Il Papa fa l'americano e delude i tifosi dell'anti-capitalismo
Nello storico discorso al Congresso Usa il pontefice ha deluso tutti quelli che pensavano che entrasse nel cuore dell'America da anti-imperialista e da anti-capitalista- Il Papa che molti sognano anti-americano è stato invece americano. Ieri, nella prima visita di un Pontefice al Congresso degli Stati Uniti, ha deluso tutti quelli che pensavano che entrasse nel cuore dell'America da anti-imperialista e da anti-capitalista.
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Ha esordito omaggiando la «terra dei liberi e la casa dei valorosi», citazione dell'inno americano. Non esattamente l'incipit di un «nemico». Sorrideva felice nel luogo che racchiude l'essenza stessa dell'America. Il Papa castrista e terzomondista è rimasto fuori. E tutto il sottotesto del discorso è stato un implicito riconoscimento degli Stati Uniti come fonte di ispirazione democratica per il resto del mondo. Altro che critiche agli Usa e al loro imperialismo.Francesco s'è rivolto ai legislatori e, attraverso loro, all'intero popolo americano, ha citato quattro capisaldi della storia comune degli Usa: Abramo Lincoln, «guardiano della Libertà», il reverendo Martin Luther King e il suo sogno di un'America giusta («Il suo sogno continua a ispirarci tutti, e sono felice che l'America continui per molti a essere una terra di sogno»), la giornalista e attivista anarchica Dorothy Day, fondatrice del Movimento lavoratori cattolici, e lo scrittore e religioso Thomas Merton, grande sostenitore del dialogo.VIDEO CORRELATI
Per il Pontefice argentino «nonostante la complessità della storia e la realtà della debolezza umana, con tutte le loro differenze e i loro limiti, essi sono stati capaci con duro lavoro e sacrificio personale - alcuni a costo della propria vita - di costruire un futuro migliore. Hanno dato forma a valori fondamentali che resteranno per sempre nello spirito del popolo americano».Non è stato un discorso memorabile, se per memorabile si intende uno di quei discorsi con il colpo di scena, con la notizia, con la novità. È stato sobrio, misurato, attento. È stato persino scontato: il richiamo alla lotta contro la vendita delle armi e quello contro la pena di morte così come sono cristianamente giusti, sono cristianamente ovvi. Il tema della famiglia e della sua difesa è stato citato, ma non approfondito: «Il nucleo familiare è minacciato, forse come mai in precedenza, dall'interno e dall'esterno (...). Relazioni fondamentali sono state messe in discussione, come anche la base stessa del matrimonio e della famiglia (...).GALLERIE FOTOGRAFICHE CORRELATE
Io posso solo riproporre l'importanza e, soprattutto, la ricchezza e la bellezza della vita familiare».C'era chi si aspettava di più su questo fronte e c'era chi si aspettava molto di più sul fronte della critica al modello americano. Il Papa americano è stato alla larga dall'anticapitalismo. E, sotto questo profilo, ciò che non ha detto è di fatto la cosa più importante. Nel testo preparato avrebbe dovuto dire che la politica non deve essere succube dell'economia e della finanza. Nel discorso pronunciato questo passaggio non c'è. Una scelta precisa. Sorprendente, o forse no.
Un discorso a metà strada fra declinazione del Vangelo e programma del Partito Democratico americano. Può essere riassunto così l’intervento di Papa Francesco davanti al congresso Usa.
“Guai a fare della croce un vessillo di battaglie mondane”. Così Papa Francesco ha parlato ai vescovi americani riuniti nella cattedrale di San Matteo a Washington in occasione della visita apostolica del Pontefice negli Stati Uniti. C’era grande attesa per le parole che Bergoglio avrebbe pronunciato davanti ad un episcopato in larga parte “ostile” alle svolte papali.
Un discorso che appare completamente differente da quello tenuto a Strasburgo davanti al Parlamento Europeo, molto più incisivo, duro, in una parola “ratzingeriano” forse perché scritto proprio da Benedetto XVI. Un intervento quello europeo ricco di contenuti e di parole dette, anzi gridate, cui ha fatto da contraltare l’assordante silenzio in terra americana su parole essenziali come aborto e gay. Bergoglio ha parlato della necessità di difendere la vita umana in tutte le sue fasi, ma alla fine il richiamo è sembrato tutto sbilanciato contro la pena di morte e poco, anzi per nulla, contro l’aborto. Forse perché Obama è contrario alla pena capitale ma favorevole all’aborto? Ma come si può condannare la sedia elettrica senza condannare nel contempo anche le tante gravidanze interrotte, i tanti bambini non nati per dare seguito all’egoismo individualista?
Anche il richiamo alla difesa della famiglia sembrava promettere bene. Invece dopo essersi scagliato contro la “cultura del provvisorio” che non offrirebbe certezze ai giovani spingendoli a rinunciare al matrimonio e alla stabilità di coppia, nessun riferimento alla necessità di salvaguardare la famiglia naturale, fondata sull’unione fra un uomo ed una donna. Al punto che il concetto di famiglia è sembrato ristretto ad una genericità pseudo democratica, ingenerando quasi l’equivoco di una famiglia non più basata sulla diversità dei sessi a scopo procreativo ma soltanto sull’affetto reciproco. Anche quello fra persone dello stesso sesso? Gender e aborto dunque grandi assenti nel discorso papale, un discorso esclusivamente bergogliano depurato dalle “incursioni dottrinali” dei vescovi Usa (il discorso predisposto dall’Episcopato come trapelato da più parti sarebbe stato completamente ignorato, anzi cestinato dal Pontefice). Alla fine quello che è apparso evidente è stato il tentativo di coniugare il liberismo americano con la giustizia sociale, l’agenda Obama con il Vangelo, cercando di anteporre ciò che unisce il presidente Usa alla Chiesa (poco), rispetto a ciò che divide (tantissimo). Un Papa politico dunque quello che si è visto al congresso americano?
Un Papa interessato a rimarcare la netta distanza della Chiesa dal Partito Repubblicano modello Nixon, Reagan e Bush, il modello di un’America “faro dell’Occidente” e “gendarme del mondo” ma sostanzialmente legato alla tradizione e contrario all’affermazione indiscriminata dei diritti civili propria dell’era democratica targata Obama? Un modello cui Francesco preferisce anteporre l’America pacifista, ecologista, dialogante con tutti, persino con i tagliagole dell’Isis se questi fossero disponibili del primo presidente afro-americano? . E se il Vangelo recita “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”, il Papa venuto dall’America Latina arriva a capovolgere il concetto affermando che “dobbiamo trattare i migranti come vorremmo essere trattati noi”. L’importante alla fine è stare dalla parte del bene. Ma bene e male nell’era bergogliana sono concetti da superare come affermato dal Papa stesso forse con riferimento proprio alle accuse dell’episcopato Usa nei confronti della politica di Obama. Forse perché parlare di male di fronte ad un presidente abortista, libertario, ultra laicista, favorevole alle nozze gay sarebbe stato troppo imbarazzante? Meglio puntare l’attenzione su un bene comune da realizzare al di sopra di ogni valore etico? Evidentemente sì, anche con riferimento alle parole pronunciate ieri di fronte all’Episcopato: “La Croce non diventi vessillo per lotte mondane”.
E quali sarebbero queste lotte mondane? La difesa del Vangelo? Il Vangelo non va testimoniato sempre e comunque in ogni contesto, politico, culturale e sociale, anche il più ostile? Alla fine la visita pontificia ha finito con lasciare l’amaro in bocca a quei cattolici e a quella Chiesa americana che speravano nella venuta di Francesco per veder riconfermato il proprio ruolo all’interno della società. Invece la risposta è stata l’incoronazione di Obama quale interlocutore privilegiato della Chiesa e un’interpretazione del Vangelo perfettamente piegata al politicamente corretto. Un Vangelo che non cambia il mondo ma si adatta per non scontentare il pensiero unico dominante democratico statunitense.
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Negli Stati Uniti infatti da parte dei cattolici è molto sentita la battaglia sui temi etici, in particolare contro l’aborto, argomento che in questi anni ha contrapposto spesso i vescovi ai governanti locali. La freddezza dell’episcopato nell’incontro con il Pontefice, a sentire i bene informati, era palpabile, si avvertiva in ogni minimo dettaglio. Francesco ha quindi deciso di parlare chiaro e puntare chiaramente il dito su quelli che sono i nodi che dividono il Vaticano dai prelati statunitensi.
Ecco quindi che come era inevitabile è partito l’affondo contro quelle che Bergoglio considera le “crociate”, alimentate dalle “ossessioni” dei vescovi e del clero americano. Da qui quindi il richiamo ad una croce che non deve diventare vessillo di “battaglie mondane”. Ma è mondanità difendere la vita umana dal concepimento alla morte naturale? E’ mondanità sostenere che non possono esistere famiglie formate da persone dello stesso sesso? E’ ancora mondanità sostenere che un figlio deve nascere in un contesto familiare naturale ossia con un padre ed una madre?
Tutti temi questi sconvolti dall’agenda Obama che è apparsa imbevuta di spirito relativista, nichilista e anti-cattolico, con il Papa chiaramente percepito dal presidente Usa, non come il capo della Chiesa e quindi una guida spirituale e morale universale, ma piuttosto come un importante interlocutore politico, il leader di una sinistra ambientalista, pacifista, antagonista, più interessata alle emissioni di CO2 che al numero sempre più elevato di bambini che non vedono la luce in America a causa dell’aborto.
Il Papa che “bacchetta” i vescovi Usa intimandogli di non intraprendere crociate mondane, è il Papa ideale per chi come Obama ha sempre mal sopportato i richiami dei cattolici alla difesa dei valori etici. Valori che Bergoglio compensa in un grande calderone, mettendo dentro di tutto e di più, unendo le vittime dell’aborto ai bambini che muoiono sotto le bombe, che annegano nei mari mentre fuggono sui barconi nel Mediterraneo, che muoiono di fame nei paesi poveri. Poco importa se poi i bambini annegati o morti sotto le bombe siano purtroppo una conseguenza di una guerra, mentre i bambini non nati, ossia uccisi dall’aborto, siano il frutto di una precisa volontà egoistica dell’individuo e soprattutto di leggi statali che incentivano il ricorso a certe pratiche.
La croce dunque non deve diventare un vessillo e questo è sicuramente vero, ma è forse meglio una Chiesa silente e rassegnata, eternamente orientata ad un dialogo che porti sempre e comunque ad una soluzione modello “male minore”? O che magari renda del tutto inutile o superfluo l’impegno dei cattolici nella vita pubblica e nei contesti sociali?
Diversi analisti hanno evidenziato come Francesco è fuor di dubbio che riscuota molte più simpatie fra i laici e i non credenti piuttosto che fra il clero, e questo è considerato un motivo di vanto. Non è invece il segno tangibile di una Chiesa che si sente senza guida, sbandata o peggio ancora abbandonata a se stessa soprattutto nel confronto con un mondo ostile?
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