ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 12 novembre 2015

Nuovo calendario liturgico della religione unica dell’Umanità

Terra, pontus, astra, mundus quo lavantur flumine! Il rapporto dell’uomo con il creato nella prospettiva cattolica.


Da diverso tempo ormai nel mondo cattolico “aggiornato” si sente parlare di creato e di sua tutela. In questo stesso mondo, pare che con il passare degli anni, da una prospettiva inizialmente antropocentrica che vede il creato al servizio dell’uomo, si stia progressivamente passando ad una prospettiva ecocentrica, in cui il creato assurge alla dignità di fine. Ne è riprova anche il fiorire di feste e ricorrenze in cui fanno il loro debutto cattolico categorie ambientalistiche, estranee tanto a Dio quanto all’uomo, dettate dal pensiero tecno-scientifico (e la mente non può correre anche all’enciclica Laudato sii …). Capita ad esempio di leggere cose del genere: «Al termine dell’Angelus, Francesco ricorda sia il Convegno nazionale della Chiesa italiana, al quale prenderà parte martedì prossimo recandosi a Firenze, sia la “Giornata del Ringraziamento”, che quest’anno ha per tema “Il suolo, bene comune”, che a Roma si svolge in concomitanza con la “Giornata diocesana per la custodia del creato”, arricchita quest’anno dalla “Marcia per la terra”» (vedi qui). Ringraziamento, Suolo, Custodia del creato, Marcia per la terra: ci sono già gli elementi per un nuovo calendario liturgico!
Nell’attesa dell’istituzione della festa cattolica di Gaia, proponiamo ai nostri lettori una pagina de La santa liturgia di Dom Gérard Calvet, sperando che possa scaldare un po’ i cuori di tutti. Non antropocentrismo né ecocentrismo, ma splendido e poetico cristocentrismo, culminante nella redenzione per opera del preziosissimo Sangue. Perché la figura di questo caduco mondo passa, e l’unica ricchezza che possediamo è la realtà in trasparenza dell’altro.Sancte Francisce ora pro nobis! 
Il regno animale e vegetale, l’abbondanza delle sue forme, l’alternanza delle stagioni, il ritmo delle ore segnate dal sole, l’esatta rivoluzione degli astri, tutto compone una liturgia silenziosa in stato di attesa, un’immagine nella quale Dio si compiace perché vi è impresso il suo segno che è la luce del Verbo. Il mondo è riempito di vestigia e di similitudini di Dio; la creazione è un’immagine del creatore, immagine innocente, non offuscata, ma ancora integra nel suo stato di gloria. Come non vedervi che la luce del sole è anche ora nuova, oggi, come quando il mattino della creazione i suoi primi raggi illuminavano la superficie del globo, e l’atmosfera che respiriamo come il sorso d’aria pura ancora vergine inspirato dal primo uomo al suo primo risveglio.
Questa novità delle creature viste nella loro purezza originale è il grande miracolo dell’esistenza; pochi esseri umani sono sensibili a essa, e pertanto, dopo l’elevazione all’ordine soprannaturale, è la più alta espressione del divino nell’ordine del creato. Essa permette di considerare seriamente l’idea agostiniana del mondo come poema di Dio.
Nel prologo di san Giovanni abbiamo una frase che esprime molto bene il mistero di questa comunicazione di luce che Dio trasmette alla sua creatura, significato sottolineato anche dalla punteggiatura che sant’Agostino dà alla frase. Ecco il testo sacro come lo si trova sui messali: «Omnia per ipsum facta sunt: et sine ipso factum est nihil quod factum est: in ipso vita erat, et vita erat lux hominum» [«Tutto è stato fatto da Lui, e senza di Lui niente è stato fatto di quello che è fatto. In Lui era vita e la vita era la luce degli uomini»]. E ora la punteggiatura scelta dal vescovo d’Ippona (sappiamo che nel testo originale non ne era indicata alcuna): «Omnia per ipsum facta sunt, et sine ipso factum est nihil» (Punto). Poi inizia un’altra frase: : «Quod factum est in ipso vita erat!» : . Traduciamo: : «Tutto è stato fatto per mezzo di Lui, e senza di Lui niente non è stato fatto: (Punto). : Quello che è stato fatto in Lui era vita».
Nel commento di sant’Agostino a questo testo si trova un’idea davvero bella e nobile: ogni cosa è viva perché abita eternamente nel pensiero di Dio, indipendentemente dal suo abito terreno più o meno misero: «Per quanto posso, ecco come ve lo spiegherò. Un artigiano fabbrica un armadio (faber facit arcam).Inizia concependo l’idea di armadio (in arte). Solo che l’armadio non si trova, in quanto idea, nella stessa condizione nella quale appare allo sguardo. Come idea esiste invisibile; una volta realizzata, esisterà nel visibile. Ecco ora che l’armadio è stato eseguito: ha smesso pertanto di esistere come idea?... Dunque bisogna distinguere: l’armadio senza la realtà non è vita, ma come idea è vita, dato che l’anima dell’operaio è viva, la quale racchiude tutto questo nella sua idea prima di produrla al di fuori. Allo stesso modo, cari fratelli, la Sapienza di Dio, attraverso la quale tutto è stato fatto, contiene in sé l’idea di tutti gli esseri prima di crearli. Guarda la terra, c’è anche un’idea di terra; osserva il cielo, c’è anche un’idea di cielo; sole e luna, esistono anche come idea; se nella loro realtà esterna sono dei corpi, nel pensiero divino invece sono vita (in arte vita sunt) » (Commento al Vangelo di Giovanni 1,17).
Ricordiamo questa espressione: in arte. L’ars è il piano dell’esecuzione, l’idea ispiratrice. San Bonaventura è vicino al pensiero di sant’Agostino quando afferma che il Verbo è l’arte del Padre. Questo comporta che l’universo creato è pensiero in atto, firma, immagine concreta emanata dal Pensiero divino. È per questo che san Giovanni aggiunge nel suo prologo: «et vita erat lux hominum»; il legame scaturisce da Lui stesso che unisce vita e luce. Tutto ciò che è stato fatto in Lui era vita, e la vita era la luce degli uomini.
È come dire che noi siamo illuminati dalla stessa luce divina che proietta al di fuori il magnum carmen«il poema della creazione, opera di un artista ineffabile». Questa luce ci parla di Dio: «In lumine tuo videbimus lumen». È in questa tua luce che vedremo la luce, canta il Salmo 35. «Alla tua Luce», cioè nella luce creatrice che Dionigi chiama Autokallopoios — produttrice essa stessa di ogni bellezza — e che sant’Agostino denomina Saggezza o Arte; nella Luce divina, e solo in essa, possiamo percepire la verità delle creature, il loro carattere sacro e che incanta, il mistero della loro vocazione!
Come non vedere in questa grande opera della creazione così nuova e armoniosa, una lode naturale, un canto, un’ovazione, per non dire un’immensa liturgia cosmica? Questa interpretazione, che si diffonderà più tardi grazie alla fortuna che ebbe la teologia francescana, sembra accordarsi a ciò che c’è di più essenziale nel cattolicesimo; trova il suo fondamento dottrinale nei Padri greci secondo i quali non c’è valore creato, anche naturale, che non debba essere concepito come rassomiglianza e partecipazione alla luce del Verbo. Mimesis et metexis sono i termini che ritornano spesso nei loro scritti.
È in questo spirito che bisogna leggere la mirabile Gerarchia celeste di Dionigi l’Areopagita, la cui dottrina può riassumersi in tre parole chiave: immagine, effusione, partecipazione. Secondo questo autore, ogni cosa giunge a noi grazie all’illuminazione proveniente dalla «luce principale» (Archiphôtos) che «discende con bontà e in diversi modi fino agli oggetti della sua provvidenza… per convertirci all’Uno e alla semplicità deificante dell’unico Padre». In questo movimento di discesa della luce e nel riflusso ascendente di esseri illuminati e gerarchizzati dal Verbo, splendore del Padre, l’universo ritorna al suo principio in una celebrazione grandiosa dove la creatura umana si trova anch’essa inserita:«Noi stessi — scrive Massimo il Confessore —, attraverso il cambiamento della nostra natura presente, dapprima generati come tutti gli animali della terra, divenuti figli, trasportati dalla giovinezza alle rughe dell’età matura, come un fiore che dura un istante, morente per passare a un’altra vita, veramente, noi meritiamo di essere chiamati al gioco di Dio»(Mistagogia). Ritroviamo la medesima idea anche in Clemente Alessandrino, per il quale il Verbo è essenzialmente colui che «ha ordinato tutto con misura, avendo sottomesso la dissonanza degli elementi alla disciplina dell’accordo per fare del mondo una sinfonia» (Protrettico) .
Ma questa sinfonia, compromessa dal peccato e dalla caduta dell’uomo, sarà nuovamente ristabilita e purificata dalla grande corrente d’azione redentrice del Figlio di Dio. Il Verbo incarnato non è solo Re delle nazioni; egli esercita una sovranità su tutto l’universo, e la creazione acquisisce una nuova dignità non solo dopo che la terra si è fatta sgabello dei suoi piedi — scabellum pedum tuorum — ma anche dopo che i rivoli di sangue, sgorgati dalle sue sacre membra, l’hanno lavata in un universale fiume d’amore. Un inno della Passione esprime tutto ciò in una celebre strofa: «Mite corpus perforatur, sanguis, unda profluit: Terra, pontus, astra, mundus quo lavantur flumine!» [«È squarciato il mite corpo, sangue ed acqua ne sgorgò: terra, mare, cielo e mondo quale fiume vi lavò»: Inno delle Lodi della Domenica delle Palme]. 
http://vigiliaealexandrinae.blogspot.it/2015/11/terra-pontus-astra-mundus-quo-lavantur.html



UE: privatizzate tutto. Anche le dighe. E presto il respiro.


Accade in Francia, ma riguarda tutti noi come europei. Nel 2010 (regna Sarkozy) Parigi chiede a Bruxelles di poter mantenere le sue tariffe per l’elettricità, che sono regolamentate (sussidiate). Bruxelles magnanima concede. Però, impone una contropartita: la privatizzazione delle dighe idroelettriche.
E siccome il governo francese ha trascinato i piedi fino ad oggi, Bruxelles fulmina: avvia la procedura punitiva. La Francia ha due mesi per giustificarsi, poi scatta la multa. Risulta così che il patto era segreto, come segreta doveva essere l’ingiunzione UE. L’ha rivelata il Figaro.
Privatizzare le dighe”, ossia venderle a privati (nella neolingua, si dice “privatizzazione delle concessioni idroelettriche”) non è solo l’applicazione stupidamente dogmatica del dogma liberista. Siccome le dighe sono già state costruite (con denaro pubblico da decenni), significa consegnare ai “privati” che non rischiano e non investono niente, una succosa rendita. Il “mercato” come lo intende l’eurocrazia è questo: trasferire le rendite pubbliche ai privati.



Vendesi
Vendesi

Le dighe sono ovviamente l’ultima goccia. Ultima di un enorme processo di privatizzazione di beni e servizi pubblici, spesso monopoli naturali: ferrovie e autostrade, acquedotti, telefonia, energia. Una imposizione cui hanno dovuto assoggettarsi tutti gli Stati, su ordine delle organizzazioni sovranazionali. La scusa era la ripetizione a giaculatoria del noto dogma liberista: i privati sono più efficienti, introducendo la concorrenza i prezzi caleranno per i consumatori; non solo, i privati, capitani coraggiosi, investiranno per migliorare il servizio, faranno innovazione..
I risultati sono sotto i nostri occhi. Una volta privatizzate, le autostrade sono rincarate – e la sola innovazione portata dai “capitani coraggiosi” è stata far sparire gli addetti ai caselli, sostituendoli con una mangiasoldi che non richiedono stipendi. Esito uguale per tutto il resto:bollette della luce rincarate, ferrovie eccetera. La sola eccezione (la telefonia) è dovuta a innovazioni grandiose – telefonia mobile – in cui i privati non hanno alcun merito, essendo nate da mega-investimenti pubblici (americani, nel settore difesa). I privati aumentano le tariffe e lucrano rendite in misura spesso indecente : non si dica che è il “mercato”, le Autostrade sono un monopolio di fatto. In Usa, dove gli studi universitari e la sanità sono (largamente) privati, sono allo stesso tempo costosissimi ed inefficienti – come ha riconosciuto lo stesso Economist, bibbia del liberismo.
Ovviamente ciò avviene per la natura dei “privati” da cui gli oligarchi tecnocrati europoidi si fanno suggerire le norme di pretesa liberalizzazione: non sono gli audaci imprenditori di rischio dell’immaginario capitalista, ma i finanzieri, le banche, le banche d’affari. Ora,  le banche esistono proprio per estrarre rendite dalle attività produttive altrui, dalle altrui coraggiose idee innovatrici, a cui partecipano solo come prestatrici (usurarie). E nemmeno questo è un’attività in cui sono bravissime, come dimostrano i crediti inesigibili di cui, ormai da anni, sono strapiene: hanno prestato male a investimenti sbagliati. Grazie al loro potere totale, esse hanno indotto alla privatizzazione di beni pubblici creati da capitale pubblico, da gran tempo ammortizzati; comprandolo con denaro a tasso zero fornito dal Banchiere-capo di Francoforte. Se sono arrivate a ingolosirsi delle dighe idroelettriche, è che hanno raschiato il fondo del barile.
Il vero problema sono gli eurocrati e i politici che impongono e accettano questo genere di privatizzazioni come qualcosa che abbia a che fare col capitalismo liberista e il “mercato”, mentre applicano un dirigismo sovrastatalista agli interessi dei rentiers del mondo contemporaneo – qualcosa di molto simile ad una contraffazione dell’Ancien Régime, dove i finanzieri hanno occupato il posto dei nobili fannulloni di Versailles. Come volevano ardentemente: e chi gli dà torto? Tutti vorremmo vivere ricavando una rendita da qualche opera pubblica. In Italia, abbiamo milioni di pubblici dipendenti che non fanno altro…almeno però non ce la gabellano come efficienza capitalistica.
Naturalmente Bruxelles è permeata dalle lobbies. Anzi, “permeata” non dice abbastanza: la Commissione è tutt’uno con le lobbies. Come ha sospirato Martin Pigeon, del Corporate Europe Observatory, per i commissari, “il solo ‘popolo’ sono i lobbisti” con cui sono in contatto quotidiano. E gli uni e gli altri hanno ben presente qual è il Nemico: “Salvate l’Europa dalla tirannia dei referendum”, ha implorato la socialista Elisabeth Guigou ( già ministra della giustizia) nel 2008 davanti alla Trilaterale, la superlobby Usa.

Conferenza sul Clima,  prova di governo mondiale

Attenzione, perché subiremo la forza d’oppressione di questo sistema, ormai apertamente collusivo tra tecnocrazia e lobbies, proprio nel grande evento che si sta per aprire a Parigi: il COP 21, la Conferenza sul Clima. Essa si basa su un insieme formidabile di proposizioni dogmatiche senza fondamento scientifico: 1) che il clima si scalda per opera dell’attività umana ; 2) che la causa è il CO2 prodotto dall’uomo; 3) che quindi, l’umanità intera deve impegnarsi a contenere le emissioni di CO2 in modo tale, da contenere entro i 2 ° centigradi la temperatura della Terra, e 4) Ciò va fatto attraverso il “mercato libero”; imposto in modo autoritario.
Che tali dogmi siano infondati scientificamente è facile a dirsi. 1) Nei 3 secoli e mezzo di industrializzazione, la temperatura della Terra si ritiene sia aumentata di 1,02 °, con margine di errore di 0,11 (il che significa che forse non è crescita affatto). 2) Come gas ad effetto serra, il più potente non è il CO2 bensì il vapor acqueo, che rappresenta oltre il 70% di questi gas. 3) Quindi, proporsi di contenere l’aumento della temperatura entro i due gradi nel 2100 attraverso la riduzione del CO2 è una pura insensatezza, un delirio demiurgico.
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Ma tutto il delirio acquista un senso con il punto 4): fare intervenire “il mercato”, ossia escogitare una nuova rendita per le banche. La cosa è già stata comprovata col Protocollo di Kyoto: i paesi che emettono meno CO2 (i poco sviluppati) possono vendere “diritti di inquinamento” (chiamiamoli così) ai paesi industrializzati, che ne emettono tanto; ciò crea un “mercato” dove le banche d’affari tratteranno questi particolari titoli , con tutti i rialzi, ribassi, speculazioni che ne seguiranno. Una pacchia: vendere fumo, letteralmente, come avesse un valore. Il guaio è che Kyoto (anche se prorogato fino al 2020) non funziona bene; i “diritti d’inquinamento” non vanno a ruba come vorrebbe  Wall Street. In altre parole, il fumo resta fumo, non si riesce a creare una ‘domanda’ abbondante  a cui una ‘offerta’ rara e scarsa risponda rialzando i prezzi, e consentendo ai mediatori finanziari i lucri (rendite) sperati.
Per questo è stato indetto il COP 21: creare d’autorità il mercato del CO2. In pratica, gli enti sovrannazionali – fra cui brillerà la UE – instaureranno un sistema “punitivo” su scala mondiale per criminalizzare gli stati le cui industrie violeranno il cervellotico divieto appositamente e artificialmente stabilito.


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Le manette

Non esagero. In un recente incontro a Bonn sotto l’egida dell’Onu, si sono gettate le basi per un “Tribunale Internazionale di Giustizia Climatica” . Si legge la bozza di normativa globale che tale tribunale “È istituito per affrontare i casi di mancato rispetto degli impegni dei paesi parte sviluppati sulla mitigazione, l’adattamento , [ fornitura di ] finanza , lo sviluppo tecnologico e il trasferimento [ e ] [ , ] il rafforzamento delle capacità [ , ] e la trasparenza di azione e di sostegno , anche attraverso lo sviluppo di una lista indicativa delle conseguenze , tenuto conto della causa, del tipo , il grado e la frequenza delle non conformità” .
La neolingua richiede spiegazioni. Semplificando, i paesi firmatari potranno giudicare altri paesi che, firmatari,  non cooperano abbastanza con l’agenda del riscaldamento globale.
Il lato che interessa ai banchieri è l’allusione alla “fornitura finanziaria”: per far funzionare il sistema di governance dell’anidride carbonica, e il suo ‘mercato’ i paesi dovranno cacciare miliardi, per costituire un Fondo di, appunto, 100 miliardi. Un fondo che il sistema delle banche d’affari si sacrificherà a gestire.
Naturalmente non deve mancare l’aspetto coercitivo. L’adesione dei paesi è irreversibile; chi firma oggi, non può tornare indietro, nemmeno se il paese si dà un nuovo governo con il mandato di uscire dalla trappola: è il sistema che l’Europa ha già assestato alla Grecia, mostrando la sua vera natura di “prigione dei popoli” e tomba della democrazia. La coercizione globale è la tendenza onnipresente nelle organizzazioni sovra nazionali, FMI, GATT, TTIP, TAFTA, World Trade Organization; essi sono infatti spezzoni e ministeri del futuro Nuovo Ordine Mondiale, del governo unico globale, che sarà appunto quello: l’assoggettamento coattivo di persone, comunità e stati alla volontà degli interessi ‘capitalistici’ delle lobbies e della finanza.
Anzi, l’esercizio della forza globalista comincia da subito. Durante la Conferenza internazionale sul Clima a Parigi, dal 27 novembre all’11 dicembre, il governo francese sospende Schengen e ristabilisce i controlli di frontiera. Contro i terroristi, certo, i black blok, va da sé…contro il popolo che vuol dire la sua, molto di più. “Salvare l’Europa dalla tirannia dei referendum”, come visto, è un caldissimo auspicio nella Trilateral.
Nei dibattiti (numerosissimi in Francia) che fanno da grancassa propagandistica al Grande Evento, una ex ministra dell’Ambiente, Corinne Lepage, ha addirittura caldeggiato la schedatura giudiziaria dei “climato-scettici”, ossia di coloro che esprimeranno dubbi sul riscaldamento globale per opera dell’uomo.
Ad un certo momento – ha detto – bisognerà tenere un registro molto preciso di tutti coloro che si sono pronunciati o hanno agito in un contesto climatoscettico, perché portino la responsabilità almeno morale di quel che hanno fatto”. Ossia: se i ghiacciai si restringono, sarà colpa loro (nell’Antartide invece si ampliano, sia detto en passant)
Cento milioni di persone precipiteranno nell’estrema povertà senza azione sul clima”, ha profetato la Banca Mondiale. Altro che responsabilità morale! Siete colpevoli, climatoscettici, della fame di 100 milioni. Meritate la prigione.
Nell’ambito di questo progetto globalista ultimo si può capire meglio perché El Papa salutato con gioia dal Grande Oriente ha scritto la mega-encliclica” Laudato sì”, dove indica come il maggior peccato l’indifferenza alla natura, alla Terra-Gaya e al clima. Doveva stilarla per poi portarla alla Conferenza sul Clima di Parigi. I progettisti del governo mondiale hanno bisogno della benedizione dell’autorità “spirituale”. Il Papa annuncia appunto una “spiritualità ecologica”. Andare verso i poveri? Certo! Ma “fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che «geme e soffre le doglie del parto»” (n° 2).
Dunque, dovete “ ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” (n° 49). Più chiaro di così…
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“Sulla spinta dell’enciclicaLaudato Sii – ha scritto Riccardo Cascioli – è partita una mobilitazione di diocesi e comunità in vista di Parigi; un appello dei vescovi di tutto il mondo è stato lanciato il 26 ottobre (…); 230 organizzazioni cattoliche mondiali hanno proclamato novembre il “mese del clima”, con petizioni, pellegrinaggi e iniziative varie che culmineranno con la marcia nella capitale francese il 29 novembre. Sembra quasi che ora sia la Chiesa a volersi mettere alla testa del movimento ecologista mondiale, e un modello lo ha dato il Vicariato di Roma che domenica scorsa ha organizzato la Marcia per la Terra (salutata anche dal Papa all’Angelus) raccogliendo l’adesione di decine di organizzazioni tra cui WWF, Greenpeace, Legambiente”.
Eh sì. Il governo mondiale coercitivo ha voluto avere dalla sua anche l’autorità dogmatica e morale. Il governo unico ha bisogno della religione unica dell’Umanità: siete peccatori se non fate la raccolta differenziata, se non coltivate l’ecologia e se producete CO2 – beh, quello potete farlo, ma comprando i diritti ai banchieri. Se no, state peccando. E gli svizzeri vi arrestano  come la Chaouqui.

2 commenti:

  1. Riscaldamento globale ? Aria fritta ! Inquinamento globale ? Aria Fritta ? Scioglimento dei ghiacci ? Aria fritta. etcetc. Siamo governati oltre che da assassini pagani e pagati profumantissimamente con i nostri soldi , da venditori di fumo, da personaggi che aprono la bocca da cui esce la flatulenza più mefitica. jane

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