ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 1 ottobre 2015

Enigma?

Il Papa punta solo sul marketing. Intervista ad Alessandro Gnocchi 

Alessandro Gnocchi critica i temi e lo stile di Francesco I nel suo viaggio in America.

L’importante per lui è essere nei titoli di testa di tutti i tg
intervista di Goffredo Pistelli su Italia Oggi.
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zzzzgntlggUn viaggio trionfale, quello di Papa Jorge Bergoglio a Cuba e negli Stati Uniti. Il consenso, vastissimo, suscitato dai suoi discorsi, soprattutto quello all’Onu, dove il pontefice ha chiesto «casa, lavoro e terra per tutti», l’incetta di applausi, mediatici soprattutto, di Francesco, suggeriscono il controcanto, serio e appassionato, di Alessandro Gnocchi.
Bergamasco, 55 anni, giornalista, Gnocchi ha scritto a lungo sul Foglio: una serie di articoli molto critici su questo pontefice finiti poi in un libro in cui anche Giuliano Ferrara, aggiunse un suo lungo intervento: Questo Papa piace troppo (Piemme). Con lui c’era il bioeticista Mario Palmaro, scomparso nel 2014, a soli 46 anni. Oggi la severa analisi di Gnocchi sul Bergoglio e il bergoglismo si può leggere solo su un agguerrito sito di cattolici tradizionalisti, riscossacristiana.it, dove, tra l’altro, cura la rubrica settimanale di posta intitolata Fuori moda.

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Domanda. Gnocchi, questo viaggio americano dimostra che Francesco continua a piacere troppo?
Risposta. Per capirlo bisogna partire da una notizia di sabato scorso.
D. Prego.
R. Il Senato americano ha respinto un disegno di legge per impedire l’aborto oltre la ventesima settimana di gravidanza. Una norma che, secondo Life News avrebbe salvato almeno diciottomila bambini ogni anno.
D. E dunque?
R. Dunque, tre giorni dopo aver applaudito il Papa in seduta congiunta, i rappresentanti del popolo americano hanno mostrato di aver ben compreso quanto i temi strettamente legati alla dottrina e alla morale cattoliche stiano nel cuore di Bergoglio. Del resto, lo aveva detto lui che non bisogna essere ossessionati da certi temi.
D. Cosa è contato, allora, secondo lei, di questo viaggio?
R. Guardi, ciò che conta per questo pontificato e per questa Chiesa è andare in prima pagina e nelle aperture dei tg. Perché, a conti fatti, la pastorale, e specialmente questa pastorale, è marketing. Ma c’è un altra aspetto di questo viaggio su cui riflettere.
D. E cioè?
R. Francesco non ha fatto che parlare dell’enciclica Laudato Si’.
D. L’enciclica sull’ambiente.
R. Non so quanti l’avranno letta, essendo lunghissima, oltre 200 pagine: aspetto questo davvero poco misericordioso verso il fedele.
D. Questa è una battuta carina, vada avanti.
R. Fatta salva la cornice teologica, palesemente posticcia, con qualche spruzzata di dottrina e di morale nominate invano, per il resto con questa enciclica siamo in presenza di una piattaforma di trattativa col mondo e con le sue potenze. Non a caso, la Laudato Si’ è l’unico documento che Bergoglio cita e utilizza, per parlare per esempio con Barak Obama e per andare all’Onu. Insomma il terreno sui cui intende muoversi è questo. Ma d’altra parte l’ha detto sin dal primo giorno. Una cosa che non si può certe rimproverare al pontefice è quella di non esser stato chiaro.
D. Che significa dialogare col mondo e coi potenti del mondo, Gnocchi?
R. Non vorrei sembrare irriverente, ma bisogna che mi spieghi con un’immagine letteraria.
D. Siamo un giornale laico, non si preoccupi.
R. Ciò che vedo oggi nella Chiesa, attraverso questo pontificato, è la strategia di Saruman. Ha letto Il Signore degli Anelli, vero?
D. No, Tolkien mi manca e non ho visto neppure il film, ché il genere fantasy non mi piace.
R. Beh, Saruman, il capo religioso della Terra di Mezzo, preso atto che il Male è troppo forte, che non ci si può opporre, decide di allearcisi nell’illusione di governarlo. «Una nuova Potenza emerge» dice Saruman. «Inutili sarebbero contro di essa i vecchi alleati e l’antico modo di agire. Questa è dunque la scelta che si offre a te, a noi: allearci alla Potenza».
D. Una Chiesa che viene a patti col Male, lei dice?
R. Una Chiesa, nella sua componente umana e visibile, che sceglie di giocare la partita del nemico. D’altra parte, come vede, l’agenda della Chiesa è dettata da altri. I problemi sono quelli dell’ambiente, della disoccupazione, dei rapporti con la politica in banalissimi termini di potere. Questo Papa fa proprio ciò che il mondo predica da sempre. Perciò il mondo lo sostiene.
D. In effetti ha colpito molti che nel discorso al Palazzo di Vetro, oltre a casa, lavoro, terra e libertà, non sia stato citato Gesù Cristo, che i bisogni dei popoli li incarna da 2000 anni.
R. No, infatti. Il Papa dice meglio, e con maggiore autorevolezza di quella che potrebbe avere Ban Ki Moon, i valori delle Nazioni Unite. È un annuncio un po’ da pop star, ma Bono Vox degli U2 non saprebbe fare meglio. Credo che una buona definizione di Bergoglio sia quella di Pope Star.
D. Senta, ma anche il vangelo dice che la Chiesa deve farsi lievito del mondo.
R. Già, ma il lievito non si fa uguale alla pasta, sennò la pasta non lievita.
D. Peraltro, al grande consenso di Bergoglio, non fa riscontro una conversione al cattolicesimo. Non si fa cazzotti per entrare in Chiesa, mi pare.
R. Semmai si fa a cazzotti per uscire. Anzi, si farebbe a cazzotti per uscire se le chiese fossero piene, ma non lo sono. L’effetto Bergoglio dov’è? Dove sono i grandi convertiti? Raul Castro, quando venne a Roma, disse: «Se il Papa continua così, finirà che mi rifaccio cattolico». E pure Al Gore, disse che forse ci avrebbe pensato. E poi i birignao con Pannella&Bonino. Questa Chiesa si accontenta delle intenzioni di conversione. Ma tanto le basta per andare sulle prime pagine dei giornali che, ormai, si accontentano delle intenzioni di notizia.
D. È un Papa da Nobel. Un grande magazine s’è chiesto se è anche cattolico. Lei che ne pensa?
R. La copertina di Newsweek non era campata in aria. E non mi interessano i dubbi sulla sua elezione, come quelli dello scrittore Antonio Socci. Non posso dire se Bergoglio non è Papa perché, come un qualsiasi laico, non ne ho i mezzi, l’autorevolezza e l’autorità. Però, come qualsiasi laico, posso dire dove e quando non è cattolico: in quasi tutti i suoi atti.
D. Cioè?
R. L’elenco è lungo, l’ultimo esempio è il Motu proprio sulla nullità dei matrimoni.
D. Ossia il provvedimento con cui invita i tribunali diocesani a semplificare le procedure per rendere nulle le nozze celebrate religiosamente.
R. Non si tratta solo di snellimento delle procedure. Per la prima volta, nero su bianco, con la firma di un pontefice, si cambia qualcosa di fondamentale in un sacramento.
D. Spieghiamolo bene.
R. Quando si dice che il sacramento non è valido se non c’è la fede in chi lo celebra, in questo caso i coniugi, si fa un’affermazione quanto meno prossima all’eresia.
D. Addirittura.
R. Sì perché la validità di un sacramento non dipende dalla fede di chi lo celebra, quando questi voglia comunque fare ciò che fa la Chiesa. Il caso più evidente sta in quei miracoli eucaristici in cui l’ostia si trasforma anche fisicamente nel corpo di Cristo, pur essendo consacrata da un sacerdote che dubita della presenza di Cristo sotto le specie del pane e del vino. Se ci sono i ministri che vogliono fare ciò che fa la Chiesa, se c’è la materia e se c’è la forma, Dio opera.
D. Torniamo al Motu proprio.
R. Appunto, nel primo paragrafo dell’articolo 14 si elenca come primo esempio tra i motivi che permettono di trattare la nullità del matrimonio proprio la mancanza di fede. Inoltre, l’elenco si conclude, non so dire se tragicamente o comicamente, con un «eccetera» nel quale, a questo punto, ci può stare proprio tutto.
D. Questa opzione Saruman, come lei l’ha definita, c’entra?
R. Certo, perché si dà al mondo ciò che vuole con l’intenzione di farselo amico, visto che si pensa di non poterlo più combattere. E allora, proprio come Saruman, si rinnegano i «vecchi alleati e l’antico modo di agire». Il sacramento viene ordinato alle voglie matte degli uomini e non più ai diritti di Dio. Con la conseguenza che si snatura un sacramento, ossia lo strumento ordinario col quale la Grazia di Dio raggiunge gli uomini.
D. Un mutamento d’epoca.
R. Certo, l’orizzonte non è più un mondo che dipenda da Dio, ma quello di una Chiesa che dipende dal mondo
D. Qualcuno pensa che questo Motu proprio sia stato il modo per bypassare un Sinodo sulla famiglia, che si apre a ottobre, e che non pare essere disposto a grandi aperture su questa materia.
R. Prima del Motu proprio pensavo che non sarebbe successo niente in questo Sinodo, che la linea sarebbe stata quella della dottrina che non muta ma cambia sostanzialmente la prassi pastorale. Ora, però, vediamo mutare proprio la dottrina, ben prima del fatidico Sinodo, e molti vescovi sono allarmati. Si dice che lo stesso cardinale Gerhard Muller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (nominato da Benedetto XVI, ndr) abbia fatto le sue rimostranze al Papa.
D. Sul Motu proprio, come su tutto il resto, Bergoglio evoca la misericordia, cui è dedicato anche l’Anno santo che si aprirà l’8 dicembre.
R. La misericordia si esercita in questo mondo fino all’ultimo istante nella vita della persone, ossia fino all’ultimo. Dio concede di convertirsi, di abbracciare la Croce, Gesù Cristo, la Chiesa. In qualsiasi momento, uno, qualunque cosa abbia fatto, può pentirsi e modificare la sua vita, conformandola alla verità. La misericordia implica il primo movimento di Dio verso il peccatore e la sua miseria, ma continua con un movimento di conversione della creatura verso Dio.
D. E non è la stessa misericordia di cui parla il papa?
R. No, Dio ci ama anche quando sbagliamo, ma ci chiede di cambiare veramente la nostra vita attraverso il pentimento, la preghiera e la penitenza. Non cambia la sua legge perché non ci può essere accondiscendenza verso l’errore. La Chiesa ha sempre distinto peccato e peccatore ma..
D. Ma?
R. Ma non ha mai vezzeggiato il peccatore confermandolo nel suo peccato, non è mai stata una fiancheggiatrice del peccatore, non ha mai giustificato i «cristiani che sbagliano».
D. E non ha abolito il peccato…
R. Infatti la misericordia opera fino all’ultimo secondo di vita, poi c’è il giudizio.
D. Quindi i tribunali che giudicano con misericordia?
R. Ma che significa? I tribunali devono giudicare secondo giustizia.
D. L’Anno santo a che servirà?
R. Come tutti gli avvenimenti religiosi di questa Chiesa, in cui ormai prevale l’aspetto mondano e mediatico, servirà a vendere un gadget: servirà a diffondere la misericordia a prezzi di saldo, a giustificare il cedimento e l’accordo con il mondo. Una tattica intelligente e astuta: l’Anno santo sarà demandato a diocesi e parrocchie, il messaggio verrà così radicato sul territorio.
D. Si rischia uno scisma, come qualcuno ha già ricordato?
R. È stato lo stesso cardinal Muller a evocarne lo spettro durante una sua visita in Germania. E mi pare uno scenario più che realistico, perché lo scisma c’è già, è in atto. Che ci siano due chiese è evidente. Sto aspettando un pastore che abbia a cuore la Chiesa vera, quella cattolica, apostolica e romana, e porti autorevolmente in luce ciò che i fedeli provano già sulla loro pelle.
D. Ma nella Chiesa italiana, la situazione qual è? In primavera il Corriere della Sera aveva parlato di molti vescovi, la maggioranza, che, in cuor loro, sarebbero piuttosto contrari alla predicazione di Francesco.
R. Non ho elementi per confermarlo. Certo, in molte diocesi, sono preoccupati, ma soprattutto per le ricadute pratiche di certi atti, ad esempio per quello che i tribunali diocesani si troveranno a dover gestire dopo questo Motu proprio di cui abbiamo parlato. Non certo per ciò che ci sta dietro.
D. E nelle parrocchie?
R. Trovo molti preti e anche religiosi di congregazioni non sospettabili di simpatie col tradizionalismo, che avvertono tutto il mutamento radicale e doloroso, sul piano morale, imposto da questo papato. Sono soprattutto quelli che stanno molto in confessionale e sentono come questa apertura stia provocando fra i fedeli. Ha dato la stura al peggio.

– di Goffredo Pistelli



Redazione


Papa Francesco è un personaggio molto più difficile da capire di quello che sembra. Troppa fretta nel giudicarlo, da parte di tanti, progressisti e conservatori (per usare categorie usuali). Basterebbero due notizie a dimostrarlo: le rivelazioni di Mons. Paglia, che credendo di parlare con Matteo Renzi ha fatto capire quanto il sindaco di Roma Marino, il più filo-LGBT d’Italia, abbia sempre brigato per accreditare un rapporto speciale con il pontefice, che non esiste (il papa, molto duro nei suoi confronti, ha detto di lui: “si professa cattolico“,
che è un po’ come dire che bisogna vedere se lo è davvero); i due incontri non programmati, negli Usa: la visita alle suore che sono ricorse alla Corte Suprema contro Obama e il ricevimento, a Washington, di Kim Davis, l’impiegata di Contea del Kentucky che è andata in prigione perché si è rifiutata di rilasciare una licenza di matrimonio a una coppia omosessuale. Il papa le ha manifestato piena condivisione.
Se a ciò si aggiunge il suo rapporto privilegiato con Putin, in cui il papa sin dall’inzio ha visto, giustamente ad avviso di chi scrive, l’uomo adatto per scongiurare altre follie americane in Medio Oriente e per la difesa dei cristiani perseguitati, si vede bene come tanti movimenti del pontefice siano più accorti e misurati di ciò che talora appare. Francesco si muove molto, in maniera difficile da comprendere, talora, per un europeo; i media sovrappongono spesso la loro interpretazione e il clero progressista si pavoneggia.
Eppure, senza voler dire di aver capito qualcosa, ci sono almeno due fatti certi: Francesco non è Benedetto; ma Francesco non è neppure Martini. E’ lontano da entrambi, sia nei modi, che nella visione delle cose.
Il fatto poi che certi cardinali lo annettano al loro club, il club progressista di san Gallo, è anche questo da capire: è davvero così, o è la goia di aver finalmente disarcionato Benedetto a determinare certe affermazioni? Perchè ci sono aspetti di Francesco che con il pensiero dei lobbisti di san Gallo non si sposano affatto. Altri, invece, sì.
Un altro fatto sembra certo: a San Gallo Bergoglio non andava; inoltre nè nel 2005, nè nel 2013 Bergoglio ha mai brigato per essere eletto pontefice. Al contrario, non ha fatto assolutamente nulla perchè ciò avvenisse.
A votarlo sono stati cardinali progressisti? Sì, ma anche i loro avversari. Anche Bertone, a quanto sembra, ha lavorato per la sua elezione, sperando così, dopo aver “tradito” ogni giorno Benedetto, di rimanere a galla. Ma gli è andata male…   Anche per lui, Francesco, deve essersi rivelato più difficile da incasellare di quello che lui pensava…
E tra i conservatori di ieri c’era un uomo scelto da Benedetto, il cardinal Marx, oggi alla testa, con Kasper, dei novatori.
Insomma, per capire meglio dove porterà questo pontificato bisogna che sia il laudator Scalfari che alcuni detrattori implacabili, abbiano più pazienza. Certamente il Sinodo ci dirà molte cose.
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