ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 2 ottobre 2015

Aspetta e spera?

Sinodo contingentato

Pronto il calendario dei lavori: meno spazio alla discussione generale. “Decisioni” da prendere


Papa Francesco alla conferenza Episcopale italiana nell'aula del Sinodo (foto LaPresse)
Roma. Ci sarà parresia al prossimo Sinodo, si discuterà apertamente e con franchezza di famiglia e di apertura al mondo, ma un po’ meno rispetto allo scorso anno.
Oggi in Vaticano il cardinale segretario Lorenzo Baldisseri illustrerà il modus operandi dell’assemblea ormai alle porte (partenza domenica prossima con la messa in San Pietro, avanti per tre settimane e chiusura il 25 ottobre. In mezzo la commemorazione del 50° anniversario del Concilio e quattro canonizzazioni). Il fatto più evidente è che non ci sarà la relazione intermedia, che un anno fa fece aizzare decine di padri sinodali e che fu subito disconosciuta in sala stampa, davanti ai giornalisti di tutto il globo, dal suo stesso firmatario, il cardinale Péter Erdo. Niente relatio perché si partirà subito con i circoli minori, i piccoli gruppi uniformi per lingua che avranno il compito di analizzare, approvare o cassare quanto evidenziato nell’Instrumentum laboris (la traccia di lavoro preparata dalla Segreteria generale) e proposto nel testo che il relatore generale leggerà il 5 ottobre. Dal calendario che il Foglio ha potuto esaminare, spicca una compressione dei tempi per il dibattito generale in aula, che sarà orientato a seconda delle tre parti in cui è organizzato l’Instrumentum. In sostanza, la prima settimana i padri potranno intervenire esclusivamente sulla parte prima e così per le due settimane seguenti. Non sono ammesse eccezioni. La segreteria generale spiega che è “per non andare fuori tema”, ma già diversi membri sinodali votanti hanno sottolineato che in questo modo si rischia di togliere spazio al confronto generale sui temi più delicati e di riservarne troppo a questioni sulle quali il consenso è già ampio. La commissione per l’elaborazione della relazione finale si riunirà già il 9 ottobre. La relazione finale sarà letta in aula e votata sabato 24 ottobre.

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Non solo comunione ai risposati
Quel che è chiaro, è che alle tre settimane di lavori seguiranno delle “decisioni”. E’ stato il Papa stesso a dirlo, qualche giorno fa, in una tappa del viaggio negli Stati Uniti. Tesi implicitamente contestata dal cardinale (canonista) Raymond Leo Burke, il quale ha ricordato che il Sinodo non può decidere nulla, essendo esso solo consultivo. Si è creata anche una  controversia sulle esatte parole pronunciate da Francesco, dal momento che nel testo originale in spagnolo era riportato “deliberaciones”, tradotto in italiano in “decisioni”. Come un anno fa, sono due gli schieramenti pronti a discettare di teologia e dottrina: da quanti si oppongono a ogni cambiamento nella prassi, ritenendo che dottrina e pastorale non possono essere disgiunte, e chi invece chiede di dare risposte alle “attese che non possono essere disattese” delle grandi masse di fedeli (soprattutto centro e nord europei) che auspicano un maquillage in fatto di morale sessuale cattolica.

Sul tavolo, non solo ostia ai divorziati risposati, ma anche la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II – testo considerato da molti padri non più rispondente alle situazioni che sono venute a crearsi nell’ultimo trentennio – e, soprattutto, la Humanae Vitae di Paolo VI. Non a caso il cardinale Walter Kasper, peroratore da almeno un quarto di secolo dell’accoglienza ai divorziati risposati, ha ricordato che “Gesù condannava il peccato ma giustificava i peccatori”, strada che consentirebbe dunque di accettare il riaccostamento all’eucarestia di tale categoria di persone. Ma c’è anche chi vede nel Sinodo l’occasione di andare oltre il dibattito sulla comunione. Il vescovo francese Jacques Gaillot, esautorato da Giovanni Paolo II nel 1995 per le sue posizioni pro matrimonio gay, eutanasia, contraccezione, ordinazione femminile e di uomini sposati, è stato ricevuto recentemente dal Papa a Santa Marta. Al termine, ha detto la sua: “Spero che il Sinodo riconosca le unioni omosessuali”.
di Matteo Matzuzzi | 02 Ottobre 2015 

http://www.ilfoglio.it/chiesa/2015/10/01/sinodo-contingentato___1-v-133402-rubriche_c526.htm

Kasper e i gay, affermazioni senza fondamento
di Roberto Marchesini 02-10-2015
Il cardinale Kasper
Mi chiedono un parere su una strana intervista del cardinale Kasper (clicca qui), nella quale – tra le altre cose - il porporato accusa alcuni padri sinodali di fondamentalismo.
Al di là di questo, c'è effettivamente una frase che colpisce in modo particolare la mia attenzione, ed è questa: «Per me questa inclinazione è un punto di domanda: non riflette il disegno originale di Dio e tuttavia è una realtà, perché gay si nasce». Leggo proprio così: «Gay si nasce».
In effetti, sull'edizione ad experimentum (1992) del Catechismo della Chiesa Cattolica potevamo leggere: “Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali innate” (§ 2358). Tuttavia, questa affermazione è stata sostituita, nella aeditio typica (1997) con la seguente: “Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate”. La correzione è opportuna, perché la Chiesa ha il diritto ed il dovere di esprimersi in campo morale e dottrinale, ma le questioni scientifiche (in questo caso quali siano le cause delle tendenze omosessuali) non sono di sua competenza. Non può vincolare i fedeli ad una teoria scientifica, suscettibile, per sua stessa natura, di essere superata e contraddetta. Anche Galileo avrebbe voluto una modifica delle Sacre Scritture (Giosuè 10, 12) perché quanto vi era scritto contrastava con le sue teorie; ed è nota la risposta che allo scienziato diede il cardinale Baronio: la Bibbia insegna “come si vadia al Cielo, e non come vadia il Cielo”.
Ma è proprio dal punto di vista scientifico che l'affermazione del cardinale Kasper desta le maggiori perplessità. Fin dagli anni '50 del secolo scorso sono stati investiti monti di tempo e denaro per cercare una causa biologica dell'omosessualità, qualcosa sulla cui base si potesse affermare “gay si nasce”. Mano a mano che la tecnologia progrediva sono state esplorate possibilità ormonali, cromosomiche, cerebrali, genetiche, epigenetiche. Il risultato, tuttavia, è sempre quello: non si trova nulla. Sebbene a livello popolare e mediatico l'ipotesi della causa biologica dell'omosessualità sia ancora diffusa, a livello scientifico essa pare definitivamente tramontata.
L'American Psychological Association, ad esempio, ha pubblicato sul suo sito un documento, intitolato Answers to Your Questions About Sexual Orientation and Homosexuality;ebbene, questo documento ha due versioni, la prima delle quali non è più disponibile. Nella prima versione il documento affermava: “La maggior parte degli scienziati oggi concorda che l’orientamento sessuale è più probabilmente il risultato di una complessa interazione di fattori ambientali, cognitivi e biologici”. Attualmente  l'American Psychological Association riduce l'enfasi sulle cause biologiche dell'omosessualità: “Non c'è consenso tra gli scienziati circa le esatte ragioni per le quali un individuo sviluppa un orientamento eterosessuale, bisessuale, gay o lesbico. Sebbene molte ricerche abbiano esaminato le possibili influenze genetiche, ormonali, educative, sociali e culturali sull'orientamento sessuale, non è emerso alcun risultato che permetta agli scienziati di concludere che l'orientamento sessuale è determinato da uno o più fattori particolari” (clicca qui).
Questo non significa che un giorno questa ipotetica causa biologica non si possa trovare, ma allo stato attuale delle conoscenze scientifiche essa non esiste. Quindi non è possibile, dal punto di vista scientifico, affermare che “gay si nasce”.
A meno che il cardinale Kasper non sia in possesso di conoscenze esclusive che possano dirimere in modo definitivo la questione, dobbiamo tristemente concludere che ha prodotto una affermazione senza fondamento.

Se il Papa fa una cosa di “destra”...
E’ interessante vedere quali reazioni abbia scatenato nei commentatori cattolici di sinistra o liberal o progressisti il fatto che papa Francesco abbi incontrato per quindici minuti l’impiegata della Contea del Kentucky, Kim Davis, non cattolica, responsabile di essersi rifiutata di firmare la licenza matrimoniale di una coppia omosessuale; e per questo incarcerata per qualche giorno. 

E’ interessante, per capire il clima che si respira oggi nella Chiesa, vedere quali reazioni abbia scatenato nei commentatori cattolici di sinistra o liberal o progressisti il fatto che papa Francesco abbi incontrato per quindici minuti l’impiegata della Contea del Kentucky, Kim Davis, non cattolica, responsabile di essersi rifiutata di firmare la licenza matrimoniale di una coppia omosessuale; e per questo incarcerata per qualche giorno.  

C’è chi parla di trappola, mediatica o no; chi di tentativo di occultare il significato del viaggio di papa Bergoglio negli USA dietro questo singolo episodio; quando, a dire il vero, il fatto che la notizia dell’incontro sia uscita diversi giorni dopo il rientro rende questa accusa non molto verosimile. E c’è chi nega che Kim Davis possa legittimamente assumere il ruolo di obiettore di coscienza per motivi religiosi. Quando poi si fa capire che il povero papa Francesco, che incontra tante persone, in realtà non sapesse chi stava per abbracciare e confortare con le sue parole.  

Mi ricordo che molti anni fa, parlando con padre Sorge di un suo collega gesuita, dissi (e l’ingenuo ero io, e ahimè non sono molto cambiato da allora) che mi aveva dato, quel collega, come un’impressione di ingenuità. E l’allora direttore della Civiltà Cattolica mi rispose: “Un gesuita ingenuo? Raro…”.  

Di papa Francesco si possono dire molte cose, ma che sia ingenuo o sprovveduto proprio no. Se ha visto Kim Davis sapeva quel che faceva; e credo che le sue parole successive sull’aereo in tema di obiezione di coscienza lo confermino. Con buona pace di chi lo vorrebbe più sensibile a temi e soprattutto uomini, di “sinistra” ecclesiale di quello che già è. Che non è poco… 
MARCO TOSATTI


http://www.lastampa.it/2015/10/02/blogs/san-pietro-e-dintorni/se-il-papa-fa-una-cosa-di-destra-aQQmLPpURqkTiopYXgZkoO/pagina.html

Sinodo: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene” (Isaia 5, 20). Si moltiplicano appelli e petizioni.

(di Giulio Ginnetti) Alla vigilia dell’apertura del Sinodo dei vescovi si sono moltiplicati gli appelli e le petizioni al Santo Padre e ai Padri Sinodali per mantenere l’ortodossia della dottrina cattolica in tema di matrimonio e famiglia.
La prima petizione, che ha raccolto ben 790.190 firme, tra cui quelle di otto cardinali, è Supplica Filiale a Papa Francesco sul futuro della Famiglia consegnata in Segreteria di Stato il 29 settembre e presentata lo stesso giorno ai giornalisti in una conferenza stampa del prof. Tommaso Scandroglio, portavoce dell’associazione.
I firmatari chiedono a Papa Francesco di pronunciare «una parola chiarificatrice» per dissipare il «generalizzato disorientamento causato dall’eventualità che in seno alla Chiesa si apra una breccia tale da permettere l’adulterio – in seguito all’accesso all’eucaristia di coppie divorziate e risposate civilmente – e perfino una virtuale accettazione delle unioni omosessuali. Tutte pratiche, queste, condannate categoricamente dalla Chiesa come opposte alla legge divina e naturale». Solo questo supremo intervento del Sommo Pontefice potrà aiutare i fedeli disorientati ad uscire dalla confusione che si è creata nel corso degli anni e che oggi si è così drammaticamente aggravata.
La petizione è stata sottoscritta, tra gli altri, dai cardinali Raymond Leo Burke, Patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta; Jorge Medina Estévez, prefetto emerito della Congregazione del Culto Divino; Geraldo Majella Agnelo, già primate del Brasile e già segretario della Congregazione del Culto Divino a Roma; Gaudencio Rosales, arcivescovo emerito di Manila; Ricardo J. Vidal, arcivescovo emerito di Cebu (Filippine); Janis Cardinal Pujats, arcivescovo emerito di Riga (Lettonia); Alexandre José Maria Cardinal dos Santos, O.F.M., arcivescovo emerito di Maputo (Mozambico).
Il 10 settembre, sulla rivista americana First Things, è stato lanciato un appello internazionale, redatto dai professori David S. Crawford di Washington e Stephan Kampowski dell’Istituto Giovanni Paolo II e sottoscritto da una cinquantina tra moralisti e filosofi cattolici di tutto il mondo, tra i quali i professori Robert Spaemann, Wolfgang Waldstein e Martin Rhonheimer, affinché i Padri sinodali eliminino il paragrafo 137 dell’Instrumentum laboris, che nega l’enciclica Humanae Vitae, assegnando all’arbitrio di un padre spirituale la responsabilità di trovare un compromesso tra la coscienza soggettiva dei coniugi a lui affidatisi e la norma morale oggettiva della Chiesa.
Questa la conclusione del documento: «Crediamo che il testo dell’Instrumentum laboris contenga gravi difetti. Esso sembra porsi direttamente in contrasto con gli insegnamenti del Magistero contenuti nella Humanae Vitae e nella Veritatis Splendor. Il paragrafo 137 si presenta infatti come una spiegazione del significato della Humanae Vitae ma in realtà la svuota del suo insegnamento centrale. Non si tratta di un dettaglio secondario, bensì di una grave distorsione del contenuto fondamentale del documento di Paolo VI. Le inadeguatezze e le distorsioni contenute nell’Instrumentum laboris rischiano di avere conseguenze devastanti per i fedeli, che hanno diritto di conoscere la verità del depositum fidei. Infatti, se sarà avallato dal Sinodo, il paragrafo 137 seminerà confusione fra i fedeli (…). Permettere che le formulazioni contenute nel paragrafo 137 entrino a far parte dell’insegnamento del Sinodo comporterebbe infatti di poter applicare la logica di questo testo anche ad altri ambiti in cui è in gioco l’insegnamento della Chiesa circa gli atti intrinsecamente cattivi, quali, ad esempio, l’aborto o l’eutanasia.
Non è la prima volta che accade. La mancata espressione del proprio fermo appoggio per l’insegnamento della Humanae Vitae da parte di tanti teologi e persino di molti vescovi e sacerdoti ci ha portato a decenni di disobbedienza all’insegnamento della Chiesa, e in tutti gli ambiti, non soltanto nella sfera sessuale. Il Sinodo rappresenta un’occasione per colmare tale lacuna. Il paragrafo 137 dovrebbe essere respinto e sostituito con una ferma affermazione dell’insegnamento della Humanae Vitae e con una chiara spiegazione del rapporto fra coscienza e norme morali oggettive, così come lo addita la Veritatis Splendor.
Dichiariamo quanto sopra nella nostra qualità di teologi e filosofi cattoliciesperti di morale, desiderosi di dare un contributo alla riuscita del Sinodo. Possa quest’ultimo essere sempre guidato dalla verità. È la verità stessa che consente il dialogo, in quanto fornisce i giusti parametri entro i quali il dialogo può svilupparsi. Con il presente appello esercitiamo proprio la parresìa, la franchezza auspicata da Papa Francesco per lo svolgimento del Sinodo dei Vescovi. Cerchiamo inoltre di fare la nostra parte nel discernimento del bene morale al servizio della Chiesa e di tutti i fedeli (cfr. VS 113)».
Due padri sinodali, mons, Stanislaw Gądecki, arcivescovo di Poznan e presidente della Conferenza Episcopale della Polonia e mons. Henryk Hoser S.A.C., arcivescovo di Varsavia-Praga, stanno diffondendo da parte loro un testo redatto da un gruppo di intellettuali cattolici polacchi che affermano tra l’altro: «Siamo profondamente convinti che il mondo di oggi abbia bisogno dell’insegnamento cristiano sul matrimonio e sulla famiglia. Esiste la tentazione a voler smontare la definizione del matrimonio sacramentale e della famiglia costruita su questo fondamento.
Consideriamo importantissimo ricordare il fine e il senso   soprannaturale della famiglia insieme ai suoi diritti e i suoi doveri. Dal prossimo Sinodo ci aspettiamo un approfondimento della teologia del matrimonio e della famiglia. Particolarmente importanti ci sembrano le tematiche riguardanti la dimensione sacramentale della famiglia basata sul matrimonio che ne costituisce il fondamento, i diritti della famiglia, le sue relazioni nei confronti dello stato e delle istituzioni internazionali, la pastorale della famiglia, la cultura e la teologia del corpo. Inoltre, meritano attenzione anche i problemi dell’educazione cristiana nel contesto della libertà della Chiesa nella proclamazione della verità, dei diritti dei genitori e della libertà religiosa.
La Chiesa non deve rinunciare alla sua funzione pedagogica ed educativa, anche se viene per questo molto criticata. Il silenzio della Chiesa sull’attuale processo di ridefinizione del concetto della famiglia viene spesso percepito come una sorta di fuga del pastore dal suo gregge. La Chiesa è responsabile non solo di formare i fedeli nel mondo odierno, ma anche di rappresentare una linea di pensiero chiaro ed univoco per coloro che vivono fuori della Chiesa. In ambedue i casi è indispensabile un’approfondita riflessione teologica , antropologica, morale e sociale che aiuti a comprendere, alla luce della Rivelazione, le risposte alle domande che pone il mondo contemporaneo.
Il Popolo di Dio aspetta con speranza che i Padri Sinodali facciano un’analisi approfondita delle ideologie e dei meccanismi istituzionali che minacciano la famiglia. Con il prossimo Sinodo cresce anche la speranza di far venire alla luce tutte quelle idee, istituzioni e meccanismi che portano a quello che Papa Francesco chiama “colonizzazione ideologica” del mondo contemporaneo. Tra i temi che richiedono una valutazione e una descrizione comprensibile appartengono i programmi scolastici che privano il matrimonio della sua dimensione spirituale ed etica e tutti quei meccanismi culturali ed educativi della sessualizzazione e della depravazione di bambini e adolescenti. Una particolare inquietudine suscita l’imperativo dettato dalla politica, sia in ambito antropologico che in quello della medicina, che tende alla disintegrazione dei sessi e alla ridefinizione della famiglia».
Il 15 settembre una Supplica al Santo Padre è stata indirizzata da mons. Bernard Fellay, Superiore generale della Fraternità San Pio X, In essa si legge: «Non Vi possiamo nascondere che la prima parte del Sinodo consacrato alle “Sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione” ci ha vivamente messi in allarme. Abbiamo sentito e letto, dalla bocca di persone costituite in dignità ecclesiastiche – che si fanno forti del Vostro appoggio, senza essere smentite –, delle affermazioni così contrarie alla verità, così opposte alla dottrina chiara e costante della Chiesa circa la santità del matrimonio, che la nostra anima ne è stata profondamente scossa».
Mentre ci avviciniamo alla seconda parte del Sinodo consacrato alla famiglia, riteniamo in coscienza di dover esprimere alla Sede Apostolica le profonde angosce che sentiamo al pensiero delle “conclusioni” che potrebbero essere proposte in quest’occasione, se per un triste caso dovessero costituire un nuovo attacco contro la santità del matrimonio e della famiglia, un nuovo indebolimento dello statuto delle coppie e dei focolari. Noi speriamo di tutto cuore invece che il Sinodo farà veramente opera di misericordia ricordando, per il bene delle anime, la dottrina integrale e salutare circa il matrimonio.
Noi preghiamo dunque affinché la verità evangelica del matrimonio, che il Sinodo dovrebbe proclamare, non sia aggirata nella pratica da molteplici “eccezioni pastorali” che ne snaturerebbero il senso autentico, o da una legislazione che ne abolirebbe quasi automaticamente la reale portata. Su questo punto, non possiamo dissimulare che le recenti disposizione canoniche del motu proprio Mitis iudex Dominus Iesus, che facilitano delle dichiarazioni di nullità accelerate, apriranno di fatto la porta a una procedura di “divorzio cattolico” sotto altro nome, a dispetto delle dichiarazioni sull’indissolubilità del matrimonio che lo accompagnano. Queste disposizioni seguono l’evoluzione dei costumi contemporanei, senza cercare di rettificarli secondo la legge divina; come poi non essere sconvolti dalla sorte dei bambini nati da questi matrimoni annullati in modo sbrigativo, che saranno le tristi vittime della “cultura dello scarto”?
Beatissimo Padre, Per l’onore di Nostro Signore Gesù Cristo, per la consolazione della Chiesa e di tutti i fedeli cattolici, per il bene dell’intera società umana, in quest’ora cruciale, Vi supplichiamo di far risuonare nel mondo una parola di verità, di chiarezza e di fermezza, in difesa del matrimonio cristiano e anche semplicemente umano, in sostegno del suo fondamento, cioè la differenza e la complementarità dei sessi, in sostegno della sua unicità e indissolubilità. Vi supplichiamo filialmente di far risuonare una parola accompagnata da provvedimenti efficaci, che mostrino il Vostro sostegno nei fatti alla famiglia cattolica».
Il 30 settembre, nel corso del Convegno internazionale Permanere nella verità di Cristo, svoltosi il 30 settembre a Roma e organizzato da La Nuova Bussola Quotidiana, insieme a Il TimoneL’Homme NouveauDignitatis Humanae Institute eInfovaticana, è stato presentato un Appello ai Padri Sinodali, in cui si chiede la riproposizione integrale della tradizione cattolica sui problemi della vita, della famiglia e dell’educazione. L’appello è firmato, tra gli altri, da cinque cardinali: Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna; Raymond L. Burke, Patrono del Sovrano Ordine di Malta; Walter Brandmüller, Presidente Emerito del Pontificio Comitato Scienze Storiche; Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino; Joachim Meisner, Arcivescovo emerito di Colonia. Vi si legge tra l’altro: «L’attacco alla famiglia non è solo culturale: è sociale, economico, giuridico, dottrinale, e persino sacramentale. Perciò la sua difesa vuole un Magistero specifico, forte e ben chiaro. Un Magistero che ribadisca i dettami del diritto naturale – che il Vangelo non abolisce ma perfeziona – e orienti i fedeli cattolici circa la necessità di difendere la famiglia anche per responsabilità nei confronti del bene comune della società e di tutti. Sarebbe un grave errore accettare la posizione che le forze oggi dominanti nel mondo vorrebbero riservare alla Chiesa: ridotta a pratiche devozionali e caritative, ma non tollerata laddove abbia la pretesa di una proposta globale, che interessi l’esistenza dell’uomo in quanto tale.
Oggi non c’è niente di più necessario alla società che la Chiesa e i cristiani vivano la novità della famiglia cristiana e ne esprimano le convinzioni profonde o la dottrina che è implicata nell’esperienza della famiglia. «Quello che ci è chiesto è di riconoscere quanto è bello, vero e buono formare una famiglia, essere proprio per questo vi chiediamo che dal Sinodo esca una riproposizione integrale della tradizione cattolica sui problemi della vita, della famiglia, dell’educazione, che consenta al popolo cristiano di oggi di approfondire la propria identità per svolgere in maniera adeguata la propria missione.
Vi chiediamo di superare l’astratta contrapposizione tra verità e carità, tra dottrina e pastorale, che non ha alcun fondamento dal punto di vista dell’esperienza della Chiesa, perché la verità si esprime nel mondo come giudizio sulle posizioni e come carità verso le persone.
Vi chiediamo di investire tutte le problematiche particolari, alcune anche dolorose, non come punti totalizzanti ma come punti che esprimono la totalità della posizione. In particolare non è pensabile che la Chiesa ipotizzi l’equivalenza di fatto, non solo di diritto, fra un rapporto e una coppia eterosessuale e una relazione di carattere omosessuale, perché questa sarebbe la sovversione del diritto naturale e del piano d’amore di Dio creatore.”
Tre noti sacerdoti e teologi: l’abbé Claude Barthe, esperto di diritto e di liturgia, promotore dei pellegrinaggi a sostegno del Summorum Pontificum; Mons.Antonio Livi, decano emerito della facoltà di filosofia della Pontificia Università Lateranense e don Alfredo Morselli, parroco e predicatore di esercizi, hanno elaborato da parte loro un documento, pubblicato il 28 settembre sul sito www.Chiesa, in cui si afferma che alcuni paragrafi della Relatio finale del sinodo del 2014, poi confluiti nei Lineamentae nell’Instrumentum laboris, riguardanti la comunione ai divorziati risposati, la cosiddetta “comunione spirituale” e gli omosessuali, contraddicono la dottrina insegnata a tutti i fedeli dal magistero della Chiesa e dallo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica, al punto da «compromettere la Verità» e quindi rendere «non accettabile» l’intero Instrumentum laboris, come pure ogni «altro documento che ne riproponesse i contenuti e fosse posto ai voti alla fine della prossima assemblea sinodale».
I tre teologi sottopongono in particolare a serrata critica i paragrafi 122, 124-125 e 1320-132 dell’Instrumentum laboris, mettendone in luce lacune e silenzi. «La pastorale – affermano i teologi – non è l’arte del compromesso e del cedimento: è l’arte della cura delle anime nella verità. Per cui, per tutti i Padri sinodali valga il monito del profeta Isaia: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro” (Isaia 5, 20)».
Come sottovalutare l’ammonimento di Isaia di fronte a questi fermi richiami all’ortodossia provenienti da tante parti del mondo, da tanti successori degli Apostoli, da tanti teologi e intellettuali cattolici, ma anche da tanta parte di quel popolino che mantiene inalterato il sensu fidei nella tempesta in cui è immersa la Chiesa? Ne terranno conto i Padri sinodali e il Santo Padre? (Giulio Ginnetti)

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