L’Abate dom Vittorelli con il responsabile della comunità Exodus Luigi Maccaro |
Gli scandali ecclesiastici che emergono in questi giorni non costituiscono che una minima parte di quanto, a fasi alterne, la stampa provvede a divulgare con maggiore o minore dovizia di particolari. Essi seguono molti altri venuti alla luce negli scorsi anni, e precedono quelli che probabilmente saranno resi noti a breve.
Tra questi scandali, quello che vede coinvolto l'ex Abate di Montecassino mi pare possa suscitare lo sdegno dei fedeli, ma di certo non desta meraviglia in quanti, a vario titolo, si sono trovati a frequentare la Curia romana.
E chi conosce la Curia romana conosce il prestigio della famosa Abbazia benedettina in ambito religioso, sociale e politico. Proprio in virtù di quel prestigio possiamo ritenere che il protagonista di queste vicende, peraltro già note almeno in parte, si sia creduto immune da ogni accusa ed ancor più dalle indagini della Guardia di Finanza. Si sa, infatti, che per sensibilità istituzionale talora il braccio secolare preferisce astenersi temporaneamente da ogni intervento, per dar modo all'Autorità Ecclesiastica di limitare lo scandalo e di rimuovere, com'è infatti avvenuto anche in questo caso, il responsabile. Ma è parimenti evidente che la concomitanza della pubblicazione delle indagini su dom Pietro Vittorelli con altri attacchi alla Chiesa è strumentale ad un piano ben chiaro e lascia supporre una regia con finalità ben chiare.
E chi conosce la Curia romana conosce il prestigio della famosa Abbazia benedettina in ambito religioso, sociale e politico. Proprio in virtù di quel prestigio possiamo ritenere che il protagonista di queste vicende, peraltro già note almeno in parte, si sia creduto immune da ogni accusa ed ancor più dalle indagini della Guardia di Finanza. Si sa, infatti, che per sensibilità istituzionale talora il braccio secolare preferisce astenersi temporaneamente da ogni intervento, per dar modo all'Autorità Ecclesiastica di limitare lo scandalo e di rimuovere, com'è infatti avvenuto anche in questo caso, il responsabile. Ma è parimenti evidente che la concomitanza della pubblicazione delle indagini su dom Pietro Vittorelli con altri attacchi alla Chiesa è strumentale ad un piano ben chiaro e lascia supporre una regia con finalità ben chiare.
La stampa, che pure è sempre attenta a legittimare i comportamenti più immorali in nome della libertà individuale, non può trattenersi dall'accennare - en passant - a circostanze che rendono ancor più sconcertante il quadro complessivo e che risvegliano le pruderies dei lettori. Dalle prove raccolte dalle Fiamme Gialle, risulterebbe infatti non solo che l'ex Abate abbia sottratto all'Abbazia ed alla Diocesi somme ingenti di denaro, ma che abbia utilizzato questo denaro per condurre un tenore di vita simile a quello che, con demagogia ma certamente non senza verosimiglianza, è attribuito ai politici romani dal recente filmSuburra.
Emerge infatti, oltre a spese per viaggi di lusso, cene a base di ostriche, soggiorni in hotel principeschi e shopping in boutique, che Sua Eccellenza sia stata ricoverata al San Camillo per un malore, a seguito del quale siano state riscontrate tracce di ecstasy, cocaina e ghb: droghe che vengono usate per aumentare le prestazioni sessuali, e che annoverano tra i propri consumatori principalmente omosessuali dediti al sesso di gruppo. In particolare il ghb, che nasce come anestetico per uso veterinario, svolge una funzione disinibente nei rapporti promiscui e allo stesso tempo attenua gli effetti collaterali della cocaina.
Si apre quindi un abisso: non ci troviamo davanti ad una debolezza per il lusso, o ad uno dei tanti casi di disinvolto uso del denaro, sottraendolo alle finalità per cui esso è stato dato alla Chiesa; per certi aspetti, si tratterebbe di colpe certamente riprovevoli, ma forse giustificabili per un Prelato che riveste un ruolo di prestigio nella compagine della Chiesa e dell'Ordine benedettino. No: qui abbiamo a che fare - se le notizie dovessero trovare conferma - con un tenore di vita completamente inconciliabile con lo stato clericale, oltre che con il nome cattolico. Il caso di un Abate dedito ad una vita di vizio e di turpitudini, al punto da dover esser ricoverato per abuso di stupefacenti: e chi ha uso di mondo, oggi, sa bene che per arrivare ad un malore occorre veramente eccedere, e che l'uso occasionale passa quasi sempre inosservato ai più. Lo dico perché mio fratello è medico ed esercita a Roma, dove questa combinazione di droghe comporta anche la diffusione di malattie veneree e dell'hiv, in un deliberato cupio dissolvi che ha qualcosa di satanico.
D'altra parte, se questo fu l'Abate di uno dei più importanti monasteri d'Italia, c'è da chiedersi quale fosse la disciplina vigente durante il suo incarico, quali i criteri di discernimento vocazionale; quali monaci siano stati ordinati e quali respinti; quale l'impiego delle finanze del Monastero, quali le donazioni, quali i donatori. Di certo correvan voci su una certa rilassatezza nella vita claustrale, e sotto il profilo liturgico l'applicazione del rito riformato, ancorché in latino, non ha mai aperto lo spiraglio all'applicazione del Motu Proprio. Tutti rigorosamente conciliari, a Montecassino: secondo lo stile montiniano di quel Cardinal Virgilio Noè che, negli anni Ottanta, su Concilium definiva ammucchiate i Pontificali di Pio XII, tradendo una competenza in materia che normalmente un porporato dovrebbe quantomeno fingere di ignorare. E i cui eredi sono stati portati in palmo di mano come Maestri delle cerimonie.
D'altra parte, se questo fu l'Abate di uno dei più importanti monasteri d'Italia, c'è da chiedersi quale fosse la disciplina vigente durante il suo incarico, quali i criteri di discernimento vocazionale; quali monaci siano stati ordinati e quali respinti; quale l'impiego delle finanze del Monastero, quali le donazioni, quali i donatori. Di certo correvan voci su una certa rilassatezza nella vita claustrale, e sotto il profilo liturgico l'applicazione del rito riformato, ancorché in latino, non ha mai aperto lo spiraglio all'applicazione del Motu Proprio. Tutti rigorosamente conciliari, a Montecassino: secondo lo stile montiniano di quel Cardinal Virgilio Noè che, negli anni Ottanta, su Concilium definiva ammucchiate i Pontificali di Pio XII, tradendo una competenza in materia che normalmente un porporato dovrebbe quantomeno fingere di ignorare. E i cui eredi sono stati portati in palmo di mano come Maestri delle cerimonie.
Non occorre, in questa sede, chiedersi chi sia il destinatario dei vestiti di Ralph Lauren da duemila euro: dom Pietro potrebbe averli comprati anche per sé; non ce lo vedo a sniffare in cocolla. Ma se ai semplici laici e a chi non conosce l'ambiente romano queste possono sembrare novità, vorrei chiedere a quanti frequentano la Curia oggi - con mons. Ricca a Santa Marta, regnante Bergoglio - se possono onestamente affermare di non esser mai stati al corrente delle insistenti indiscrezioni sul suo conto (anche quand'era segretario del precedente Abate), così come di quelle che riguardano altri noti personaggi della chiesa conciliare (rigorosamente con la minuscola) di ieri e di oggi.
Non dimentichiamo gli scandali di qualche anno fa, quando un monsignore venne ripreso mentre cercava di sedurre un ragazzo nel proprio ufficio in Congregazione; o quello di un parroco della periferia di Roma, arrestato per traffico di stupefacenti e perché si accompagnava con notori prostituti della Capitale; o di quello di un monsignore soprannominato Carmen Miranda, arrestato nei gabinetti alla stazione Termini; o di quello malmenato a Villa Borghese; o di quelli derubati nottetempo dietro l'Ara Coeli. E delle liaisons dangereuses tra chierici dei Collegi Pontifici e loro patroni. Senza parlare degli ecclesiastici che frequentano le numerose saune romane ed i non meno numerosi ritrovi di sodomiti.
La lobby c'è ed è potente. Ogni tanto, per metter in riga qualche disobbediente, esce lo scandalo. Ma se si volesse veramente far pulizia, basterebbe leggere i numerosi dossier che giacciono impolverati alla Congregazione del Clero o dei Vescovi. E che qualche manina estrae all'occorrenza, quando il colpevole - sino ad allora coperto - si mostra restio ad obbedire agli ordini che gli vengono via via impartiti.
Ma Bergoglio e i suoi porporati manutengoli sono troppo presi a perseguitare quei reprobi dei Francescani dell'Immacolata, colpevoli di esser refrattari allo spirito del Concilio: una nefandezza di fronte alla quale le turpitudini di dom Vittorelli appaiono evidentemente trascurabili.
Ma Bergoglio e i suoi porporati manutengoli sono troppo presi a perseguitare quei reprobi dei Francescani dell'Immacolata, colpevoli di esser refrattari allo spirito del Concilio: una nefandezza di fronte alla quale le turpitudini di dom Vittorelli appaiono evidentemente trascurabili.
Vi racconto i miei colloqui in Vaticano per i diritti dei gay. Parla Randy Berry
Conversazione di Formiche.net con l'inviato di Obama per i diritti di LGBTI
Per la prima volta gli Stati Uniti hanno nominato un inviato internazionale per i diritti della comunità LGBTI (lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali). Il suo nome è Randy Berry, diplomatico di carriera e membro dell’organizzazione Glifaa (Gay e lesbiche nelle agenzie per gli affari esteri). Nella lista dei Paesi in cui ha svolto la sua missione di diplomatico figurano anche Uganda, Egitto e Bangladesh, notoriamente poco rispettosi degli orientamenti sessuali differenti dal comune. La creazione di questa nuova figura si inserisce nel solco di un interesse più generale da parte dell’amministrazione Obama per la tutela dei diritti di LGBTI, che da quest’anno hanno trovato posto anche all’interno della National security strategy 2015 il cui capitolo quarto, quello dedicato ai valori, fa esplicito riferimento alla necessità di tutelare le comunità vulnerabili e soggette a forme di violenza tra cui gli LGBTI.
Randy Berry ha così iniziato il suo percorso di sensibilizzazione internazionale fatto di viaggi e incontri orientati ad accrescere il concetto di eguaglianza e rispetto dei diritti umani. Durante la sua visita in Italia, in cui l’inviato di Obama ha incontrato parlamentari, delegati del Vaticano e ong, Randy Berry ha raccontato a Formiche.net lo spirito che muove il suo lavoro e quanto la questione dei diritti degli LGBTI influisca nelle relazioni internazionali degli Stati Uniti.
Barack Obama è stato il primo presidente Usa a dichiarare pubblicamente il supporto per la legalizzazione dei matrimoni gay e lei è la prima persona a ricoprire la carica istituita dal Dipartimento di Stato Usa per il riconoscimento e la protezione dei diritti umani delle persone LGBTI. Perché questo argomento è così importante per l’Amministrazione degli Stati Uniti?
Negli Stati Uniti c’è stata una crescente sensibilizzazione riguardo al tema dell’eguaglianza tra i cittadini. I cambiamenti avvengono quando ci sono persone di spessore al governo, nella società civile e nel mondo degli affari e credo che siamo davvero fortunati ad avere un presidente e altri leader che hanno iniziato a sollevare l’attenzione su questa tematica. Essere parte della comunità LGBTI è una parte naturale dell’esperienza umana. Non si parla di cose teoriche, ma di uomini e donne che sono nate in modo diverso e che meritano di avere uno stesso trattamento giuridico. Sia il presidente sia il segretario di stato John Kerry hanno dato il pieno appoggio alle conversazioni che intrattengo nei miei viaggi in giro per il mondo.
Quali sono i Paesi a cui fate riferimento?
Ogni Paese che criminalizza l’appartenenza alla comunità LGBTI costituisce una particolare preoccupazione per noi e, sfortunatamente, non si tratta di una lista breve. Si parla infatti di 75 Paesi nei quali esiste una qualche forma di legislazione che criminalizza l’appartenenza alla comunità. In molte di queste giurisdizioni le leggi non vengono applicate, in altre si e in alcune altre è prevista addirittura la pena di morte, come in Iran e in un paio di altri posti.
Parlando di Iran e considerando il recente accordo sul nucleare, come si inserisce la relazione degli Usa in riferimento al tema dei diritti di LGBTI?
Si tratta di tematiche molto diverse. Rispetto al nucleare credo che ci sia stato un passo avanti basato su un accordo che responsabilizza. Riguardo al tema LGBTI, non abbiamo intrapreso un percorso sistematico e non credo che avverrà nel prossimo futuro, ma la nostra policy resta sostanzialmente la stessa.
Ovvero?
In qualsiasi luogo del mondo, dall’Arabia Saudita all’Uganda alla Svezia, riteniamo che le azioni di violenza e discriminazione basate sul concetto di identità – di cui fa parte anche l’orientamento sessuale – rientrino tra le violazioni dei diritti umani. È un approccio molto semplice. Il nostro focus è globale e centrato soprattutto sui 75 Paesi in cui esistono forme di discriminazione e violenza, Paesi che rappresentano un’ampissima parte di mondo.
Chi c’è dietro la violazione dei diritti di LGBTI?
A volte si tratta di Stati, o si parla di azioni portate avanti da elementi della società, che in generale agiscono in un contesto di accondiscendenza da parte dei governi. In altri casi ci possono essere altri elementi coinvolti. È chiaro che dobbiamo guardare in modo diverso ai Paesi in cui siamo impegnati.
La tematica influenza anche la vostra politica estera?
Si.
Cosa pensa della Russia?
La Russia è chiaramente un’area preoccupante in cui l’attenzione si allarga anche ad altre questioni che riguardano la mancanza di libertà nella società civile.
La Chiesa e il Papa possono avere un ruolo?
Ho avuto degli incontri in Vaticano durante la mia permanenza in Italia e credo che parlando del coinvolgimento delle comunità di fedeli, cui appartiene anche la chiesa cattolica cristiana, così come le confessioni giudaiche o l’islam, la conversazione rimane la stessa. Abbiamo bisogno di rimanere coerenti in riferimento alle preoccupazioni legate alle violazioni e discriminazioni dei diritti umani. Chiaramente né la chiesa cattolica, né alcuna altra grande confessione religiosa appoggia forme di violenza e siamo perciò interessati a stabilire un dialogo, senza per questo mettere in discussione fede e credenze. C’è chiaramente una differenza quando la libertà religiosa si scontra con i diritti civili di una persona. Ma gli incontri avuti, focalizzati su violazioni e discriminazioni, sono stati costruttivi e abbiamo molti alleati con cui agire.
Quali consigli darebbe a coloro che si uniscono a questa battaglia?
Per rimanere focalizzati sul concetto di uguaglianza e dignità dei cittadini ai sensi della legge, credo che non si tratti solo di una questione legata ai diritti della comunità LGBTI, ma incide anche su altre comunità. I documenti fondanti delle nostre democrazie costituzionali fanno sempre riferimento al concetto di uguaglianza. Bisogna capire che dietro questi discorsi ci sono delle storie umane con un volto. LGBTI non deve essere un mondo sconosciuto di cui è facile avere paura. I membri della comunità possono essere nostri figli, fratelli, colleghi o amici, qualcuno che fa parte della nostra quotidianità.
Qual è la vostra sfida più grande?
Assicurarci che le persone vengano accettate per quello che sono.
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