ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 15 dicembre 2015

“Fil di Ferro”

Quando i poveri cattolici illusi di poter cattolicizzare Bergoglio mi vengono a dire con ingenuo entusiasmo che, in un discorso o in un’omelia, “il Papa ha parlato del demonio, degli angeli e della Vergine Maria”, mi chiedo sempre chi siano per lui il demonio, gli angeli o la Vergine Maria e davanti a chi inviti i poveri fedeli della nuova religione a inginocchiarsi.

Martedì 15 dicembre 2015
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È pervenuta in redazione:
Caro dottor Gnocchi,
più le cose del mondo e della fede sembrano rotolare,  più emergono ambiguità di ogni genere, anche dai discorsi e dall’agire del Papa, e più sembra dilagare la corsa a citare il Papa, almeno là ove sembra di poter trarre frasi giuste, buone e in linea con la fede e la dottrina cristiana. Questo modo di agire, che sembrerebbe lecito anche se spesso comporta il mettere in ombra frasi, battute e azioni di segno opposto, viene adottato da vescovi, sacerdoti, sociologi, giornalisti e intellettuali. Potrebbe darci un suo approfondimento sui vari aspetti di opportunità e/o inopportunità di una tale scelta?
Grazie,
Andrea Peracchio
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zrbrpsCaro Peracchio,
la sua domanda, apparentemente mite e inoffensiva, porta direttamente, chirurgicamente, a sezionare il cuore di questo pontificato, perché lei non solleva solo una questione di metodo, ma anche una questione di merito.
Per intenderci fino in fondo, bisogna cominciare da una constatazione persino banale, una riflessione molto semplice per chiunque abbia un po’ di pratica di buon catechismo, riassumibile così: se io obbedissi ciecamente al mio parroco, al mio vescovo e al Papa andrei sicuramente all’inferno. Assumendo questa constatazione come teorema, se ne può trarre il seguente corollario: se fino a qualche tempo fa del parroco, del vescovo e del Papa ci si doveva fidare fino a prova contraria, ora del parroco, del vescovo e del Papa non ci si deve fidare fino a prova contraria.
Quel “non” rimarcato dal carattere in grassetto, caro Peracchio, è il cuore di tutto il ragionamento perché sta a indicare che è cambiato il quadro dentro il quale vanno collocati gli insegnamenti del parroco, del vescovo e del Papa. Se questa regola valeva già prima del pontificato di Bergoglio come norma di prudenza sottesa alla vita di fede, ora diventa una necessità conclamata e inderogabile a ogni respiro della vita cristiana e anche di quella civile, a cui il magistero bergogliano si estende sempre più volentieri.
Qui giunti, prima di procedere, mancherebbe un tassello fondamentale del ragionamento se omettessi o considerassi scontato il giudizio su questo Papa e sulla Chiesa disegnata a sua immagine e somiglianza. Quindi, non solo ribadisco, ma dico se possibile con ancora più forza e convinzione che “questo Papa non mi piace”, così come non mi piace la Chiesa invertita che intende erigere capovolgendo la figura di Cristo.
Ma la questione non sta in un mio gusto personale, che varrebbe poco più o poco meno di niente. Riguarda l’oggettività della fede cattolica che l’infelicemente regnante Pontefice sta scardinando con grande efficacia fin dal quell’orrendo “Buonasera” con cui si presentò al mondo e al suo padrone dopo la sua elezione. Per un dettagliato ed efficace riassunto dei fasti mondani e dei nefasti cristiani di Bergoglio, la rimando al Libellus pubblicato in questi giorni dalla rivista americana The Remnant in calce alla petizione con cui si chiede a questo Papa di tornare, se mai ci fosse stato aggiungo io, nella retta fede o di dimettersi.
In ogni caso, qui si non possono tacere i punti nodali della questione che hanno trovato nel vescovo venuto dalla fine del mondo il loro interprete perfetto. A cominciare dall’ulteriore metamorfosi di una Chiesa che con il Concilio Vaticano II aveva già messo l’uomo al posto di Dio e ora, guidata da Bergoglio, si avvia mettere la natura al posto dell’uomo. Una Chiesa che considera Nostro Signore Gesù Cristo il più grande ostacolo alla pacificazione del mondo e alla pacificazione con il mondo. Una Chiesa pronta alla cancellazione formale dei sacramenti, come mostra di voler fare con il matrimonio, dopo aver già svuotato di fatto la confessione, l’eucaristia e il battesimo. Una Chiesa che ha sottratto ai diritti di Dio la liturgia, violentata da Paolo VI con il Messale inventato da Annibale Bugnini a sua immagine, somiglianza e fratellanza. Una Chiesa che ridicolizza la fedeltà al rito attraverso un Papa che stacca le mani giunte nella preghiera di un piccolo chierichetto, quasi a dire che la violenza non ha più ritegno a mostrarsi, neppure quando viene perpetrata sui più piccoli, che il Vangelo insegna a non scandalizzare.
In poche parole, quella che vediamo sotto i nostri occhi, quella esaltata dai mass media, quella tanto attesa da coloro che vogliono sentirsi a posto senza convertirsi, quella che si erge a pietra di paragone per giudicare, condannare, sbeffeggiare la Chiesa di sempre, non è per nulla la Chiesa cattolica: è una neochiesa che aspira a essere la perfetta inversione della Chiesa fondata da Cristo sulla roccia di Pietro.
Caro Peracchio, mi pare di non lasciar spazio a interpretazioni, a ermeneutiche di qualsivoglia segno. Questa Chiesa e questo Papa non possono piacere a me perché mi pare evidente che non possano piacere a Nostro Signore. Ma, forse, la sorprenderò dicendole che, se Bergoglio venisse mandato al martirio in quanto Papa della Chiesa cattolica e in odio alla fede cattolica anche contro la sua volontà, se insomma non si trattasse di un semplice regolamento di conti tra cosche eretiche, a-cristiane o anticristiane, so che il mio dovere sarebbe quello di difenderlo e, se necessario, a seguirne la sorte e chiedo al Signore di darmene la forza. Ma oggi, purtroppo, non siamo in presenza di un Papa che viene martirizzato o anche solo aggredito in odio alla fede cattolica. Siamo invece in presenza di un Papa che, in odio alla fede cattolica, viene esaltato, osannato canonizzato. E allora il mio posto non è al suo fianco, ma dalla parte opposta della barricata rispetto a quella che lui ha liberamente scelto.
Capisce, caro Peracchio, quanto il quadro ormai sia invertito? Il problema sta tutto nel fatto che a capovolgerlo, negli ultimi cinquant’anni ha cominciato la gerarchia dei pastori, in attesa che arrivasse qualcuno a compiere, o a tentare di compiere, definitivamente l’operazione. E qui sta la risposta alla sua domanda: dentro a un quadro cattivo, i pochi elementi di verità che sopravvivono, anche se vengono riconosciuti come tali, alla fine sono neutralizzati e poi fagocitati dal panorama orrendo che volentieri li abbraccia fino a soffocarli. Badi bene, non vengono interpretati come errori. Magari, fosse così. Invece accade ben di peggio: vengono concepiti come verità cattive, odiose, disumane, prive di misericordia e quindi da rigettare.
È questo il disegno che guida il pontificato di Bergoglio: rendere odioso ai fedeli quel poco di cristianesimo che, nonostante tutto, non si è riusciti a strappare con la forza e con l’ignoranza dalle loro anime, dalle loro coscienze e dai loro cervelli. I poveri cristiani che cercano nei discorsi o negli atti di Bergoglio un residuo di cristianesimo, dopo averlo trovato ed esibito al mondo, finiranno tutti per ritenerlo un’escrescenza maligna: a quel punto l’opera di evangelizzazione delle nuova religione sarà compiuta. E se sarà rimasto ancora qualche termine o qualche concetto tradizionale, avrà di fatto assunto un nuovo significato e un nuovo contenuto. Quando, per esempio, i poveri cattolici illusi di poter cattolicizzare Bergoglio mi vengono a dire con ingenuo entusiasmo che, in un discorso o in un’omelia, “il Papa ha parlato del demonio, degli angeli e della Vergine Maria”, mi chiedo sempre chi siano per lui il demonio, gli angeli o la Vergine Maria e davanti chi inviti i poveri fedeli della nuova religione a inginocchiarsi.
Questo esito, caro Peracchio, è l’inevitabile e maligna conseguenza del tentativo di mostrare qualche residuale verità cristiana in un quadro ecclesiale capovolto. E non ci si può illudere di raddrizzare la cornice perché le regole del gioco le ha stabilite chi ha voluto appendere il quadro a rovescio. Provi a pensare alle tante persone che hanno cominciato, forse ma non tutte, in buona fede a valorizzare quanto trovavano di “cattolico” in un magistero sempre più alla deriva. Dove sono finite? Alla deriva anche loro, fino a ridursi oggi a giustificare tutto quanto fa e dice Bergoglio e domani tutto quanto farà e dirà il “Padrone del mondo”, il protagonista del libro preferito dall’attuale Pontefice. Mettere in evidenza “il buono” che dicono i cattivi non fa altro che assecondare la loro strategia. Se lei pensa alle fiabe, la più grande opera pedagogica che abbia messo punto l’uomo, troverà sempre una separazione netta tra bene e male, tra buoni e cattivi e troverà sempre la necessità improrogabile scegliere da che parte stare.
Se invece preferisce il magistero, pensi a che cosa scrisse sul modernismo San Pio X nella Pascendi Dominici gregis:
zzzzspxFanno le meraviglie costoro perché Noi li annoveriamo fra i nemici della Chiesa; ma non potrà stupirsene chiunque, poste da parte le intenzioni di cui Dio solo è giudice, si faccia ad esaminare le loro dottrine e la loro maniera di parlare e di operare. Per verità non si allontana dal vero chi li ritenga fra i nemici della Chiesa i più dannosi. Imperocché, come già abbiam detto, i lor consigli di distruzione non li agitano costoro al di fuori della Chiesa, ma dentro di essa; ond’è che il pericolo si appiatta quasi nelle vene stesse e nelle viscere di lei, con rovina tanto più certa, quanto essi la conoscono più addentro. Di più, non pongono già la scure ai rami od ai germogli; ma alla radice medesima, cioè alla fede ed alle fibre di lei più profonde. Intaccata poi questa radice della immortalità, continuano a far correre il veleno per tutto l’albero in guisa, che niuna parte risparmiano della cattolica verità, niuna che non cerchino di contaminare. Inoltre, nell’adoperare le loro mille arti per nuocere, niuno li supera di accortezza e di astuzia: giacché la fanno promiscuamente da razionalisti e da cattolici, e ciò con sì fina simulazione da trarre agevolmente in inganno ogni incauto; e poiché sono temerari quanto altri mai, non vi è conseguenza da cui rifuggano e che non ispaccino con animo franco ed imperterrito. Si aggiunga di più, e ciò è acconcissimo a confonder le menti, il menar che essi fanno una vita operosissima, un’assidua e forte applicazione ad ogni fatta di studi, e, il più sovente, la fama di una condotta austera. Finalmente, e questo spegne quasi ogni speranza di guarigione, dalle stesse loro dottrine sono formati al disprezzo di ogni autorità e di ogni freno; e, adagiatisi in una falsa coscienza, si persuadono che sia amore di verità ciò che è infatti superbia ed ostinazione. Sì, sperammo a dir vero di riuscire quando che fosse a richiamar costoro a più savi divisamenti; al qual fine li trattammo dapprima come figli con soavità, passammo poi ad un far severo, e finalmente, benché a malincuore, usammo pure i pubblici castighi. Ma voi sapete, o Venerabili Fratelli, come tutto riuscì indarno: sembrarono abbassar la fronte per un istante, ma la rialzarono subito con maggiore alterigia. E potremmo forse tuttora dissimulare se non si trattasse che sol di loro: ma trattasi invece della sicurezza del nome cattolico. Fa dunque mestieri di uscir da un silenzio, che ormai sarebbe colpa, per far conoscere alla Chiesa tutta chi sieno infatti costoro che così mal si camuffano. E poiché è artificio astutissimo dei modernisti (ché con siffatto nome son chiamati costoro a ragione comunemente) presentare le loro dottrine non già coordinate e raccolte quasi in un tutto, ma sparse invece e disgiunte l’una dall’altra, allo scopo di passare essi per dubbiosi e come incerti, mentre di fatto sono fermi e determinati; gioverà innanzi tutto raccogliere qui le dottrine stesse in sol quadro, per passar poi a ricercar le fonti di tanto traviamento ed a prescrivere le misure per impedirne i danni.
Chissà se San Pio X ha mai temuto che queste parole potessero descrivere il magistero di un suo successore. In ogni caso, un briciolo di onestà appena sopra il minimo sindacale non può nascondere ai nostri occhi che quello descritta nella Pascendiè proprio il dramma che stiamo vivendo sulla nostra pelle dentro la neochiesa della misericordia.
E per finire, per mostrare l’inesorabile perversità del gioco di chi si presta alla strategia di Bergoglio esibendo come trofei i residui cattolici del suo pontificato, caro Peracchio, voglio evocare un’immagine di cui forse ho già parlato in questa rubrica. È tratta da un saggio sull’arte della comunicazione e della manipolazione del pensiero scritto da Vladimir Volkoff sotto le spoglie di un romanzo che si intitola Il montaggio. Tra i vari meccanismi adottati dagli agenti di influenza sovietici in occidente, il più raffinato, dice Volkoff, è quello detto del “Fil di Ferro”, che il protagonista spiega così alla sua recluta: “L’immagine del Fil di Ferro deriva dal fatto che, per spezzarlo, bisogna torcerlo nelle due direzioni opposte. (…) L’agente di influenza è il contrario di un propagandista, o meglio è il propagandista assoluto, colui che fa propaganda allo stato puro, mai a favore, sempre contro, senz’altro scopo che dare gioco, allentare, tutto scollare, sciogliere, disfare, disserrare. (…) l’agente sovietico non si farà mai passare per un comunista. Ora con la sinistra, ora con la destra, segherà sistematicamente l’ordine esistente”.
Ecco, caro Peracchio, che cosa fanno, consapevolmente o inconsapevolmente, coloro che oppongono all’ermeneutica modernista del pensiero bergogliano un’ermeneutica di stampo conservatore o, in certi spudorati casi, persino tradizionale.“Ora con la sinistra, ora con la destra” contribuiscono a segare “sistematicamente l’ordine esistente”. Infieriscono sul Corpo Mistico di Cristo nel tentativo di spezzarlo: alla fine non ce la faranno, ma, intanto, quante anime si portano dietro?
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo

“FUORI MODA”. La posta di Alessandro Gnocchi



Redazione

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