Spendete quel che vi pare. Ma portatemi in Paradiso. Avari e faraoni? I preti e i vescovi che ho conosciuto io sono spesso degli spendaccioni che il più delle volte agiscono d'impulso riempiendo le canoniche di cianfrusaglie. Per il solo gusto di non dire di no o di apparire avari, di far sembrare che mancano di qualche attenzione alle loro comunità. Io li conosco questi preti.
Sono stati i preti della mia infanzia, i miei padri nella fede. Avevano sempre la stessa giacca, un po' sciattina, sgualcita e vivevano senza perpetua in stanze fumose mischiate all'odore del ragù abbrustolito. Però quando avevi bisogno aprivano il portafoglio: con una generosità commovente e a volte stupida: fosse per un venditore di fazzoletti magrebino capitato alla porta o per un piazzatore di enciclopedie agiografiche o ammenicoli da sagrestia.
E quando andavi da loro io me la ricordo quella generosità. Se ci fossero oggi e arrivasse un censore dei conti o se qualcuno facesse trapelare da fuori quelle spese, sarebbero messi alla pubblica gogna. Il fatto è che tutti questi preti che io ho conosciuto e che non sono negli elenchi di proscrizione nella nuova caccia di faraoni annidatisi nelle sacre stanze, questi preti di barbe incolte e portafoglio gonfio, ma sempre aperto sapevano parlare della vita eterna e trattavano il denaro con distacco perché consapevoli che non se lo sarebbero portati nell'aldilà.
Ora al prete sono richieste competenze manageriali e se sgarra di qualche euro il bilancio viene trattato come un malfattore. Per di più se viaggia in business. Che se poi il cardinale Pell viaggia in business al limite fa anche bene: ha il fisico di un giocatore di rugby, ce lo vedete stringersi per un'ora di volo nei seggiolini scatoletta di un volo Ryanair? Ma per favore. Siamo diventati bacchettoni con i vescovi che amministrano beni, ma li perdoniamo e li incoraggiamo se dicono eresie o se cercano di deviare dalla retta dottrina facendoci cadere tutti nel baratro. A che giova al vescovo guadagnare il mondo intero, e qualche punto di pil domestico, se poi perde se stesso?
Ché io i soldi glieli lascerei sperperare anche tutti se avessero a cuore solo ed esclusivamente la mia fede. I miei preti erano così, non erano avari ma nemmeno esempi di maniacale razionalizzazione applicata alla pastorale perché sapevano che oltre al portafoglio c'era una vita eterna da conquistare. E a quella si dedicavano. Una volta, prima che il meccanismo dell'8 per mille li rendesse dei funzionari del sacro, i parroci erano acuti amministratori di ingenti fortune parrocchiali costruite con la generosità dei fedeli, ma anche con uno spirito imprenditoriale sano.
Avevano un fondo? Lo davano a lavorare a 3, 4 a volte anche 5 mezzadri. Lo facevano fruttare per sfamare bocche e per promuovere pastorale: campi da calcio, scuole, opere parrocchiali. Tutto era incentrato a far fruttare quel microcosmo che le parrocchie erano.
Infatti non è un caso che quando sul finire della Seconda guerra mondiale i comunisti iniziarono la loro opera di indottrinamento nelle campagne e nei paesi, partirono proprio dall'illudere i contadini che con la vittoria dei Comunisti, i preti latifondisti se ne sarebbero andati via e «diventerete tutti padroni».
Loro intanto continuavano a predicare Gesù, la vita eterna, contro il peccato, tutto il peccato, mica salvaguardando il peccato più alla moda, fedeli e obbedienti alla loro vocazione.
Oggi della vita eterna non se ne parla più e il rischio del clero è quello di mischiarsi con il secolare quel tanto che basta per stravolgere la sua natura. Il caso “Vatileaks due” nasce da questa pretesa da stato di polizia mediatica di cui il clero è succube: «Consegnate i vostri iban e vediamo come gestite il malloppo, che qualche cosa di sconveniente lo troveremo».
Reati finanziari? Macché, sembra che in Vaticano non ce ne sia traccia. Eppure basta una spending review fatta alla “viva il parroco” per farli finire sulla graticola. Io sulla graticola vi metterei perché non mi parlate più del Paradiso, non perché occupate appartamenti nobili, i quali tra l'altro ve li siete trovati non perché volevate vivere da boss, con le maniglie d'oro, ma perché in questi secoli la bella arte a Palazzo era un rimando all'eterno che ci aspetta. E siccome il Palazzo Apostolico era il cuore di questo rimando all'eterno doveva essere bello. Perché ciò che è bello è anche buono, dicevano i greci.
Se avete le mani bucate saranno affari vostri e del vostro titolare. Io da voi vorrei commuovermi mentre celebrate messa, vorrei sentirvi parlare della mia poca fede. Non di come utilizzate ingenti risorse per sistemare o accomodare questo o quello. Sono miserie che ci sono sempre state e sempre ci saranno perché l'avarizia, come la generosità, sono vicende umane, troppo umane. Noi vorremmo vedervi attaccati a quel divino che invece in questo nuovo corso molti di voi hanno dimenticato. Spendete quanto volete, ma rivoglio quella tensione verso l'infinito che avete perso abbandonandovi così facilmente tra le braccia del mondo, che adesso, perfido, vi sta presentando il conto: con tanto di ricevuta fiscale e arretrati a bilancio.
Come sostenere una Messa “ordinaria” senza rinunciare alla Messa quotidiana
Arrivano spesso in redazione lettere con cui viene espresso il dolore di molti cattolici che non trovano nelle zone in cui abitano una chiesa dove si celebri la S. Messa di sempre, la Messa in Vetus Ordo. Conosciamo tutti il disagio nell’assistere a Messe protestantizzate, alle quali spesso si accompagna la “creatività” del celebrante, il teatrino della “preghiera dei fedeli”, per non parlare di quel momento così “socializzante” che è “l’abbraccio della pace”, eccetera. Un amico, Marco Crevani, ci invia questa testimonianza, che pubblichiamo volentieri, in cui ci spiega come si è finora comportato per “sostenere” una Messa cosiddetta “ordinaria”. Naturalmente facciamo nostra la sua conclusione, ossia l’invito a cercare comunque di partecipare alla S. Messa in Vetus Ordo. La cosa può costare sacrifici, se ci impone lunghi spostamenti, ma il compenso spirituale che ne ricaviamo è grande.
A questo scopo ricordiamo agli amici lettori di consultare l’elenco (dal sito UnaVox, linkato anche in home page di Riscossa Cristiana) delle chiese in cui si celebra la Messa di sempre, cliccando qui. Altre indicazioni di località in cui si celebra la Messa di sempre si trovano nell’articolo della Lega cattolica per la preghiera di riparazione, che viene pubblicato ogni giovedì su Riscossa Cristiana. Infine invitiamo alla rilettura di due articoli già pubblicati su Riscossa Cristiana: Breve esame critico del Novus Ordo Missæ presentato al Pontefice Paolo VI dai Cardinali Ottaviani e Bacci e Messa Nuova o Messa Tradizionale. Una questione di Fede. Il documento dei sacerdoti della diocesi di Campos, in Brasile
PD
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Come sostenere una Messa “ordinaria” senza rinunciare alla Messa quotidiana
di Marco Crevani
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Le classi di età più numerose in Italia sono quelle nate nella prima metà degli anni ’60, e sono state tutte, ahimè, private della Messa “di sempre”. Chi è cresciuto fra chitarre e “animazioni liturgiche”, solo in anni recenti, grazie soprattutto al Motu Proprio Summorum Pontificum, ha potuto conoscere ciò a cui i padri avevano rinunciato, a volte con rabbia impotente, più spesso con l’entusiasmo ignaro di “partecipare più attivamente alla Messa”.
Ma Dio non si dimentica di noi, specialmente quando siamo esuli in terra straniera, e ha educato molti, per avvicinarci a Lui, alla Messa quotidiana trattandosi gioco forza, salvo per pochissimi fortunati, della Messa “ordinaria” (contrapposta alla “straordinaria”, malcelata ironia di BXVI – qualcuno ha notato…). Quando si è ritornati ad apprezzare la Messa di sempre, l’altra lascia però una insoddisfazione crescente…
Voglio farvi partecipi di come io, comune fedele, mi comporto, non alla ricerca di un impossibile compromesso, ma almeno per rendere il più fruttuoso possibile un rito fortemente protestantizzato, senza anestetizzare la nostalgia per la Messa “straordinaria”. Certo questi suggerimenti o altri simili saranno già stati escogitati e praticati da altri.
- Potendolo fare, scegliere una chiesa dove si celebri ad Dominum, con l’altare e non con la… “mensa”. Nelle chiese antiche abbastanza spesso si trovano.
- Entrare in chiesa un po’ prima, porsi in ginocchio e iniziare la preparazione alla Messa con alcune delle formule che i sacerdoti ERANO TENUTI a usare. Io uso la preghiera di S.Ambrogio o quella di San Tommaso.
- Restare in ginocchio fino al Confiteor, come nella Messa di sempre, (soffrendo quando viene sostituito o soppresso del tutto…)
- Io utilizzo lo spazio della c.d. Preghiera dei Fedeli (ossia l’intrusione nella Liturgia del libretto di opinioni di qualche autore ben… “introdotto”), o in mancanza l’omelia o l’Offertorio pregando mentalmente i rispettivi Angeli Custodi mio, dei miei familiari, dei miei cari.
- Durante il Canone, recito mentalmente un Pater, Ave, Gloria per il Papa (come Francesco ci ha invitato a fare il 13 marzo 2013, una delle pochissime mosse condivisibili, preghiera che si rivela sempre più indispensabile!), e successivamente alcuni Requiem Aeternam per i defunti.
- Porsi in ginocchio dall’Agnus Dei fino alla Comunione, ripetendo mentalmente (dopo l’ Ecce Agnus Dei, a cui rispondo in italiano con tutti) il Confiteor e il triplice Domine non sum dignus
- Comunione sulla lingua; se la si fa in fila (come sempre accade ormai nelle Messe ordinarie) io faccio un profondo inchino prima e un leggero inchino dopo aver ricevuto l’Ostia.
- Faccio il Ringraziamento in ginocchio con l’Anima Christi, sanctifica me
- Dopo la benedizione e (se c’è) il canto finale recito mentalmente la Preghiera a San Michele e la triplice invocazione al SS.Cuore di Gesù, a cui da padre di famiglia ritengo necessario aggiungere la Preghiera a San Giuseppe.
Tutto ciò, sia chiaro, non ci esime dal propagandare e cercare di diffondere sempre di più la partecipazione e la “riconquista” degli altari parrocchiali alla Messa “straordinaria”.
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