ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 29 novembre 2015

Quel che passa il convento..


Lettera di un fedele cattolico spaesato


Chi scrive non ha nessun intento polemico, e si vuole limitare a portare la sua esperienza personale riguardo lo spaesamento che a vario titolo è stato ingenerato nella sua vita, ma non nella sua fede.
Occorre avere ben chiara questa distinzione: la Fede cattolica che professo non è minimamente scossa; ed è proprio in base a questo solido fondamento – la Roccia su cui è edificata la Chiesa cattolica, corpo mistico di Cristo – che mi permetto di esporre le mie perplessità riguardanti la vita concreta della Chiesa, portando la mia esperienza di semplice fedele immerso nella quotidianità del mondo.
Non mi riferisco alla grancassa che i media fanno e ingigantiscono ad arte ad ogni esternazione del Pontefice – non sono i media a preoccuparmi, in quanto non hanno alcuna voce in capitolo in questioni di fede, senza contare che chi li comanda è ferocemente nemico dell’Autorità di Cristo. Ciò che mi crea disagio è lo stato della fede nel cattolico comune, stato che conosco per esperienza diretta.
Ciò che passa alla coscienza dei fedeli non è la Fede o i suoi contenuti dottrinali (poiché – purtroppo – di ciò non si parla più), ma tutta una serie di esternazioni, discorsi, omelie che investono la vita di fede, ossia come coniugare il Credo nella vita di tutti i giorni. In generale, questa non distinzione tra i due piani porta il fedele stesso a ritenere che la Fede cattolica consista nell’equità sociale, nella moderazione dei comportamenti ed altre simili cose; ma a questo punto verrebbe davvero da chiedersi se Gesù fu crocefisso perché aveva detto di parlare di più a tavola, ovvero è risorto per combattere la povertà materiale. I credenti che vivono nel mondo non sentono più parlare di fede e di dottrina, e scambiano per esse queste cose che – con tutto il rispetto – potrebbe fare proprie qualunque militante di sinistra.
Certamente c’è dell’altro, come la difesa della famiglia, dove invece le cose sono più chiare, ma solo perché certe pretese dell’ideologia gender risultano fin troppo assurde a chiunque abbia un po’ di aderenza alla realtà.
Se quindi non si costruisce un retroterra solido di Fede e di contenuti di Fede il rischio è scambiare per vincolanti alla coscienza del fedele cose che non sono e non devono essere vincolanti e che, non essendo tali, sono giudicabili nella loro opportunità o nell’aiuto che danno alla fede da tutti i credenti. Si corre il rischio di scambiare per Fede e dottrina cattolica ciò che invece è solo un’applicazione tra le tante possibili della Fede, ma soprattutto se non si ha ben chiari i contenuti dottrinali si finisce per non capire per quale motivo e con quale spirito fare certe azioni, che perderebbero quindi la loro natura caritatevole per diventare semplice filantropia pelagiana.
L’impressione che invece arriva al singolo cattolico è che ogni cosa detta dal Papa (o presunta tale) sia da ritenersi come norma e contenuto dottrinale, ed è questa la radice della mia perplessità. Dato che la pastorale è soltanto l’applicazione pratica della Fede, se non si dice chiaro e tondo cosa costituisce dottrina magisteriale e cosa no, il risultato è la confusione totale, non solo a livello di cosa credere, ma anche di cosa fare e per qual motivo fare certe cose. Si rischia infine di prendere per Vangelo cose che sono solo opinioni personali, abusando così del ruolo a cui la gerarchia ecclesiastica ha il dovere di rimanere fedele: confermare la dottrina cattolica, rispondendo così alla domanda “Chi è Gesù?”, domanda che non si pongono solo i non cattolici, ma che sempre più spesso sorge nel cuore di molti fedeli comuni, che sentono tanto parlare della divina misericordia senza capire di che si tratta.
Ciò che ho descritto non è pura teoria, ma concreta esperienza quotidiana, che vivo nell’incontro e confronto con altri cattolici, i quali non hanno le nozioni base per distinguere i vari interventi di certe personalità ecclesiastiche da ciò che invece vincola nell’incontro con Cristo, ossia in cosa consiste la sua Persona e cosa invece è l’opinione del tizio che parla.
Ciò dimostra ad abundantiam che non si possono separare dogma e pastorale, poiché la seconda non ha ragione d’essere senza il primo, del quale è un’applicazione. Il rischio è davvero quello del protestantesimo, ossia che “Dio” si metta a parlare con la voce dell’ecclesiastico di turno, il che è la maggiore bestemmia possibile, e il peggior abuso che la gerarchia possa fare: non più custodire la Fede, ma inventarla e sostituirsi a Dio.
Ciò che ho scritto non ha nessun intento polemico, vuole essere solo la constatazione di un fatto e dei rischi che si corrono, ai quali ho anche abbozzato un rimedio, ossia riscoprire i contenuti di Fede e dottrinali, per poter capire davvero Chi è Gesù, e in cosa consiste il Suo amore. Queste cose il comune fedele può farle semplicemente sfogliando il catechismo della Chiesa cattolica, libro del quale peraltro esiste anche un agevole compendio, per trovare cosa è veramente la Fede divina e cattolica, e da lì reinterpretare tutto il resto, compresa la propria vita e le proprie azioni, comprendendo infine che la dottrina e i contenuti di Fede sono prioritari rispetto alla pastorale degli ecclesiastici, e che non si tratta di speculazioni astratte ed estranee alla vita di tutti i giorni: chi si metterà a leggere, resterà piacevolmente sorpreso dalla concretezza della Fede cattolica, fede in Dio che si è fatto carne concreta e uomo.
di Giovanni Donini

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