Oltre a Kasper anche Zuckerberg vuole distruggere la chiesa
Sant’Ignazio di Antiochia, tu scrivesti che “senza i sacerdoti non c’è Chiesa” e allora tieni presente che a brigare per incenerire la Sposa di Cristo non c’è solo Kasper, c’è anche Zuckerberg. In questi giorni il padrone di Facebook sta imponendo ai sacerdoti cattolici, per sue logiche imperscrutabili e indiscutibili (Facebook è un’autocrazia), di spogliarsi del don.
Ossia di rinnegarsi. Già molti sacerdoti cattolici negli ultimi tempi si sono autospogliati, autodistrutti privandosi dell’abito ecclesiastico per vestirsi masochisticamente con giacchette scure da pastori protestanti o sindacalisti Cgil o controllori Trenitalia: quindi oggi su Facebook molti preti sono del tutto indistinguibili dai laici e dagli atei. Sant’Ignazio, padre della Chiesa, il catechismo dice che attraverso “il ministero ordinato la presenza di Cristo è resa visibile in mezzo alla comunità dei credenti”, pertanto ti prego di paternamente illuminare questi sacerdoti, di mostrar loro che accettando di firmarsi e vestirsi da laici non solo stanno rendendo invisibili sé stessi, stanno rendendo invisibile Cristo.
Ossia di rinnegarsi. Già molti sacerdoti cattolici negli ultimi tempi si sono autospogliati, autodistrutti privandosi dell’abito ecclesiastico per vestirsi masochisticamente con giacchette scure da pastori protestanti o sindacalisti Cgil o controllori Trenitalia: quindi oggi su Facebook molti preti sono del tutto indistinguibili dai laici e dagli atei. Sant’Ignazio, padre della Chiesa, il catechismo dice che attraverso “il ministero ordinato la presenza di Cristo è resa visibile in mezzo alla comunità dei credenti”, pertanto ti prego di paternamente illuminare questi sacerdoti, di mostrar loro che accettando di firmarsi e vestirsi da laici non solo stanno rendendo invisibili sé stessi, stanno rendendo invisibile Cristo.
di Camillo Langone | 23 Ottobre 2015 ore 17:31
http://www.ilfoglio.it/preghiera/2015/10/23/oltre-a-kasper-anche-zuckerberg-vuole-distruggere-la-chiesa___1-vr-134193-rubriche_c112.htm
Qualche dubbio, proveniente soprattutto dai padri anglofoni, è emerso anche riguardo la dotta e lunga relazione del circolo tedesco moderato dal cardinale Schönborn che auspicava un discernimento caso per caso in foro interno sulla base di quanto enunciato dal n. 84 di Familiaris consortio, l’esortazione promulgata da Giovanni Paolo II nel 1981. L’arcivescovo di Philadelphia, mons. Charles Chaput, ha osservato che tale approccio “suona come una soluzione misericordiosa, ma in realtà è un’idea davvero imprudente. Se il foro interno – che non appare da nessuna parte nel codice di diritto canonico né nell’insegnamento della chiesa – può essere usato per il divorzio e il secondo matrimonio, perché non si può ricorrervi anche per la contraccezione, l’aborto o per una dozzina di altre questioni difficili? Si creerebbero molti più problemi rispetto a quelli che si cerca di risolvere”, ha chiosato il presule statunitense. Nell’omelia pronunciata come di consueto a Santa Marta, ieri il Pontefice ha preso spunto dalle letture del giorno per richiamare i cristiani circa la necessità di saper leggere i segni dei tempi: “I tempi cambiano. E’ proprio della saggezza cristiana conoscere questi cambiamenti, conoscere i diversi tempi e conoscere i segni dei tempi. Cosa significa una cosa e cosa un’altra. E fare questo senza paura, con la libertà”.
I giochi sinodali sono (quasi) fatti. Niente sorprese, deciderà il Papa
Non c’è maggioranza sulla comunione ai divorziati risposati. Il cardinale indiano Gracias: “Non siamo pronti”
di Matteo Matzuzzi | 23 Ottobre 2015 ore 19:53
Sabato sera i padri sinodali voteranno, paragrafo per paragrafo, la Relazione finale (LaPresse)
Roma. Cinquantuno padri sinodali hanno preso la parola nell’Aula nuova per proporre qualche ritocco alla relazione finale che sarà votata sabato sera, paragrafo per paragrafo, prima di essere consegnata al Papa che deciderà cosa farne. Più d’uno è intervenuto sul rapporto tra “coscienza e legge naturale”, un tema che padre Federico Lombardi ha definito “impegnativo”. In generale, però, ha aggiunto il direttore della Sala stampa vaticana, l’assemblea ha riconosciuto che la bozza è un testo “molto più ordinato e soddisfacente rispetto all’Instrumentum laboris”, la traccia di lavoro preparata dalla segreteria guidata dal cardinale Lorenzo Baldisseri e smontata in larga parte nei circoli minori, come dimostrano i 1.355 modi (emendamenti) presentati. La relazione finale è snella – un centinaio di paragrafi in tutto – e non entrerà nello specifico delle questioni più controverse, per il semplice motivo che maggioranze chiare e nette non ne esistono. L’aveva fatto intendere già giovedì il cardinale indiano Oswald Gracias, membro della commissione incaricata di redigere il testo e ieri l’ha confermato il cardinale Gérard Lacroix, quando ha invitato a non avere aspettative eccessive circa il documento, mentre il cardinale olandese Willem Jacobus Eijk dice più esplicitamente che “non dovrebbe cambiare niente, ma si vedrà”. Tra i più arditi nel sostenere ancora la rivoluzione circa l’insegnamento cattolico in fatto di morale familiare ci sono i padri belgi, fieramente condotti dal cardinale Godfried Danneels, che però pare accontentarsi d’aver visto “maggiore libertà di parola” in questo Sinodo rispetto ai precedenti.
ARTICOLI CORRELATI Aprire no, discernere sì. Sui divorziati arriva in aiuto Wojtyla La grande balla del complotto contro il Papa Tante domande e poche risposte nel testo finale del SinodoIl vescovo di Gand, mons. Lucas Van Looy, in pole per la cattedra di Bruxelles non appena Francesco accetterà la rinuncia presentata lo scorso maggio per raggiunti limiti d’età da mons. André Léonard, ha auspicato che questa assise possa rappresentare “l’inizio di una chiesa nuova all’insegna della tenerezza verso tutte le persone”. Va oltre il cardinale Lacroix, che spera nella fine “di una chiesa che dà giudizi”, rimpiazzabile da una chiesa che “accoglie, che cammina con le persone e che parla con chiarezza”. Intanto, salvo colpi di scena inattesi dell’ultima ora, la questione su cui più s’è discusso sui media, in libreria e nelle accademie, cioè il riaccostamento alla comunione dei divorziati risposati, nella relazione finale sarà trattata assai poco. L’ha anticipato il cardinale Gracias al National Catholic Reporter: “Penso che non siamo ancora pronti. La questione non è stata analizzata con sufficienza in profondità. Tutti noi sappiamo, tutti i vescovi sanno che riaccostare all’eucaristia è una possibilità. Ma non ci siamo mai focalizzati su questo”. Una conferma arriva anche dalle parole del cardinale Edoardo Menichelli al telegiornale di Tv2000, che per i divorziati risposati intravede un’apertura che consisterebbe nel concedere loro di “poter fare i padrini”.
Tante domande e poche risposte nel testo finale del Sinodo
La relazione sarà votata sabato: "Non entrerà in punti molto specifici", spiega uno degli estensori
di Matteo Matzuzzi | 22 Ottobre 2015
La relazione finale sarà votata sabato pomeriggio paragrafo per paragrafo (LaPresse)
Roma. La relazione finale del Sinodo è quasi pronta. Il testo è stato consegnato ai padri, che venerdì mattina lo discuteranno e proporranno le ultime limature. Sabato, votazione in Aula paragrafo per paragrafo, prima del probabile placet finale. A sentire il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e presidente delegato dell’assise, è meglio non aspettarsi la rivoluzione. Innanzitutto, ha sottolineato, sarà un documento che “non è indirizzato al mondo”, bensì “una riflessione del Sinodo consegnata al Santo Padre, che poi deciderà cosa fare”. In secondo luogo, dopo aver ripetuto che “non si tocca la dottrina”, Gracias ha precisato che la relazione finale “darà direzioni generali, ma non entrerà in punti molto specifici”. Sarà un documento snello (un centinaio di paragrafi) che finirà sulla scrivania di Francesco, dal quale “ci aspettiamo le linee guida”.
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La sensazione è che come un anno fa il testo finale non propenderà in modo chiaro a favore di una delle due linee che si sono contrapposte nel biennio di confronto all’insegna della parresìa su famiglia e sacramenti. Troppo evidenti le divisioni tra i padri – “sono emerse opioni differenti e su alcune siamo ancora in ricerca” – benché l’auspicio rimanga quello di “arrivare a direzioni pastorali accettabili da tutti”. La soluzione prospettata dal circolo in lingua tedesca, che individua nella Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II i criteri “che aiutano a discernere” nella “complessità delle questioni” oggetto del Sinodo (soprattutto il tema dei divorziati risposati da accostare all’eucaristia) e menziona il foro interno dove praticare il “cammino di riflessione e penitenza”, è la mediazione che potrebbe far convergere il maggior consenso nell’Aula, benché sul cammino penitenziale siano non pochi i dubbi sia tra quanti rifiutano un aggiornamento della pastorale sia tra coloro che vorrebbero invece che la chiesa “aprisse le porte” con più coraggio. E’ anche per questo che la relazione finale “conterrà tutte le domande, ma non tutte le risposte”, ha detto ancora Gracias, facendo intendere che si delinea una sorta di compromesso tra le due spinte opposte.
La sensazione è che come un anno fa il testo finale non propenderà in modo chiaro a favore di una delle due linee che si sono contrapposte nel biennio di confronto all’insegna della parresìa su famiglia e sacramenti. Troppo evidenti le divisioni tra i padri – “sono emerse opioni differenti e su alcune siamo ancora in ricerca” – benché l’auspicio rimanga quello di “arrivare a direzioni pastorali accettabili da tutti”. La soluzione prospettata dal circolo in lingua tedesca, che individua nella Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II i criteri “che aiutano a discernere” nella “complessità delle questioni” oggetto del Sinodo (soprattutto il tema dei divorziati risposati da accostare all’eucaristia) e menziona il foro interno dove praticare il “cammino di riflessione e penitenza”, è la mediazione che potrebbe far convergere il maggior consenso nell’Aula, benché sul cammino penitenziale siano non pochi i dubbi sia tra quanti rifiutano un aggiornamento della pastorale sia tra coloro che vorrebbero invece che la chiesa “aprisse le porte” con più coraggio. E’ anche per questo che la relazione finale “conterrà tutte le domande, ma non tutte le risposte”, ha detto ancora Gracias, facendo intendere che si delinea una sorta di compromesso tra le due spinte opposte.
Non è un caso che la bozza di documento sia stata approvata all’unanimità dalla commissione nominata dal Papa, contemplando quindi il voto favorevole sia dei novatori più convinti (come il vescovo argentino Victor Manuel Fernández e il segretario speciale, mons. Bruno Forte) sia del relatore generale, il cardinale ungherese Péter Erdo. Quel che è certo è che la relazione non sarà una copia della Familiaris consortio, visto che “rispetto a trent’anni fa ci sono nuove sfide per la famiglia”. Dall’arcivescovo di Mumbai è giunto poi un appoggio esplicito alla prospettiva di devolvere più poteri alle conferenze episcopali locali, plaudendo al “sano decentramento” menzionato da diversi circoli minori. Aprendo i lavori della sedicesima congregazione generale, il Papa ha annunciato l’istituzione di “un nuovo dicastero con competenza sui laici, la famiglia e la vita, che sostituirà il Pontificio consiglio per i laici e il Pontificio consiglio per la famiglia, e al quale sarà connessa la Pontificia accademia per la vita”.
http://www.ilfoglio.it/chiesa/2015/10/22/tante-domande-e-poche-risposte-nel-testo-finale-del-sinodo___1-v-134153-rubriche_c163.htm
Pubblichiamo in una nostra traduzione la riflessione sul Sinodo scritta per ilDenver Catholic da Samuel J. Aquila, arcivescovo di Denver, e intitolata “Tommaso Moro e John Fisher sono morti invano”?
L’idea che ai cattolici dovrebbe essere concesso di risposarsi e ricevere la comunione non è stata avanzata per la prima volta nella lettera firmata dal cardinale Kasper e da altri membri dell’episcopato tedesco nel 1993. L’episcopato di un altro paese, l’Inghilterra, ha fatto da pioniere in questo campo della dottrina cristiana circa 500 anni fa. Al tempo non ci si chiedeva appena se un cattolico potesse risposarsi, ma se il re potesse farlo, dal momento che sua moglie non gli aveva generato un figlio.
Come nel caso di coloro che chiedono la comunione per chi si risposa civilmente, così anche i vescovi inglesi non volevano autorizzare apertamente il divorzio e le nuove nozze. Così, scelsero di piegare la legge alle circostanze individuali del caso che dovevano affrontare e il re Enrico VIII ottenne “l’annullamento” su basi fraudolente e senza il permesso di Roma.
Se “l’eroismo non è per il cristiano medio”, per dirla con il cardinale tedesco Walter Kasper, certamente non lo era per il re di Inghilterra. Al contrario, la felicità personale e il benessere di un paese costituivano due forti argomenti a favore del divorzio di Enrico. Ed era difficile che il re si prendesse il disturbo di saltare la comunione come conseguenza di un matrimonio irregolare.
Il cardinale di Inghilterra Wolsey, insieme a tutti i vescovi del paese, con l’eccezione del vescovo di Rochester, John Fisher, appoggiarono il tentativo del re di cancellare il suo primo e legittimo matrimonio. Come Fisher, anche Tommaso Moro, laico e cancelliere del re, gli rifiutò il suo sostegno. Entrambi vennero martirizzati e in seguito canonizzati.
Difendendo pubblicamente l’indissolubilità del matrimonio del re, Fisher sostenne che «questo matrimonio del re e della regina non può essere dissolto da alcun potere, umano o divino che sia». Per questo principio, disse, era disposto a dare la vita. Continuò facendo notare che Giovanni il Battista non aveva trovato «causa più gloriosa per cui morire che quella del matrimonio», nonostante allora il matrimonio «non fosse così sacro come lo è diventato dopo che Cristo ha versato il Suo sangue».
Come Tommaso Moro e Giovanni il battista, Fisher fu decapitato e come loro fu chiamato “santo”. Al Sinodo sulla famiglia che si sta svolgendo in questi giorni a Roma, alcuni vescovi tedeschi insieme ai loro sostenitori stanno facendo pressione perché la Chiesa permetta a chi ha divorziato, e poi si è risposato, di ricevere la comunione. Al contrario, altri vescovi da tutto il mondo insistono che la Chiesa non può cambiare l’insegnamento di Cristo. Questa situazione impone una domanda: credono i vescovi tedeschi che san Tommaso Moro e san John Fisher abbiano sacrificato invano le loro vite?
Gesù ci ha mostrato lungo tutto il suo ministero che per seguirlo è necessario un sacrificio eroico. Quando si legge il Vangelo con cuore aperto, un cuore che non mette il mondo e la storia al di sopra del Vangelo e della Tradizione, si scorge il costo della sequela che tutti i discepoli sono chiamati a pagare. I vescovi tedeschi farebbero meglio a leggere “Il costo dell’essere discepoli” del martire luterano, Dietrich Bonhoeffer. Infatti, ciò che loro promuovono è una “grazia a poco prezzo” invece che una “grazia onerosa”, e sembrano anche ignorare le parole di Gesù: «Chi mi vuol seguire rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mc. 8: 34, Lc. 14: 25-27, Gv. 12: 24-26).
Pensiamo, ad esempio, all’adultera che i Farisei presentarono a Gesù per coglierlo in fallo. La prima cosa che fece fu proteggerla dai suoi accusatori e la seconda cosa che fece fu richiamarla. «Va’», comandò, «e non peccare più». Seguendo le parole di Cristo in persona, la Chiesa cattolica ha sempre insegnato che il divorzio e le nuove nozze sono solo un altro modo per chiamare l’adulterio. E poiché la comunione è riservata ai cattolici in stato di grazia, coloro che vivono in una situazione irregolare non possono partecipare a questo aspetto della vita della Chiesa, anche se devono sempre essere accolti all’interno delle parrocchie e anche a Messa.
A maggio, il cardinale Kasper, in un’intervista a Commonweal Magazine, ha affermato che «non possiamo dire se l’adulterio è in corso» quando un un cristiano divorziato e pentito intrattiene «rapporti sessuali» in una nuova unione. Piuttosto, lui ritiene che «l’assoluzione sia possibile». Ma, ancora, Cristo ha chiaramente chiamato adulterio il risposarsi e ha detto che l’adulterio è peccato (Mt. 5:32, Mc. 10:12, Lc. 16:18). Nel caso della Samaritana (Giovanni 4:1-42), Gesù ha anche confermato che risposarsi non può essere valido neanche quando è un gesto dettato da fedeltà e sentimenti sinceri.
Se si aggiunge all’equazione l’alto tasso di fallimenti delle nuove nozze in seguito a un divorzio, nessuno può dire a che cosa potrebbero portare i ragionamenti del cardinale Kasper. Per esempio, la comunione sacramentale dovrebbe essere ammessa solo per coloro che si risposano una volta? E per coloro che si risposano due o tre volte? Ed è ovvio che gli argomenti usati per ammorbidire il divieto di Cristo di risposarsi potrebbero essere utilizzati anche per l’uso dei contraccettivi o per innumerevoli altri aspetti della teologia cattolica, che il mondo moderno e auto-referenziale giudica “difficili”.
Per predire a che cosa porterà tutto questo non serve conoscere il futuro, è sufficiente osservare il passato. Dobbiamo solo guardare la Chiesa anglicana, che ha aperto la porta alla contraccezione (e poi l’ha abbracciata) nel 20esimo secolo e per oltre un decennio ha permesso ai divorziati di risposarsi in alcuni casi.
«Non siamo appena una succursale di Roma», ha affermato il cardinale Marx. «Ogni conferenza episcopale è responsabile per la cura pastorale nella sua cultura e deve proclamare il Vangelo a modo suo. Non possiamo aspettare che il Sinodo decida qualcosa, mentre dobbiamo occuparci qui del ministero del matrimonio e della famiglia». Anche gli anglicani hanno ricercato una simile autonomia, anche se questa ha portato come risultato a crescenti divisioni interne e a uno svuotamento delle comunità.
È innegabile che la Chiesa debba raggiungere con misericordia coloro che si trovano ai margini della fede, ma la misericordia parla sempre il linguaggio della verità, non condona mai il peccato, e riconosce che la Croce è al cuore del Vangelo. Si potrebbe richiamare papa san Giovanni Paolo II, citato da papa Francesco alla sua canonizzazione come “il Papa della famiglia”, che scrisse estensivamente della misericordia, dedicandole un’intera enciclica e istituendo la festa della Divina misericordia. Per san Giovanni Paolo II, la misericordia era un tema sì centrale, ma che necessitava di essere letto alla luce della verità e della scrittura, piuttosto che in contrasto con esse.
Per quanto riguarda le nuove nozze, e molte altre questioni, nessuno può dire che gli insegnamenti della Chiesa, che sono quelli di Cristo, siano facili. Ma Cristo stesso non è sceso a compromessi con i suoi principali insegnamenti per impedire ai discepoli di andarsene – che si trattasse dell’Eucaristia o del matrimonio (Gv 6: 60-71; Mt 19: 3-12). Neanche John Fisher è sceso a compromessi per mantenere cattolico il re. Per cercare un modello su questo tema, non dobbiamo andare oltre le parole di Cristo e san Pietro che troviamo nel capitolo 6 del vangelo di Giovanni, un passaggio che ci ricorda che gli insegnamenti sull’Eucaristia sono spesso difficili da accettare per i credenti.
«”È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono. (…) Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio”. Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: “Forse anche voi volete andarvene?”. Gli rispose Simon Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”».
Come i discepoli, noi siamo sempre chiamati ad ascoltare la voce di Gesù prima che la voce del mondo, della cultura e della storia. La voce di Gesù illumina le tenebre del mondo e delle culture. Preghiamo affinché tutti prestino ascolto a queste parole di vita eterna, a prescindere dalla loro difficoltà!
Tempi.it
http://associazionemadonnaumiltapistoia.blogspot.it/2015/10/cari-cardinali-tedeschi-tommaso-moro-e.html
Sinodo – la lettera dei 13 Cardinali a Bergoglio e il pregevole intervento del metropolita ortodosso
- di Sergio Basile -Sinodo sulla Famiglia – Interventi, colpi di scena e perplessità
Sinodo – la lettera dei 13 Cardinali a Bergoglio e
il pregevole intervento del metropolita ortodosso
Francesco: "L'impegno a edificare una Chiesa sinodale è
gravido di implicazioni ecumeniche"
Hilarion di Volokolamsk - una delle voci (ortodosse) più convincenti
in difesa dei principi cristiani di sempre
►In allegato il testo della lettera dei 13 cardinali a Papa Francesco
►L'intervento di Hilarion di Volokolamsk (ortodosso)
di Sergio Basile
Chiesa sinodale gravida di implicazioni ecumeniche?
Roma – di Sergio Basile – Nella città eterna, in questo tempo, si stanno consumando giorni intensi nell'ambito dei lavori del Sinodo sulla Famiglia. Pochi sanno, tuttavia, cosa stia realmente accadendo. Cerchiamo di comprenderlo meglio analizzando le vicende più significative dell'ultima settimana. Partiamo da una emblematica dichiarazione: "L'impegno a edificare una Chiesa sinodale è gravido di implicazioni ecumeniche". A dichiararlo, nei giorni scorsi, proprio in una Chiesa sinodale, anche l'esercizio del primato petrino potrà ricevere maggiore luce. Il Papa non sta, da solo, al di sopra della Chiesa; ma dentro di essa come Battezzato tra i Battezzati e dentro il Collegio episcopale come Vescovo tra i Vescovi, chiamato al contempo a guidare la Chiesa di Roma che presiede nell'amore tutte le Chiese". Sotto questo profilo il Pontefice ha ribadito "la necessità e l'urgenza di pensare a una conversione del papato" (fonte Ansa 17 Ottobre 2015).
La lettera dei 13 cardinali
Ma in cosa consiste questa conversione? Sono in molti a chiederselo. Nei giorni scorsi aveva fatto molto discutere, sempre in seno all'assemblea dei vescovi, in concomitanza con l'avvio dei lavori del sinodo, la lettera consegnata a Papa Francesco da parte di 13 cardinali (1) partecipanti alla stessa assemblea. Al centro del documento le "preoccupazioni" dei porporati in merito alleprocedure sinodali che potrebbero facilitare "risultati predeterminati su importanti questioni controverse" (vedi testo integrale in allegato) come, evidentemente, quella dellacomunione ai divorziati.
(1) Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, Thomas C. Collins, arcivescovo di Toronto, Timothy M. Dolan, arcivescovo di New York, Willem J. Eijk, arcivescovo di Utrecht, Gerhard L. Müller, già vescovo di Ratisbona, Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban, George Pell, dal 2014 prefetto in Vaticano della segreteria per l'economia, Robert Sarah, dal 2014 prefetto della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, Jorge L. Urosa Savino, arcivescovo di Caracas. N.b.: Altri 4 cardinali avrebbero sostenuto di non aver mai firmato il documento: l’arcivescovo di Milano Angelo Scola, l’arcivescovo di Parigi André Vingt-Trois, il Penitenziere maggiore Mauro Piacenza e l’arcivescovo di Budapest Péter Erdö (N.b.: Erdö è anche relatore generale del Sinodo – vedi foto, personaggio al centro). Quindi dall’elenco iniziale di 13 porporati pubblicato da Sandro Magister (vedi qui Tredici cardinali hanno scritto al papa. Ecco la lettera) al momento, ne resterebbero 9.
La questione della Relatio Synodi
Bergolgio in assemble, è apparso piuttosto sorpreso dalla lettera, rimarcando, tuttavia, la continuitàdei lavori sinodali in corso rispetto a quelli avviati lo scorso anno e quindi in linea e sintonia con i suoi due discorsi - iniziale e finale - e con la Relatio synodi (vedi qui per approfondimentiSinodo – La risposta ideale di Padre Pio alla relatio del cardinal Erdö). Il pontefice ha poi sottolineato come la dottrina cattolica sul matrimonio non sia stata toccata, invitando a "non ridurre gli orizzonti del sinodo" alla tematica dell'ipotesi della comunione ai divorziati. Secondo il portavoce della Sala Stampa Vaticana, padre Lombardi, in aggiunta, le decisioni di metodo da seguire nel sinodo sarebbero state condivise e approvate dal papa, e quindi "non possono essere rimesse in discussione". Francesco avrebbe respinto ai mittenti le richieste e preoccupazioni palesate nella lettera (vedi testo in allegato).
Incertezza sulla "Relatio finalis"
Ma oggi, ad esacerbare gli animi lungo il percosro sinodale è la presenza di un velo di incertezza ed approssimazione. Infatti ad apparire incerta è la stessa esistenza di una "Relatio finalis" sul sinodo: ancora non si è ben capito se si giungerà ad un documento finale o a semplici indicazioni, malgrado lo stesso Francesco avesse provveduto a nominare, in tempi non sospetti, una commissione di dieci cardinali e vescovi proprio per l'elaborazione di una relazione finale. L'unico documento finale del sinodo potrebbe essere, a questo punto, una rielaborazione di quell'"Instrumentum laboris" (documento preparatorio del sinodo) che i tredici cardinali firmatari della lettera a Francesco (vedi allegato) hanno considerato inadatto quale fondamento di un documento finale così importante. Ma probabilmente, al di là delle mere "questioni di metodo", il vero punto sta nell'opportunità del "merito" ("questioni di merito" dunque) su alcuni punti che da millenni nessuno aveva, fino ad ora, messo in discussione o sottoposto a "democratico" dibattito (sic!).
Richiesta di "ritorno al passato" e "genuina collegialità" (?)
Nella lettera a Bergoglio i tredici cardinali (oggi pare che i firmatari ufficiali siano diventati 9) hanno, inoltre, auspicavato il ripristino della procedura decisionale adottata nei sinodi passati, i quali terminavano col voto, ad una ad una, di "proposizioni da offrire al papa". L'alternativa suggerita dai cardinali consisterebbe nella votazione punto per punto di una "Relatio finalis" scritta da una commissione elettiva e non tutta nominata dall'alto da papa Francescocostituita – tra l'altro – in maggioranza da "novatori"(2). Nel testo si parla espressamente di "genuina collegialità". "La dottrina cattolica sul matrimonio non è stata toccata", ha assicurato Bergoglio, riferendosi alle assemblee presinodali avviate nel 2014. Tuttavia, ci chiediamo, una questione come quella della "comunione ai dovorziati", non dovrebbe essere a priori una tematica prettamente afferente al "mondo protestante" e quindi esclusa da qualsivoglia mutamento collegiale o non? Il punto cruciale della questione e dell'intero sinodo è proprio questo!
(2) vedi tra tutti lo stravagante e ambiguo Cardinal Tagle - (vedi foto sopra a destra)
I "novatori" dell'ambiguo Cardinal Tagle
Emblematica, in merito, è stata l'ultima esternazione del cardinal Tagle, novatore doc, che nei giorni scorsi ha dichiarato con un certo compiacimento come: "Il metodo nuovo adottato dal sinodo probabilmente è costato un po' di confusione, ma è bene essere confusi ogni tanto. Se le cose sono sempre chiare non sarebbe più la vita vera". Ma chi è Tagle? Beh, quello del gesto delle "corna"nelle Filippine (vedi foto sopra: destra), lo stesso immortalato in compagnia di "soggetti particolari" in "manifestazioni particolari" (vedi foto sopra: destra) e lo stesso artefice delle seguenti emblematiche dichiarazioni: «La rivoluzione, di Papa Francesco è solo agli inizi. Mi aspetto un Sinodo dove si discuta con franchezza, onestà intellettuale, che parli alla Chiesa e al mondo (…) Noi nelle Filippine, ogni anno celebriamo, per ben quattro-cinque volte, "il matrimonio delle coppie non sposate". Per noi non è una sorpresa. Noi annunciamo il Vangelo» (vedi qui - Il cardinale Tagle al Mattino: «Sì alle coppie non sposate in Chiesa»).
Il pregevole intervento del metropolita russo-ortodosso Volokolamsk
Per il momento al sinodo - il sinodo del partito dei difensori della fede, contrapposto a quello dei cosiddetti "novatori" - una delle voci più "cattoliche" resta quella del metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne della Chiesa ortodossa russa. Evidentemente c'è qualcosa che non torna (in calce l'intervento del prelato russo, dello scorso martedì 20 Ottobre). Al centro del discorso del prelato russo vi è stata la coraggiosa e decisa denuncia contro il cancro della modernizzazione della coscienza ecclesiale, pericolosamente orientata verso baratri protestantizzanti.
Sergio Basile (Copyright © 2015 Qui Europa)
Partecipa al dibattito - Redazione Quieuropa - infounicz.europa@gmail.com
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Il testo della lettera dei 13 cardinali a Papa Francesco
Santità, Mentre ha inizio il sinodo sulla famiglia, e con il desiderio di vederlo fruttuosamente servire la Chiesa e il Suo ministero, rispettosamente Le chiediamo di prendere in considerazione una serie di preoccupazioni che abbiamo raccolto da altri padri sinodali, e che noi condividiamo. Il documento preparatorio del sinodo, l'"Instrumentum laboris", che pure ha degli spunti ammirevoli, ha anche sezioni che trarrebbero vantaggio da una sostanziale riflessione e rielaborazione. Le nuove procedure che guidano il sinodo sembrano assicurare un'influenza eccessiva sulle deliberazioni del sinodo e sul documento sinodale finale. Così com'è, e poste le preoccupazioni che abbiamo già raccolto da molti dei padri sulle sue varie sezioni problematiche,l'"Instrumentum" non può adeguatamente servire da testo guida o da fondamento di un documento finale.
Genuina collegialità…
Le nuove procedure sinodali saranno viste in alcuni ambienti come mancanti d’apertura e digenuina collegialità. Nel passato, il processo di presentare proposizioni e di votarle serviva allo scopo prezioso di misurare gli orientamenti dei padri sinodali. L'assenza di proposizioni e delle relative discussioni e votazioni sembra scoraggiare un dibattito aperto e confinare la discussione ai circoli minori; quindi ci sembra urgente che la redazione di proposizioni da votare dall'intero sinodo dovrebbe essere ripristinata. Il voto su un documento finale arriva troppo tardi nel processo di completa revisione e di aggiustamento del testo.
La questione della nomina senza consultazione
Inoltre, la mancanza di una partecipazione dai padri sinodali alla composizione dellacommissione di redazione ha creato un notevole disagio. I suoi membri sono stati nominati, non eletti, senza consultazione. Allo stesso modo, chiunque farà parte della redazione di qualsiasi testo a livello dei circoli minori dovrebbe essere eletto, non nominato. A loro volta, questi fatti hanno creato il timore che le nuove procedure non siano aderenti al tradizionale spirito e finalità di un sinodo. Non si capisce perché questi cambiamenti procedurali siano necessari. A un certo numero di padri il nuovo processo sembra configurato per facilitare dei risultati predeterminati su importanti questioni controverse.
La questione della comunione ai divorziati e il modello protestante
Infine, e forse con più urgenza, vari padri hanno espresso la preoccupazione che un sinodo progettato per affrontare una questione pastorale vitale – rafforzare la dignità del matrimonio e della famiglia – possa arrivare ad essere dominato dal problema teologico/dottrinale dellacomunione per i divorziati risposati civilmente. Se così avverrà, ciò solleverà inevitabilmente questioni ancora più fondamentali su come la Chiesa, nel suo cammino, dovrebbe interpretare e applicare la Parola di Dio, le sue dottrine e le sue discipline ai cambiamenti nella cultura. Il collasso delle chiese protestanti liberali nell’epoca moderna, accelerato dal loro abbandono di elementi chiave della fede e della pratica cristiana in nome dell'adattamento pastorale, giustifica una grande cautela nelle nostre discussioni sinodali. Santità, offriamo questi pensieri in uno spirito di fedeltà, e La ringraziamo per la loro presa in considerazione. Fedelmente suoi in Gesù Cristo.
Cardinali Carlo Caffarra, Thomas C. Collins, Timothy M. Dolan, Willem J. Eijk, Gerhard L. Müller, Wilfrid Fox Napier, George Pell, Robert Sarah, Jorge L. Urosa Savino.
N.b.: Altri 4 cardinali avrebbero sostenuto di non aver mai firmato il documento: l’arcivescovo di Milano Angelo Scola, l’arcivescovo di Parigi André Vingt-Trois, il Penitenziere maggiore Mauro Piacenza e l’arcivescovo di Budapest Péter Erdö (N.b.: Erdö è anche relatore generale del Sinodo). Quindi dall’elenco iniziale di 13 porporati pubblicato da Sandro Magister al momento, ne resterebbero 9.
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Intervento del metropolita russo-ortodosso Hilarion di Volokolamsk
Assemblea sinodale, Martedì 20 Ottobre 2015
Intervento di saluto al sinodo
di S.E. Hilarion di Volokolamsk, Metropolita russo-ortodosso
(in foto, il terzo da sinistra)
Basi solide e incrollabili
Santità, Beatitudini, Eminenze e Eccellenze, a nome di Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill e di tutta la Chiesa ortodossa russa rivolgo il nostro saluto fraterno a tutti voi, in occasione della XIV Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi della Chiesa cattolica, dedicata al tema della famiglia. Nel nostro mondo turbolento e inquietante, l’uomo ha bisogno di basi solide e incrollabili su cui poggiare, per costruire su di esse con fiducia la propria vita. La società laica, orientata principalmente alla soddisfazione dei desideri individuali, non può dare alla persona orientamenti morali chiari.
La crisi dei valori tradizionali
La crisi dei valori tradizionali cui assistiamo nella società dei consumi, porta ad unacontraddizione tra diverse preferenze, anche nelle relazioni familiari. Così, se ilfemminismo estremo vede nella maternità un ostacolo alla realizzazione della donna, d’altra parte, il fatto di avere un figlio è sempre più considerato un diritto che può essere raggiunto con qualsiasi mezzo. Sempre più spesso, la famiglia è vista come un’unione di due persone, indipendentemente dal loro sesso, e si ritiene che l’individuo possa scegliere l’appartenenza all’uno o all’altro sesso, secondo il gusto personale. D’altra parte, si presentano nuovi problemi che riguardano direttamente i fondamenti della famiglia tradizionale.
Conflitti e movimenti migratori come minaccia alla famiglia
I conflitti armati nel mondo moderno causano un esodo di massa dalle regioni colpite dalla guerra verso i paesi più ricchi. L’emigrazione spesso porta alla rottura dei legami familiari, e crea nel contempo un nuovo ambiente sociale in cui nascono legami che hanno spesso carattere interetnico e interreligioso. Queste sfide e minacce sono comuni per tutte le Chiese cristiane, che devono cercare le risposte, basandosi sulla missione affidata loro da Cristo, quella di guidare la persona alla salvezza.
Il cancro della modernizzazione della coscienza ecclesiale
Purtroppo, anche in ambienti cristiani, sentiamo spesso voci che chiedono una “modernizzazione” della coscienza ecclesiale, cioè il rifiuto della dottrina cristiana, apparentemente obsoleta, sulla famiglia. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare le parole dell’apostolo Paolo rivolte ai cristiani di Roma:
“Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando
la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono,
a lui gradito e perfetto”
(Rm 12, 2).
Sale della terra e luce del mondo
La Chiesa è chiamata ad essere una luce e un faro nel buio di questo mondo, e i cristiani sono chiamati a essere “sale della terra” e “luce del mondo”. Tutti noi non dobbiamo dimenticare il tremendo monito del Salvatore:
“se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato?
A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini”
(Mt 5, 13-14).
Abomini delle comunità protestanti
Un tale sale, che ha perso la forza del proprio sapore, diventano in questo nostro tempo alcunecomunità protestanti che si definiscono cristiane ma predicano ideali morali che sono incompatibili con il cristianesimo. Se in comunità di questo tipo si introduce il rito della benedizione delle unioni omosessuali, e una donna lesbica, che si autodefinisce “vescovo”, esorta a rimuovere dalle chiese portuali le croci e a sostituirle con mezzelune islamiche, può una tale comunità essere definita “chiesa”? Sotto i nostri occhi il cristianesimo viene tradito da quanti sono pronti a fare il gioco della società secolarizzata, sclericalizzata e senza Dio.
La distruzione del concetto di famiglia
Le autorità di diversi paesi d’Europa e America, nonostante le numerose proteste, anche da parte di fedeli cattolici, continuano a perseguire una politica deliberatamente mirante alla distruzione del concetto stesso di famiglia. Non soltanto le unioni omosessuali vengono legalmente equiparare al matrimonio, ma si arriva a perseguire penalmente quanti, a motivo della propria fede cristiana, rifiutano di registrare tali unioni. Subito dopo la conclusione della visita di Papa Francesco, il presidente americano Barack Obama ha apertamente dichiarato che i diritti dei gay sono più importanti della libertà religiosa. Questo mostra chiaramente l’intenzione delle autorità secolari di continuare l’attacco alle forze sane della società che difendono i valori tradizionali della famiglia. I cattolici sono in prima linea in questa lotta, e proprio contro la Chiesa cattolica è in corso una vera e propria campagna di discredito e menzogna. Pertanto, la forza nel difendere le convinzioni cristiane e la fedeltà alla tradizione della Chiesa oggi sono particolarmente necessarie.
Cos'è la famiglia? Ancora contro la deriva del relativismo morale
Oggi che la società diventa sempre più simile all’uomo stolto, “che ha costruito la sua casa sulla sabbia” (cf. Mt 7 26), è dovere della Chiesa ricordare alla società la sua base solida – la famiglia come unione dell’uomo e della donna, che ha come fine la nascita e l’educazione dei figli. Solo una tale famiglia, stabilita dallo stesso Signore al momento della creazione del mondo, è in grado di prevenire, o almeno rallentare, lo scivolare della società moderna nel baratro del relativismo morale. La Chiesa ortodossa, così come quella cattolica, nella sua dottrina sulla famiglia ha sempre seguito la Sacra Scrittura e la Santa Tradizione, affermando il principio della santità del matrimonio, che si fonda sulle parole del Salvatore stesso (cf. Mt 19, 6; Mc 10, 9). Nel nostro tempo, questa posizione deve essere più unita e unanime.
Difendere la famiglia, la nostra missione
Dobbiamo insieme difenderla nel dialogo con le autorità legislative ed esecutive dei singoli paesi, e a livello delle organizzazioni internazionali, come l’ONU e il Consiglio d’Europa. Non possiamo limitarci alle sole esortazioni, dobbiamo garantire pienamente la tutela giuridica della famiglia. È indispensabile la solidarietà delle Chiese e tutte le persone di buona volontà, al fine di proteggere la famiglia dalle minacce del mondo laico e così garantire il nostro futuro. Spero che uno dei frutti della Assemblea del Sinodo sarà l’ulteriore sviluppo della cooperazione cattolico-ortodossa in questa direzione. Vi auguro la pace, la benedizione di Dio e successo nel vostro lavoro!
Metropolita Hilarion di Volokolamsk
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Articolo allegato
Cari cardinali tedeschi, Tommaso Moro e John Fisher sono morti invano?
Pubblichiamo in una nostra traduzione la riflessione sul Sinodo scritta per ilDenver Catholic da Samuel J. Aquila, arcivescovo di Denver, e intitolata “Tommaso Moro e John Fisher sono morti invano”?
ottobre 23, 2015 Samuel J. Aquila
L’arcivescovo di Denver, Samuel J. Aquila, sulla comunione ai divorziati risposati pone qualche domanda a Kasper e Marx.
L’idea che ai cattolici dovrebbe essere concesso di risposarsi e ricevere la comunione non è stata avanzata per la prima volta nella lettera firmata dal cardinale Kasper e da altri membri dell’episcopato tedesco nel 1993. L’episcopato di un altro paese, l’Inghilterra, ha fatto da pioniere in questo campo della dottrina cristiana circa 500 anni fa. Al tempo non ci si chiedeva appena se un cattolico potesse risposarsi, ma se il re potesse farlo, dal momento che sua moglie non gli aveva generato un figlio.
Come nel caso di coloro che chiedono la comunione per chi si risposa civilmente, così anche i vescovi inglesi non volevano autorizzare apertamente il divorzio e le nuove nozze. Così, scelsero di piegare la legge alle circostanze individuali del caso che dovevano affrontare e il re Enrico VIII ottenne “l’annullamento” su basi fraudolente e senza il permesso di Roma.
Se “l’eroismo non è per il cristiano medio”, per dirla con il cardinale tedesco Walter Kasper, certamente non lo era per il re di Inghilterra. Al contrario, la felicità personale e il benessere di un paese costituivano due forti argomenti a favore del divorzio di Enrico. Ed era difficile che il re si prendesse il disturbo di saltare la comunione come conseguenza di un matrimonio irregolare.
Il cardinale di Inghilterra Wolsey, insieme a tutti i vescovi del paese, con l’eccezione del vescovo di Rochester, John Fisher, appoggiarono il tentativo del re di cancellare il suo primo e legittimo matrimonio. Come Fisher, anche Tommaso Moro, laico e cancelliere del re, gli rifiutò il suo sostegno. Entrambi vennero martirizzati e in seguito canonizzati.
Difendendo pubblicamente l’indissolubilità del matrimonio del re, Fisher sostenne che «questo matrimonio del re e della regina non può essere dissolto da alcun potere, umano o divino che sia». Per questo principio, disse, era disposto a dare la vita. Continuò facendo notare che Giovanni il Battista non aveva trovato «causa più gloriosa per cui morire che quella del matrimonio», nonostante allora il matrimonio «non fosse così sacro come lo è diventato dopo che Cristo ha versato il Suo sangue».
Come Tommaso Moro e Giovanni il battista, Fisher fu decapitato e come loro fu chiamato “santo”. Al Sinodo sulla famiglia che si sta svolgendo in questi giorni a Roma, alcuni vescovi tedeschi insieme ai loro sostenitori stanno facendo pressione perché la Chiesa permetta a chi ha divorziato, e poi si è risposato, di ricevere la comunione. Al contrario, altri vescovi da tutto il mondo insistono che la Chiesa non può cambiare l’insegnamento di Cristo. Questa situazione impone una domanda: credono i vescovi tedeschi che san Tommaso Moro e san John Fisher abbiano sacrificato invano le loro vite?
Gesù ci ha mostrato lungo tutto il suo ministero che per seguirlo è necessario un sacrificio eroico. Quando si legge il Vangelo con cuore aperto, un cuore che non mette il mondo e la storia al di sopra del Vangelo e della Tradizione, si scorge il costo della sequela che tutti i discepoli sono chiamati a pagare. I vescovi tedeschi farebbero meglio a leggere “Il costo dell’essere discepoli” del martire luterano, Dietrich Bonhoeffer. Infatti, ciò che loro promuovono è una “grazia a poco prezzo” invece che una “grazia onerosa”, e sembrano anche ignorare le parole di Gesù: «Chi mi vuol seguire rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mc. 8: 34, Lc. 14: 25-27, Gv. 12: 24-26).
Pensiamo, ad esempio, all’adultera che i Farisei presentarono a Gesù per coglierlo in fallo. La prima cosa che fece fu proteggerla dai suoi accusatori e la seconda cosa che fece fu richiamarla. «Va’», comandò, «e non peccare più». Seguendo le parole di Cristo in persona, la Chiesa cattolica ha sempre insegnato che il divorzio e le nuove nozze sono solo un altro modo per chiamare l’adulterio. E poiché la comunione è riservata ai cattolici in stato di grazia, coloro che vivono in una situazione irregolare non possono partecipare a questo aspetto della vita della Chiesa, anche se devono sempre essere accolti all’interno delle parrocchie e anche a Messa.
A maggio, il cardinale Kasper, in un’intervista a Commonweal Magazine, ha affermato che «non possiamo dire se l’adulterio è in corso» quando un un cristiano divorziato e pentito intrattiene «rapporti sessuali» in una nuova unione. Piuttosto, lui ritiene che «l’assoluzione sia possibile». Ma, ancora, Cristo ha chiaramente chiamato adulterio il risposarsi e ha detto che l’adulterio è peccato (Mt. 5:32, Mc. 10:12, Lc. 16:18). Nel caso della Samaritana (Giovanni 4:1-42), Gesù ha anche confermato che risposarsi non può essere valido neanche quando è un gesto dettato da fedeltà e sentimenti sinceri.
Se si aggiunge all’equazione l’alto tasso di fallimenti delle nuove nozze in seguito a un divorzio, nessuno può dire a che cosa potrebbero portare i ragionamenti del cardinale Kasper. Per esempio, la comunione sacramentale dovrebbe essere ammessa solo per coloro che si risposano una volta? E per coloro che si risposano due o tre volte? Ed è ovvio che gli argomenti usati per ammorbidire il divieto di Cristo di risposarsi potrebbero essere utilizzati anche per l’uso dei contraccettivi o per innumerevoli altri aspetti della teologia cattolica, che il mondo moderno e auto-referenziale giudica “difficili”.
Per predire a che cosa porterà tutto questo non serve conoscere il futuro, è sufficiente osservare il passato. Dobbiamo solo guardare la Chiesa anglicana, che ha aperto la porta alla contraccezione (e poi l’ha abbracciata) nel 20esimo secolo e per oltre un decennio ha permesso ai divorziati di risposarsi in alcuni casi.
Il “Piano B” dei vescovi tedeschi, cioè fare “a modo loro” in Germania, anche a costo di andare contro gli insegnamenti della Chiesa, presenta le stesse falle. Ed è “anglicanamente” inquietante. Consideriamo le parole del presidente della Conferenza episcopale tedesca, il cardinale Marx, che secondo la citazione riportata dal National Catholic Register sostiene che mentre la Chiesa tedesca può restare in comunione con Roma per quanto riguarda la dottrina, per quanto riguarda invece la cura pastorale dei singoli casi, «il Sinodo non può prescrivere nel dettaglio ciò che dobbiamo fare in Germania». Enrico VIII sarebbe stato sicuramente d’accordo.
«Non siamo appena una succursale di Roma», ha affermato il cardinale Marx. «Ogni conferenza episcopale è responsabile per la cura pastorale nella sua cultura e deve proclamare il Vangelo a modo suo. Non possiamo aspettare che il Sinodo decida qualcosa, mentre dobbiamo occuparci qui del ministero del matrimonio e della famiglia». Anche gli anglicani hanno ricercato una simile autonomia, anche se questa ha portato come risultato a crescenti divisioni interne e a uno svuotamento delle comunità.
È innegabile che la Chiesa debba raggiungere con misericordia coloro che si trovano ai margini della fede, ma la misericordia parla sempre il linguaggio della verità, non condona mai il peccato, e riconosce che la Croce è al cuore del Vangelo. Si potrebbe richiamare papa san Giovanni Paolo II, citato da papa Francesco alla sua canonizzazione come “il Papa della famiglia”, che scrisse estensivamente della misericordia, dedicandole un’intera enciclica e istituendo la festa della Divina misericordia. Per san Giovanni Paolo II, la misericordia era un tema sì centrale, ma che necessitava di essere letto alla luce della verità e della scrittura, piuttosto che in contrasto con esse.
Per quanto riguarda le nuove nozze, e molte altre questioni, nessuno può dire che gli insegnamenti della Chiesa, che sono quelli di Cristo, siano facili. Ma Cristo stesso non è sceso a compromessi con i suoi principali insegnamenti per impedire ai discepoli di andarsene – che si trattasse dell’Eucaristia o del matrimonio (Gv 6: 60-71; Mt 19: 3-12). Neanche John Fisher è sceso a compromessi per mantenere cattolico il re. Per cercare un modello su questo tema, non dobbiamo andare oltre le parole di Cristo e san Pietro che troviamo nel capitolo 6 del vangelo di Giovanni, un passaggio che ci ricorda che gli insegnamenti sull’Eucaristia sono spesso difficili da accettare per i credenti.
«”È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono. (…) Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio”. Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: “Forse anche voi volete andarvene?”. Gli rispose Simon Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”».
Come i discepoli, noi siamo sempre chiamati ad ascoltare la voce di Gesù prima che la voce del mondo, della cultura e della storia. La voce di Gesù illumina le tenebre del mondo e delle culture. Preghiamo affinché tutti prestino ascolto a queste parole di vita eterna, a prescindere dalla loro difficoltà!
Tempi.it
http://associazionemadonnaumiltapistoia.blogspot.it/2015/10/cari-cardinali-tedeschi-tommaso-moro-e.html
“Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’Io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’Io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli” Mt 10,32-33
RispondiEliminaSe lo consiglia ai sacerdoti modernisti, fa pure bene, poiché essi non sono sacerdoti, ma impostori, lupi travestiti da agnelli. Io è da tempo che non antepongo più nessun titolo ecclesiastico davanti ai nomi dei modernisti, mi sembrerebbe, altrimenti, di fare un'offesa a Cristo ed alla Sua Chiesa bimillenaria, fatta di santi, di martiri, di papi esemplari, non certo di ingannatori falsi e bgiardi come tutto il clero modernista da Roncalli in poi (e anche prima, con la differenza che prima non comandava e dopo si è impossessato della Chiesa e ne ha fatto una tirannide, bergolgio ne è l'esempio eclatante).
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