ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 22 dicembre 2015

La dottrina della rinuncia


dante

Una insegnante di religione: "Meno male che c'è la Divina Commedia"

Gentile Magister,
non sono una personalità come Gotti Tedeschi, né una teologa, né altro di speciale. Sono una insegnante di religione in un liceo e dopo aver letto il suo articolo sulle indulgenze e il purgatorio messi in soffitta, e le prime reazioni su Settimo Cielo, voglio solo condividere alcuni spunti di riflessione.
Devo constatare che proprio in ambito ecclesiale e non solo nella vita quotidiana non si parla più o si parla in modo marginale di peccato o di peccati, di colpe o di pene. I miei alunni, soprattutto quando cominciano a leggere la Divina Commedia, mi chiedono invece spiegazioni proprio su questi temi e mi ascoltano con estremo interesse.

Mi rendo conto che quando parlo di cristianesimo e dunque narro la storia di Gesù fino alla morte e alla risurrezione, li vedo spiazzati: non hanno minimamente l'idea di cosa sia il peccato, l'aldilà, il perché della croce... Niente. Eppure molti sono cresimati, tutti sono battezzati e tutti hanno fatto la prima comunione.
Spesso noto che proprio a causa del silenzio su questi temi e della conseguente non conoscenza, loro non capiscono neanche per quale motivo si dovrebbe essere buoni o cattivi, o anche cristiani anziché altro. È talmente chiaro che se dal mosaico togli dei pezzi importanti non se ne comprende più il senso.
Ho notato anche che, quando negli anni ho annacquato le lezioni per renderle più alla portata dei miei alunni, non ho suscitato in loro il minimo interesse. Quando invece ho parlato a loro in verità e con chiarezza ho visto partecipazione, passione, inserimento di nuovi ragazzi e frutti impensabili.
Non voglio trarre conclusioni di alcun tipo, antropologiche, filosofiche o sociologiche. Ma semplicemente dire che forse stiamo snaturando il messaggio di Cristo e in questo modo non facciamo il bene di nessuno.
Grazie di cuore.
Giusy Leone

 Settimo Cielo di Sandro Magister



Fuori dalla Chiesa non c’è salvezza di don Pierpaolo Maria Petrucci


«Andate a predicare il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo. Chi non crederà sarà condannato» (Mc. 16,16).

Un problema fondamentale della crisi nella Chiesa che stiamo vivendo tocca intimamente la sua missione divina: il motivo per cui essa è stata fondata da Gesù Cristo che è appunto la salvezza delle anime. Questa missione si può riassumere nelle parole indirizzate da Gesù agli apostoli: «Andate a predicare il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo. Chi non crederà sarà condannato» (Mc. 16,16). Oggi si parla tanto di evangelizzazione. Il sinodo che si è svolto a Roma dal 7 al 28 ottobre 2012 aveva proprio per tema questo argomento. 

Purtroppo, le parole in quest’epoca post-conciliare non hanno più lo stesso senso che la Chiesa da sempre attribuiva loro, proprio per i cambiamenti radicali che sono stati operati dal concilio, soprattutto per ciò che riguarda la costituzione intima della Chiesa e la sua missione. Una nuova dottrina è stata imposta su questi temi, in diretta contraddizione con l’insegnamento tradizionale che tende a paralizzare la forza soprannaturale della Chiesa. Per comprendere la rivoluzione che è stata attuata nella Chiesa occorre prima di tutto considerare la dottrina cattolica tradizionale su questi punti, per poi analizzare, in un prossimo articolo, i testi stessi del concilio e la loro interpretazione fatta dai pontefici del post concilio, in perfetta continuità con essi, ma in drammatica rottura con il magistero costante ed infallibile della Chiesa. Vedremo così come questa dottrina si traduce in pratica con una rinuncia alla vera evangelizzazione e impendendo così la missione essenziale per la Chiesa. I - La Chiesa Cattolica, fondata da Gesù Cristo per la salvezza delle anime Per comprendere il ruolo essenziale della Chiesa nell’economia divina occorre ricordare alcune verità di fede. Prima di tutto, creando l’uomo, Dio volle elevarlo allo stato soprannaturale, dono che sorpassa tutte le sue esigenze. Volle adottarlo come figlio, preparando per lui la ricompensa eterna della visione beatifica. Questa adozione si realizzò con il dono della grazia santificante, qualità soprannaturale che inerisce alla nostra anima trasformandola radicalmente e rendendola partecipe della natura divina. Con essa Dio diede all’uomo le virtù soprannaturali (fede, speranza, carità ecc.) che lo resero capace di porre atti proporzionati alla beatitudine soprannaturale che doveva meritare. Purtroppo Adamo, con il peccato originale, perse questo dono, non soltanto per sé ma anche per tutti i suoi discendenti e ci trasmise una natura privata della grazia santificante. In questa privazione consiste essenzialmente il peccato originale. L’uomo, avendo perso il principio del merito soprannaturale, non poteva da solo riparare il peccato. Dio stabilisce allora il mistero dell’Incarnazione. La seconda persona della Santissima Trinità prenderà una natura umana per riparare i peccati degli uomini in maniera sovrabbondante e ridare loro la grazia santificante. Gesù con il suo sacrificio ha riunito gli uomini che si erano allontanati, con il peccato, a Dio. Ne consegue che Gesù Cristo è il solo Mediatore. La remissione dei peccati ed ogni grazia possono essere acquisiti dagli uomini solo tramite Gesù Cristo. Questa dottrina è di fede. Essa è chiaramente insegnata nella Sacra Scrittura e nel Magistero della Chiesa: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio Unigenito affinché chiunque creda in lui non perisca ma abbia la vita eterna» (Gv. 3,16). Non si può essere neutrali nei suoi confronti. San Simeone annuncia che Gesù è posto «come rovina e resurrezione di molti e come segno di contraddizione» (Lc. 2, 34). Gesù dirà: «Chi non è con me è contro di me; chi non raccoglie con me disperde» (Mt. 12, 30); «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per me» (Giov. 16, 6); «Io sono la luce del mondo, chi mi segue non cammina nelle tenebre» (Giov. 8, 12); «Io sono la porta, se qualcuno entra attraverso di me sarà salvo» (Giov. 10, 9); «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Giov. 14, 6). San Pietro di fronte al sinedrio affermerà chiaramente: «Non vi è nessun altro nome sotto il cielo nel quale possiamo essere salvati» (At. 4, 12). Poiché il Signore è venuto per la salvezza di tutti gli uomini, anche per quelli che vivranno dopo di lui fino alla fine del mondo, fonda la Chiesa per continuare la sua missione rivelatrice: trasmettere la dottrina necessaria per la salvezza eterna. La Sacra Scrittura insegna che è necessario credere alla dottrina rivelata da Gesù Cristo. Ora questa predicazione ci è trasmessa dagli Apostoli e dalla Chiesa: «Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me» (Lc. 10, 16); «Come il Padre mi ha mandato, così io mando voi» (Giov. 20, 21). La Chiesa è il Cristo continuato: essa è il Corpo mistico di Cristo. Poichè Gesù è il solo Salvatore, dopo la sua venuta ci si può salvare soltanto essendo uniti al suo Corpo mistico che è la Chiesa. Gesù concede agli uomini la salvezza soltanto tramite la sua Chiesa. Questa affermazione è di fede divina e cattolica,cioè non soltanto rivelata dalla Santa Scrittura, ma anche definita dalla Chiesa. Citiamo a questo proposito alcuni testi del magistero:  Innocenzo III (18 dicembre 1208): «Noi crediamo di cuore e professiamo con la bocca una sola chiesa, non quella degli eretici, ma la santa Chiesa romana cattolica e apostolica, fuori dalla quale noi crediamo che nessuno si salvi» (DS 792).  IV concilio del Laterano (novembre 1215): «Vi è una sola Chiesa universale dei fedeli, fuori dalla quale assolutamente nessuno è salvato» (DS 802).  Bonifacio VIII, bolla Unam Sanctam (18 novembre 1302): «La fede ci obbliga insistentemente a credere e a tenere una Chiesa santa, cattolica e apostolica… fuori della quale non vi è salvezza né remissione dei peccati» (DS 870).  Papa Eugenio IV, Bolla Cantate Domino del (4 febbraio 1442), Decreto per i Giacobiti: «La Santa Chiesa romana crede fermamente, professa e predica che nessuno di coloro che vivono fuori della Chiesa, non soltanto i pagani, ma anche i giudei, gli eretici e gli scismatici, non può aver parte alla vita eterna… a meno che prima della fine della loro via non si riuniscano a questa Chiesa» (DS 1351).  Pio IX, nel Sillabo (8 dicembre 1864) condanna diverse proposizioni contrarie alla fede, fra le quali la 16 e la 17: «Gli uomini possono trovare la via della salvezza eterna e ottenerla nel culto di qualunque religione» (DS 2916); «Si può almeno ben sperare della salvezza eterna di tutti coloro che non fanno parte in alcun modo della vera Chiesa» (DS 2917).  Pio XII, Humani generis, (12 agosto 1950), condanna coloro che «riconducono ad una vana formula la necessità di appartenere alla vera Chiesa per ottenere la salvezza» (DS 3891). La rivelazione ci dice che il Signore ha istituito una sola società per continuare la sua missione che consiste nel condurre gli uomini alla salvezza eterna. Questa società è la Chiesa Cattolica. Non ve ne sono altre, come il magistero ha infallibilmente insegnato nel corso dei secoli. «La fede ci obbliga a insistentemente a credere e tenere una sola Santa Chiesa cattolica e allo stesso tempo apostolica […] Unica infatti fu l’arca di Noé […] Per questo questa Chiesa una e unica non ha che un corpo, una sola testa […] Se quindi i greci o altri dicono che non sono stati affidati a Pietro e ai suoi successori, bisogna riconoscere che non fanno parte delle pecore di Cristo, poiché il Signore stesso dice in san Giovanni: “Ci sarà un solo gregge, un solo pastore”».1 Da questo testo appare chiaramente che né gli scismatici, né gli eretici, né gli infedeli fanno parte dell’unica Chiesa di Cristo che è la Chiesa cattolica. Questo testo del Magistero è fondamentale per comprendere l’errore che il concilio introdurrà su questo punto. Questo insegnamento sarà costante nella Chiesa fino a Pio XII, che lo sintetizzerà nella sua magnifica enciclica Mystici Corporis del 29 giugno 1943.In che modo si deve appartenere alla Chiesa Si diventa membri effettivi della Chiesa tramite la fede, il battesimo e la sottomissione ai pastori legittimi. Così insegna chiaramente il magistero della Chiesa. «Fanno parte realmente dei membri della Chiesa soltanto coloro che hanno ricevuto il battesimo di rigenerazione, professano la vera fede e che, d’altra parte, non sono per loro disgrazia separati dall’insieme del Corpo o non ne sono stati tagliati, a causa di colpe molto gravi, dall’autorità legittima». 2 La ricezione del battesimo d’acqua (che è il solo battesimo in senso stretto) è di una necessità assoluta per far parte della Chiesa visibile, del Corpo Mistico. «Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato» (Mc. 16,15). Esso, oltre alla grazia santificante, dà il carattere che ci rende capaci di partecipare agli atti del culto di Dio nella Chiesa, a ricevere gli altri sacramenti. San Francesco Saverio battezza degli indigeni. Il battesimo è di necessità di precetto per ottenere la salvezza. Gesù ha stabilito questo precetto e, quando lo si conosca, si è tenuti ad osservarlo: «Se qualcuno non rinasce dall’acqua e dallo Spirito Santo, non entrerà nel regno dei cieli» (Giov. 3, 5). Per la salvezza è necessario aver ricevuto il battesimo valido e fruttuoso nella Chiesa. La Chiesa insegna che quando non si può ricevere il battesimo d’acqua, senza propria colpa, occorre almeno quello di desiderio, poiché la giustificazione (cioè il passaggio dallo stato di peccato a quello della grazia santificante) non può avvenire senza il lavacro della rigenerazione o il desiderio di questo, secondo ciò che è scritto: «Nessuno può entrare nel regno di Dio se non rinasce nell’acqua e nello Spirito Santo» (Giov. 3,5). Tale desiderio può essere esplicito quando si conosce l’esistenza del battesimo e ci si dispone a riceverlo. Perché sia salutare, esso suppone la conoscenza esplicita delle verità rivelate e la contrizione perfetta dei propri peccati. Pur non conferendo il carattere e quindi l’appartenenza al Corpo della Chiesa, esso unisce a lei appunto con un voto. San Pio X nel suo catechismo parla dell’«anima della Chiesa». È il caso del catecumeno che si prepara a ricevere il Battesimo. Innocenzo II (1130-1143) afferma che nel caso in cui morisse prima di averlo ricevuto «il battesimo è amministrato in maniera invisibile quando non è il disprezzo della religione ma la barriera della necessità che lo esclude» (Lettera Apostolicam sedem DS 741). Il Battesimo di sangue è un caso particolare del Battesimo di desiderio: esso conferisce la remissione totale dei propri peccati, assimila alla Passione di Gesù e merita la ricompensa eterna. Un esempio tipico fu quello che successe dopo la presa di Otranto da parte dei musulmani. Il 14 agosto 1480 Gedik Ahmed Pasha trascinò legati i superstiti sul vicino colle della Minerva, dove ne fece decapitare almeno 800 e costringendo i parenti ad assistere alle esecuzioni. Il primo a essere decapitato fu Antonio Primaldo. La tradizione tramanda che il suo corpo, dopo la decapitazione, rimase ritto in piedi, a dispetto degli sforzi dei carnefici per abbatterlo, sin quando l’ultimo degli otrantini non fu martirizzato. Durante quel massacro le cronache raccontano che un turco, tal Bersabei, si convertì nel vedere il modo in cui gli otrantini morivano per la loro fede e subì anch’egli il martirio, impalato dai suoi stessi compagni d’arme. A questo punto sorge spontanea una domanda: nel caso in cui qualcuno non conoscesse la Chiesa per ignoranza invincibile (e quindi non colpevole) sarebbe escluso dalla salvezza? Il magistero della Chiesa ha precisato in diverse occasioni i princìpi di soluzione di questo delicato problema. Pio IX, nell’enciclica Quanto conficiamur moerore ai vescovi d’Italia, il 10 agosto 1863, prima di tutto condanna «il grave errore, totalmente contrario alla dottrina cattolica» di coloro «che pensano che uomini che vivono nell’errore e lontano dalla vera fede e dall’unità cattolica possano giungere alla vita eterna». Poi afferma che coloro che sono nell’ignoranza invincibile (involontaria) della vera religione, «osservando con cura la legge naturale ed i suoi precetti scolpiti nel cuore di tutti da Dio, e che sono disposti ad obbedire a Dio e conducono una vita onesta e retta, possono, con l’aiuto e la luce della grazia divina, acquisire la vita eterna». Poiché Dio «non permette che qualcuno sia punito con i supplizi eterni senza essere responsabile di qualche colpa volontaria». Il Papa ricorda comunque che fuori della Chiesa non c’è salvezza e coloro che sono «ribelli all’autorità della Chiesa e alla sue definizioni e che sono testardamente separati dall’unità di questa Chiesa e del Pontefice Romano, successore di Pietro, cui è stato affidato il governo e la custodia della vigna, non possono ottenere la salvezza eterna» (DS 2865-2867). L’ignoranza invincibile dei sacramenti e delle verità della fede non è incompatibile con la salvezza. A coloro che si trovano in questa situazione, Dio invia la luce e la grazia necessari per ottenere la salvezza, se rispettano la legge naturale, mentre il rifiuto colpevole delle verità della fede e dei sacramenti esclude dalla la salvezza eterna. Il Papa non insegna che ci si può salvare rimanendo fino alla fine nella buona fede e accontentandosi di rispettare la legge naturale, ma che Dio condurrà coloro che si sforzano di evitare il peccato alla conoscenza dei mezzi necessari alla salvezza, in particolare alla conoscenza delle verità di fede indispensabili per conseguirla. Così si esprimono san Tommaso e il Concilio di Trento: «A chi fa ciò che può, Dio non rifiuta la grazia» (DS 1524-1534; ST Ia IIae, q. 109 a. 6 ad 2um). La lettera del Sant’Uffizio dell’8 agosto 1949 (DS 3871-2) riprende ed esplicita l’enciclica Mystici corporis (DS 3821), e condanna due errori: Quello dell’indifferentismo che pretende che la salvezza è ugualmente possibile in tutte le religioni e l’errore rigorista del gesuita Feeney che pretende la salvezza impossibile anche per coloro che per un voto implicito sarebbero uniti alla Chiesa.  «Perché qualcuno ottenga la salvezza eterna – afferma il Sant’Uffizio – non è sempre richiesto che sia effettivamente incorporato alla Chiesa come membro, ma è almeno richiesto che gli sia unito con il voto ed il desiderio. Questo voto, per di più, non è necessario che sia esplicito come nel caso dei catecumeni, ma quando l’uomo è vittima di una ignoranza invincibile, Dio accetta ugualmente un voto implicito, chiamato così perché è incluso nella buona disposizione dell’anima per cui l’uomo vuole conformare la sua volontà a quella di Dio. È questo l’insegnamento chiaro dell’enciclica di Pio XII sul Corpo mistico di Cristo».  « Verso   la fine di questa stessa enciclica però, invitando molto affettuosamente all’unità coloro che non appartengono al corpo della Chiesa cattolica, menziona «coloro che, per un certo desiderio e voto incosciente, si trovano ordinati al corpo mistico del Redentore», che non esclude minimamente dalla salvezza eterna, ma dei quali precisa comunque che sono in uno stato «in cui nessuno può essere sicuro della propria salvezza eterna, poiché sono privati dei così grandi e numerosi soccorsi e favori celesti, di cui può gioire soltanto nella Chiesa cattolica». In sintesi questo testo insegna tre verità distinte: 1. La salvezza è possibile per coloro che, non essendo battezzati, non fanno parte del corpo della Chiesa. 2. La salvezza è per essi possibile nella misura in cui sono in relazione con la Chiesa, grazie ad un desiderio almeno implicito. 3. Essi si trovano comunque in una situazione precaria e pericolosa, poiché mancano loro tutti gli aiuti necessari per ottenere la salvezza effettivamente. Ecco perché la loro salvezza rimane incerta in quello stato. Tale dottrina conferma e spiega il dogma cattolico «Extra Ecclesiam nulla salus», poiché le grazie ricevute per giungere alla giustificazione si ottengono dalla Chiesa e tramite essa. Queste persone potranno salvarsi perché sono in un certo qual modo orientati alla Chiesa per il desiderio implicito di appartenervi effettivamente. La causa principale che è Gesù Cristo può operare l’atto di fede nel credente senza la predicazione ordinaria del magistero. Ciò è possibile quando Dio agisce direttamente sull’intelligenza dell’uomo tramite la grazia, ma si tratta sempre di una grazia «ecclesiale» cioè ottenuta tramite la Chiesa cattolica. La fede soprannaturale è di una necessità di mezzo (cioè assoluta) per ottenere la salvezza.San Paolo lo ribadisce energicamente: Chiesa e salvezza dell’anima «Senza la fede è impossibile piacere a Dio. Colui che si avvicina a Dio infatti deve credere che esiste e che ricompensa coloro che lo cercano» (Ebr. 11, 6). Poiché siamo destinati ad una ricompensa soprannaturale, occorre porre atti proporzionati per meritarla. La virtù di fede che ci salva deve essere soprannaturale nel suo motivo e nel suo oggetto. Occorre credere, cioè, perché Dio ha rivelato e non per la certezza razionale tramite la conoscenza delle creature. Si deve aderire a verità che superano la ragione. Credere in Dio, non soltanto come creatore, ma come autore dell’ordine soprannaturale che ci adotta come figli attraverso la grazia e ci prepara una ricompensa che supera tutte le esigenze della nostra natura: la visione beatifica. Sotto il pontificato del Beato Innocenzo XI, il Sant’Uffizio condannava questa affermazione: «La fede in senso lato che viene dalla testimonianza delle creature o da un altro simile motivo, è sufficiente per la giustificazione» (2 marzo 1679, DS 2123). La Chiesa nel suo Magistero, benché ciò non sia ancora definito, è propensa ad insegnarci che per la salvezza è necessaria la fede esplicita almeno nel mistero della Santissima Trinità e dell’Incarnazione Redentrice. È questa la tesi di San Tommaso: «Dopo la rivelazione della grazia, tanto i maggiorenti quanto i semplici sono tenuti ad avere una fede esplicita riguardo ai misteri di Cristo; e specialmente riguardo a quelli che sono oggetto delle solennità della Chiesa e che vengono pubblicamente proposti, come gli articoli sull’Incarnazione» (S.T. II-II q. 2 a. 7). Il Vescovo di Quebec aveva posto al Sant’Uffizio questa domanda: «Prima di conferire il battesimo a un adulto, il ministro è tenuto a spiegargli i misteri della nostra fede, soprattutto se è moribondo, dal momento che questo turberebbe il suo spirito? Non sarebbe sufficiente che il moribondo prometta che, appena guarito dalla sua malattia, farà il necessario per ricevere un’istruzione per mettere in pratica ciò che gli è stato prescritto?». Nella lettera di risposta, il 25 gennaio 1703, il Sant’Uffizio affermava che: «La promessa non è sufficiente e il missionario è tenuto, anche per un moribondo, se non si trova in uno stato di incapacità totale, a spiegare i misteri della fede che sono necessari (alla salvezza) di una necessità di mezzo, come lo sono principalmente i misteri della SS. Trinità e dell’Incarnazione». «Un missionario non può battezzare qualcuno che non creda esplicitamente al Signore Gesù Cristo ed è tenuto ad istruirlo su tutto ciò che è necessario alla salvezza di necessità di mezzo, secondo la capacità di colui che deve essere battezzato» (DS 2380-2381). Una domanda sorge allora spontanea: come è possibile la salvezza per l’uomo che non ha ricevuto la predicazione da parte della Chiesa? San Tommaso risponde che Dio, che vuole la salvezza di tutti gli uomini e dona a tutti le grazie sufficienti per realizzarla, vi provvederà tramite un’ispirazione interiore, oppure inviando un missionario o ancora servendosi del ministero angelico. Così fece, per esempio, inviando il diacono Filippo in Samaria all’etiope eunuco della regina Candace (At. 8, 26). Così fece ancora inviando un angelo al centurione Cornelio a Cesarea Marittima Dio concede ad ogni uomo le grazie realmente sufficienti alla salvezza. Nessun adulto può esserne privato se non per propria colpa, per il rifiuto di tali mezzi. Così afferma chiaramente Pio IX: «Dio non permette che qualcuno sia punito con i supplizi eterni senza essere colpevole di qualche peccato volontario» (Quanto conficiamur maerore, 10 agosto 1863). Conclusione «Fuori dalla chiesa non c’è salvezza» è un dogma di fede e non ci si può dire cattolici se non lo si professa. Tale verità di fede deve essere compresa nel senso in cui la Chiesa stessa lo insegna. Perché qualcuno ottenga la salvezza non è necessario che sia effettivamente incorporato alla Chiesa come membro ma è almeno richiesto che gli sia unito con il voto o desiderio. Non è sempre necessario che questo voto sia esplicito, come nei catecumeni, ma quando l’uomo è vittima di una ignoranza invincibile, Dio accetta anche un voto implicito, chiamato così perché è incluso nella buona disposizione dell’anima secondo cui l’uomo vuole conformare la sua volontà a quella di Dio. Questo voto, per essere salvifico, deve comportare la fede soprannaturale e la contrizione perfetta di propri peccati. Tutte le grazie concesse alle anime per la giustificazione sono date tramite la Chiesa. Dio utilizza le grazie meritate da Gesù Cristo, Capo del Corpo mistico, con il suo sacrificio sulla Croce e tutte quelle meritate dai cristiani che vivono in grazia di Dio e pregano per la conversione dei pagani, degli eretici e dei peccatori. In questo senso la Madonna diceva a Fatima che molte persone si dannano perché non c’è nessuno che prega e si sacrifica per esse. Questo deve spingerci ad uno zelo apostolico sempre più ardente. Un giorno in Paradiso conosceremo le anime che avremo contribuito a salvare grazie alle nostre preghiere, ai nostri sacrifici e alle nostre sofferenze offerte, unite al sacrificio della Croce di Gesù, reso presente tutti i giorni nella Santa Messa. Da questo si può dedurre in che modo sia possibile la salvezza di coloro che appartengono in buona fede a false religioni. Mons. Lefebvre riassumeva la dottrina cattolica con questa frase: «Vi possono essere delle anime che si salvano in queste religioni (protestanti, pagani, islamici giudei ecc.) ma esse si salvano per la Chiesa, quindi la formula «Extra Ecclesiam nulla salus» è vera. Occorre predicare questo» (C’est moi l’accusé, Fideliter 1994, p.225).

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