Il problema di Radio Spada. Chiosa alla "Lettera ai conservatori perplessi"
Radio Spada è una presenza nella rete e una casa editrice. Sotto entrambe le forme è divenuta negli ultimi anni un importante punto di riferimento per il cattolicesimo tradizionale. Le note che appaiono quotidianamente nel suo sito (vedi qui) sono per lo più caratterizzate da particolare scienza e intelligente approfondimento, talvolta dalla notevole capacità di anticipare temi e notizie. Anche le proposte editoriali (vedi qui) sono tutt’altro che banali, benché rivelino in alcuni titoli la radice politica dell’intera iniziativa. Evidentemente, però, non l’unica radice.Chi conosce il gruppo degli autori e degli editori diRadio Spada, sa bene che questa intrapresa si regge, oltre che su consolidate amicizie cristiane, su una neutralizzazione teologica che permette la circolazione di testi, di analisi e di posizioni dottrinali sia in campo tradizionale cd.sediplenista sia in campo tradizionale sedeprivazionista (detto volgarmente, sommariamente e con tutta l’imprecisione del caso: sedevacantista).
Come tutte le neutralizzazioni, anche questa neutralizzazione, mentre garantisce l'unità interna del gruppo, è destinata a produrre qualche necessaria, forse non sempre desiderata ma in molti casi ingiusta, discriminazione verso l’esterno. Non tutte le discriminazioni sono ingiuste, anzi la cattolicità stessa della Chiesa produce la discriminazione di pagani ed eretici, ma le neutralizzazioni sogliono generare discriminazioni ingiuste ed è forse questo il problema irrisolto di Radio Spada.
Il 25 ottobre è comparsa nel sito di RS una Lettera aperta ai conservatori perplessi (vedi qui il testo integrale) che nel merito è per lo più condivisibile. Essa invita giustamente i “conservatori” (una categoria in verità già reinterpretata a suo tempo sotto il concetto di "normalisti" da Alessandro Gnocchi e da Roberto de Mattei) a prendere atto dell’attuale sfacelo dottrinale e liturgico nella Chiesa cattolica. Si legge infatti nella Lettera:
Vi scriviamo, cari interlocutori, giunti ormai alla fine di questo Sinodo, mentre contempliamo il cumulo fumante di macerie della dottrina cattolica sul matrimonio. Di quell’imponente edificio, sul cui basamento per secoli si è edificata la civiltà cristiana, non rimane quasi nulla. Derubricato il divorzio, epocata l’indissolubilità, intronizzata sull’altare del diritto canonico la più sfrenata soggettività, dell’antica sacralità delle nozze cattoliche non rimangono che le ombre, affidate alla buona volontà dei singoli e relativizzate da una pastorale che ha neutralizzato la dottrina. Si badi: il tutto fatto esaltando simbolicamente la dottrina ma spingendola alle spalle nel fango di una falsa pastorale.
Come non condividere? E quindi:
Annibale non è alle porte, è dentro la cittadella di Dio, Annibale è intronizzato nella rocca. Quello che vi chiediamo quindi è un atto di Fede e quindi, naturalmente, di coraggio e al contempo un atto di ricognizione storica del passato all’insegna di una efficace e coerente “ermeneutica della discontinuità”. Il “cattolico conservatore” ha creduto di poter ridimensionare la portata rivoluzionaria ed eversiva del Concilio Vaticano II, si è cullato con le illusioni della “Nota Praevia”, ha pianto sul “Credo” di Paolo VI, ha giurato sull’ “Humanae vitae”, ha accettato l’imposizione universale del “Novus Ordo”, abbandonando spesso la Messa romana alla custodia di pochi e liberi. Quando è arrivato Giovanni Paolo II ha inneggiato al suo anticomunismo restauratore, accontentandosi che reggesse (almeno giornalisticamente) sulla morale, mentre la vergogna dell’ecumenismo e di un’ecclesiologia sgangherata e fracassona disseminavano di scandali il Corpo Mistico. Ancor più con Benedetto XVI il “cattolico conservatore” ha creduto di aver avuto partita vinta, mentre gli esili e modernistici sofismi del dotto bavarese, come in una falsa restaurazione, quasi invocavano nuove tappe del percorso rivoluzionario.
Si può certamente censurare il giudizio con cui è colpito Benedetto XVI e il suo pontificato – e i motivi di questa censura saranno qui subito palesati -, ma persino la condanna del “dotto bavarese” non sarebbe più che un’opinione in mezzo a considerazioni assai più fondate, se essa non assumesse un significato in rapporto ad alcune considerazioni che, nella Lettera, introducono e succedono ai passi appena citati:
Vi scriviamo dai nostri oscuri scantinati, dai nostri capannoni, mutati in decorosissime cappelle, da umide chiesuole private di provincia, vi scriviamo dai nostri barocchi sottoscala, onorati dalla celebrazione della Messa cattolica, dalla somministrazione dei Sacramenti e dall’insegnamento della retta dottrina. Vi scriviamo, ringraziando Dio, che ci ha concesso la grazia e la fortuna di scendere in questi piccoli spazi, nelle quali contiamo di rimanere ancora a lungo, e mossi da amichevole spirito di benevolenza, pur nella dolorosa separazione teologica che spesso ha contraddistinto i nostri rapporti. Potremmo volgerci al passato, rimproverando le vostre pie illusioni, le vostre cautele, le vostre studiate prudenze, anche, a volte, il calcolato vostro disprezzo verso di Noi ma non lo faremo: preferiamo riconoscere il vostro dolore sincero di oggi, l’incredulità rispetto all’attuale accelerazione della crisi nella Chiesa, la costernazione di fronte ai detti e ai fatti di Bergoglio e dei suoi accoliti.
Non ci vuole una particolare iniziazione ai contesti del Tradizionalismo italiano per riconoscere nei “capannoni mutati in decorosissime cappelle”, “umide chiesuole private di provincia” e nei “barocchi sottoscala” i luoghi che sono o sono stati le chiese del sedeprivazionista Istituto Boni Consilii e della FSSPX e che Radio Spada, velando le profonde differenze teologiche assimila in un’unica Vandea. Si deve ricorrere alla narrazione vandeana, alla memoria della petite église per convincersi che una neutralizzazione non è poi una cosa così grigia e liberale:
Questa scelta comporta una separazione, una dislocazione dei cattolici di oggi in piccoli gruppi che si sforzino e combattano un cattolico e vandeano "ritorno al bosco", nell'attesa di poter tornare alle Chiese oggi occupate dal culto dell'Uomo e delle sue passioni piuttosto che al Culto divino.
L'ipotesi è suggestiva e ricorda alcune belle pagine di padre Calmel o.p., ciò che però è lasciato fuori, abbandonato al campo infame dei “conservatori”, in compagnia e, più spesso, in balia degli Introvigne, dei fra’ Cavalcoli, dei Tornielli sive Messori e degli Agnoli è il vasto ceto dei sacerdoti, dei religiosi (e dei loro fedeli) che in tutto l’Orbe celebrano la Messa antica fondando la propria posizione sul Motu proprio Summorum Pontificum. Non si tratta evidentemente soltanto di modernisti travestiti da sacerdoti cattolici o di più o meno incipriati cultori di “pizzi e merletti”, ma più di sovente di eroici difensori delle forme antiche e tradizionali del culto cattolico la cui persuasione non ha bisogno della rettorica neo-vandeana, perché è già il segno di una Vandea.
Il SP, oltre a una pluralità di transeunti norme copromissorie approvate per contenere (o favorire) l'iniquità delle Conferenze Episcopali nazionali, contiene una dichiarazione fondamentale: che la Messa antica non è stata mai abrogata. Anche se si tratta di una dichiarazione priva delle forme proprie dell’infallibilità, con essa un Pontefice si è pronunciato sulla Fede e ha stabilito ciò che indubbiamente era già contenuto della Tradizione. Di più: ha indirettamente dichiarato il dogma dell'infallibilità escludendone un'efficacia sovranista e volontaristica.
Quando un parroco nello spazio canonico della propria chiesa parrocchiale decide di celebrare con il vetus Ordo, lo fa in base a quella stessa dichiarazione che si approssima all’infallibilità; egli si pone così sulla linea ininterrotta della Tradizione apostolica e accetta spesso la dolorosa prospettiva di atti persecutori perpetrati da un episcopato infedele ed eterodosso. Inoltre, a ben vedere, ogni Messa celebrata ogni giorno nella FSSPX non conosce altri presupposti. Monsignor Marcel Lefebvre parlava di “Messe de toujours”, di una Messa che “non può essere abrogata”.
Tutto ciò naturalmente è inaccettabile per coloro - e tra questi una parte degli editori/autori di Radio Spada - che non soltanto hanno condannato questo o quell’atto di Benedetto XVI, ma hanno negato coerentemente con i propri presupposti teologici la giurisdizione e l’autorità magisteriale del “dotto bavarese”. Il SP è ultimamente l’atto di un “occupante” i cui “esili e modernistici sofismi, come in una falsa restaurazione, quasi invocavano nuove tappe del percorso rivoluzionario”. Per gli autori sedeprivazionisti e sedevacantisti può essere quasi una vittoria coinvolgere alcuni fedeli (e sacerdoti?) della FSSPX nella nuova Vandea, purché accettino fino in fondo la logica disperata della petite église, e invece una sconfitta accogliere i cosiddetti “sacerdoti motu proprio” e il loro popolo. Questo è, in fondo, il problema diRadio Spada. A.S.
http://vigiliaealexandrinae.blogspot.it/2015/11/il-problema-di-radio-spada-chiosa-alla.html
Ma in questo blablabla che cosa si vuol dire? Che Razinga Zeta è un intoccabile? E i suoi compari a partire dall'iniziato massone Roncalli? E Tonaca Rosa Montini? E Francorosso Travel, Sua Ecumanìa Katz in arte Wojtyla??
RispondiEliminaPiù che di intoccabilità, mi pare che voglia mettere in evidenza, che chiunque sieda sul soglio di Pietro, a volte, anche se non sempre, può fare (costretto dallo Spirito?), a fare cose giuste, che contrastano col "tutto o nulla"..
EliminaVuol dire quello che c'è scritto , l'autore è stato fin troppo generoso con il solipsismo sedevacantista di RS. Puoi anche crearti un gruppo omogeneo che tra amicizie e censura se la canta e se la suona , pretendendo pure di essere un faro per i poveri imbecilli che restano nella Chiesa. Poi c'è la realtà, è il bello di essere cristiani.
EliminaContinuo a preferire il solipsismo da giapponese nella giungla, che avallare i Budda sugli altari di Wojtyla, i segni indù e vudù ricevuti da costui. Considerando che i primi a sperimentare "il bello di essere cristiani" furono degli eroi morti per aver rifiutato il ragionevole e parvo gesto di buttare due semi nel fuoco onde onorare dei falsi dei, direi che forse materia di riflessione ve n'è in abbondanza. L'imbecillità non c'entra proprio nulla.
EliminaOggettivamente non si può negare che Ratzinger abbia fatto col SP una cosa Oggettivamente buona se non doverosa. Ciò però non sposta di molto il problema che divide i sedeprivazionisti e i sedeplenisti cosiddetti. Cioè la legittimità o meno di chi, dal 1959 a oggi è stato intronizzato sul soglio di Pietro. Personalmente ho immensi dubbi sulla legittimità di costoro. Riguardo a Ratzinger le cose sono anche più difficili che con gli altri a causa della vertiginosa ambiguità del personaggio. Viviamo tempi terribili per la Verità. Ed è ovviamente amaro vedere i gruppuscoli tradizionali intenti a scindersi in particelle sub atomiche. Ma il problema persiste e non è eludibile.
RispondiEliminaBene, Ratzinger non è un tomista , ha fatto degli errori anche lui , chi è che non ne fa. Ha provato ad opporsi allo sfacelo che incontrava egli stesso nella chiesa , almeno sino all'11 Febbraio 2013. Che senso ha prendere un testo dell'84 per addebitargli accuse che con la Dominus Iesus appaiono completamente infondate? Che senso ha scrivere che secondo Ratzinger "Gesù risorto non mangiò con gli apostoli" e via dicendo. Ma soprattutto da chi si dovrebbe andare dopo 50 anni a ricevere i sacramenti? Nei sottoscala decantati da RS?
EliminaCaro Angheran, ma lei forse non ricorda che Ratzinger era perito del Card. Frings, al CV II, quel cardinale che fece piangere il bravo Ottavani, quando presentò il suo documento sulla libertà religiosa (ottaviani disse "spero solo di morire prima della conclusione del Concilio, così morirò cattolico).
Elimina. Il documento era di Ratzinger e, appena G XXIII lo venne a sapere, gli fece elogi solenni. Dopo di ciò, il tedesco ebbe la carriera spianata.Ah, ebbe anche modo di dire che con il CV II la Chiesa si era riconciliata con lo spirito illuminista del 1789; più recentemente, a 5 cardinali che chiedevano la proclamazione del 5° dogma mariano (Maria SS.ma Corredentrice, Mediatrice di ogni grazia, Avvocata nostra presso Suo Figlio) rispose che non si poteva fare, perché avrebbe pregiudicato il dialogo con i protestanti. Altro che invito al rientro in Santa Romana Chiesa, bensì totale appiattimento sulla Nostra Aetate di Roncalli ! Poi fu anche sospettato di eresia, in gioventù. Per tutto questo, io concordo pienamente con l'amico Riccardo.