Il Cardinale Ciappi, il teologo di papi, da Pio XII a Giovanni Paolo II (all’inizio del suo pontificato): “Il Terzo Segreto dice che la grande apostasia nella Chiesa inizia dal suo vertice. La conferma ufficiale del segreto de La Salette (1846): “La Chiesa subirà una terribile crisi. Essa sarà eclissata. Roma (il Vaticano) perderà la fede e diventare la sede dell’Anticristo “.
ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...
Misteriose lettere cardinalizie al Papa e
dubbi sul documento finale. In Aula regna la confusione. L’africano
Napier, presidente delegato dell'assemblea: “Difficile da dire se
l’esito sia già deciso”. Dolan: “Non siamo qui a parlare di unioni gay”.
Il Sinodo ordinario sulla famiglia si chiuderà domenica 25 ottobre (LaPresse)
Roma. Il mistero più grande che avvolge
le sale sinodali non è tanto la veridicità della lettera dei tredici
(poi divenuti dodici, quindi undici, poi dieci infine nove) cardinali
spedita al Papa per lamentarsi delle nuove metodologie di lavoro
studiate dalla segreteria generale capeggiata dall’eminentissimo Lorenzo
Baldisseri. Il dubbio è su come questo Sinodo si concluderà, con quale
tipo di documento. Il contenuto di una missiva consegnata il 5 ottobre
scorso al Papa era stato pubblicato di primo mattino sul sito del
vaticanista dell’Espresso Sandro Magister, con tanto di elenco dei
firmatari. Più tardi, a partire da Angelo Scola, sono arrivate le
smentite (Vingt-Trois, Piacenza ed Erdo hanno seguito a ruota, mentre da
altri si attende ancora di sapere che pensino della lettera. A sera, il
cardinale Pell ha confermato di aver firmato una lettera, ma diversa
nei contenuti). La questione che interroga porpore, vescovi,
responsabili della comunicazione del Vaticano e giornalisti accampati in
via della Conciliazione, è se alla fine delle tre settimane di lavoro
all’ombra del Cupolone uscirà un testo capace di delineare una sorta di
orientamento sui punti più sensibili e controversi discussi nel Sinodo
sulla famiglia. In modo da dare risposte a quelle “attese che non
possono essere disattese” di cui parlò, più d’un anno fa, il cardinale
Walter Kasper. A oggi, nessuno lo sa. Il cardinale sudafricano Wilfrid
Fox Napier, uno dei quattro presidenti delegati del Sinodo, allarga le
braccia in un’intervista concessa al sito americano Crux: “L’incertezza è
abbastanza generalizzata e questo mi preoccupa”. A domanda se abbia il
timore che il risultato finale del Sinodo sia già stato deciso, il
porporato risponde: “A questo punto, è difficile da dire”. Napier – che
un anno fa in sala stampa rivelò le tensioni vissute in Aula,
sconfessando il contenuto della relazione intermedia letta da Péter Erdo
e scritta in gran parte da Bruno Forte – ha anche confermato di aver
firmato una lettera indirizzata al Papa, benché il contenuto differisca
da quello indicato da Magister, avendo come oggetto solo la critica alla
composizione della commissione incaricata di stendere la relazione
conclusiva. Commissione invece strenuamente difesa dal cardinale Donald
Wuerl, arcivescovo di Washington, a giudizio del quale (che
dell’organismo fa parte) essa “rispecchia la composizione
dell’assemblea”. Wuerl ha anche ricordato che mai la commissione
incaricata di stendere il documento finale era stata eletta in assemblea
plenaria.
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Il primo a far sapere che la pubblicazione di una esortazione post
sinodale o di una relatio finalis era in dubbio era stato il cardinale
Luis Antonio Tagle, presidente delegato dell’assemblea, che in sala
stampa aveva spiegato venerdì che nulla era scontato. Il giorno
seguente, interpellato dai giornalisti, padre Federico Lombardi
aggiungeva: “Vedremo se un documento sarà messo ai voti”. L’enigma si è
sciolto ieri all’ora di pranzo, quando lo stesso Lombardi ha
sottolineato che la relatio finalis, cioè l’Instrumentum laboris
emendato con i modi prodotti dai circoli minori, sarà “discussa dai
padri, sottoposta al suffragio dell’assemblea e consegnata al Santo
Padre”. Quindi la relazione finale ci sarà. Quello che “oggi noi non
sappiamo con precisione è che cosa deciderà il Papa di farne – ha
chiosato il direttore della Sala stampa vaticana – Cioè se ci dirà di
pubblicarla subito, o altro. E questo non ve lo so dire. Il Papa non ce
l’ha detto e speriamo che ce lo dica”. Dall’assemblea filtra poco
all’esterno: come un anno fa, nulla è dato sapere dalle fonti ufficiali
circa gli interventi in plenaria, mentre i testi dei tredici circoli
minori sono stati resi pubblici (e lo saranno ancora nelle prossime due
settimane) non appena consegnati alla segreteria generale. Da essi non
emerge un orientamento univoco: se il gruppo guidato dal moderatore
card. Thomas Collins e dal relatore mons. Charles Chaput è sembrato il
più duro nello stroncare la prima parte dell’Instrumentum laboris –
“molto nel testo è inadeguato” – altri sono stati più positivi, come il
circolo in lingua tedesca moderato dal cardinale Christoph Schönborn,
che ha evidenziato “l’unanime approvazione” dello “stile complessivo del
testo”.
Il muro a protezione del confronto nell’Aula nuova è stato rotto,
oltre che dallo strenuo twittare di qualche padre avvezzo all’uso dei
social media, dall’agguerrita pattuglia dei vescovi polacchi, guidati
dal loro presidente, mons. Stanislaw Gadecki. Sul suo blog, il presule
ha puntualmente riportato una buona parte degli interventi pronunciati
in Aula, dando così uno spaccato più completo rispetto a quanto
illustrato nei briefing quotidiani, dove vengono solo enunciati i temi
generali toccati in Aula. Si scopre così che uno dei più tenaci
oppositori a ogni innovazione in tema di prassi pastorale è stato il
cardinale arcivescovo di New York, Timothy Dolan, che ha poi deciso di
pubblicare per intero il suo intervento sul proprio sito internet: “Il
punto di partenza del Sinodo deve essere ciò che Dio ci ha rivelato sul
matrimonio e la famiglia. Difendere, sostenere, rinnovare la nobile
natura del matrimonio e della famiglia come Dio ha inteso ‘fin dal
principio’”. E questo, ha aggiunto il porporato americano, deve essere
anche “la nostra meta”. Dolan ha anche ammonito sulle odierne “minacce
alla volontà di Dio riguardo il matrimonio e la famiglia – minacce
culturali, economiche, sociologiche e politiche”. Sul suo sito,
l’arcivescovo newyorchese ha aggiunto una postilla che appare chiara
circa l’orientamento suo nel confronto in Aula: “Mi rendo conto che
avete sentito dire il contrario, ma il Sinodo non tratta di unioni
omosessuali o di Santa comunione a quei cattolici che si trovano in un
legame al di fuori della chiesa”. Il Sinodo tratta “di ciò che Dio ci ha
rivelato sul matrimonio e la famiglia, nella Bibbia, nella natura
umana, nella riflessione ragionata e nell’insegnamento senza tempo della
chiesa”.
Si parla di comunione ai divorziati risposati
Eppure di divorziati risposati si è già iniziato a parlare,
nonostante il tema sarà trattato dai circoli minori solo a partire da
sabato prossimo. Nessun mistero, in questo caso. Come ha spiegato padre
Lombardi – e come era ampiamente prevedibile già alla vigilia del Sinodo
– la maggioranza dei membri dell’assemblea intende intervenire sulla
terza parte, quella più corposa e che affronta le questioni più delicate
e controverse. E rispetto a un anno fa, poco è cambiato, stando alle
sintesi offerte dalla comunicazione vaticana: duellano fraternamente due
schieramenti opposti. Da una parte quanti, richiamandosi alla dottrina,
ribadiscono che non si può fare nulla. Dall’altra coloro che
prospettano soluzioni pastorali penitenziali – bocciate a sorpresa nella
relazione generale del cardinale Erdo – in grado di non escludere
nessuno. Padre Lombardi ha osservato come non ci sia “assoluta fissità
degli insegnamenti della chiesa a proposito delle questioni del
matrimonio e dei sacramenti riguardo al matrimonio”, chiarendo che
diversi interventi hanno ricordato come la prassi pastorale sul tema sia
evoluta nel corso dei secoli. Il presidente della Conferenza episcopale
polacca, Gadecki, ammonendo sul rischio di trasformare “la teologia in
sociologia”, strada che “non ha futuro”, ha confermato la propria
opposizione a ogni apertura in materia: “Coloro che sono divorziati e
impegnati in un nuovo rapporto non possono ricevere la Santa comunione,
che è espressione di un rapporto pieno con Cristo”. Il calendario dei
lavori prevede riunioni a livello di circoli minori anche oggi, mentre
da mercoledì pomeriggio si entrerà nel vivo con la terza parte
dell’Instrumentum laboris.
Ieri mattina, il vaticanista dell‘EspressoSandro Magister ha pubblicato sul suo blog il contenuto di una lettera riservata consegnata dal cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia, in apertura di Sinodo, il 5 ottobre scorso. Secondo il documento di cui ha dato conto Magister, tredici porporati avrebbero portato all’attenzione del Papa diverse “preoccupazioni” circa la nuova metodologia di lavoro studiata dalla segreteria generale.
LE PERPLESSITÀ SULLA COMMISSIONE NOMINATA DAL PAPA
Si esprimevano anche perplessità circa la composizione della commissione (di nomina pontificia) incaricata di stendere la Relatio finalis, il documento conclusivo dell’assise ordinaria. Una commissione i cui membri, scriverebbero i tredici, “sono stati nominati, non eletti, senza consultazione. Allo stesso modo – s’aggiungeva – chiunque farà parte della redazione di qualsiasi testo a livello dei circoli minori dovrebbe essere eletto, non nominato”.
Sul primo punto, la commissione nominata e non eletta rispondeva ieri pomeriggio in un’intervista a Crux il cardinale Donald Wuerl, arcivescovo di Washington, ricordando che mai tale organismo era stato eletto in passato. Quanto all’elezione dei moderatori e dei relatori di circoli minori, i dubbi erano stati fugati già al secondo giorno di Sinodo, quando tali figure erano state regolarmente votate.
LE SMENTITE ALLA LETTERA
Nel giro di qualche ora, però, piovevano le smentite. Dei tredici indicati da Magister (Caffarra, Collins, Dolan, Eijk, Erdo, Müller, Napier, Pell, Piacenza, Sarah, Scola, Urosa Savino, Vingt-Trois), il primo a far sapere di non aver firmato nulla era Angelo Scola, che definiva l’indiscrezione “una balla”. A ruota seguiva l’arcivescovo di Parigi, cardinale André Vingt-Trois, che smentiva “fermamente”. Era poi la volta del Penitenziere maggiore, cardinale Mauro Piacenza, e del relatore generale del Sinodo, cardinale Péter Erdo.
A sera, due dei presunti firmatari confermavano di essere nell’elenco, seppur con diverse sfumature. Il cardinale Napier diceva di aver firmato “un’altra lettera”, mentre il cardinale Pelltramite un suo portavoce – dando credito a quanto riportato da Magister – aggiungeva che vi erano errori nei contenuti della missiva pubblicata così come nell’elenco dei firmatari.
LA “VERA” LISTA
A spazzare ogni dubbio ci ha pensato America Magazine, la rivista dei gesuiti statunitensi, che ha pubblicato la lista dei “veri” firmatari, che sono proprio tredici. Ai confermati Caffarra, Collins, Dolan, Eijk, Müller, Napier, Pell, Sarah e Urosa Savino si aggiungono i cardinali Daniel N. DiNardo (vicepresidente dei vescovi americani), John Njue (arcivescovo di Nairobi, Kenya),Norberto Rivera Carrera (arcivescovo di Città del Messico) ed Elio Sgreccia (presidente emerito della Pontificia Accademia per la vita).
In precedenza, intervistato dal Corriere della Sera, il cardinale Gerhard Ludwig Müller aveva usato toni durissimi circa la diffusione della lettera: “Lo scandalo è che si renda pubblica una missiva privata del Pontefice. Questo è un nuovo Vatileaks: gli atti privati del Papa sono proprietà privata del Papa e di nessun altro. Nessuno può pubblicarla, non so come sia potuto accadere. E’ chi lo ha fatto a doversi giustificare”. A giudizio del prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, “l’intenzione di chi ha voluto questa pubblicazione è seminare liti, creare tensioni. Mi pare chiaro“.
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