Come per incanto, da qualche giorno, l’Italia e l’Europa intera scopre il “dramma dei profughi siriani”.
Tutti, magicamente, da Lampedusa alle isole greche, quelli che arrivano (o vengono direttamente accompagnati) sono diventati “siriani”. “Migrante” sta facendo tutt’uno con “siriano”.
Arrivano “siriani” anche dall’Africa nera!
Come mai? deve chiedersi l’osservatore con un quoziente intellettivo superiore all’Homo Naledi…
La risposta è semplice. Dopo aver inculcato ben bene questa “verità” nei tele-sudditi, hanno cominciato a “preoccuparsi” tantissimo perché la Russia avrebbe dislocato in Siria qualche migliaio di “scarponi” armati di tutto punto.
È “preoccupatissimo” Obama. “Preoccupazioni che vanno ad aggiungersi ad una situazione già preoccupante”, echeggia tal Gentiloni messo a fare il Ministro degli Esteri. Quando avremo di nuovo un vero ministro degli Esteri?
Tutta gente che non s’è mai “preoccupata”, e che anzi è andata in visibilio, da quando è cominciata la cosiddetta “Primavera araba”, la quale ha prodotto solo sconquassi per l’Europa.
E come facciano a “preoccuparsi” se la Russia vuol mantenere le sue posizioni nell’area a tutto danno dello “spauracchio” Isis, resta un mistero che potranno svelarci, un giorno, solo gli Hollande, i Cameron e compagnia teatrante che mentre grida “al lupo” porge il coltello con cui le “pecore” (cioè noi) saremo allegramente sacrificati.
La Turchia, poi, fa il suo gioco (che a noi è interdetto), evacuando il nord della Siria di quanti più curdi è possibile. Gli stessi curdi, notiamolo, che si battono contro lo “Stato islamico” e che perciò intralciano il progetto del “Califfato”. E gli Yazidi “in fuga dall’Isis”? Se ne ricorda ancora qualcuno? Chi s’è preso la briga di verificare se preferivano la Siria prima della “rivoluzione”? No, fanno “numero” anche loro, pur di arrivare allo scopo.
In mezzo a questa rotta di disperati “siriani” c’è di tutto: i poveri iracheni, che a far fagotto han fatto ormai il callo da più di vent’anni; e i soliti palestinesi, le cui drammatiche condizioni di vita non hanno mai “preoccupato” nessuno. A rimpinguare i ranghi dei “siriani” anche afghani, pachistani e bangladeshi, il che appare davvero comico perché sarebbe come far passare per “italiano vero” un norvegese.
Se in tutto questo non ci fosse la tragedia di gente sballottata senza pietà, ci sarebbe solo da ridere.
E invece non ci resta che piangere, se si fa due più due, e cioè che dopo l’emergenza “profughi siriani” (tra i quali quelli con le corrette “credenziali” di filo-ribelli saranno più “siriani” degli altri) e una “preoccupazione” incontrollabile per le pretese “mosse ostili” della Russia, scoppierà una guerra devastante che investirà in primo luogo il Libano, dove sono acquartierati circa 2.500 nostri “scarponi”.
Ecco, di quello mi “preoccuperei”, se fossi a capo della Farnesina. Non delle dicerie messe in circolazione da chi non vede l’ora di far la guerra alla Russia, obbligandoci a stare dalla sua parte a colpi di “siriani” che scapperebbero non dal macello che la Premiata Ditta Occidentale, sfruttando il settarismo di una minoranza locale, ha scatenato, bensì dalla testarda ed imprevista resistenza dimostrata dal “regime siriano” sostenuto da Russia ed Iran.
Quindi occhi aperti, perché se la Siria è un campo di battaglia dal 2011 ma solo adesso han deciso di mandarci i “siriani”, è perché, con tutta probabilità, stanno pensando d’imprimere una netta accelerata alla cosiddetta “crisi siriana”.
di Enrico Galoppini
Ungheria
Crisi migratoria e crisi dell'accoglienza: le ragioni del Governo ungherese del Premier Victor Orban
(a cura Redazione "Il sismografo")Márk A. Érszegi |
(NdR - Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Il testo originale è in italiano e corrisponde alla mail riportata sotto così come ci è pervenuta - Il titolo è responsabilità della Redazione)
Egregio Direttore Badilla, caro Luis,
seguendo "Il Sismografo” ho trovato un paio di post sull’attuale situazione dei migranti che mi inducono a proporre per iscritto qualche considerazione.
Ultimamente il Governo ungherese viene accusato, a causa della costruzione di una recinzione/muro al proprio confine meridionale, di operare un gesto contrario allo “spirito europeo”, al dovere dell’accoglienza e della solidarietá. Per giudicare se un muro é legittimo o no, se é giusto o no bisogna studiarne le ragioni ed i fini. Un conto é il muro inteso a separare ingiustamente persone e popoli, come era er esempio la cortina di ferro, un altro, invece, un muro volto ad essere di ausilio al mantenimento dell’ordine pubblico. Muro é pure l’argine che é costruito per incanalare i flussi delle acque che altrimenti causerebbero disordine.
Oggi l’Ungheria si trova in una situazione non facile. Da una parte ha il dovere di difendere il proprio confine con la Serbia che é confine esterno dell’area Schengen, assicurando che esso sia varcato solo in modo legale. Deve, inoltre, applicare le regole del trattato di Dublino sulle procedure di asilo e di immigrazione. Dall’altra parte vi é una situazione in cui migliaia e migliaia di persone attraversano il confine di Stato in modo non permesso dalle norme nazionali e internazionali, quindi in modo illegale. La stragrande maggioranza di queste persone poi ha in mente un solo obiettivo: proseguire verso altri Paesi dell’UE.
Si tratta prima di tutto di persone umane con i propri diritti e doveri che nessuno vuole mettere in questione (almeno in Ungheria), ma é anche vero che per decidere chi siano e a quale trattamento abbiano diritto (per es. asilo) é necessario che gli stessi collaborino con le Autoritá e si sottopongano alle regole che sono uguali per tutti, proprio per garantire i diritti di tutti. Le scene tumultuose (fughe dai punti di raccolta, treni assaltate e gente che cammina in autostrada) che i media ultimamente trasmettono dall’Ungheria sono proprio frutto di questo rifiuto dei migranti di cooperare con le Autoritá.
Di fronte a questa situazione l’Ungheria avrebbe in teoria due possibilitá. Se “chiudesse un occhio”, lasciando che i migranti proseguano verso la loro meta – come stanno per altro facendo altri Stati che si trovano sul percorso dei migranti – esso scaricherebbe semplicemente il problema sugli altri Paesi. Ció non si qualificherebbe come un gesto di solidarietá e di accoglienza, anche se sicuramente sarebbe secondo la volontá dei migranti stessi. L’alternativa, invece, é quella di applicare le regole e compiere il proprio dovere. Ed é proprio ció che il Governo ungherese ha deciso di fare.
Il famoso muro o recinzione ha lo scopo di regolare il flusso migratorio e facilitare lo svolgimento delle procedure di identificazione e di asilo previste dalle leggi (nazionali e internazionali). É importante sapere che l’Ungheria non ha chiuso le sue frontiere, ma cerca solamente di assicurare che l’attraversamento di esse avvenga in modo legale, attraverso i valichi di frontiera che restano aperti e dove chi desidera puó presentare regolare richiesta di asilo.
Le ultime modifiche della normativa in materia di immigrazione e di protezione delle frontiere hanno come scopo lo snellimento di tali procedure, con la creazione di zone di transito anche al di fuori dei valichi di frontiera e con l’accelerazione della procedura di valutazione della domanda di asilo. Bisogna ricordare che é garantita da parte dello Stato l’assistenza necessaria (cibo e acqua, alloggi, sanitá) ai migranti e ai richiedenti asilo, cui si aggiunge la meritoria opera degli organismi caritatevoli ed assistenziali non governative ed ecclesiali.
Certo, le leggi di solito hanno delle sanzioni per i trasgressori, in modo da dissuadere dalla violazione delle stesse e per difendere l’ordine giusto. Cosí chi attraversa la frontiera in modo illegale (mentre lo potrebbe fare anche legalmente) sará soggetto a detenzione ed espulsione – sanzioni di solito applicate dagli Stati in questa materia. Ci sará anche l’esercito a dare una mano a controllare la frontiera (forze militari con compiti di polizia – proprio come la gendarmeria in altri Paesi).
Quanto alla questione delle cosiddette quote obbligatorie di profughi da distribuirsi tra i Paesi UE é noto che l’Ungheria é contraria. Anche se tale proposta é intesa a portare sollievo ai Paesi di frontiera come l’Ungheria. Il Governo ungherese é contrario perché é convinto che si tratti di una soluzione che non funzionerebbe. Non solo perché il flusso di migranti varia di giorno in giorno, non solo perché tale soluzione indurrebbe nuovi flussi di migranti a venire in Europa. Ma anche perché, come abbiamo visto, i migranti e i rifugiati intendono andare in determinati Paesi e non in altri. I rifugiati, che hanno affrontato un viaggio pieno di sacrifici e pericoli per vivere in Germania o in Svezia accetterebbero forse di essere assegnati a stabilirsi in un Paese diverso? Non si riverserebbero comunque nei Paesi di loro scelta, approfittando della libertá di movimento dell’area Schengen?
Costruzione della recinzione sul confine e rifiuto della quota obbligatoria di distribuzione dei rifugiati: due punti dove l’Ungheria potrebbe “fare il bravo” e lasciar correre. E cosí alla fine si troverebbe con ogni probabilitá in una situazione piú facile: i migranti se ne andrebbero in Germania e Svezia e cosí pure i rifugiati eventualmente assegnatigli. Ma cosí facendo non compirebbe il proprio dovere derivante dalle regole europee vigenti. Non sarebbe questa la strada della solidarietá e dell’accoglienza.
Grato per l’attenzione, con cordiali saluti,
Márk A. Érszegi
Ambasciata d’Ungheria presso la S. Sede
Egregio Direttore Badilla, caro Luis,
seguendo "Il Sismografo” ho trovato un paio di post sull’attuale situazione dei migranti che mi inducono a proporre per iscritto qualche considerazione.
Ultimamente il Governo ungherese viene accusato, a causa della costruzione di una recinzione/muro al proprio confine meridionale, di operare un gesto contrario allo “spirito europeo”, al dovere dell’accoglienza e della solidarietá. Per giudicare se un muro é legittimo o no, se é giusto o no bisogna studiarne le ragioni ed i fini. Un conto é il muro inteso a separare ingiustamente persone e popoli, come era er esempio la cortina di ferro, un altro, invece, un muro volto ad essere di ausilio al mantenimento dell’ordine pubblico. Muro é pure l’argine che é costruito per incanalare i flussi delle acque che altrimenti causerebbero disordine.
Oggi l’Ungheria si trova in una situazione non facile. Da una parte ha il dovere di difendere il proprio confine con la Serbia che é confine esterno dell’area Schengen, assicurando che esso sia varcato solo in modo legale. Deve, inoltre, applicare le regole del trattato di Dublino sulle procedure di asilo e di immigrazione. Dall’altra parte vi é una situazione in cui migliaia e migliaia di persone attraversano il confine di Stato in modo non permesso dalle norme nazionali e internazionali, quindi in modo illegale. La stragrande maggioranza di queste persone poi ha in mente un solo obiettivo: proseguire verso altri Paesi dell’UE.
Si tratta prima di tutto di persone umane con i propri diritti e doveri che nessuno vuole mettere in questione (almeno in Ungheria), ma é anche vero che per decidere chi siano e a quale trattamento abbiano diritto (per es. asilo) é necessario che gli stessi collaborino con le Autoritá e si sottopongano alle regole che sono uguali per tutti, proprio per garantire i diritti di tutti. Le scene tumultuose (fughe dai punti di raccolta, treni assaltate e gente che cammina in autostrada) che i media ultimamente trasmettono dall’Ungheria sono proprio frutto di questo rifiuto dei migranti di cooperare con le Autoritá.
Di fronte a questa situazione l’Ungheria avrebbe in teoria due possibilitá. Se “chiudesse un occhio”, lasciando che i migranti proseguano verso la loro meta – come stanno per altro facendo altri Stati che si trovano sul percorso dei migranti – esso scaricherebbe semplicemente il problema sugli altri Paesi. Ció non si qualificherebbe come un gesto di solidarietá e di accoglienza, anche se sicuramente sarebbe secondo la volontá dei migranti stessi. L’alternativa, invece, é quella di applicare le regole e compiere il proprio dovere. Ed é proprio ció che il Governo ungherese ha deciso di fare.
Il famoso muro o recinzione ha lo scopo di regolare il flusso migratorio e facilitare lo svolgimento delle procedure di identificazione e di asilo previste dalle leggi (nazionali e internazionali). É importante sapere che l’Ungheria non ha chiuso le sue frontiere, ma cerca solamente di assicurare che l’attraversamento di esse avvenga in modo legale, attraverso i valichi di frontiera che restano aperti e dove chi desidera puó presentare regolare richiesta di asilo.
Le ultime modifiche della normativa in materia di immigrazione e di protezione delle frontiere hanno come scopo lo snellimento di tali procedure, con la creazione di zone di transito anche al di fuori dei valichi di frontiera e con l’accelerazione della procedura di valutazione della domanda di asilo. Bisogna ricordare che é garantita da parte dello Stato l’assistenza necessaria (cibo e acqua, alloggi, sanitá) ai migranti e ai richiedenti asilo, cui si aggiunge la meritoria opera degli organismi caritatevoli ed assistenziali non governative ed ecclesiali.
Certo, le leggi di solito hanno delle sanzioni per i trasgressori, in modo da dissuadere dalla violazione delle stesse e per difendere l’ordine giusto. Cosí chi attraversa la frontiera in modo illegale (mentre lo potrebbe fare anche legalmente) sará soggetto a detenzione ed espulsione – sanzioni di solito applicate dagli Stati in questa materia. Ci sará anche l’esercito a dare una mano a controllare la frontiera (forze militari con compiti di polizia – proprio come la gendarmeria in altri Paesi).
Quanto alla questione delle cosiddette quote obbligatorie di profughi da distribuirsi tra i Paesi UE é noto che l’Ungheria é contraria. Anche se tale proposta é intesa a portare sollievo ai Paesi di frontiera come l’Ungheria. Il Governo ungherese é contrario perché é convinto che si tratti di una soluzione che non funzionerebbe. Non solo perché il flusso di migranti varia di giorno in giorno, non solo perché tale soluzione indurrebbe nuovi flussi di migranti a venire in Europa. Ma anche perché, come abbiamo visto, i migranti e i rifugiati intendono andare in determinati Paesi e non in altri. I rifugiati, che hanno affrontato un viaggio pieno di sacrifici e pericoli per vivere in Germania o in Svezia accetterebbero forse di essere assegnati a stabilirsi in un Paese diverso? Non si riverserebbero comunque nei Paesi di loro scelta, approfittando della libertá di movimento dell’area Schengen?
Costruzione della recinzione sul confine e rifiuto della quota obbligatoria di distribuzione dei rifugiati: due punti dove l’Ungheria potrebbe “fare il bravo” e lasciar correre. E cosí alla fine si troverebbe con ogni probabilitá in una situazione piú facile: i migranti se ne andrebbero in Germania e Svezia e cosí pure i rifugiati eventualmente assegnatigli. Ma cosí facendo non compirebbe il proprio dovere derivante dalle regole europee vigenti. Non sarebbe questa la strada della solidarietá e dell’accoglienza.
Grato per l’attenzione, con cordiali saluti,
Márk A. Érszegi
Ambasciata d’Ungheria presso la S. Sede
Rifugiati in massa. Un Dramma o un Programma?
di JESÚS CALABUIG
Prospettare le cause del dramma a cui assistiamo dell’arrivo in massa di migranti /rifugiati in Europa non è un compito facile in una società che, intontita dalla televisione e dai media, accetta senza capacità di critica e di opinione sulle risposte che vengono dispensate dalle oligarchie europee.
Da alcuni giorni il possente apparato dei media occidentali sta promuovendo una corrente di sensibilizzazione e di accettazione delle idee pro-immigrazione, nello stesso modo in cui una volta si erano promosse l’affinità e la simpatia verso quei movimenti di protesta presumibilmente spontanei che furono pubblicizzati con il nome di “Primavere Arabe” che si affermava che avrebbero condotto verso la democratizzazione dei paesi del Medio Oriente, ma che, nonostante questo, hanno avuto il risultato di portare alla guerra, la distruzione, la morte e l’esilio di centinaia di migliaia di persone.
Assistiamo ad una tragedia umanitaria che è diretta conseguenza di alcune guerre orchestrate dal preteso governo di dominio mondiale (l’asse Stati Uniti-Israele) con la complicità degli alleati della Unione Europea e delle marionette di turno: i pifferai che innalzavano allora la bandiera delle Primavere Arabe “per liberare il popolo dai malvagi dittatori” (dicevano), quando per la verità si è dimostrato che erano complici, senza saperlo, di un preciso piano, disegnato da Washington, per favorire una determinata strategia internazionale basata sul controllo delle risorse e sulla destabilizzazione dei paesi del Medio Oriente a beneficio di Israele di fronte ai paesi arabi.
Tutti questi paesi che sono stati oggetto di destabilizzazione a partire dalle tanto peculiari “rivolte popolari” avevano un denominatore comune: dispongono di immense riserve di petrolio ed erano paesi che escludevano gli Stati Uniti nei loro affari e scambi commerciali , quasi sempre disponevano di accordi commerciali con i principali “competitors” di questi, come la Russia e la Cina.
Si trattava di Stati laici e sovrani con una proiezione economica di futuro, e presentavano tutti un drastico antagonismo rispetto ad Israele.
Motivi questi più che sufficienti perchè i pretesi dominatori del mondo ci vendessero il falso mito che i trattava di “paesi con un regime di un tiranno” che era necessario rovesciare per “instaurare la democrazia”. Questo, alla pari con la cortina di silenzio calata sulle “dittature buone”, associate a questo asse del dominio globale, come lo sono, per esempio, quelle dell’Arabia Saudita, del Qatar o degli Emirati Arabi o, senza andare tanto lontano, il vicino Marocco la cui famiglia reale accumula i tre quarti del PIL dello Stato.
Motivi questi più che sufficienti perchè i pretesi dominatori del mondo ci vendessero il falso mito che i trattava di “paesi con un regime di un tiranno” che era necessario rovesciare per “instaurare la democrazia”. Questo, alla pari con la cortina di silenzio calata sulle “dittature buone”, associate a questo asse del dominio globale, come lo sono, per esempio, quelle dell’Arabia Saudita, del Qatar o degli Emirati Arabi o, senza andare tanto lontano, il vicino Marocco la cui famiglia reale accumula i tre quarti del PIL dello Stato.
La circostanza è stata più che riconosciuta ed accertata dell’avvenuto finanziamento e fornitura di armi da parte degli USA ai fanatici agitatori dello Stato Islamico.
Allo stesso modo, dopo appena alcuni giorni, una informazione riservata filtrata da parte di un funzionario del servizio di intelligence austriaco rivelava come dagli USA si stanno finanziando anche le organizzazioni mafiose che favoriscono le partenze dei migranti e dei rifugiati verso l’Europa.
Allo stesso modo, dopo appena alcuni giorni, una informazione riservata filtrata da parte di un funzionario del servizio di intelligence austriaco rivelava come dagli USA si stanno finanziando anche le organizzazioni mafiose che favoriscono le partenze dei migranti e dei rifugiati verso l’Europa.
Nelle parole dell’analista Thierry Meyssann, che analizza queste informazioni filtrate, “l’ondata di migranti e rifugiati che cercano di arrivare in Europa non è una conseguenza accidentale . Il caos non è casuale ma è il vero obiettivo”.
Così dunque il caos si prospetta per maggiore delizia di coloro che perseguono la realizzazione di un mondo dove gli Stati nazionali saranno abbattuti e resi servili alle loro pretese di dominio globale, sospingendo tutta una massa di milioni di migranti verso il cuore dell’Europa per debilitarla a beneficio degli interessi del grande capitale transnazionale, delle grandi multinazionali e delle decadenti elite locali che fomentano e si approfittano del doloroso esodo di milioni di persone per ottenere mano d’opera di riserva ed a buon mercato; ogni volta che l’identità e la personalità degli Stati Europei entra in conflitto, vedendosi anche minacciata la nostra sicurezza per causa dell’arrivo incontrollato di numerosi jihadisti infiltrati i quali si approfittano della caduta dei filtri di ingresso nei singoli Stati più esposti.
Così dunque il caos si prospetta per maggiore delizia di coloro che perseguono la realizzazione di un mondo dove gli Stati nazionali saranno abbattuti e resi servili alle loro pretese di dominio globale, sospingendo tutta una massa di milioni di migranti verso il cuore dell’Europa per debilitarla a beneficio degli interessi del grande capitale transnazionale, delle grandi multinazionali e delle decadenti elite locali che fomentano e si approfittano del doloroso esodo di milioni di persone per ottenere mano d’opera di riserva ed a buon mercato; ogni volta che l’identità e la personalità degli Stati Europei entra in conflitto, vedendosi anche minacciata la nostra sicurezza per causa dell’arrivo incontrollato di numerosi jihadisti infiltrati i quali si approfittano della caduta dei filtri di ingresso nei singoli Stati più esposti.
Non si sono accontentati di distruggere il Medio Oriente, vogliono anche soffocare l’Europa, e in questo senso un altro audace giornalista, Nicolas Bonnal, non si trattiene dall’affermare che “gli Stati Uniti hanno organizzato una invasione dell’Europa con l’aiuto dei suoi politici servi come Renzi, Hollande e la Merkel”.
Bonnal puntualizza che “si stanno mettendo in pratica i principi neo macchiavellici di Leo Strauss e degli strateghi allo stile di Paul Wolfowitz. Questi trokzisti falliti vogliono governare mediante il caos i vari paesi, nel privarli delle loro identità umane, culturali e storiche”.
Adesso ci martellano mediaticamente con le immagini dei rifugiati e della loro tragedia che essi stessi ( i dominanti) hanno creato, generando una corrente di benintenzionato umanitarismo che culmina con la creazione di centri di accoglienza, che di modo indiretto stanno favorendo l’incremento vertiginoso del numero degli sfollati che si arrischiano ad intraprendere un viaggio che culmina spesso con la morte di migliaia di loro.
Adesso ci martellano mediaticamente con le immagini dei rifugiati e della loro tragedia che essi stessi ( i dominanti) hanno creato, generando una corrente di benintenzionato umanitarismo che culmina con la creazione di centri di accoglienza, che di modo indiretto stanno favorendo l’incremento vertiginoso del numero degli sfollati che si arrischiano ad intraprendere un viaggio che culmina spesso con la morte di migliaia di loro.
Alla testa di appelli tanto irresponsabili nello stile dei annunciare “città di asilo”, troviamo di nuovo gli utili idioti della “primavera democratica”, come nel caso, ad esempio, della sindachessa d Barcelona, la ex “okupa” Ada Colau, da cui poco potevamo aspettarci, tenendo in conto del suo impiego all’interno di un baracchino di queste denominate ONG, che vivono precisamente della speculazione sui migranti e che ha ricevuto un ammontare di 3.7 milioni di euro nelle sovvenzioni dello Stato e della Generalitat della Catalogna.
Al di fuori delle critiche, come che si tratti di offrire soluzioni più in là del confortante populismo che significa annunciare l’accoglienza dei rifugiati, bisogna segnalare le misure proposte dall’eurodeputato italiano Matteo Salvini, il quale sollecita la UE a che si interessi per farla finita con la guerra e l’esodo dei rifugiati, sterminando il gruppo terrorista dello Stato Islamico e revocando il blocco, l’embargo e le sanzioni che l’Unione Europea ha imposto alla Siria.
Tuttavia già si sa che questo argomento, al momento, non interessa all’asse dei dominanti, alla cui testa visibile hanno collocato il Premio Nobel della Pace.
Per arrivare alla fine, semplicemente voglio sottolineare che faccio a meno delle manifestazioni del “no alla guerra”, e che è un peccato che queste siano state sostituite dal masochismo di condividere nei social media le foto del bimbo morto sulla spiaggia.
Per arrivare alla fine, semplicemente voglio sottolineare che faccio a meno delle manifestazioni del “no alla guerra”, e che è un peccato che queste siano state sostituite dal masochismo di condividere nei social media le foto del bimbo morto sulla spiaggia.
Fonte: El Manifiesto Traduzione e sintesi: Luciano Lago Nella foto in alto: profughi in arrivo al confine tra Serbia ed Ungheria http://www.controinformazione.info/rifugiati-in-massa-un-dramma-o-un-programma/#more-12847
Profughi in parrocchia? Niente scherzi li scelgono i parroci
Il cardinale di Bologna, Carlo Caffarra: attenta selezione dei profughi da ospitare BOLOGNA – Una famiglia di profughi in ogni parrocchia? Sì, bello, ma… Papa Francesco dispone ma sono i preti, o meglio, in questo caso i cardinali a disporre. Papa Francesco ha invitato tutte le parrocchie in Europa a accogliere almeno una famiglia di profughi, ma il cardonale di Bologna, Carlo Caffarra, ha posto dei paletti ben precisi. Non un’accoglienza emergenziale di persone appena arrivate, ha chiarito il principe della chiesa stanziato a Bologna, ma di singoli o nuclei familiari già identificati o conosciuti, con percorsi di accoglienza tramite la Caritas diocesana e con la corresponsabilità dei parrocchiani perché da soli i sacerdoti non potrebbero far fronte al bisogno e “in tal caso si prenderà atto con dolore dell’impossibilità di accogliere”. Sono, riferisce l’agenzia di stampa Ansa, le ‘prime considerazioni per l’accoglienza dei profughi’ fatte in una nota dal card.Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna. “L’accoglienza dei profughi cui ci ha invitato Papa Francesco all’Angelus di domenica 6 settembre si può realizzare attraverso un processo che sarà inevitabilmente lento e ponderato”, scrive Caffarra nel documento reso noto dalla Curia bolognese, che fornisce “prime indicazioni d’intenti e di prospettive per iniziare a dare corpo alla richiesta del Papa, sgomberare il campo da improvvisazioni e cercare di muoverci in modo ordinato”. L’arcivescovo spiega dunque che “non si tratterà di una accoglienza emergenziale di persone appena arrivate, per le quali sono attivi apposti centri: Cara (Centro Accoglienza Richiedenti Asilo) e Cas (Centro Accoglienza Straordinaria); si tratterà invece di accoglienza di singoli o nuclei familiari già identificati e conosciuti per i quali si potrà predisporre un percorso specifico caso per caso”. In questo processo l’Arcidiocesi agirà attraverso la Caritas Diocesana, “che si interfaccerà da un lato con Prefettura e i Centri di cui sopra e dall’altro con le Caritas presenti sul territorio (parrocchiali, interparrocchiali o di zona o di vicariato). Alle Caritas presenti sul territorio faranno riferimento le singole parrocchie o comunità religiose o altre realtà che si rendono disponibili all’accoglienza”. Caffarra spiega che “si vuole offrire ai profughi percorsi di vera accoglienza e integrazione e, al tempo stesso, garantire chi accoglie di non essere lasciato a se stesso nel gestire situazioni che sono delicate e faticose. Ogni realtà che accoglie è necessario che sia quotidianamente visitata, monitorata e sostenuta dalla comunità tutta e da altre figure esterne competenti e autorevoli. Potrebbe essere questo uno spazio affidato anche ad Associazioni, Movimenti e altre Aggregazioni ecclesiali, che possono offrire alla realtà ospitante svariate forme di sostegno organizzato. Sarà gioia e onore per chi accoglie offrire amicizia, vicinanza fraterna, vitto e alloggio gratuitamente, escludendo quindi, nella generalità dei casi, ogni forma di rimborso economico per l’accoglienza prestata. Tutto ciò che invece comporterà costi e impegni ulteriori (ad esempio assistenza sanitaria, corsi di lingua e di formazione, adempimenti burocratici e tutto quello che, pur necessario, esula dal vitto e dall’alloggio) non sarà a carico della realtà ospitante, ma impegno delle realtà caritative e istituzioni preposte che sovrintendono, gestiscono e tutelano questa accoglienza e il suo buon andamento”. La Parrocchia, sottolinea il cardinale, “non si identifica con il parroco o la canonica o le strutture parrocchiali. Proprio perché l’accoglienza sia espressione di tutta la comunità cristiana, si chiede che i sacerdoti responsabili di parrocchie e zone pastorali non si facciano carico da soli dell’accoglienza. Se non si riuscisse a garantire una effettiva corresponsabilità con almeno alcuni parrocchiani, neppure il parroco da solo potrebbe far fronte al bisogno; in tal caso si prenderà atto con dolore della impossibilità di accogliere”. Intanto, “il primo passo che ora concretamente possiamo compiere nelle nostre comunità è indirizzare alle Caritas presenti sul territorio o ad un referente individuato appositamente, le disponibilità di accoglienza che vengono offerte (un appartamento abitabile ma ora non utilizzato, una famiglia disposta ad accogliere in casa propria qualcuno, altri spazi utilizzabili allo scopo). Nel frattempo la Caritas Diocesana attiva i contatti con le istituzioni per capire di cosa c’è bisogno. In una fase successiva si potrà iniziare a ipotizzare abbinamenti tra singole situazioni di bisogno e le realtà più adatte ad accoglierle”. http://www.blitzquotidiano.it/blitz-blog/profughi-in-parrocchia-niente-scherzi-li-scelgono-i-parroci-2271621/? Allora eliminate le frontiere
Che ce ne facciamo, se chiunque può varcarle e insediarsi nella penisola? Aboliamole come fossero enti inutili. E sia fatta la volontà di Bergoglio
Non hanno i mezzi per accogliere una folla di disperati e rifiutano di accodarsi a quei Paesi, come il nostro, che, nell'incapacità di governare il fenomeno, lo subiscono giustificandosi: siamo mossi dal superiore principio morale di ricevere chi fugge dalla guerra e dalla miseria. Principio nobile, ispirato a sentimenti umanitari e, perché no, religiosi, ma inapplicabile in senso estensivo se si desidera mantenere un minimo di ordine nazionale.
I motivi sono presto detti. Le ondate degli arrivi dall'Africa e dal Vicino Oriente sono incessanti. Forse si fermeranno, ma quando? E se non si fermano? Il buonismo da cui siamo affetti e dal quale non guariamo per pigrizia mentale e disorganizzazione, tipicamente italiana, minaccia di diventare una forma di suicidio. Il numero degli alberghi da requisire e destinare agli extracomunitari non è infinito; gli edifici parrocchiali messi a disposizione dalle curie, neppure. Le case popolari non bastano per gli indigenti di casa nostra, figuriamoci se ne avanzano per gli stranieri.
Ma di tutto ciò i buonisti non si rendono conto, almeno in apparenza. Al grido di «dentro tutti, avanti c'è posto», i responsabili della cosa pubblica stanno ponendo le basi di un disastro. Tanto più che non sono in grado di distinguere chi ha diritto d'asilo da chi, viceversa, proviene da Paesi cosiddetti sicuri. È vero che la Germania, con un cambiamento di linea impresso da Angela Merkel, ha deciso di spalancare i confini ai siriani. Va però aggiunto che i tedeschi sono pronti - a differenza di noi - a rimpatriare coloro i quali non hanno i requisiti per rimanere in Europa. Operazione che essi sanno fare. Noi no. Siamo lenti come la fame (fino a due anni di attesa) nello stabilire chi possa avere e chi no accesso all'assistenza nostra.
Oltretutto, in Italia prende piede una mentalità per cui anche gli affamati (ammesso che lo siano), e non solo i perseguitati, meritano protezione. Bellissime intenzioni, però intraducibili in azioni concrete dato che siamo in bolletta e non abbiamo un territorio sufficientemente vasto per importare milioni di poveracci. La fermezza inglese, ungherese e danese non è il frutto marcio della xenofobia e del razzismo, come pensano tanti compatrioti pasticcioni, ma è generata dalla consapevolezza che tutto ha un limite. O la generosità è compatibile con le risorse oppure non è generosità: è follia.
Lo slogan lanciato da Matteo Renzi va aggiornato: la lotta è tra la ragione e l'imbecillità. Altro che il Pd contro le bestie. Gli italiani, a forza di affidarsi al cielo, cadranno nella fossa dei fessi. Non bisogna ubbidire alla Merkel, occorre imitarla. E se non ne siamo capaci, seguiamo l'esempio della Danimarca, che è arrivata per ultima nel club degli apoti, ma ci è arrivata: meglio tardi che mai. Altrimenti domandiamoci che ne facciamo delle frontiere, se chiunque può varcarle e insediarsi nella penisola? Aboliamole come fossero enti inutili. E sia fatta la volontà di Dio; o, più precisamente, di Bergoglio.
Ven, 11/09/2015 -
http://www.ilgiornale.it/news/politica/allora-eliminate-frontiere-1169393.html
Perché dobbiamo campare anche i delinquenti stranieri?
di Spectator
Questo è poco ma sicuro: quello che è successo ad alcuni tassisti di Milano nel giro di pochi giorni indurrà parecchi loro colleghi a porsi qualche domanda quando si ripresenterà un giovane cliente marocchino.
Qualcuno di loro opporrà forse un rifiuto, e allora scatterà l’inevitabile accusa di “razzismo”.
Ma ciò che è accaduto in nove giorni a sei tassisti milanesi come lo vogliamo chiamare?
Perché mai uno che sta facendo il suo lavoro deve rischiare di prendersi una coltellata in mezzo a gravissime minacce? Ascoltare per credere: “Dammi i soldi o ti uccido… se fai la denuncia vengo a trovarti”.
Si scopre poi che il “migrante” – un marocchino trentunenne tossicodipendente – scorazzava per il Bel Paese dal 2003, dove ne aveva già combinate di tutti i colori. E ora che verrà processato per l’ennesima volta, la domanda che emerge spontanea (ma solo a chi ancora non è completamente rimbecillito) è la seguente: perché mai lo Stato italiano deve ancora spendere soldi tra processi e mantenimento galera (se la farà)? Perché dobbiamo ancora “accogliere” un individuo del genere?
Il problema è che qui entra chiunque, ed una volta che ha fatto “bingo” col “permesso di soggiorno” praticamente non puoi più cacciarlo. Invece, l’unica cosa da fare, in casi simili, sarebbe un riaccompagnamento coatto in Marocco (non il solito “decreto di espulsione” fai-da-te), dove questo delinquente (oltre che ingrato) potrebbe essere prima processato con le leggi del suo paese e poi sistemato in una galera, sull’Atlante o al limitare del Sahara, con l’obbligo, da parte delle autorità locali, di riferire periodicamente a quelle italiane su come procede il “soggiorno”.
In tempi di “tagli lineari” alla spesa pubblica, stabilire un accordo del genere non ci sembra né assurdo né di difficile attuazione. Volere è potere. Ma qui pare che l’unica cosa voluta sia l’infestazione della nostra terra di mine vaganti pronte a colpire, con gli italiani che non possono fare nulla, manco difendersi, altrimenti si troveranno contro le loro “autorità” e pure il malvivente che, se solo si azzardano a fiatare, “li andrà a cercare a casa”…
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