In un articolo del 1 novembre, Eugenio Scalfari ha dichiarato che il 28 ottobre «papa Francesco ha avuto la bontà di telefonarmi alle 18 del pomeriggio ed abbiamo conversato per circa un quarto d’ora». Ora la dichiarazione che fa discutere e riflettere è contenuta in questa “chiacchierata telefonica” fra “amici” che Papa Francesco avrebbe confidato al fondatore di “Repubblica”.
Cito da Repubblica: «Il diverso parere dei vescovi fa parte della modernità della Chiesa e delle diverse società nelle quali opera, ma l’intento è comune e per quanto riguarda l’ammissione dei divorziati ai Sacramenti conferma che quel principio è stato accettato dal Sinodo. Questo è il risultato di fondo, le valutazioni di fatto sono affidate ai confessori ma alla fine di percorsi più veloci o più lenti tutti i divorziati che lo chiedono saranno ammessi».
Vero o non vero il contenuto di questa telefonata non è stato né smentito (a meno che le solite glosse di circostanza di padre Lombardi si vogliano considerare una “smentita”) né contraddetto, soprattutto dal Papa, anzi vola attraverso i media, i giornali, la tv e la coscienza del “fronte pecorale democratico” come lo chiamava Guareschi. Una cosa è certamente vera: il principio della comunione ai divorziati risposati è stato accettato dal Sinodo. In realtà padre Lombardi, il quale sembra sempre porsi in contraddizione con le interviste/telefonate rilasciate dal Papa a Scalfari, è un attore del “circo mediatico” vaticano: recita la parte che gli compete quella del “normalizzatore” ma intanto il messaggio è passato…
Sia Antonio Socci che Maurizio Blondet hanno scritto nei loro rispettivi siti due articoli molto interessanti sulle ultime puntate della telenovela vaticana. In questo “oppio del popolino” il teatrino massmediatico presenta Bergoglio come la “vittima” dei cattivoni cardinali conservatori che gli impediscono di procedere con la sua rivoluzione (perché tale è) nella Chiesa.
Leggiamo dalla presentazione di Blondet che lo scorso 10 giugno papa Bergoglio, in un’udienza privata con i frati francescani dell’Immacolata (cioè quei pochi rimasti imprigionati nell’ordine), si è profuso in un sermone sull’“obbedienza”. Interessante. Non tanto perché ha ricordato loro di essere obbedienti al Capo della Chiesa mentre intanto li stritola con la sua morsa misericordiosa (effettivamente la misericordina in grani potrebbe dare effetti collaterali “indesiderati”) quanto perché per sostenere l’argomento “obbedienza” Bergoglio ha richiamato loro due esempi molto significativi: 1) Lutero e 2) Sant’Ignazio di Loyola:
1) L’esempio del disobbediente Lutero: “quando pensiamo alla Riforma protestante è cominciata con la rivolta, lo staccarsi dal vescovo, lo staccarsi da Roma e non è la cattolicità… uno dei fondatori vostri non è finito tanto bene, quello che ha fatto la Riforma cappuccina, credo che se ne è andato a cercare altre arie, non so se è caduto nel Protestantesimo…”
Come prego? Adesso si può “cadere” nel protestantesimo?! Ma come? non erano anche loro parte della Chiesa? Non erano anche loro “espressione della creatività dello Spirito”? Allora com’è possibile cadere nel Protestantesimo? Mah…!
2) L’esempio dell’obbediente sant’Ignazio: “Sant’Ignazio ci dice che la regola per «sentire con la Chiesa» è che se io vedo una cosa nera che è nera e la Chiesa mi dice che è bianca devo dire che è bianca…”.
Scusi, potrebbe ripetere? Dopo innumerevoli discorsi sulla libertà di coscienza sull’“aiutare ognuno a fare il bene secondo quello che ognuno pensa sia il bene” e sul “chi sono io per giudicare?” adesso passiamo al superdogmatismo applicato? Adesso, dopo 50 anni di Conciliarismo e libertà religiosa rispolveriamo discorsi alla Bonifacio VIII? Beh, si potrebbe semplicemente risolvere la questione ricordando il quoziente intellettivo di Bergoglio o le sue profonde lacune logiche ma io non credo che qui si tratti di semplice e ingenua contraddizione. Credo, al contrario, che i “Kasper Games” siano diretti con luciferina astuzia da “uno” che sa amministrare a tempo, quantità e paziente opportuni la giusta dose di bastone e carota. D’altra parte è così che si tiene in scacco il popolo: lo si deve opprimere coccolandolo, uccidendolo ma per il suo bene. Un po’ come negli Hunger Games, che sono sia una punizione per la ribellione sia un momento celebrativo della grandezza e della “misericordia” di Panem. Bergoglio tiene un discorso ad hoc al “distretto 12” sulla “cattolicità” mentre alla totalità dei “distretti”, cioè al “mondo”, un discorso tollerante, fumoso e accomodante sull’intoccabilità delle pensioni e dell’assicurazione sulla vita (leggere per credere: http://www.famigliacristiana.it/articolo/il-papa-la-pensione-e-un-diritto-che-non-va-messo-in-pericolo.aspx).
Non dimentichiamoci, poi, che queste “omelie d’altri tempi” di Bergoglio sono state pronunciate in un’udienza a porte chiuse e dirette esclusivamente al piccolo gruppo dei francescani dell’Immacolata. Ve l’immaginate le stesse parole dette in un Angelus della domenica o in un’udienza del mercoledì rivolte alla totalità del mondo cattolico e non? Il “buon” vescovo di Roma tanto preoccupato di demolire la figura del “Papa” dinanzi al mondo, che si cala le braghe dinanzi ai “fratelli separati” regalando loro baci e abbracci, scuse e ammissioni di colpa direbbe mai ad una congregazione di protestanti: “E senza il Papa, a te chi garantisce la tua ortodossia, lontano dal Papa?”. Ovviamente no. Ma lo dice ai fratini dell’Immacolata. In pubblico, invece, elogia i protestanti come un’“espressione della creatività dello Spirito” (fa venire i brividi solo pronunciarlo).
Non ci si inganni, non c’è semplice contraddizione. Bergoglio sa usare gli argomenti giusti con gli interlocutori giusti. Dice al mondo ciò che il mondo (e la Massoneria) vuole sentirsi dire, ma agli sventurati francescani dell’Immacolata rivolge parole piuttosto diverse, parole che per loro hanno un certo peso: “obbedienza” e “cattolicità”. Purtroppo la formazione dei FFI su questo fronte, lo è stato detto in diversi articoli, è stata imperniata su un falsato concetto di obbedienza che in realtà è servilismo e non “santa obbedienza”. E Bergoglio sa che per loro essa è un punto debole e, perciò, lo sfrutta. Sa che loro, a causa di questa distorsione della devozione all’autorità anche quando l’autorità spinge al peccato, sarebbero disposti all’autoimmolazione per un più grande ideale.
Intanto, per rendere più saporosa la telenovela “Vatileaks” sono stati inseriti dei nuovi personaggi, prima il pervertito sodomita Charamsa ed ora i due “corvi” arrestati. Attori utili per la prossima edizione dei “Kasper Games”. Purtroppo ancora di “rivolta”, in senso positivo, all’ingiusta soppressione dei FFI, al commisariamento di mons. Oliveri ecc. non sembra parlarsene mentre, al contrario, “la Rivoluzione” massonica nella Chiesa avanza attraverso la dissoluzione del matrimonio della famiglia e della fede.
Ci sembra opportuno perciò, in questo preciso momento storico di sconvolgimenti epocali, richiamare all’attenzione di tutti le carte dell’Alta Vendita dei Carbonari (Massoneria) cadute tra le mani di papa Gregorio XVI e pubblicate per volontà di Pio IX da Crétineau-Joly nel 1859 e riproposti da mons. Henry Delassus nel 1910. Un estratto di queste lettere della Massoneria dichiara espressamente: “Se volete instaurare il regno degli eletti [i massoni] sul trono della prostituta di Babilonia [la Chiesa Cattolica], fate sì che il clero marci sotto la vostra bandiera credendo sempre di avanzare sotto il vessillo delle Chiavi apostoliche. – In questo modo – voi avrete predicato una rivoluzione in tiara e piviale, marciando con la croce e la bandiera, una rivoluzione che dovrà essere solo spronata un pochettino per appiccare il fuoco ai quattro angoli del mondo»[1].
Forse all’epoca in cui furono scritte e pubblicate nessuno avrebbe creduto che ciò in esse contenuto avrebbe mai potuto realizzarsi ma, oggi, lo stiamo vedendo dinanzi ai nostri occhi. E il carteggio prosegue: «Noi dobbiamo compiere l’educazione immorale della Chiesa e giungere, con modesti mezzi ben graduati pur se abbastanza mal definiti, al trionfo dell’idea rivoluzionaria tramite un Papa»[2].
A tal proposito citiamo soltanto la breve presentazione del volume “Francesco in mezzo ai lupi” edito da Laterza [i grassetti sono nostri]: «in Vaticano crescono le resistenze ai suoi audaci programmi di rifondazione della Chiesa come la partecipazione dei vescovi al governo ecclesiale, l’inserimento di donne ai vertici decisionali, l’approccio nuovo a divorziati e omosessuali. Ripulire lo Ior e le finanze vaticane è una fatica immane. L’episcopato italiano è un problema per il papa argentino. La rivoluzione è agli inizi: l’esito è incerto e il tempo non è molto».
Dunque, «un altro tributo è stato ucciso» per rafforzare la popolarità del “buon pastore”: Francesca Immacolata Chaoqui (simpatica l’assonanza con i frati francescani dell’Immacolata) e con lei il monsignore Lucio Angel Vallejo Balda.
Emerge, anche se velatamente, come la “pedina-Kasper” servisse ad individuare un volto di facciata che facesse da cuscinetto agli attacchi rivolti contro Bergoglio, un po’ come Harvey Dent e Bane. Dunque, l’epurazione di elementi sacrificabili procede inesorabile e sembra che la mens della Rivoluzione nella Chiesa chieda ai suoi membri di sacrificarsi per la “causa”: «abbiamo appiccato il fuoco?» chiede uno dei membri della setta delle ombre a Bane, il quale risponde: «Si, e divampa!» e lo lascia morire per “depistare” l’origine dell’incidente. Quanta carne al fuoco per la prossima puntata! Siete pronti per i prossimi Kasper Games?
di G. Z.
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