ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 6 novembre 2015

“Superman contro tutti” ?

Vatileaks 2, un esercizio di menzogna e ipocrisia
I libri di Vatileaks 2
Menzogna e ipocrisia. L’operazione di lancio dei due libri di Gianluigi Nuzzi (Via Crucis) e Emiliano Fittipaldi (Avarizia) che contengono documenti relativi alle finanze in Vaticano, è anzitutto una grossa menzogna. Perché l’immagine che si vuole far passare è quella di una Chiesa marcia contro cui combatte stoicamente papa Francesco, eroe solitario. È certo un approccio coerente con la narrazione che i principali quotidiani italiani – ormai costituitisi in cartello (dicono tutti le stesse cose allo stesso modo) – stanno facendo da tempo. Ma questa è una lettura caricaturale, addirittura “diabolica” l’ha definita ieri il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana. «Il Papa non è assolutamente solo – ha detto Bagnasco – è circondato e sostenuto cordialmente, affettuosamente, lealmente da tutti i vescovi. Per questo non ho nessuna preoccupazione circa questa immagine di divisione che si vuole accreditare presso l’opinione pubblica per creare ulteriore disorientamento».

Questa immagine idilliaca di unità nella Chiesa è evidentemente troppo ottimistica, ma di sicuro – come abbiamo spiegato in questi giorni e ancora oggi – l’idea che ci sia un papa “Superman contro tutti” è fantasiosa e serve a coprire interessi ecclesiali ed economici di alcuni, dentro e fuori la Chiesa. Peraltro tale immagine non è sostenuta solo dal cartello dei giornaloni italiani, se è vero che le parole di Bagnasco smentiscono in modo netto quanto appena due giorni fa affermava monsignor Nunzio Galantino, che della Conferenza episcopale è il segretario: «Sicuramente a qualcuno sta facendo paura il processo di rinnovamento che papa Francesco sta portando avanti», aveva detto.
Ma nei due libri, oltre a tante cose già conosciute e scritte negli anni, ci sono anche menzogne specifiche, come dimostra il duro quanto preciso comunicato diffuso ieri sera dal Segretariato per l’economia, il super-ministero guidato dal cardinale australiano George Pell. Nei libri in oggetto, il capitolo riguardante il cardinale Pell è certamente il più delicato, perché il porporato australiano è già nel mirino dei progressisti per le sue posizioni a difesa dell’ortodossia e qui viene di fatto descritto come uno scialacquatore. Chiamato a Roma per riportare ordine e mettere sotto controllo le finanze vaticane si sarebbe dato – secondo i suggeritori di Nuzzi & Fittipaldi – alle spese pazze: mezzo milione di euro bruciati in pochi mesi (tra viaggi in business class e spese in casa), cosa che avrebbe profondamente addolorato il povero papa Francesco.
Ma appunto ieri sera, ecco la risposta del portavoce della Segreteria per l’Economia che parla di «affermazioni false e ingannevoli» e precisa che nel 2014 le spese sono state inferiori a quanto previsto in bilancio e che per il 2015 tale Segreteria è l’unico dipartimento vaticano ad aver presentato un bilancio ridotto rispetto all’anno precedente. Non solo, le valutazioni sul bilancio della Segreteria per l’Economia erano contenute in un comunicato diffuso nei primi mesi del 2015, ma di questo nei libri in oggetto non c’è traccia. 
In ogni caso il comunicato di ieri sera spiega nel dettaglio le uscite dal marzo 2014 (momento dell’istituzione della Segreteria) al dicembre 2014 e si scopre così che dei 500mila euro in oggetto, oltre alle spese iniziali per avviare le attività del dicastero (dagli arredi agli strumenti tecnologici), 292mila sono andati per gli stipendi (lavorano nella Segreteria 12 persone); e poi cifre molto limitate per i viaggi aerei dello staff, l’allestimento della cappella e così via.
Dati i fatti appare allora consistente che «riferimenti a discussioni tra il Santo Padre e il cardinale Pell a proposito delle spese della Segreteria sono completamente false: non c’è mai stata alcuna discussione su questo argomento» tra i due.
Ma forse più ancora della menzogna è insopportabile l’ipocrisia: dei tanti colleghi vaticanisti, ad esempio, che fingono stupore per la scoperta del “corvo” Francesca Chaouqui quando della sua disinvoltura nel far circolare notizie – anche false – si sapeva ormai anche a centinaia di chilometri da piazza San Pietro. E nessuno in questi due anni – a parte il solito Sandro Magister – che abbia avuto il coraggio di chiedere come mai una persona accompagnata da così cattiva fama fosse finita a controllare carte riservate della Santa Sede. E ancora: l’ipocrisia di chi scrive libri in cui si fa finta di scandalizzarsi delle spese della Curia vaticana, sapendo di poterne così ricavare qualche milioncino di euro. E soprattutto l’ipocrisia di chi usa un finto scandalo (le cose scritte nei libri erano in gran parte già abbondantemente note) per ricavarne vantaggi in una partita ecclesiale che ha a tema non l’economia ma la missione stessa della Chiesa.
Ovviamente, certi usi disinvolti del denaro e la mancanza di trasparenza – anche se già noti – costituiscono sempre uno scandalo, anche se si deve riconoscere che già da anni è in atto un processo di rinnovamento e trasparenza iniziato con Benedetto XVI e ora proseguito da papa Francesco. E di scandali purtroppo non ci sono solo quelli economici. Eppure tutto questo polverone, tutto questo stracciarsi le vesti per i peccati che si commettono in Vaticano, rischia di coprire qualcosa di ben più grave. Perché da Giuda in poi – che «diceva queste cose non perché gli importasse dei poveri ma perché era ladro» (Gv 12,6) - di questi scandali e tradimenti, quando più quando meno, ce ne sono sempre stati. Ma il vero scandalo sarebbe una Chiesa che decidesse di cambiare il depositum fidei , ciò che Cristo ha annunciato e gli apostoli hanno tramandato, cosa che non è mai venuta meno anche nei secoli più difficili. Ed è purtroppo ciò che invece alcuni stanno tentando di fare, approfittando e anche fomentando polveroni sul nulla come quello di questi giorni o come quelli alzati durante il Sinodo.
di Riccardo Cascioli 06-11-2015

L’inconsistenza del Corvo

Origini classiche e cinematografiche del delatore per eccellenza. Il cinema ha tante colpe, ma se uno sceneggiatore scrivesse una trama simile a quella di Vatileaks verrebbe rimandato a casa a studiare

Papa Francesco (foto LaPresse)
Il delatore aveva fatto il liceo classico. Per questo nel film di Henri-George Clouzot si firmava “Le corbeau”, il corvo. Aveva in mente la storia del dio Apollo, che incarica il suo corvo fiduciario – allora svolazzante con un bel piumaggio candido – di sorvegliare l’amata Coridone. La ragazza tradisce, il corvo prontamente riferisce, Apollo infierisce sul portatore di cattive notizie facendolo diventare nero come il carbone.

ARTICOLI CORRELATI Ecco come Chaouqui rivendicava la sua vicinanza a Nuzzi e ai documenti riservati vaticani Francesco e il Corvo democratico Il complotto senza mandanti Il Papa: "I cristiani non possono vivere come faraoni. Basta con i vescovi attaccati ai soldi" Il romanzo vaticano ha trovato il suo uomo nero: George PellIl malaugurio appiccicato al corvo è faccenda antica, la firma in calce alle lettere anonime che sconvolgono una cittadina di provincia – da qualche parte in Francia – porta la data precisa del 1943. Il caso di cronaca che fornì al regista e al co-sceneggiatore Louis Chavance lo spunto per “Il corvo” risaliva alla guerra precedente, anno 1917: a Tulle, nel Limousin, le lettere anonime erano firmate (senza passare per il liceo classico, bastava il prontuario dei felini selvatici) “l’oeil de tigre”. Le rivelazioni della tigre erano di tipo economico-finanziario, mentre nel film riguardano amanti, aborti, malattie incurabili, conducono a un suicidio e mandano in carcere un’infermiera innocente. Eppure le letteracce continuano ad arrivare, in un bianco e nero che da solo basterebbe a far paura.

Il cinema rende la realtà più interessante e avventurosa, a questo servono gli sceneggiatori che sanno fare il loro mestiere. “L’occhio di tigre” era più scarso, basta immaginare i titoli sui giornali: “Occhi di tigre in Vaticano”, mica fa lo stesso effetto. Il cinema offrirà poi anche i corvi di Alfred Hitchcock, regista superficiale nel senso che odiava le metafore – sulla falsariga del grande James Ballard: “Odio il teatro perché a teatro ogni cosa sta sempre per qualcos’altro, mentre al cinema un cespuglio è un cespuglio” – ma piuttosto sinistro quando metteva in scena uccellacci che miravano agli occhi, non solo dei morti.

Ma, appunto, trattasi di cinema, e quindi di finzione, abbellimento, parti noiose tagliate via. La realtà ha caratteristiche più prosaiche, ridicole, abborracciate, in mano com’è a dilettanti che si arrangiano, e spesso pure si distraggono. Ecco perché le teorie del complotto fanno ridere: già è difficile far funzionare i piani alla luce del sole, quando le istruzioni sono chiare, figuriamoci quante cose possono andar male quando bisogna parlarsi in codice e lavorare in segreto, e l’obiettivo non è costruire un ponte ma conquistare il mondo. Tra le varie prove dell’inesistenza dei complotti, questa si potrebbe chiamare “la prova del pasticcione”.

“Il corvo” fu bandito in Francia fino al 1969. Il regista era stato sospeso a suo tempo – tornerà al lavoro con “Quai des Orfevrès”, girato nel 1947 – per aver lavorato con la Continental Films, società di produzione francese finanziata da capitali tedeschi. Non fu l’unico, era in ottima compagnia – l’unico a starne davvero fuori fu Jacques Prevert: “Fare film senza gli ebrei è un’impresa persa in partenza, prendete esempio da Hollywood”, disse quando cercarono di arruolarlo. L’ostracismo verso Henri-George Clouzot durò più a lungo perché la provincia francese non ci faceva una bella figura – come non fa una gran figura nei libri di Irène Nemirovsky, scritti allora e riscoperti decenni dopo: sospetti, spiate, denunce e voltafaccia.

Un articolo apparso nel 2006 su Bbc News ricostruisce la storia della delazione alla francese (l’occasione era l’affaire Clearstream: all’origine, informazioni anonime su certi conti cifrati fatte pervenire a un giudice). Il cronista si precipita al videonoleggio più chic di Parigi, Videosphere ai Giardini del Lussemburgo, senza riuscire a procurarsi il film di Clouzot che diede ai corvi la loro sinistra notorietà. Supplisce con informazioni storiche – ricordando le “lettres de cachet” che senza processo spedivano alla Bastiglia – e con una sua teoria: “Sono latini, non si fidano dell’autorità, per questo preferiscono le denunce anonime”. A sostegno della sua tesi, cita un articolo del Monde: “Non hanno smesso di farlo, in materia di evasione fiscale e di sussidi illecitamente percepiti”.

Popolo latino per popolo latino, l’Italia sembrerebbe nel raggio d’azione, quanto a sfiducia nelle autorità.

Eppure nessuno si sogna di denunciare il vicino che non paga le tasse, l’idraulico che non fa la ricevuta, il finto pensionato. Però i verbali escono dalle procure e le intercettazioni vengono pubblicate per pagine e pagine. Alimentando un cospicuo mercato che va sotto il nome di giornalismo d’inchiesta, cronisti a schiena dritta, gente che non si fa spaventare da chi “dovrebbe pensare solo alle nostre anime”, e invece con il denaro delle elemosine fa la bella vita.

Il cinema ha tante colpe, specialmente quando lo si scambia per la realtà – cosa che capita più spesso alle grandi firme che ai ragazzini per cui è stato inventato il visto di censura. Ma questa francamente non gliela possiamo imputare: se uno sceneggiatore scrivesse una cosa simile – montaggio alternato tra terrazze imbandite e piccini che non hanno di che sfamarsi – verrebbe rimandato a casa, e invitato a ripassarsi i fondamentali sulla costruzione dei personaggi e sulle complicanze del mondo. In un cinema serio come quello americano, si intende. Noi abbiamo “Suburra”, dove i dilettanti sparano meglio dei professionisti (che peraltro girano senza guardie del corpo, consentendo a qualsiasi avventizio di consumare la propria vendetta), o in alternativa Paolo Sorrentino, dove troviamo gli alti prelati elegantissimi nelle loro tonache e la santa stracciona con la ciabatta pendula.

Gli anglosassoni non sono esenti da malefatte, in materia di delazione, come dimostra la serie di film horror intitolata “So cosa hai fatto” – studenti che ricevono bigliettini con la scritta, riferita a festini con sbronze e incidenti mortali malamente camuffati. E come dimostra l’ultimo 007 diretto da Sam Mendes, “Spectre”. Dove la questione è così posta: “Meglio affidare la nostra sicurezza ai vecchi agenti con licenza di uccidere, oppure conviene tenere sotto controllo la nazione intera?”. I cattivi propendono per il “tutti sotto controllo”, e intanto ci chiediamo “Ma poi chi se le spulcia tutte queste intercettazioni, c’è da morire di noia, e servirebbero almeno tanti spioni quanti ne aveva la Stasi nella Germania est, più o meno metà della popolazione”. I cattivi, ripetiamo: la trasparenza non è mai stata democratica e mai lo sarà (lo è invece la privacy). E il Panopticon era stato inventato da Jeremy Bentham perché un guardiano solo potesse sorvegliare molti detenuti.

Potenza delle parole, la trasparenza viene spacciata come un valore, qualsiasi rivelazione viene definita “scomoda” ancor prima di controllarla, e qualsiasi pettegolo si merita subito lo statuto di “corvo”, con tutto l’immaginario che ne consegue. L’alternativa, sarebbe stato parlare di “gola profonda”. Altra frase che arriva dal cinema, ma non certo da un film che era intitolato “Tutti gli uomini del presidente” e parlava di Watergate.
di Mariarosa Mancuso | 06 Novembre 2015 

http://www.ilfoglio.it/cultura/2015/11/06/vatileaks-inconsistenza-del-corvo___1-v-134661-rubriche_c266.htm

La Chiesa sporca se la prende con lo specchio

Perfino chi conosce solo sommariamente la storia del cristianesimo e delle sue istituzioni, è al corrente che Oltretevere ne sono accadute di ogni colore nei secoli dei secoli

L'intento principale dei monsignori è questo: bloccare la divulgazione degli scandalosi atti commessi a danno della Santa Sede e impedire la distribuzione dei libri che li raccontano, magari processando gli autori dei medesimi ossia due giornalisti, Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, rispettivamente firmatari di Via Crucis e Avarizia, due volumi, stessa musica.
C'è qualcosa che non quadra nel comportamento degli uomini più o meno pii: sono angosciati all'idea che si sappia in giro quello che succedeva sotto i loro occhi, ma non lo sono affatto dalla consapevolezza di esserne stati i responsabili. Agiscono come coloro i quali, scoprendosi brutti guardandosi allo specchio, se la prendono con lo specchio e cercano di frantumarlo. I porporati in sostanza non sono pentiti di aver creato una orrenda realtà, ma ne temono le conseguenze sul piano mediatico. E anziché impegnarsi per ripulire il loro ambiente infetto, si danno da fare per nascondere lo sporco. Un criterio inaccettabile.
Sorvoliamo sui particolari rivelati dai giornalisti, che gettano discredito sullo Stato Pontificio;il Giornale si è già prodigato correttamente per renderli noti. Ci domandiamo però che senso abbia ostinarsi a definire materiale riservato e da requisire quello che certifica le schifezze compiute in Vaticano. La verità non è mai riservata. In tutto il mondo scoppiano scandali e nessuno si è mai sognato di vietare ai cronisti di narrarli. Invece di dare la caccia ai redattori, sarebbe opportuno incastrare i colpevoli delle malefatte. D'altronde, anche la Chiesa è costituita da uomini, con o senza abito talare, e non sorprende che tra di essi vi siano fior di mascalzoni, inclini ad ascoltare la parola del diavolo e sordi al verbo del Signore. È sempre capitata e capita ancora qualche clamorosa deviazione.
Perfino chi conosce solo sommariamente la storia del cristianesimo e delle sue istituzioni, è al corrente che Oltretevere ne sono accadute di ogni colore nei secoli dei secoli. Basta aver visto il film di Monicelli, Il marchese del Grillo , per aver contezza che molti monsignori erano gaglioffi. I tempi cambiano, ma i gaglioffi rimangono. C'è chi sostiene che alla base delle ultime vicende sismiche avvenute all'ombra del Cupolone vi sia un complotto contro Papa Francesco, amato da tanti e inviso ad altrettanti. Chi può dirlo?
Al momento si tratta di sospetti. Se fossero fondati, sarebbe peggio. In effetti, vorrebbe dire che l'intrigo è stato organizzato per questioni di potere e non semplicemente per un pugno di euro. Più facile perdonare un ladro che non chi trama nell'ombra per far fuori il Pontefice. In ogni caso, è d'obbligo una osservazione. Se la Chiesa, dopo duemila anni, è ancora in piedi nonostante i preti, i vescovi e i cardinali, ciò può essere la prova che Dio esiste sul serio.
P.s. Tarcisio Bertone, cardinale per anni al vertice della gerarchia, viene sbeffeggiato per aver affittato un appartamento del Vaticano di 300 metri quadrati, e per averlo fatto restaurare. Nessuno dice che l'alloggio era inabitabile prima che fossero eseguiti i lavori. Cosa doveva fare il prelato, andare all'ospizio? È stato il Papa a volere che gli stesse vicino. Polemiche meschine.

Il dossier di tre frati detective svelò al Papa i nomi dei corvi

I religiosi scoprirono che nel crac della diocesi di Terni erano coinvolti il vescovo e la pr indagata col marito per «ricatti informatici». E misero in allarme Francesco

Un rapporto riservato partito da Terni e recapitato in Vaticano a fine 2013, diversi mesi dopo la nascita della commissione d'inchiesta sui dicasteri economici voluta da Papa Francesco e della quale facevano parte monsignor Vallejo Balda e Francesca Chaouqui, le due persone arrestate dentro le mura vaticane per la diffusione di documenti riservati, finiti poi in due libri.

A scrivere al Papa erano stati tre frati «detective», tre religiosi che, facendo ricerche d'archivio sulla vita di San Benedetto, si erano imbattuti in ben altri documenti della diocesi ternana, finiti lì per errore. I monaci spulciando i faldoni, avevano voluto approfondire «interrogando» alcuni autorevoli amici ben informati e venendo così a conoscenza di episodi che riguardavano anche i due collaboratori del Pontefice. Si erano in pratica imbattuti nei nomi di Vallejo e Chaouqui, etichettati oggi come «presunti» corvi. In particolare l'attenzione dei tre anziani frati era ricaduta sulla pr calabrese che avrebbe avuto diversi contatti con la curia di Terni, riguardo al buco di circa 25 milioni di euro. Nella lettera che sarebbe finita nelle mani di alcuni prelati vicinissimi a Francesco, i religiosi invitavano alla prudenza, fornendo al Santo Padre un dettagliatissimo profilo di Vallejo e Chaouqui che, a dire dei tre «detective», avrebbero potuto creare non pochi problemi alla Curia Romana.
Da quel momento i religiosi non riceveranno più alcun segnale del Vaticano fino ai primissimi mesi del 2014, quando riescono a scambiare, al termine di un'udienza generale, qualche parola proprio con Francesco in persona. Bergoglio li ascolta attento, ma il suo volto si fa scuro, quando sente alcune notizie che riguardano i due membri della commissione Cosea, in particolare Francesca Chaouqui, in quei mesi già nel mirino della Procura di Terni, come svelato da Corriere della Sera e Messaggero , per presunte intrusioni informatiche e presunte estorsioni compiute insieme al marito, Corrado Lanino, ingegnere informatico ed ex addetto ai server di terzo livello della Santa Sede.
Francesco dopo un breve colloquio aveva ringraziato i tre frati e congedandoli aveva confidato di voler «aspettare» per avere informazioni più precise e «ufficiali» collegate a eventuali inchieste giudiziarie. Contemporaneamente la Gendarmeria Vaticana, guidata da Domenico Giani aveva avviato altre indagini su vari fronti, Vallejo e Chaouqui erano tenuti d'occhio anche dall'interno (soprattutto dopo la scomparsa misteriosa di alcuni documenti dalla cassaforte della commissione Cosea e dopo il «party» sulla terrazza della Prefettura degli Affari Economici, la sede di lavoro di Vallejo Balda). Il Papa veniva informato sugli sviluppi periodicamente, fino a quando, qualche giorno fa, ha dato il via libera definitivo per far calare il sipario e far scattare le manette.
Nel frattempo le indagini di Terni a carico di Chaouqui e marito - secondo il Corriere - avrebbero fatto emergere un'attività illecita che avrebbe consentito alla coppia di entrare in numerosi computer e carpire informazioni riservate da utilizzare poi per ottenere favori e incarichi anche per persone a loro vicine. «Francesca Chaouqui non ha ricevuto alcuna comunicazione formale dell'indagine a carico suo e del marito da parte della procura di Terni», ha spiegato il legale della ex commissaria papale, Giulia Bongiorno, «Nè è stata sentita in questo ambito, non sappiamo davvero nulla». Intanto però l'inchiesta procede e si sposta in Procura a Roma.
 - Ven, 06/11/2015 

Pell, Ior e Apsa. Ecco fatti e stilettate


Il Papa “non appare neanche minimamente pentito di aver nominato la commissione di studio sui beni vaticani né di aver istituito la Segreteria dell’Economia affidata al cardinale George Pell”, scrive oggi La Stampa commentando l’amarezza provata in questi giorni da Francesco davanti al “tradimento e infedeltà” da parte di due persone che avevano avuto la sua piena fiducia (il monsignore spagnolo Lucio Vallejo Balda e la giovane pr Francesca Immacolata Chaouqui). A ogni modo, dopo aver letto le notizie sulle metrature degli appartamenti dei cardinali curiali, il Pontefice avrebbe deciso di rivedere il sistema di assegnazione degli immobili. Anche perché, come ha detto in una intervista al giornale olandese Straatnieuws, “se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone, questo non si può fare”.
LE PRECISAZIONI DI GEORGE PELL
Ieri mattina aveva fatto “notizia” l’udienza privata concessa dal Papa al cardinale Pell, anche perché l’incontro non era previsto in tabella e soprattutto perché avvenuto il giorno dopo le paginate di giornale dedicate proprio alle presunte “spese pazze” del porporato australiano: dal sottolavello costato 4.600 euro ai “viaggi in business class”. Nella serata di ieri, un portavoce del Prefetto della Segreteria dell’Economia ha diffuso un’articolata Nota che fa il punto sulle spese sostenute da Pell e dall’organismo da lui diretto. Il tentativo è quello di smontare le tesi di Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi che hanno fatto tanto parlare in questi giorni. Innanzitutto – si legge nel comunicato stampa – “i libri recentemente pubblicati sembrano aver incluso affermazioni false e fuorvianti circa la gestione delle spese del Cardinal Pell e delle spese sostenute dalla Segreteria per tutto il 2014. Tali questioni sono tate affrontate in una dichiarazione rilasciata all’inizio di quest’anno che non sembra essere stata citata dagli autori”. E siccome non lo è, ecco che il comunicato stampa la allega:
I COSTI IN BUSINESS CLASS: MENO DI 4MILA EURO PER TUTTO IL PERSONALE
“Nel periodo compreso tra marzo 2014 e dicembre 2014 sono stati sostenuti costi operativi, inclusi i costi iniziali per mobili e computer per far partire il nuovo dicastero, nonché gli stipendi”. Stipendi e oneri relativi che sono stati contabilizzati “per 292.000 euro”. Quanto ai viaggi in business class, si spiega che “i costi netti di trasporto aereo da parte del personale della Segreteria, in questi 9 mesi, ammontano a meno di 4.000 euro, e sono considerevolmente inferiori a simili costi sostenuti da molti altri enti”. I quali però non vengono specificati, e sarebbe interessante capire a chi ci si riferisca. Ulteriori 16.000 euro sono stati spesi “in viaggi e alloggi per consulenti che lavoravano su un progetto per il C9″, cioè la consulta cardinalizia che consiglia il Papa nel governo della chiesa universale e che sta studiando la riforma della curia romana.
I DUBBI SUI PARAMENTI E LE TOVAGLIE
Relativamente alle spese in paramenti, il portavoce della Segreteria per l’Economia, la Nota precisa che “2.500 euro sono stati spesi per l’acquisizione di paramenti e tovaglie d’altare per per la cappella nell’ufficio della Segreteria per consentire al personale di pregare insieme e per la celebrazione della Santa Messa”. Giustificazione, questa, che secondo quanto scrive Virginia Piccolillo sul Corriere della Sera, ha causato borbottii: “In magazzino non c’erano più tovaglie d’altare?”.
FARI PUNTATI SULL’APSA
Ma è alla fine del comunicato stampa che si trovano le frasi più rilevanti: “In linea con la prassi, al momento, la Segreteria non è stata consultata prima dell’aggiudicazione degli appalti Apsa. Alla Segreteria – si legge ancora – non è stato chiesto di fornire specifica approvazione ogni voce di costo prima di prendere un impegno – queste pratiche adesso sono cambiate. Le spese della Segreteria ora richiedono l’approvazione esplicita da parte del dirigente prima che i costi possano essere sostenuti”.
PARLA MONS. SCARANO
E’ sull’Apsa, ancora una volta, che si concentra l’attenzione degli investigatori. Prova ne è quanto dice a Repubblicamons. Nunzio Scarano, il contabile (per 22 anni) dell’organismo, arrestato nell’estate del 2013. “L’Apsa faceva quello che non doveva, perché è diventata una seconda banca del Vaticano concorrente dello Ior”, ha detto Scarano, che ha tirato in ballo Giampietro Nattino: “Faceva parte del pacchetto di clienti dell’Apsa, con privilegi particolari perché essendo un uomo ricco e potente aveva tutto quello che voleva. ma gli affari non erano chiari”. Scarano parla dei vantaggi che offre un conto Apsa: “E’ esente da tassazione e agisce in un altro Stato, per cui può entrare e uscire denaro dal Vaticano a nome dell’Apsa”, e c’erano “servigi e cortesie che non erano confacenti all’ufficio, a livello di operazioni finanziarie”.

“VATILEAKS”, ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLE DICHIARAZIONI DI FRANCESCA IMMACOLATA CHAOUQUI

A proposito del nuovo, doloroso e scandaloso “Vatileaks”, culminato nella pubblicazione di atti e registrazioni riservate di Papa Francesco in due libri dei giornalisti Nuzzi e Fittipaldi, Francesca Immacolata Chaouqui si professa innocente, assicura di non aver consegnato documenti a nessuno, dichiara ai mass-media di aver addirittura tentato di fermare Monsignor Vallejo Balda e di non avere, quindi, nessuna colpa da ammettere. Atteso che la Chaouqui ha il diritto di professarsi ed essere ritenuta innocente fino all’ultimo grado di Giudizio, mi domando e chiedo: se, da come si evince dalle sue affermazioni, era a conoscenza dell’opera delinquenziale messa in atto da Monsignor Vallejo Balda, perché non lo ha denunciato subito? Perché non è andata immediatamente dal Papa o dalla Gendarmeria vaticana? Perché ha atteso prima che venisse arrestata lei stessa? Se lo avesse fatto, chissà, forse ci saremmo evitati quest’ennesimo “Vatileaks”. Pertanto, la “collaborazione” della Chaouqui con le autorità giudiziarie e di polizia del Vaticano, mi appare, francamente, piuttosto tardiva. Se sia anche opportunistica, lo stabiliranno la sua coscienza e i Magistrati della Santa Sede. Personalmente, e parlo in generale, senza alcun riferimento diretto alla Dr.ssa Chaouqui, come “vecchio” cronista di nera e giudiziaria, non mi hanno mai convinto le persone che si dichiarano innocenti, sia pure a conoscenza, per loro stessa ammissione, di reati che non hanno fatto nulla di concreto, per prevenire e\o reprimere in tempo utile.
Scritto il giorno 4 novembre 2015 alle ore 14:36
http://www.gianlucabarile.it/?p=614
Gianluigi Nuzzi: “Non ho inteso attaccare la Chiesa, ho solo fatto il mio lavoro”




gianluigi-nuzzi-dubbiosoIl caso della fuga di notizie in Vaticano, con relativo arresto dei corvi, ha messo in agitazione il mondo cattolico. Lo sconvolgimento si deve alla pubblicazione di due libri che si basano sulle notizie derivanti dalla fuga vaticana. Una di queste pubblicazioni porta la firma di Gianluigi Nuzzi, giornalista Mediaset  e conduttore di Quarto Grado e si chiama “Via Crucis”. Ne parliamo con lo stesso autore.
Nuzzi, il suo libro Via Crucis ha scatenato polemiche a non finire. Davvero è un siluro, come si dice, alla Chiesa cattolica?
“Io non credo e non lo volevo. Per quanto mi riguarda io non faccio il tifoso, ma il giornalista. Non ho voluto scrivere un testo pro o contro qualcuno o qualcosa, ma solo documentare la realtà con  quello che avevo in mano. Un giornalista se ha del materiale lo pubblica”.
Dunque, nessun intento di colpire la Chiesa…
“Niente affatto.  Lo ribadisco. Ho cercato di svolgere solo un lavoro di ricostruzione giornalistica, punto e basta”.
Qualcuno, come padre Lombardi, la accusa di lavorare solo per la gloria o i soldi…
“Padre Lombardi ignora o finge di farlo, che ho devoluto in  carità la scorsa volta la metà dei proventi del libro a favore delle parrocchie, della base della Chiesa. E ricordo a Padre Lombardi, che mando i miei figli a studiare in una scuola cattolica e me ne vanto”.
Perchè questo libro? 
“Quando è stato eletto Papa Francesco, sono stato colpito subito dalla sua figura. Ho compreso che  spirava un vento nuovo. Mano a mano che ricevevo la documentazione, tuttavia, sono rimasto spaventato. Ho capito la mole di lavoro che quell’uomo doveva e deve affrontare. Pensi: le sembra normale che da alcuni magazzini vaticani scompaiono beni? Significa che qualcuno ruba. Le pare normale che alcuni cardinali vivano lussuosamente e il Papa in due stanze? Evidentemente il mio libro urta chi vuole che le cose rimangano come sono”.
Dunque non è un libro contro la Chiesa cattolica?
“Il mio intento non era e non è quello.  Anzi credo, a ben vedere, che la figura del Papa ne esca molto bene. E che tanti sono interessati a lasciare le cose come stavano. Ma lo sa che il Papa emerito ancora manda i regali a Natale al maggiordomo Gabriele?. Molti cattolici, sacerdoti inclusi, mi esternano incoraggiamento”.
Che pensa dei due arrestati?
“Di loro non parlo. Io ho fatto il mio lavoro, ho ricevuto dei documenti e non rivelo le mie fonti. Scusi, ma quando si pubblicano i verbali delle Procure perchè non si fa tanto chiasso?”.
C’è chi la compara a Giuda…
“Ho pena non per chi dice questo, ma per l’ affermazione che trovo ridicola: come si può dare del Giuda a chi vuole pulizia dentro la Chiesa? Io non ho inteso fare il tifoso, soltanto il giornalista”.
Bruno Volpe

Vatileaks 2, Monsignor Balda scarica la Chaouqui: "E' lei la responsabile"


Adesso monsignor Balda scarica la sua protetta. Ed è pronto a fare i nomi, incolpando Francesca Immacolata Chaouqui di essere lei ad aver spifferato i segreti del Vaticano ai giornalisti. Con la trentaduenne calabrese fuori dal carcere perché incinta, arrestata insieme a lui per lo scandalo Vaticanleaks 2, Balda che come scrive il quotidiano la Stampa "sente terra bruciata" intorno a lui, indica la Chaouqui come unica responsabile di quelle comunicazioni passate ai giornalisti.
Davanti al pm Vaticano avrebbe infatti smentito la Chaouqui - che a sua volta aveva accusato Balda - indicandola come unica responsabile del fatto.
“Non c’entro niente con corvi e talpe, dimostrerò la mia innocenza. Sono tranquilla, mi sento a posto con la coscienza: ho raccontato soltanto la verità a chi sta indagando sulla fuga di documenti in Curia" aveva detto la donna arrestata insieme a monsignor Lucio Angel Vallejo Balda con l'accusa di aver fornito informazioni riservate alle nuove inchieste su un secondo Vatileaks.
Per lei era tutta colpa del 54enne monsignore dell'Opus Dei, colui che l'aveva "piazzata" nella Commissione economico amministrativa del Vaticano. "Ha fatto tutto lui, anzi io cercato di fermarlo" disse. Ora però, dopo giorni di silenzio, Balda ribalta la situazione e "con spirito collaborativo" avrebbe raccontato ai pm la sua verità, ovvero che a rivelare i segreti della Curia sarebbe stata soltanto la sua protetta.

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