Il Papa e Pannella a braccetto. Brutto segno
Chissà cosa scriverebbe Biagio Pascal, se fosse oggi in vita, su Papa Francesco, il Giubileo e la “novità” per la Chiesa di avere un Papa Gesuita. Mi suggeriscono queste riflessioni, da una parte il ricordo della lettura delle Lettere Provinciali dello scienziato e filosofo francese, cristiano, cattolico e giansenista, in polemica con la morale dei Gesuiti, sostenitori dell’ “opinione probabile”, della salvezza dell’anima per chi si attenesse ad una “probabilità” di interpetrazione della morale cristiana. Con l’appendice che i confessori (divenire i confessori di Re, Imperatori, Governatori, Generali e Gran Signori era uno degli obiettivi primari dei Gesuiti) potessero tranquillizzare le coscienze dei penitenti in base alla mera “probabilità” che non avessero peccato.
Pascal, “Giansenista”, cioè rigorista, considerava questo un modo per gabbare le coscienze e la stessa morale, per accattivarsi la “clientela” dei potentati-penitenti con la “manica larga” del giudizio sulla loro condotta.
Dall’altra parte a suggerirmi questi accostamenti alla morale dei “casuisti” gesuiti delle “lettere pontificie” sui giudizi di nullità matrimoniale del Papa Gesuita è una locandina che tengo esposta in bella vista vicino all’ingresso nel mio studio. E’ la locandina di una pièce teatrale rappresentata a Roma, tra l’altro al Teatro Italia in Via Bari, all’epoca della battaglia per il divorzio, di cui sono stato autore con alcuni degli stessi attori che poi la recitarono, intitolata Tamquam non esset con la traduzione maccheronica-maliziosa “come se niente fosse”. La commedia è in due atti in cui però l’azione si svolge sempre nello studio di un avvocato rotale. Il matrimonio dell’ing. Bigazzi è nel primo atto, discusso e trovato irrimediabilmente nullo perché all’epoca in cui lo contrasse era comunista (diventato poi democristiano). Nel secondo atto il matrimonio di un poveraccio, la cui moglie, mentre lui era in guerra “s’era messa a fà la puttana” era invece riconosciuto brillantemente valido. Questo mi fa ricordare che oltre che “drammaturgo” la battaglia per il divorzio mi fece diventare anche autore di canzoni (non “cantautore” perché ho la voce di un ranocchio). Scrissi infatti anche una Ballata della Sacra Rota, che fu anche cantata in Piazza Navona la sera del 13 maggio 1974: “cari compagni adesso si vota/ o Divorzio o Sacra Rota/ Ma noi sappiamo come andrà/ Sarà il Divorzio che vincerà!”
A porre la questione nei termini “o divorzio o Sacra Rota” (che sapevo essere necessariamente quelli della nostra vittoria) non ero stato il solo. Per fortuna (nostra) lo aveva tentato anche il Papa di allora, che non era gesuita, Papa Montini, Paolo VI, che aveva, nel corso delle polemiche pro-contro il divorzio, emesso un motu proprio che “semplificava” i giudizi di nullità e ne proclamava la gratuità. Non essendo gesuita e non essendo comunque troppo convinta allora la Chiesa che proprio il popolo fosse “sovrano”, non pensò di “regalare”, come avrebbe detto G.G. Belli, un annullamento troppo facile dei matrimoni, neanche per l’occasione di un Giubileo.
Il Papa Gesuita, invece, per il Giubileo vuole l’amnistia generale, come ai tempi dell’Antico Testamento, e del potere temporale, in cui si svuotavano le galere “a ogni morte –ed elezione- de Papa”, un’amnistia “pannelliana”, forse suggeritagli proprio da Marco Pannella, e poi un “annullamento facile” dei matrimoni andati a monte, non solo gratuiti ma semplici, con l’intervento diretto dei Vescovi che debbono metterci becco per “raccomandare” di non far mancare ai fedeli “in vinculis” di un matrimonio fallito i benefici di una sorta di “amnistia giubilare matrimoniale”. “Per annullare sempre più presto/ col motu proprio di Paolo VI” diceva la canzone “o divorzio o Sacra Rota”, ma va a pensare allora che magari potessero dirlo sul serio, e poi far “giubilare” anche i “malmaritati” in occasione di un Giubileo con degli annullamenti facili facili, elargiti quali appendici di una amnistia Pannella-Bergoglio. Pare che Pannella, di fronte alle prese di posizione pro-amnistia di Papa Francesco non abbia potuto trattenere le lacrime. Di fronte all’amnistia matrimoniale non credo che ne avrà colto il significato e la strumentalizzazione “anti-divorzio”. E questo anche se, per caso, avesse letto i miei libri (che ancora non mi aveva “contestato” come “settecenteschi” quando mi cacciò dal Partito Radicale). Sarà quindi alla notizia delle due “lettere” pontificie scoppiato in un pianto dirotto. Un pianto che gli varrà i “benefici” giubilari e, in un domani che ci auguriamo lontano, magari anche il Paradiso.
Chissà che cosa avrebbe detto Pascal di una morale gesuitica che, adattandosi alle scelte “amnistiali”, conquisti anche un Pannella, e che ha conquistato, come almeno è nelle sue convinzioni, buona parte di quelli contro cui si è battuto in altri tempi. Salti chi può.
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