ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 5 dicembre 2015

Chi straparla?

L’attacco laicista ai simboli del Natale. C’è chi parla con buonsenso e chi straparla

Un intervento di Emilio Del Bel Belluz e un’intervista a Graziano Debellini, responsabile di Comunione e Liberazione di Padova.

Redazione
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zzzzprespnpMentre da tante parti d’Italia arrivano notizie di solerti presidi o pubblici amministratori che sono angosciati perché il presepe potrebbe “turbare” le persone che professano religioni diverse da quella cristiana, ragion per cui è d’uopo rimuovere non solo la rappresentazione della nascita di Gesù, ma anche i crocifissi, leggiamo sul Gazzettino un intervento di Emilio Del Bel Belluz, che si chiude con questa significativa frase: “Il vescovo Cipolla diceva che bisognava fare un passo indietro, io invece affermo che si debba fare due passi avanti, un passo di fede e uno di coraggio vero”. E su questa linea di sano buonsenso e di fedeltà ricordiamo anche l’intervento di Ferdinando Camon, pubblicato ieri l’altro.

Per contro, lo scorso mercoledì 2 abbiamo letto su Il Mattino di Padova un’intervista a Graziano Debellini, responsabile di CL di Padova, nel quale per difendere disperatamente le posizioni indifendibili del vescovo Cipolla, l’intervistato gira la frittata e dice anche delle inesattezze. Debellini parte con un’affermazione che è il classico cavolo a merenda: “Il cristianesimo non significa usare Gesù bambino o il presepe come una clava”. E chi mai ha affermato questo? Forse per il responsabile ciellino padovano la difesa della tradizione cristiana equivale a una bastonatura? Poi prosegue, spiegando quello che la Chiesa fa da sempre, ben prima del 13.3.2013, ben prima che nascesse CL: aiutare tutti i bisognosi, senza distinzione. Però Debellini si scorda che la Chiesa è custode della Parola di Cristo e che i cattolici devono, o meglio dovrebbero, essere tutti impegnati anzitutto nell’opera di proselitismo, testimoniando la Fede e portando quante più anime è possibile alla salvezza, ossia a Cristo. Le “opere” altro non sono che testimonianza della Fede e da questa sono vivificate; da sole non valgono. Debellini lo scorda e infatti fa un clamoroso scivolone proprio citando la Beata Madre Teresa di Calcutta, che spese la sua vita a servizio dei più poveri e diseredati. “Dare in cambio di nulla per cercare solo l’amore dell’uomo verso l’uomo”. E l’amore dell’uomo verso Dio e il Suo figlio Unigenito? Non è questo il primissimo dovere? Proprio Madre Teresa ebbe a dire, con la risolutezza che la contraddistingueva, che lei e le sue suore non erano assistenti sociali: tutto ciò che facevano, lo facevano per amore di Cristo.
Ma qui bisognerebbe aprire un altro capitolo: l’ossessione ciellina di essere dalla parte del potere, in questo caso rappresentato da un vescovo che ha perso due volte due splendide occasioni per tacere, in primis con la sua disponibilità a fare “tanti passi indietro”, poi con un goffo tentativo di rettifica, della serie “Xe peso el tacon del buso”. L’ossessione di appoggiare il potere è la stessa che si manifesta nell’idolatria ciellina totale, cieca e assoluta e spesso umoristica a Bergoglio, o che ha generato capolavori di piaggeria ai Meeting di Rimini degli ultimi anni.
E questo ci spingerebbe a trattare un altro argomento molto importante (e che a breve tratteremo): cos’è rimasto in CL dell’appassionata opera di testimonianza e di evangelizzazione di Don Luigi Giussani? Chi, come il sottoscritto, ha avuto la Grazia di conoscerlo, si sente di dire: nulla. Ma su questo, ripeto, ritorneremo.
Per ora, vi proponiamo in lettura i due estratti stampa: due ottimi esempi di come si possa resistere alla sciagura del tempo dei codardi, oppure di come ci si possa, con entusiasmo degno di miglior causa, arruolare nel tranquillizzante conformismo.
PD
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