versione italiana del volume, apparso in lingua originale nel 2008 e già tradotto in diverse lingue. La presentazione, introdotta proprio da Giuseppina Cardillo Azzaro che ha letto anche un messaggio inviato dal Segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, è stata moderata dall’ex-rettore della Cattolica Lorenzo Ornaghi e ha ospitato anche il saluto dell’Ambasciata russa presso la Santa Sede per bocca del suo incaricato d’Affari Vadim Razumovskiy. Quest’ultimo ha definito l’opera “il frutto di un vero pensiero cristiano”, ha auspicato che essa porti “a un ulteriore sviluppo positivo degli scambi tra cattolici e ortodossi”, ha evidenziato l’importanza del recente viaggio in Russia del cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Koch tra l’altro era presente alla serata, insieme con i confratelli Re, Farina, Brandmüller e il presidente del Pontificio Comitato di scienze storiche Ardura.
Ricca di stimoli l’ampia relazione del cardinale Müller, che ha definito Kirill “un teologo illustre, di grande spiritualità, prezioso per stabilire un ponte tra Chiesa cattolica e ortodossa”, sul cammino di unità “verso l’unica Chiesa”. Tra cattolici e ortodossi, ha evidenziato il prefetto, “esiste una piena compatibilità” della Dottrina sociale, risultante “dalla stessa antropologia fondata sulla dignità di ogni uomo creato a immagine e somiglianza di Dio”. Il porporato ha voluto poi ricordare l’emozione provata quando, in rappresentanza della Conferenza episcopale tedesca, partecipò all’intronizzazione del nuovo Patriarca, appunto Kirill, nella cattedrale del Cristo Salvatore a Mosca. Una chiesa splendida, che “unisce la memoria della vittoria del 1812 su Napoleone e della distruzione operata nel 1931 da Stalin”. Sulle fondamenta della cattedrale il dittatore comunista volle edificare un monumento alto 415 metri (ma non riuscì). La cattedrale fu ricostruita e dedicata poi nel 2000, come simbolo della vittoria sulla violenza. Durante la liturgia dell’intronizzazione di Kirill, l’allora vescovo Müller non si sentì “né estraneo né ospite” talmente essa richiamava misticamente l’Altissimo.
Il prefetto della Dottrina della Fede si è poi chiesto, analogamente a quanto ha fatto Kirill nel volume presentato, quale differenza ci sia tra i tentativi di sopprimere la Chiesa del regime sovietico e “gli attuali progetti di cultura ateistica dell’Occidente”. Del resto l’odierno laicismo occidentale “è un’emanazione politica del nichilismo filosofico, del materialismo ateistico”, già utilizzato a suo tempo contro la Chiesa russa. Che ancora oggi è “ingiustamente attaccata” in Occidente: le si rimprovera a torto di voler riportare la Russia a prima della Rivoluzione.
Sempre il cardinale Müller ha ricordato le promesse sovietiche di creare “il Paradiso sulla terra”: in realtà è stato “un Inferno anticipato”. Perciò dobbiamo “accogliere con molto favore gli sforzi della Chiesa ortodossa russa di reintrodurre la legge naturale come fondamento della società”.
Il volume di Kirill comprende un centinaio di capitoli che “donano al Popolo di Dio una bellissima cosmologia cristica, compiuta organicamente in ogni sua parte” (Giuseppina Cardillo Azzaro), Conviene con l’osservazione il cardinal Müller, che inoltre evidenzia la capacità comunicativa dell’autore, facilmente comprensibile da tutti. Sui contenuti del libro (che spazia dalla Genesi alla morte e Resurrezione di Gesù) il porporato tedesco non ha dubbi: “L’ho letto tutto d’un fiato e personalmente mi dichiaro d’accordo con tutte le argomentazioni di Kirill”. Non solo: “Le riflessioni dell’autore potrebbero essere comparate con quelle di Benedetto XVI su Gesù di Nazareth” e anche con le meditazioni di papa Francesco. E’ qui che si è inserita un’osservazione di grande rilievo ecclesiale di Müller: “Credo che Kirill e papa Francesco si siano già incontrati in Cristo, che entrambi quotidianamente predicano e annunciano, al di là di un eventuale incontro fisico in qualche parte d’Europa”. Certo permangono differenze tra cattolici e ortodossi, “riserve storiche e sistematiche” specie attorno all’esercizio del primato del vescovo di Roma, ma “oggi è necessaria la testimonianza comune di Cristo Redentore del mondo”.
Ferma restando la distinzione delle competenze tra Chiesa e Stato (che Kirill spiega bene nel volume), la Chiesa – ha evidenziato in conclusione il cardinale Müller – “ha il diritto e anche il dovere di alzare la sua voce quando il potere statale si mette contro la legge naturale”. Ogni riferimento all’attualità è naturalmente voluto, se pensiamo a quanto succede in molti Stati europei, Italia compresa; ed è un chiaro incoraggiamento a chi non si rassegna, non adagiandosi (ce ne sono anche tra i cattolici, gerarchie comprese) a un tanto facile quanto irresponsabile adattamento al pensiero dominante in molte sedi politiche, culturali, mediatiche.
Il metropolita Hilarion da parte sua ha parlato dell’autore e della sua attività frenetica attraverso l’intera Russia. Kirill è ben conscio della sua responsabilità storica ed ecclesiale; e dal suo volume traspaiono le qualità del pastore, connotato da profondità di riflessione e semplicità di linguaggio. L’antologia di brevi testi scritti per la tv russa (nel 1994 la trasmissione religiosa fu una ‘prima’ in Russia) è scritta non solo a beneficio degli ortodossi e costituisce un contributo importante nello sviluppo dei rapporti con i cattolici. Di più: il volume si indirizza “all’uomo contemporaneo”, ricco com’è di “verità eterne”. Verità eterne, la cui ricerca – ha chiosato Lorenzo Ornaghi – percorre l’intera storia dell’umanità”.
http://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/519-card-mueller-e-metropolita-hilarion-uniti-contro-il-laicismo.html
Putin rivince, Assad resta (occhio ai false flag)
Dalla Reuters:
“Dopo colloqui con il segretario britannico agli esteri Philip Hammond a Londra, John Kerry ha fatto appello alla Russia e all’Iran perché usino la loro influenza su Assad per convincerlo a negoziare una transizione politica.
“Kerry ha detto che gli Stati Uniti danno il benvenuto al coinvolgimento della Russia nel contrastare lo Stato Islamico in Siria ma il peggiorare della crisi dei rifugiati sottolinea il bisogno di trovare un compromesso che possa anche portare a un cambiamento politico nel paese. “Abbiamo bisogno di ottenere un negoziato. E’ quel che cerchiamo, e noi speriamo che Russia ed Iran, ed ogni altro paese influente, aiuterà a portare a questo, perché è questo che impedisce alla crisi di finire”.
Sentite, cari lettori, il cambio di tono? Ancora una settimana fa’ Washington ordinava a Grecia, Bulgaria, Irak di vietare il loro spazio aereo agli aerei di Mosca diretti verso la Siria, per impedire il rafforzamento militare russo. Sembrava pronta a rischiare lo scontro diretto fra le sue forze e quelle russe, insomma la terza guerra mondiale. Adesso tale rafforzamento “è benvenuto”. Prima, tuonava: Assad deve sparire, Assad must go, e immediatamente, prima di ogni discussione sul futuro della Siria, perché Assad era peggio dell’IS, “ha massacrato il suo stesso popolo”, non si tratta con questo criminale internazionale. Adesso si pregano Mosca e Teheran di “esercitare la loro influenza” su Assad “per convincerlo” a negoziare la transizione. L’Occidente si preparava ad attaccare unilateralmente il regime siriano, come due anni fa. Hollande e Cameron avevano già scaldato i motori dei loro caccia per farla finita con il capo siriano una volta per tutte. Gli Usa, con la scusa di colpire l’IS, colpivano le infrastrutture.
Il povero Kerry ha aggiunto persino questo: “Sì, nell’ultimo anno e mezzo abbiamo detto che Assad deve andarsene, ma quando e con quale modalità, è decisione che va’ fatta nel contesto del negoziato di Ginevra…Non deve essere proprio un giorno o un mese…c’è un processo per cui tutte le parti devono mettersi insieme e raggiungere un’intesa su come si può meglio raggiungere questo scopo”. Incredibile o no? Prima era aggressività, minaccia, unilateralismo; gli Usa comandano e gli altri obbediscano; adesso “negoziato”, “intesa”, nel contesto di Ginevra (un negoziato fra le opposizioni siriane ed il regime, che gli Usa hanno liquidato con spregio).
Il ruggito è diventato un miagolio, l’ammissione di una sconfitta umiliante. Chissà se sono bastati i due giorni consecutivi di bombardamenti dell’aviazione siriana (ben guidata però) contro Rakka, Idlib e Palmyra, così efficaci da mostrare che lo Stato Islamico è ben lungi dall’essere invincibile, e se l’Occidente volesse applicarcisi, la crisi dei rifugiati sarebbe presto finita.
Quattro Sukhoi “Flanker” e otto elicotteri d’assalto russi, uniti al fatto che Mosca ha mostrato una chiara e fattiva volontà di eliminare l’IS; l’astuto invito di Putin agli americani e occidentali ad unirsi a lui nell’operazione di cancellazione dello Stato Islamico (che stavano aiutando) ossia a “combattere il terrorismo come detta il diritto internazionale”, è bastato per obbligare gli americani ad abbandonare il loro bluff. Il capo del Pentagono Ashton Carter (gran minacciatore di armi tecnologicamente miracolose, capaci di dare “Il primo colpo nucleare” a Mosca) s’è affrettato a telefonare al suo collega russo Shoygu per coordinarsi, onde scongiurare un “incidente involontario” fra gli aerei Usa e quelli russi. Lo voglia o no, Washington dovrà combattere lo Stato Islamico a fianco della Russsia. Altri complici, Turchia, Arabia Saudita, Katar, hanno visto che le loro creature jihadiste si trovano oggi davanti a un Assad rafforzato in modo decisivo dall’appoggio tecnico, logistico e d’intelligence russo. La notizia fatta circolare che Mosca “può prendere in considerazione” anche un invio di truppe se lo chiede Assad, ha probabilmente completato il quadro.
Sicché
- Netanyahu s’è precipitato a Mosca per lamentarsi delle armi troppo efficaci che la Russia mette a disposizione della Siria, segno di paura.
- Nel Congresso Usa, per la prima volta dopo quattro anni e 250 mila morti si sono alzate voci che chiedono “una revisione delle nostre politiche anti-Assad. ” verso Assad. ( http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2015/09/congress-democrats-assad-regime-change-isis.html#ixzz3m4mHdgV9)
3) Persino la crisi dei rifugiati, con le ondate inviate dalla Turchia in Europa, ha prodotto un esito che gli ispiratori non avevano probabilmente previsto: i leader europei hanno dovuto volgere lo sguardo all’atroce conflitto in Siria, che hanno fatto finta di non vedere per quattro anni; ed ovviamente non potevano vendere alle loro opinioni pubbliche la colossale falsità di Washington, ossia che per far finire il conflitto bisognava far cadere Assad e, dunque, consegnare la popolazione siriana al potere dei jhadisti. Sicché persino nell’imbelle Europa si sono alzate voci come quella del nostro Gentiloni: “Noi come Italia siamo sempre stati scettici” sulla bontà dell’impostazione di “far fuori Assad” con la “consapevolezza che le forze di opposizione erano limitate, con il rischio di creare un vuoto, in cui il terrorismo avrebbe potuto trovare spazio”.
La grande opera di destabilizzazione di Assad, che sembrava prossima al successo solo pochi giorni fa, adesso ha mutato segno. Adesso è il processo di negoziato e pacificazione di Putin ad avere il sopravvento, su tutta la linea. Erdogan, Riyad e gli stati petroliferi del Golfo, che hanno creato Daesh, sono i perdenti – insieme ancora una volta ad Hollande e Cameron.
L’altro vincitore è l’Iran. Dopotutto, la monarchia saudita aveva creato, e pagato, Daesh, allo scopo sì di far cadere Assad, ma perché la caduta avrebbe indebolito in modo irreparabile l’asse sciita, essendo la Siria alawita il collegamento necessario fra Teheran ed Hezbollah.
La durata molto probabile di Assad, fa’ notare Zero Hedge, impedisce la nascita del gasdotto Katar-Turchia, un sogno americano e saudita ché sarebbe servito a sostituire le forniture di Gazprom ai consumatori europei. La tubatura avrebbe dovuto necessariamente passare per la Siria. E secondo il Guardian, “nel 2009 Assad rifiutò di firmare un accordo proposto dal Katar” per simile gasdotto, “e diede come motivazione di ‘proteggere gli interessi del suo alleato russo, che è il massimo fornitore di gas naturale all’Europa”.
Una risposta di grande dignità e lealtà. E’ dopo quella risposta che, come ha rivelato l’ex ministro degli esteri francese Roland Dumas, “i britannici han cominciato a preparare le operazioni in Siria”. E’ per questo che Usa, Francia, Londra e Sauditi e Turchi hanno provocato morte e distruzione nel paese.
Da una tale risposta di Assad, si capisce meglio quanto sia profondo il legame che lo unisce a Mosca – e come fosse vuoto e stupido il calcolo che Putin avrebbe”lasciato cadere” un simile amico. “Noi non siamo come gli americani, noi non abbandoniamo i nostri amici”, come ha detto il generale Kasem Soleimani, delle forze iraniane Quds, corpi speciali fortemente presenti in Siria e in Irak.
Invece di firmare il contratto col Katar, Assad ha condotto negoziati per una pipeline alternativa, con l’Iran, che passando per l’Irak e la Siria avrebbe potuto fornire all’Europa gas iraniano. Un progetto da 10 miliardi di dollari, che spaventò tanto la corte wahabita che il principe Bandar bin Sultan volle un colloquio a quattr’occhi con Putin in cui gli propose il controllo congiunto del mercato globale del petrolio, se avesse lasciato Assad al suo destino; altrimenti, avrebbe scatenato contro Mosca i terroristi, “che noi controlliamo”. Putin gli mostrò la porta. Il prezzo del barile cominciò da allora a cadere.
Putin ebbe ancora più chiaro che qualunque regime si insediasse al posto di Assad, sarebbe stato un fantoccio nelle mani saudite. E gli avrebbe sottratto il mercato europeo.
A questo punto, invece, l’Iran – liberato dalle sanzioni – prende il sopravvento nell’area. A Netanyahu, troppo occupato a mobilitare sayan e complici in Usa contro l’accordo iraniano, è sfuggita una parte del quadro più importante.
Le temutissime forze speciali iraniane combattono in Siria in evidente alleanza con Mosca. Il 21 settembre è stato annunciato un incontro russo-iraniano “per discutere il piano in quattro punti sulla Siria”; un piano iraniano che somiglierà molto, giureremmo, a quello putiniano: eliminare Daesh, aprire un negoziato sul mantenimento di Assad (o della componente alawita) nel governo futuro della Siria, in ogni caso sbattere fuori i sauditi dall’affare.
Onu: Arabia Saudita garante dei diritti dell’uomo
Ma questi possono consolarsi: con l’appoggio americano, israeliano ed europeo, sono stati elevati a dirigere il Comitato per i Diritti dell’Uomo alle Nazioni Unite. Da quel seggio, detterà agli altri paesi gli standard internazionali in materia di civiltà giuridica l’illuminata monarchia coranica che pratica la pena di morte per decapitazione (dall’inizio dell’anno la “giustizia” wahabita ha già decapitato più gente di Daesh), il taglio della mano per i ladri, che ha comminato mille frustate allo scrittore e dissidente politico Saif Badawi che tiene in prigione senza capo d’accusa, e che è famoso nel mondo per come rispetti “i diritti delle donne”. Quanto ai diritti dei gay, al matrimonio omosessuale e all’adozione da parte di coppie di pervertiti, siamo sicuri che la legislazione saudita ha ormai superato le più avanzate dell’Occidente. Lo sappiamo dal fatto che Elton John non ha inscenato nemmeno una delle sue isteriche manifestazioni di odio che ha esercitato contro Putin, contro Dolce & Gabbana e contro il sindaco di Venezia.
La ossessa Regina delle Kulandre globali tace, vuol dire che acconsente. E così l’intero movimento LGBT, la sinistra intelligente,le femministe militanti, le Femen, non trovano niente da dire sulla scelta dell’Onu.
Cosa volete, i valori dell’Occidente sono in buone mani.
(Frattanto Hollande, quello che ha rifiutato di consegnare a Mosca la nave Mistral, che tuttora si prepara a far sparire Assad a forza di bombardamenti, che ha sostenuto le sanzioni contro la Russia colpevole di combattere il regime di Kiev, ha mandato il suo ministro dell’agricoltura a pregare Putin di…togliere le contro-sanzioni contro i generi alimentari francesi, che la Russia non acquista più. Glie l’hanno chiesto i coltivatori di Francia, categoria molto potente ed irritabile)
La Cina si unisce all’asse Siria-Iran-Russia.
L’inviato di Pechino in Medio Oriente ha incontrato il premier iracheno (sciita) Al Maliki; ed ha dichiarato che “la Cina si porrà risolutamente a fianco degli iracheni nel loro sforzo di preservare la propria sovranità e ed indipendenza e combattero il terrorismo”. Il governo sciita iracheno sta combattendo contro lo Stato Islamico. I cinesi si stanno schierando sempre più apertamente ed efficacemente nel conflitto.
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