"Il Papa sta distruggendo la Chiesa"
Dagli insulti al mondo vescovile alle confidenze con Scalfari: Bergoglio è fuori controllo? Anatomia di una cattolica guerra civile
Papa Francesco (foto LaPresse)
The Spectator, sabato 7 novembre
Domenica 1° novembre, il quotidiano italiano la Repubblica ha pubblicato un editoriale a firma di Eugenio Scalfari, uno dei più celebri giornalisti del Paese, in cui questi sosteneva che il Papa gli avrebbe confidato che «alla fine di percorsi più veloci o più lenti tutti i divorziati che lo chiedono saranno ammessi» al sacramento della comunione. L’opinione pubblica cattolica è rimasta di sasso: il Papa aveva appena terminato di presiedere un sinodo di tre settimane, in cui erano emerse ampie divergenze proprio attorno alla questione dell’ammissione o meno dei divorziati cattolici risposati alla comunione. Sinodo che, alla fine, aveva votato per un nulla di fatto. Lunedì scorso, il portavoce del Papa, padre Federico Lombardi, ha dichiarato che quanto riferito da Scalfari «non è in alcun modo affidabile» e «non può essere considerato il pensiero del Papa».
Abbastanza normale, potreste pensare: Scalfari ha 91 anni, e poi non è solito prendere note o usare registratori durante le sue interviste. Ovvio che egli non sia «affidabile». Ma ciò non ha soddisfatto i media, che hanno segnalato come il Papa sapesse benissimo a cosa stava andando incontro. In fondo questa era la quarta volta che aveva deciso di farsi intervistare da una persona che confida nella sua memoria da novantenne. Dopo il loro ultimo colloquio, Scalfari aveva attribuito al Papa l’affermazione per cui la pedofilia all’interno della Chiesa coinvolge il 2% dei preti, inclusi vescovi e cardinali. Il povero Lombardi aveva dovuto smentire tutto anche allora. La volta scorsa, i cattolici hanno concesso a Francesco il beneficio del dubbio. Stavolta, invece, molti di loro stanno dicendo: lasciando perdere Scalfari, come si può avere fiducia in ciò che dice il Papa? Sono passati due anni e mezzo dall’inizio del pontificato, ma è solo nell’ultimo mese che i semplici cattolici conservatori, e non i tradizionalisti più irriducibili, hanno cominciato a sostenere che papa Francesco è fuori controllo. Notare: «fuori controllo», non «sta perdendo il controllo», che sarebbe un problema meno grave. Nessun pontefice, infatti, a memoria d’uomo, ha mai lasciato spazio alla specifica paura che ora sta avvolgendo la Chiesa: che il magistero conferito a Pietro da Gesù non è sicuro nelle sue mani.
ARTICOLI CORRELATI Bomba dello Spectator contro Bergoglio: “Sta distruggendo il papato” Il Papa all'Angelus commenta Vatileaks: "Rubare quei documenti è un reato, un atto deplorevole" Il Papa e i faraoni della CuriaI media non-cattolici non hanno ancora colto il pericolo mortale insito nella sfida che si trova ad affrontare il papa argentino. Dal modo rilassato e audace con cui si comporta in pubblico, e dai suoi commenti improvvisati, concludono che si è di fronte a un papa liberale (sempre secondo gli standard papali) attorno alle tematiche più sensibili relative alla morale sessuale, e invece guardano ai vescovi conservatori dal cuore duro come a degli ipocriti.
Tutto questo è vero, ma su una cosa i giornalisti – e i milioni di fan laici del Papa – si sbagliano di grosso. Per il suo modo di comportarsi alla mano e per la sua preferenza per il modesto titolo di «vescovo di Roma», loro credono che papa Bergoglio rivesta la carica di Supremo Pontefice con molta leggerezza. Ma chiunque lavori in Vaticano vi dirà che non è così. È vero, Francesco esercita il potere con una sicurezza di sé pari a quella di Giovanni Paolo II, il papa polacco la cui guerra santa contro il comunismo si concluse con il crollo dell’Unione Sovietica, ma le similitudini tra i due finiscono qui. Giovanni Paolo II non ha mai nascosto la natura della sua missione. Egli era deciso a chiarire e a consolidare gli insegnamenti della Chiesa. Francesco, al contrario, mira a muoversi verso una Chiesa più compassionevole e meno attaccata alle regole, ma si rifiuta di dire fino a dove voglia arrivare. A volte egli assomiglia a un automobilista che guida alla massima velocità senza cartina e specchietto retrovisore. E quando l’auto si ferma, come nel caso del sinodo dello scorso ottobre, egli come Basil Fawlty comincia a colpire disperatamente il cofano della propria auto con un bastone (celebre scena comica di una nota sitcom britannica, ndt).
I non-cattolici sono apparsi molto più interessati agli “storici” pronunciamenti di Francesco sul cambiamento climatico che non al sinodo, dominato dalla disputa circa il diritto dei divorziati cattolici risposati a ricevere la comunione. E ciò ha reso la situazione paradossale. L’enciclica del Papa Laudato si’ ha conferito una temporanea vitalità agli attivisti ambientali, mentre la conferenza sulla famiglia è stata storica, ma non nella maniera giusta. Durante il sinodo, i fedeli cattolici hanno cominciato a chiedersi se il Papa sia stato abbandonato dal proprio giudizio, oppure se sia sempre stata una persona ben diversa di quanto la sua spensierata immagine pubblica suggerisce.
Nei circoli della Chiesa le preoccupazioni sono cominciate a emergere nell’ottobre dello scorso anno, quando il Papa convocò un sinodo straordinario e preparatorio che fallì sotto i suoi occhi. A metà assemblea, gli organizzatori – nominati da Francesco – annunciarono il raggiungimento di un consenso sulla revoca del divieto di comunione e sulla volontà di riconoscere gli aspetti positivi delle relazioni tra gay. I media esultarono, prima di scoprire che erano tutte sciocchezze. I vescovi sinodali, inclusi i cardinali più anziani, non avevano affatto espresso il favore a queste aperture. Il cardinale George Pell, il conservatore australiano che ricopre il ruolo di «ministro dell’Economia» del Papa, perse le staffe – e quando Pell si arrabbia non passa inosservato. Il voto finale bocciò entrambe le proposte. Nonostante ciò, Francesco ha chiesto al sinodo di quest’anno di riesaminare la questione della comunione ai divorziati. Il primo sinodo non è stato soltanto sconfortante per il Papa, ma anche bizzarro. Perché Francesco permise ai suoi stretti collaboratori, il cardinale Lorenzo Baldisseri e l’arcivescovo Bruno Forte, di organizzare una conferenza stampa in cui, nella pratica, si dispensarono bugie?
Qualsiasi altro pontefice avrebbe spedito Baldisseri e Forte in una parrocchia in Antartide per aver mandato tutto a rotoli. Al contrario, nello stupore generale, il Papa li ha invitati a gestire il sinodo del mese scorso, e ha altresì invitato anche il cardinale Walter Kasper, un 82enne teologo tedesco ultra-liberale che intende spazzare via ogni impedimento alla comunione per i divorziati risposati. Insomma a farla breve, Francesco ha fatto capire di pensarla come Kasper, pur sapendo che la maggior parte dei vescovi del recente sinodo voleva mantenere il divieto alla comunione. Perché dunque il Papa ha insistito così tanto affinché i vescovi affrontassero questa tematica nella discussione, consapevole che questi non avrebbero mai votato come lui voleva?
I cardinali più anziani erano stupefatti – e infuriati – all’idea che il sinodo sulla crisi della famiglia in tutto il mondo sarebbe stato dominato dal bisticcio attorno a tale questione. Una settimana prima che questo cominciasse, 13 cardinali, guidati da Pell, hanno scritto una lettera al Papa chiedendogli di non permettere che ciò accadesse, e anche esprimendogli i propri sospetti sul fatto che il programma del sinodo fosse stato allestito proprio per dare la massima visibilità alle idee minoritarie di Kasper. Come prevedibile, il sinodo ha immediatamente cestinato il piano di Kasper, ma ha comunque lasciato aperta la possibilità di introdurre piccoli cambiamenti, ma questo solo perché un mese prima che il sinodo cominciasse Francesco ne ha alterato gli equilibri interni, invitando vescovi aggiuntivi che condividevano le sue idee liberali. E questo ci porta a sottolineare un fatto inquietante, che ha seriamente indebolito la fiducia verso Francesco: tra le persone invitate, infatti, vi era anche il molto liberal cardinale belga Godfried Danneels, che cinque anni fa si ritirò in maniera disonorevole dopo essere stato registrato mentre chiedeva a un uomo di tacere sugli abusi subiti da un vescovo prima che quest’ultimo andasse in pensione. Il vescovo era lo zio della vittima. In altre parole, Danneels tentò di coprire abusi sessuali che avevano avuto luogo all’interno di una famiglia. Papa Francesco ne era al corrente, ma ha comunque deciso di dargli un posto d’onore al sinodo dedicato alla famiglia. Ma perché, per amor di Dio? «Per ringraziarlo dei voti nel conclave» sibilano i conservatori – una calunnia, forse, ma di certo non aiuta il fatto che Danneels vada in giro a vantarsi di aver permesso l’elezione di Bergoglio.
Il sinodo si è concluso in maniera confusa, con un documento che ammette o non ammette la revoca del divieto alla comunione in circostanze speciali. Entrambe le parti si sono attribuite la vittoria – e il Papa, dicono gli osservatori, ha perso le staffe. Nel discorso conclusivo, Francesco si è duramente scagliato contro i «cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa» e contro la «chiusura di prospettive», aggiungendo che «i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito». L’allusione era chiara: i chierici che avevano difeso incondizionatamente il divieto di comunione rappresentavano i Farisei del Gesù di Francesco. Il Papa stava inviando insulti cifrati verso almeno metà di tutto il mondo vescovile – e, a quanto pare, stava anche dando ai preti il permesso di contestare le istruzioni circa la comunione e il divorzio. Un prete vicino al Vaticano è rimasto scioccato, ma non sorpreso. «State vedendo il vero Francesco», ha detto.
«È un brontolone, non riesce a nascondere il suo disprezzo verso la propria Curia. A differenza di Benedetto questo signore premia i suoi compagni e punisce i suoi nemici». Normalmente gli uomini di Chiesa non si riferiscono al Santo Padre con l’espressione «questo signore», anche se non gradiscono la sua teologia, ma in realtà oggi questa è una delle descrizioni di Francesco più gentili; le altre non possono essere pubblicate in una rivista destinata alle famiglie.
La Chiesa cattolica non è mai sembrata così vicina alla Comunione anglicana, che andò in mille pezzi quando i credenti ortodossi, specialmente in Africa, credettero che i propri vescovi avessero abbandonato gli insegnamenti di Gesù. Nel caso del cattolicesimo, però, la crisi strisciante si colloca in una scala molto più grande. Per milioni di cattolici, la forza più importante della Chiesa è certamente la sua coerenza e la sua immutabilità. Si aspettano che il vicario di Cristo sulla terra preservi la stabilità. Se i papi precedenti sono apparsi come delle figure elevate e distanti, questo è perché essi avevano bisogno proprio di questo, per evitare che potesse emergere uno scisma all’interno di una Chiesa che ha radici in tante culture diverse.
di Damian Thompson | 09 Novembre 2015 ore 08:59
(traduzione di Ermes Antonucci)
http://www.ilfoglio.it/chiesa/2015/11/09/spectator-il-papa-sta-distruggendo-la-chiesa___1-v-134738-rubriche_c247.htm
“La gente pensava che la chiesa sarebbe cresciuta dopo la fine del comunismo, ma non è stato così”, ha detto Block. Circa 4.600 residenti di Turingia e Sassonia-Anhalt cancellano la loro appartenenza alla chiesa ogni anno, mentre circa 13 mila in media muoiono. Le mille persone che si uniscono alla chiesa ogni anno non possono compensare la perdita nella regione di Goethe e Bach. “Nella Repubblica democratica tedesca era difficile per i pastori essere accettati nella società, ma la gente era a conoscenza di noi”, ha detto Diethard Kamm, assistente del vescovo responsabile della zona. “L’appartenenza alla chiesa significava dire, ‘questo è ciò in cui credo e me ne assumo le conseguenze’. Oggi invece la gente pensa ‘io sono padrone della mia vita, perché dovrei avere bisogno della chiesa?’”.
Dio è morto in Germania
Per far posto ai migranti si aboliscono le feste cristiane e nella chiesa di Lutero non prega più nessuno
di Giulio Meotti | 09 Novembre 2015 ore 10:45
“Dal 1990 al 2010 abbiamo chiuso 340 chiese, 46 delle quali sono state demolite”, dice il responsabile finanziario della chiesa evangelica tedesca. “Saremo costretti a vendere altri mille edifici”
Padre Joachim Deterding, il pastore della chiesa evangelica Königshardt-Schmachtendorf a Oberhausen, ha appena offerto alle autorità tedesche la sua chiesa per ospitare un certo numero di migranti. Ha deciso che, per evitare di apparire “offensivo” nei confronti dei musulmani, spoglierà la chiesa anche di ogni simbolo cristiano. Saranno dismessi il fonte battesimale e le croci. A rivelare la storia è la Westdeutsche Allgemeine Zeitung. E’ la prima volta che una chiesa consacrata viene usata per accogliere gli immigrati. Il luogo di culto guglielmino, creato nel 1906, riceverà lavatrici e cibo ogni giorno, anziché fedeli cristiani.
Si cambia regione e la scena si ripete. Le scuole e le parrocchie di Düsseldorf hanno appena deciso che la tradizionale festa cristiana d’autunno, quella di San Martino che si celebra l’11 novembre, quest’anno sarà denominata “festa delle luci” per non traumatizzare i migranti. La preside della scuola salesiana di Oberkassel, Nanette Weidelt, ha detto al Rheinische Post che il nuovo nome è stato adottato “per facilitare l’integrazione”. Anche la Croce Rossa derl quartiere di Gerresheim ha comunicato il cambio del nome: “Abbiamo volutamente scelto il nuovo nome perché l’integrazione e l’unità consentono di raggiungere il maggior numero possibile di bambini”. Storie simbolo di un paese che cammina spedito verso la realizzazione del detto di Friedrich Nietzsche: “Gott ist tot”. Dio è morto. E che da anni vive alle prese con una sorta di malessere demografico epocale.
Un malessere che è stato enucleato da Rudolf Bauer nel suo nuovo libro, “Was ist los mit den Christen?” (cosa non va con i cristiani?). E che spinge tanti a parlare di “nuovo Kulturkampf”. Il paese che ha dato i natali a Papa Benedetto XVI, dove il presidente Joachim Gauck era un pastore protestante e anche la cancelliere Angela Merkel è figlia di un pastore che dirigeva un seminario a Templin; un paese la cui musica sacra è la migliore del mondo, dove le chiese sono ricchissime e costituiscono il secondo più grande datore di lavoro in Germania, questo paese si è imposto come la testa d’ariete della secolarizzazione occidentale. Come “export nation” non soltanto in termini economici, ma di marginalizzazione della religione nello spazio pubblico.
Un malessere che è stato enucleato da Rudolf Bauer nel suo nuovo libro, “Was ist los mit den Christen?” (cosa non va con i cristiani?). E che spinge tanti a parlare di “nuovo Kulturkampf”. Il paese che ha dato i natali a Papa Benedetto XVI, dove il presidente Joachim Gauck era un pastore protestante e anche la cancelliere Angela Merkel è figlia di un pastore che dirigeva un seminario a Templin; un paese la cui musica sacra è la migliore del mondo, dove le chiese sono ricchissime e costituiscono il secondo più grande datore di lavoro in Germania, questo paese si è imposto come la testa d’ariete della secolarizzazione occidentale. Come “export nation” non soltanto in termini economici, ma di marginalizzazione della religione nello spazio pubblico.
In “La festa è finita”, lo scrittore Peter Hahne si domanda se “la Germania può ancora definirsi un paese cristiano o se non sarebbe più esatto dire che la Germania è un paese prevalentemente ateo dove convivono varie minoranze religiose”. La cancelliera Merkel, a differenza dei suoi predecessori, non ha croci appese alle pareti dell’ufficio. Al massimo se ne trova una fra la Costituzione tedesca e le opere di Bertolt Brecht. Eppure, è la stessa Merkel ad aver detto: “Non è che abbiamo troppo islam, è che abbiamo poca cristianità”.
ARTICOLI CORRELATI "C’è la guerra civile nella chiesa" Lamento sulle scuole milanesi dove nessuno studia più la religioneUn recente studio condotto alla University of Chicago dal sociologo Tom W. Smith rivela che i cittadini dell’ex Repubblica democratica tedesca hanno di gran lunga “il più alto tasso di ateismo al mondo”. E Detlef Pollack, professore di Sociologia della religione all’Università di Münster, ritiene che la Germania orientale, con il suo ateismo dilagante, stia contagiando anche il resto del paese e che l’est sia diventato un cosiddetto “trendsetter”, e predice che “almeno il 70 per cento delle persone in Germania” finirà per secolarizzarsi completamente. C’è chi parla di una nuova “Jugendweihe”, come veniva chiamata nella Ddr: lo stato comunista faceva il possibile per contrastare la religione, e per indurre le famiglie a sostituire la Cresima con una cerimonia di devozione allo stato, tramite appunto la Jugendweihe, nella quale il ragazzo si impegnava a servire fedelmente il regime. Nella lingua della Ddr c’era sempre qualcosa di parareligioso. Come “Grabweihe”, consacrazione della tomba, che sostituiva “Beerdigung”, funerale. Una sorta di misticismo agnostico in voga nuovamente in Germania in quello che viene definito “der neue Atheismus”, il Nuovo Ateismo.
Andreas Püttmann, ricercatore presso la Fondazione Konrad Adenauer, in un libro ha definito la Germania “Gesellschaft ohne Gott”, la società senza Dio. Il saggio ha avuto un incredibile successo di pubblico ed è arrivato alla quarta edizione. “Sulla Germania di oggi hanno avuto un’influenza profonda due dittature, quella nazista e quella comunista: entrambe miravano alla distruzione della religione”, spiega Püttmann al Foglio. “Hanno lasciato entrambe un segno profondo. Poi c’è un diffuso pensiero scientista che vede la religione come qualcosa di arcaico. Così oggi soltanto l’11 per cento di cattolici è praticante e appena il tre per cento di protestanti. Metà dei tedeschi ha smesso di andare a messa dal 1991 a oggi. Così la Germania avrà una minoranza cristiana di appena il dieci-quindici per cento della popolazione nel giro di qualche anno. E questo avrà un effetto profondo sulla società. Qualcosa è andato perso per sempre. E anche un comunista come Gregor Gysi ha detto di aver ‘paura di una società senza Dio’. E’ una rivoluzione silenziosa”.
La rubrica heute.de della rete televisiva tedesca Zdf pubblica dati sull’imponente crescita degli abbandoni nelle chiese cristiane: “Centinaia di migliaia di cristiani tedeschi ogni anno rinunciano formalmente alla loro fede”. Duecentomila tedeschi hanno presentato dichiarazioni ufficiali per rinunciare alla loro appartenenza alla chiesa protestante, il numero più alto in quasi vent’anni. Un numero simile si pensa che abbia lasciato la chiesa cattolica.
In Baviera, la regione più ricca d’Europa, il tasso di abbandono è aumentato del 62 per cento. Una indagine dell’Istituto Sinus di Heidelberg, resa nota dal settimanale Die Zeit, rivela che un milione di fedeli ha intenzione di abbandonare la confessione cattolica o quella protestante e che, se si considerano anche coloro che ci stanno pensando, il totale degli “apostati” sale a cinque milioni e mezzo di persone. Come scrive la Welt, i cristiani in Germania diventeranno una minoranza nei prossimi vent’anni e ogni anno, aggiunge la Faz, “la chiesa cattolica perde il dieci per cento dei suoi fedeli”. Meno del cinquanta per cento della popolazione apparterrà a chiese cattoliche e protestanti mentre le congregazioni lentamente muoiono. Entro il 2033, le chiese avranno meno di 40 milioni di membri e il cristianesimo sarà una minoranza. E se nel 1950 un cattolico su due partecipava ai servizi domenicali, secondo un sondaggio dell’Istituto demoscopico Allensbach, uno dei principali del paese, oggi solo l’8 per cento dei cattolici dell’ovest e il 17 per cento di quelli dell’est dichiara di recarsi tutte le domeniche in chiesa. L’età media è di sessant’anni per i cattolici e i protestanti. “La tendenza sul lungo periodo della religiosità in Germania mostra – a dispetto di tutti i tentativi di ridimensionarla – una tale caduta che si deve parlare di un’implosione di dimensioni epocali”, ha scritto Püttmann nel suo libro.
Uno studio della Dresdner Bank prevede che nei prossimi anni la metà delle chiese della Germania dovrà chiudere o subire una trasformazione per altri usi. “Tra il 1990 e il 2010 abbiamo chiuso 340 chiese, 46 delle quali sono state demolite”, ha comunicato Thomas Begrich, responsabile finanziario della chiesa evangelica tedesca. “Saremo costretti a vendere altri mille edifici”. Lotta per la sopravvivenza anche la torre più pendente del mondo, che non sorge a Pisa come si pensa, ma nella città tedesca di Bad Frankenhausen, famosa per le sue spa. La chiesa, vecchia settecento anni e simbolo delle molte guerre che hanno devastato la geografia tedesca, non ha più fedeli.
Si perdono ormai le storie di luoghi di culto sconsacrati: la chiesa di St. Raphael a Berlino-Gatow, chiusa e ristrutturata per accogliere un grande negozio; la chiesa parrocchiale di Neuruppin (nordest), che adesso funge da centro congressi per manager; la chiesa di San Martino a Bielefeld (ovest), dove ora si tengono party e feste di nozze, la chiesa di Milow (est), trasformata in filiale di una cassa di risparmio. Con cento membri, soltanto dodici dei quali si presentano regolarmente per il servizio domenicale, la chiesa di Woltersdorf è stata rinnovata da un comitato di volontari composto da atei e agnostici che credono che la chiesa sia “parte della identità architettonica del villaggio”. Non più come luogo di culto, ma estetico. Molte chiese tedesche sono anche state convertite in moschee. La più famosa, questa estate, a Horn. Si tratta della chiesa Kapernaumkirche, acquistata dall’associazione islamica sunnita al Nour (la luce) con lo scopo di trasformarla in un luogo di culto per i fedeli di Allah. Al Nour riunisce circa l’80 dei musulmani di Amburgo.
Il pastore Johannes Block può considerarsi il successore di Martin Lutero. E’ il vicario della Stadtkirche St. Marien zu Wittenberg, proprio la chiesa di Lutero, “la Basilica di San Pietro del protestantesimo”. Qui, Lutero ha sfidato Papa Leone X, qui ha pronunciato i suoi sermoni incendiari contro il commercio vaticano delle indulgenze, qui ha affisso le 95 tesi e portato all’ascesa il movimento protestante. Ma oggi, ogni domenica, Block predica a non più di cento fedeli cristiani, un numero mai così basso in una città di 135 mila abitanti e il cui nome ufficiale è “Lutherstadt” (Città di Lutero). Secondo il professor Pollack, appena il quattro per cento dei cittadini protestanti tedeschi frequenta oggi regolarmente la chiesa, rispetto al 10 al 15 per cento del 1950. Nello stato della Sassonia-Anhalt, dove si trova Wittenberg, solo il 13,8 per cento della popolazione appartiene alla chiesa protestante.
Come ha detto Niek Tramper, segretario generale dell’Alleanza Evangelica, “questo era un paese che inviava missioni. Ora è diventato un paese da convertire nuovamente”. Parole pronunciate dal duomo di Erfurt, l’imponente chiesa di San Severo il cui selciato è stato calpestato da Lutero, una delle più belle costruzioni medioevali che si possono ancora vedere in Germania. Il simbolo di quell’“Europa delle cattedrali” di cui parlava Robert Schuman ma di cui è rimasta soltanto una memoria appassita.
Un centro studi bavarese qualche giorno fa ha detto che, entro il 2020, i musulmani in Germania potrebbero raggiungere la cifra di venti milioni se continuasse l’attuale flusso di migranti e che già oggi l’islam è la religione tedesca in maggior crescita. Ma questo, il folle Nietzsche, non lo aveva previsto.
Un centro studi bavarese qualche giorno fa ha detto che, entro il 2020, i musulmani in Germania potrebbero raggiungere la cifra di venti milioni se continuasse l’attuale flusso di migranti e che già oggi l’islam è la religione tedesca in maggior crescita. Ma questo, il folle Nietzsche, non lo aveva previsto.
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