Crollo di fedeli alle udienze del mercoledì: Papa Francesco s'è perso per strada due fedeli su tre
Un’emorragia lenta e costante, che in poco più di due anni ha assunto proporzioni preoccupanti. Il numero delle persone che il mercoledì si reca a piazza San Pietro per assistere all’udienza del Papa ha iniziato a calare con l’avvento di Francesco al soglio di Pietro, ed il trend non accenna a cambiare verso.
Da che è diventato Pontefice, Bergoglio ha perso suppergiù due fedeli su tre. I numeri non potrebbero essere più ufficiali: a diffondere il conto delle presenza è stata infatti la Prefettura della casa pontificia, ossia l’organismo vaticano che ha tra i propri compiti quello di provvedere all’organizzazione delle udienze. L’occasione per la pubblicazione del riepilogo è stata offerta dalla centesima udienza tenuta da Bergoglio questo mercoledì.
Le cifre del flop - I numeri: ai cento appuntamenti di Francesco hanno preso parte in totale 3.147.600 persone. Interessante il dato disaggregato sui singoli anni. Nel 2013, primo anno di pontificato del Papa argentino, i fedeli presenti sono stati 1.548.500 per un totale di 30 udienze (da tenere a mente che il pontificato è iniziato nel marzo di quell’anno); nel 2014 alle 43 udienze officiate da Francesco hanno preso parte 1.199.000 fedeli; per l’anno in corso, dove si contano 27 udienze compresa quella di questa settimana, il totale si ferma a quota 400.100. Per rendersi conto della portata di questa emorragia è utile fare il calcolo delle presenze medie per udienza: nel 2013 l’udienza papale media è stata seguita da 51.617 persone, nel 2014 da 27.883, nel 2015 da 14.818. E il trend sembra essere in ulteriore contrazione, dato che dal Vaticano fanno sapere che all’ultima udienza l’affluenza si è attestata in circa sulle diecimila persone. In ultima analisi, da quando è diventato Papa Jorge Bergoglio ha perso per strada poco meno di due fedeli su tre.
Il confronto diventa ancora più stridente se si va a fare il confronto con chi lo ha preceduto alla guida della Chiesa. I numeri di Giovanni Paolo II, non a caso passato alla storia come Pontefice tra i più amati di sempre, restano irraggiungibili: nel suo primo anno di pontificato, in sole nove udienze, Wojtyla raggiunse quota 200mila fedeli, arrivando. nel corso dell’anno successivo al picco fatto senare a quota 1.585.000 fedeli. Dopo qualche anno di relativa stanca, il grande exploit con l’Anno Santo del 2000, quando i pellegrini tornarono ad essere in numero superiore ad un milione e 400mila.
Meglio Ratzinger - Se da un Pontefice dal carisma unanimemente riconosciuto come Wojtyla certi numeri non stupiscono, lo stesso non può tuttavia dirsi per un Papa al contrario dipinto come respingente e poco incline a suscitare il carisma delle folle: Joseph Ratzinger. Negli otto anni di Pontificato, Benedetto XVI ha fatto registrare un totale di 20.544.970 fedeli tra incontri in Vaticano e a Castel Gandolfo. Particolarmente lusinghieri i risultati del 2012 (quando i pellegrini sono stati in tutto 2.351.200), del 2011 (2.553.800, persino meglio dell’anno che sarebbe seguito) e quelli relativi all’inizio del pontificato: nei primi otto mesi da guida della Chiesa, infatti, Ratzinger aveva fatto registrare oltre 2 milioni e 800 mila fedeli, con 810mila fedeli in appena nove udienze da aprile (momento dell’elezione) alla fine dell’anno. Un trend che, come detto, in seguito all’elezione di papa Francesco ha conosciuto una brusca ed inattesa inversione di tendenza. E che, visti i dati di questi ultimi mesi, le carte in regola per peggiorare pare averle tutte.
di Fabrizio Melis
I furbetti del Sinodino
Da Melloni ad alcuni prelati, ecco gli esempi di come si cerca di stravolgere la storia della Chiesa per legittimare una presunta "rivoluzione in corso" o per giustificare le posizioni liberalassunte al Sinodo sulla famiglia a proposito della comunione ai divorziati risposati. Nella migliore tradizione dei dottori della legge.
«Negli ultimi due secoli la chiesa delle condanne aveva rinunciato alla via dell’annuncio per condannare tutto — la modernità borghese, il liberalismo, il capitalismo, il comunismo, la cultura dei diritti, eccetera». È un passaggio esemplare del pensiero di Alberto Melloni messo nero su bianco sul Corriere della Sera del 28 dicembre. Esemplare perché è solo l’ultimo degli interventi di intellettuali, teologi, vescovi che intendono dimostrare come nella Chiesa sia in atto una rivoluzione che taglia drasticamente con il passato: il pontificato di Francesco come la “nuova Chiesa” che finalmente si afferma pur tra mille resistenze. Da qui anche la necessità di inventarsi cospirazioni e nemici, così da poter legittimare qualsiasi balzo in avanti. Melloni stesso – vera guida della progressista “Scuola di Bologna” - è stato ai tempi del Sinodo fra i più attivi cacciatori di cospiratori.
Proprio il Sinodo è stata l’occasione per intensificare questa lettura della Chiesa che non ha nulla a che vedere con quanto la Chiesa invece ha sempre creduto: ogni Papa ha certamente una sua sensibilità, una sua spiritualità, le sue priorità pastorali ma al fondo c’è una continuità che non può essere interrotta dal momento in cui Cristo stesso ha istituito la Chiesa e fino a quando essa «avrà il suo compimento» al ritorno di Gesù. Né il magistero di un Papa può negare il patrimonio di fede che la Chiesa tramanda da duemila anni.
Nella narrativa di Melloni e soci invece c’è un passato da cancellare e i due secoli “condannati” corrispondono più o meno al periodo che inizia con l’affermarsi della Rivoluzione francese; periodo di tempo non casuale se anche il cardinale Carlo Maria Martini nel suo testamento spirituale aveva parlato di una Chiesa in ritardo di due secoli. Insomma a sentire costoro, fino a poco meno di tre anni fa la Chiesa avrebbe vissuto arroccata, costruendo muri, condannando, chiudendo le porte, negando la misericordia. C’è stata sì la stagione del Concilio Vaticano II che ha finalmente cambiato il corso della storia della Chiesa, ma purtroppo i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno richiuso quelle porte che ora finalmente Francesco sta riaprendo (da notare che coloro che oggi brandiscono l’obbedienza cieca al Papa contro chiunque si azzardi a fare anche delle semplici domande, sono gli stessi che fino a ieri teorizzavano e organizzavano la disobbedienza).
Inutile ricordare che Giovanni Paolo II è stato il Papa “missionario” per eccellenza,che ovunque è andato ha invitato ad «aprire, anzi spalancare le porte a Cristo», che ha dato un contributo rilevante all’abbattimento del vero muro che esisteva tra Oriente e Occidente, che ha istituito la festa liturgica della Divina Misericordia a cui ha dedicato anche un’enciclica, che ha “inventato” le Giornale mondiali della Gioventù e gli Incontri mondiali delle famiglie; altrettanto inutile ricordare che a proposito di Concilio Vaticano II, avendovi partecipato Benedetto XVI ha qualche titolo in più di Melloni per spiegarlo, che lo stesso Benedetto ha posto in modo chiaro i termini del dialogo con il mondo islamico. È inutile ricordarlo a chi lo sa bene ma non aspettava che l'occasione di seppellire la memoria per affermare un progetto ideologico di Chiesa.
È però stupefacente notare come tanti uomini di Chiesa, tanti vescovi che pure fino a poco tempo fa parlavano in altro modo vadano dietro – in maniera più o meno esplicita – a questa lettura che nega la continuità. Da questo punto di vista il doppio Sinodo sulla famiglia è stato una palestra e il direttore della Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, autonominatosi interprete ufficiale del pensiero di papa Francesco, con il suo continuo inno alla rivoluzione in corso è certamente un caposcuola. Non per niente di tutti i temi che riguardano la situazione della famiglia, l’unico che per costoro è davvero importante è l’accesso alla comunione dei divorziati risposati, e se non fosse bastato il Sinodo ce lo hanno fatto abbondantemente capire nel dopo-Sinodo, quando si sono sprecate le interpretazioni da veri “dottori della legge”. Vale a dire: deciso che si vuole ottenere una cosa, si cercano cavilli giuridici, appigli storici, usanze pastorali per giustificarla. Ovviamente scegliendo dei particolari e omettendone altri.
L’ultimo esempio lo troviamo nel saggio del vescovo di Albano Marcello Semeraro («Il Sinodo della famiglia raccontato alla mia Chiesa») così come presentato da Vatican Insider. Cosa racconta dunque Semeraro ai suoi fedeli riguardo a coloro che si trovano in situazioni irregolari? Sostanzialmente, spiega Vatican Insider, fino all’avvento di Giovanni Paolo II nella Chiesa si procedeva già caso per caso, ammettendo quindi ai sacramenti anche i divorziati risposati nell’applicazione della «approvata prassi della Chiesa in foro interno», richiamata anche nell’ultimo Sinodo. Per foro interno si intende un processo che vede coinvolto un fedele (la sua coscienza) con un sacerdote nel sacramento della riconciliazione e della penitenza.
A conferma di questa tesi il vescovo Semeraro cita un documento del 1973 della Congregazione per la Dottrina della Fede, approvato da Paolo VI, che dice: «Per quanto riguarda l’ammissione ai sacramenti gli ordinari del luogo vogliano, da una parte, invitare all’osservanza della disciplina vigente nella Chiesa, e, dall’altra, fare in modo che i pastori delle anime abbiano una particolare sollecitudine verso coloro che vivono in una unione irregolare, applicando nella soluzione di tali casi, oltre ad altri giusti mezzi, l’approvata prassi della Chiesa in foro interno». Specifica Vatican Insider che si parla chiaramente di ammissione ai sacramenti di quanti sono in unioni irregolari: «Senza però l’aggiunta di ulteriori specificazioni o restrizioni. Chi ritenne di aggiungere la clausola dell’impegno a vivere «in piena astinenza», fino a quel momento assente, fu Giovanni Paolo II, nell’omelia per la chiusura del VI Sinodo dei vescovi (25 ottobre 1980)».
Il messaggio è chiaro: fino a Paolo VI la Chiesa già ammetteva alla comunione – a certe condizioni e caso per caso – i divorziati risposati. Il problema, il muro, è stato creato da Giovanni Paolo II e confermato da Benedetto XVI.
Fosse davvero così sarebbe uno scoop, neanche i padri sinodali si erano accorti che già c’era una prassi del genere approvata dal Papa fino al 1980. E infatti nessuno ha finora impugnato questo argomento. Il motivo forse sta nel fatto che nel racconto del vescovo Semeraro manca una parte della storia. Infatti alla domanda di chiarimenti da parte di alcuni vescovi sul significato della “pratica approvata in foro interno”, l'arcivescovo Jean Hamer, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, rispose il 21 marzo del 1975chiarendo così: «Vorrei affermare ora che questa frase [probata praxis Ecclesiae] dev’essere intesa nel contesto della tradizionale teologia morale. Queste coppie [cattolici che vivono in unioni coniugali irregolari] possono essere autorizzate a ricevere i sacramenti a due condizioni: che cerchino di vivere secondo le esigenze dei principi morali cristiani e che ricevano i sacramenti in chiese in cui non sono conosciute in modo da non creare alcun scandalo».
Dunque Giovanni Paolo II non ha introdotto nulla, nella fattispecie ha solo ribadito con chiarezza ciò che era già magistero della Chiesa.
Ah, questi dottori della legge….
Un’emorragia lenta e costante, che in poco più di due anni ha assunto proporzioni preoccupanti. Il numero delle persone che il mercoledì si reca a piazza San Pietro per assistere all’udienza del Papa ha iniziato a calare con l’avvento di Francesco al soglio di Pietro, ed il trend non accenna a cambiare verso.
Da che è diventato Pontefice, Bergoglio ha perso suppergiù due fedeli su tre. I numeri non potrebbero essere più ufficiali: a diffondere il conto delle presenza è stata infatti la Prefettura della casa pontificia, ossia l’organismo vaticano che ha tra i propri compiti quello di provvedere all’organizzazione delle udienze. L’occasione per la pubblicazione del riepilogo è stata offerta dalla centesima udienza tenuta da Bergoglio questo mercoledì.
Le cifre del flop - I numeri: ai cento appuntamenti di Francesco hanno preso parte in totale 3.147.600 persone. Interessante il dato disaggregato sui singoli anni. Nel 2013, primo anno di pontificato del Papa argentino, i fedeli presenti sono stati 1.548.500 per un totale di 30 udienze (da tenere a mente che il pontificato è iniziato nel marzo di quell’anno); nel 2014 alle 43 udienze officiate da Francesco hanno preso parte 1.199.000 fedeli; per l’anno in corso, dove si contano 27 udienze compresa quella di questa settimana, il totale si ferma a quota 400.100. Per rendersi conto della portata di questa emorragia è utile fare il calcolo delle presenze medie per udienza: nel 2013 l’udienza papale media è stata seguita da 51.617 persone, nel 2014 da 27.883, nel 2015 da 14.818. E il trend sembra essere in ulteriore contrazione, dato che dal Vaticano fanno sapere che all’ultima udienza l’affluenza si è attestata in circa sulle diecimila persone. In ultima analisi, da quando è diventato Papa Jorge Bergoglio ha perso per strada poco meno di due fedeli su tre.
Il confronto diventa ancora più stridente se si va a fare il confronto con chi lo ha preceduto alla guida della Chiesa. I numeri di Giovanni Paolo II, non a caso passato alla storia come Pontefice tra i più amati di sempre, restano irraggiungibili: nel suo primo anno di pontificato, in sole nove udienze, Wojtyla raggiunse quota 200mila fedeli, arrivando. nel corso dell’anno successivo al picco fatto senare a quota 1.585.000 fedeli. Dopo qualche anno di relativa stanca, il grande exploit con l’Anno Santo del 2000, quando i pellegrini tornarono ad essere in numero superiore ad un milione e 400mila.
Meglio Ratzinger - Se da un Pontefice dal carisma unanimemente riconosciuto come Wojtyla certi numeri non stupiscono, lo stesso non può tuttavia dirsi per un Papa al contrario dipinto come respingente e poco incline a suscitare il carisma delle folle: Joseph Ratzinger. Negli otto anni di Pontificato, Benedetto XVI ha fatto registrare un totale di 20.544.970 fedeli tra incontri in Vaticano e a Castel Gandolfo. Particolarmente lusinghieri i risultati del 2012 (quando i pellegrini sono stati in tutto 2.351.200), del 2011 (2.553.800, persino meglio dell’anno che sarebbe seguito) e quelli relativi all’inizio del pontificato: nei primi otto mesi da guida della Chiesa, infatti, Ratzinger aveva fatto registrare oltre 2 milioni e 800 mila fedeli, con 810mila fedeli in appena nove udienze da aprile (momento dell’elezione) alla fine dell’anno. Un trend che, come detto, in seguito all’elezione di papa Francesco ha conosciuto una brusca ed inattesa inversione di tendenza. E che, visti i dati di questi ultimi mesi, le carte in regola per peggiorare pare averle tutte.
di Fabrizio Melis
Da Melloni ad alcuni prelati, ecco gli esempi di come si cerca di stravolgere la storia della Chiesa per legittimare una presunta "rivoluzione in corso" o per giustificare le posizioni liberalassunte al Sinodo sulla famiglia a proposito della comunione ai divorziati risposati. Nella migliore tradizione dei dottori della legge.
«Negli ultimi due secoli la chiesa delle condanne aveva rinunciato alla via dell’annuncio per condannare tutto — la modernità borghese, il liberalismo, il capitalismo, il comunismo, la cultura dei diritti, eccetera». È un passaggio esemplare del pensiero di Alberto Melloni messo nero su bianco sul Corriere della Sera del 28 dicembre. Esemplare perché è solo l’ultimo degli interventi di intellettuali, teologi, vescovi che intendono dimostrare come nella Chiesa sia in atto una rivoluzione che taglia drasticamente con il passato: il pontificato di Francesco come la “nuova Chiesa” che finalmente si afferma pur tra mille resistenze. Da qui anche la necessità di inventarsi cospirazioni e nemici, così da poter legittimare qualsiasi balzo in avanti. Melloni stesso – vera guida della progressista “Scuola di Bologna” - è stato ai tempi del Sinodo fra i più attivi cacciatori di cospiratori.
Proprio il Sinodo è stata l’occasione per intensificare questa lettura della Chiesa che non ha nulla a che vedere con quanto la Chiesa invece ha sempre creduto: ogni Papa ha certamente una sua sensibilità, una sua spiritualità, le sue priorità pastorali ma al fondo c’è una continuità che non può essere interrotta dal momento in cui Cristo stesso ha istituito la Chiesa e fino a quando essa «avrà il suo compimento» al ritorno di Gesù. Né il magistero di un Papa può negare il patrimonio di fede che la Chiesa tramanda da duemila anni.
Nella narrativa di Melloni e soci invece c’è un passato da cancellare e i due secoli “condannati” corrispondono più o meno al periodo che inizia con l’affermarsi della Rivoluzione francese; periodo di tempo non casuale se anche il cardinale Carlo Maria Martini nel suo testamento spirituale aveva parlato di una Chiesa in ritardo di due secoli. Insomma a sentire costoro, fino a poco meno di tre anni fa la Chiesa avrebbe vissuto arroccata, costruendo muri, condannando, chiudendo le porte, negando la misericordia. C’è stata sì la stagione del Concilio Vaticano II che ha finalmente cambiato il corso della storia della Chiesa, ma purtroppo i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno richiuso quelle porte che ora finalmente Francesco sta riaprendo (da notare che coloro che oggi brandiscono l’obbedienza cieca al Papa contro chiunque si azzardi a fare anche delle semplici domande, sono gli stessi che fino a ieri teorizzavano e organizzavano la disobbedienza).
Inutile ricordare che Giovanni Paolo II è stato il Papa “missionario” per eccellenza,che ovunque è andato ha invitato ad «aprire, anzi spalancare le porte a Cristo», che ha dato un contributo rilevante all’abbattimento del vero muro che esisteva tra Oriente e Occidente, che ha istituito la festa liturgica della Divina Misericordia a cui ha dedicato anche un’enciclica, che ha “inventato” le Giornale mondiali della Gioventù e gli Incontri mondiali delle famiglie; altrettanto inutile ricordare che a proposito di Concilio Vaticano II, avendovi partecipato Benedetto XVI ha qualche titolo in più di Melloni per spiegarlo, che lo stesso Benedetto ha posto in modo chiaro i termini del dialogo con il mondo islamico. È inutile ricordarlo a chi lo sa bene ma non aspettava che l'occasione di seppellire la memoria per affermare un progetto ideologico di Chiesa.
È però stupefacente notare come tanti uomini di Chiesa, tanti vescovi che pure fino a poco tempo fa parlavano in altro modo vadano dietro – in maniera più o meno esplicita – a questa lettura che nega la continuità. Da questo punto di vista il doppio Sinodo sulla famiglia è stato una palestra e il direttore della Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, autonominatosi interprete ufficiale del pensiero di papa Francesco, con il suo continuo inno alla rivoluzione in corso è certamente un caposcuola. Non per niente di tutti i temi che riguardano la situazione della famiglia, l’unico che per costoro è davvero importante è l’accesso alla comunione dei divorziati risposati, e se non fosse bastato il Sinodo ce lo hanno fatto abbondantemente capire nel dopo-Sinodo, quando si sono sprecate le interpretazioni da veri “dottori della legge”. Vale a dire: deciso che si vuole ottenere una cosa, si cercano cavilli giuridici, appigli storici, usanze pastorali per giustificarla. Ovviamente scegliendo dei particolari e omettendone altri.
L’ultimo esempio lo troviamo nel saggio del vescovo di Albano Marcello Semeraro («Il Sinodo della famiglia raccontato alla mia Chiesa») così come presentato da Vatican Insider. Cosa racconta dunque Semeraro ai suoi fedeli riguardo a coloro che si trovano in situazioni irregolari? Sostanzialmente, spiega Vatican Insider, fino all’avvento di Giovanni Paolo II nella Chiesa si procedeva già caso per caso, ammettendo quindi ai sacramenti anche i divorziati risposati nell’applicazione della «approvata prassi della Chiesa in foro interno», richiamata anche nell’ultimo Sinodo. Per foro interno si intende un processo che vede coinvolto un fedele (la sua coscienza) con un sacerdote nel sacramento della riconciliazione e della penitenza.
A conferma di questa tesi il vescovo Semeraro cita un documento del 1973 della Congregazione per la Dottrina della Fede, approvato da Paolo VI, che dice: «Per quanto riguarda l’ammissione ai sacramenti gli ordinari del luogo vogliano, da una parte, invitare all’osservanza della disciplina vigente nella Chiesa, e, dall’altra, fare in modo che i pastori delle anime abbiano una particolare sollecitudine verso coloro che vivono in una unione irregolare, applicando nella soluzione di tali casi, oltre ad altri giusti mezzi, l’approvata prassi della Chiesa in foro interno». Specifica Vatican Insider che si parla chiaramente di ammissione ai sacramenti di quanti sono in unioni irregolari: «Senza però l’aggiunta di ulteriori specificazioni o restrizioni. Chi ritenne di aggiungere la clausola dell’impegno a vivere «in piena astinenza», fino a quel momento assente, fu Giovanni Paolo II, nell’omelia per la chiusura del VI Sinodo dei vescovi (25 ottobre 1980)».
A conferma di questa tesi il vescovo Semeraro cita un documento del 1973 della Congregazione per la Dottrina della Fede, approvato da Paolo VI, che dice: «Per quanto riguarda l’ammissione ai sacramenti gli ordinari del luogo vogliano, da una parte, invitare all’osservanza della disciplina vigente nella Chiesa, e, dall’altra, fare in modo che i pastori delle anime abbiano una particolare sollecitudine verso coloro che vivono in una unione irregolare, applicando nella soluzione di tali casi, oltre ad altri giusti mezzi, l’approvata prassi della Chiesa in foro interno». Specifica Vatican Insider che si parla chiaramente di ammissione ai sacramenti di quanti sono in unioni irregolari: «Senza però l’aggiunta di ulteriori specificazioni o restrizioni. Chi ritenne di aggiungere la clausola dell’impegno a vivere «in piena astinenza», fino a quel momento assente, fu Giovanni Paolo II, nell’omelia per la chiusura del VI Sinodo dei vescovi (25 ottobre 1980)».
Il messaggio è chiaro: fino a Paolo VI la Chiesa già ammetteva alla comunione – a certe condizioni e caso per caso – i divorziati risposati. Il problema, il muro, è stato creato da Giovanni Paolo II e confermato da Benedetto XVI.
Fosse davvero così sarebbe uno scoop, neanche i padri sinodali si erano accorti che già c’era una prassi del genere approvata dal Papa fino al 1980. E infatti nessuno ha finora impugnato questo argomento. Il motivo forse sta nel fatto che nel racconto del vescovo Semeraro manca una parte della storia. Infatti alla domanda di chiarimenti da parte di alcuni vescovi sul significato della “pratica approvata in foro interno”, l'arcivescovo Jean Hamer, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, rispose il 21 marzo del 1975chiarendo così: «Vorrei affermare ora che questa frase [probata praxis Ecclesiae] dev’essere intesa nel contesto della tradizionale teologia morale. Queste coppie [cattolici che vivono in unioni coniugali irregolari] possono essere autorizzate a ricevere i sacramenti a due condizioni: che cerchino di vivere secondo le esigenze dei principi morali cristiani e che ricevano i sacramenti in chiese in cui non sono conosciute in modo da non creare alcun scandalo».
Dunque Giovanni Paolo II non ha introdotto nulla, nella fattispecie ha solo ribadito con chiarezza ciò che era già magistero della Chiesa.
Ah, questi dottori della legge….
Papa:meno persone a incontri in Vaticano
Circa tre milioni nel 2015, l'anno scorso erano stati quasi sei
(© Ansa) |
(ANSA) - ROMA, 30 DIC - Sono 3.210.860 le persone che nel 2015 hanno partecipato a incontri con il Pa
pa in Vaticano, tra udienze generali, udienze speciali, celebrazioni liturgiche e Angelus. Nel 2014 erano stati 5.916.800 nel 2013, nei primi mesi del pontificato Bergoglio, 6,6 milioni. Alle 42 udienze generali (l'anno scorso erano state 43), hanno partecipato in 704.100, alle udienze speciali in 408.760, alle celebrazioni liturgiche 513.000 e agli Angelus in 1.585.000.
Giubileo, l’effetto Anno Santo non basta: nel 2015 meno fedeli in Vaticano che nel 2014
Nel dicembre 2015 le persone agli incontri con il Pontefice in Piazza San Pietro sono state 324mila, il 30% in meno rispetto allo stesso mese del 2014. E in totale da un anno all'altro i numeri si sono dimezzati: da quasi 6 milioni a 3 milioni e 200mila. Padre Lombardi: "E' finito l'effetto novità di Bergoglio. Ma rimaniamo su cifre molto alte"
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/12/31/giubileo-leffetto-anno-santo-non-basta-nel-2015-meno-fedeli-in-vaticano-che-nel-2014/2342077/
Bastava il colpo d'occhio per capire che l'ondata di piena dei fedeli non c'era stata. I dati ufficiali forniti dal Vaticano certificano, però, che l'avvio del Giubileo ha portato addirittura un reflusso. Il numero di pellegrini che hanno partecipato agli incontri pubblici con il Papa nel mese di dicembre è infatti calato in modo sensibile rispetto allo stesso mese del 2014: meno trenta per cento, dagli oltre 461mila di un anno fa si è scesi a 324mila.
Le stime sono elaborate dalla Prefettura della casa pontificia, la struttura che si occupa dei biglietti e della registrazione di persone e comitive per gli eventi nei quali è prevista la presenza di Francesco e cioè udienze, celebrazioni liturgiche e recita dell'Angelus. Appuntamenti che si ripetono anche fuori dall'Anno Santo e che quindi permettono un'analisi confrontabile con il passato. Restano esclusi invece coloro che si mettono in coda per passare sotto alla Porta Santa, ma è lecito immaginare che gran parte dei pellegrini arrivati da fuori Roma abbiano associato il transito giubilare a uno degli incontri con il pontefice, anche perché il calendario pubblico di Bergoglio nei 31 giorni che chiudono il 2015 è stato fittissimo di impegni: 23 appuntamenti che hanno visto protagonista il Papa in diciannove diversi giorni, quindici dei quali dopo l'inizio ufficiale dell'Anno Santo, inaugurato nella basilica di San Pietro l'8 dicembre davanti a una folla che non ha superato, in quell'occasione, le cinquantamila presenze.
A pesare c'è sicuramente l'effetto terrorismo che, a poche settimane dagli attentati di Parigi, ha scoraggiato i viaggi verso i luoghi affollati e ritenuti ad alto potenziale di rischio. Un altro aspetto, però, è legato proprio alla peculiarità del Giubileo che papa Francesco nella bolla di indizione ha voluto ridefinire in chiave locale, invitando i vescovi ad aprire almeno una Porta Santa in ciascuna diocesi del mondo per sottolineare il valore universale della misericordia e per permettere di ottenere l'indulgenza anche a chi non può raggiungere Roma. Una decisione che è stata accolta con entusiasmo, a giudicare dal fatto che i varchi giubilari si sono moltiplicati oltre ogni aspettativae alle cerimonie locali hanno partecipato folle consistenti, attratte dalla novità assoluta di vedere estendere ai loro luoghi più vicini un privilegio finora riservato alle quattro basiliche papali di Roma: da San Pietro a San Giovanni in Laterano, da San Paolo fuori le Mura a Santa Maria Maggiore.
Proprio l'attenuarsi della novità nelle diocesi, insieme alla popolarità di alcuni grandi eventi come l'ostensione del corpo di Padre Pio prevista a febbraio e la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta programmata per il 4 settembre, potrebbero attirare maggiori presenze a Roma e invertire una tendenza che non si è limitata al mese di dicembre ma ha abbracciato in realtà tutto il 2015. I numeri registrati dalla Prefettura della casa pontificia, infatti, hanno rilevato che nei dodici mesi i pellegrini presenti agli incontri con il Papa sono stati in totale 3.210.860, circa il 45 per cento in meno dei 5.916.800 che erano arrivati nel 2014 e meno della metà dei 6.623.900 accorsi solo nei nove mesi del 2013 successivi all'elezione di Bergoglio al soglio di Pietro. Il 2012, ultimo anno vissuto interamente sotto il pontificato di Benedetto XVI, i fedeli erano stati invece 2.351.200.
L'effetto Giubileo non c'è: crollo di fedeli dal Papa, -30%
I dati forniti dalla Prefettura della Casa pontificia registrano un calo del 30 per cento, nonostante le celebrazioni solenni per l'Anno Santo.
Bastava il colpo d'occhio per capire che l'ondata di piena dei fedeli non c'era stata. I dati ufficiali forniti dal Vaticano certificano, però, che l'avvio del Giubileo ha portato addirittura un reflusso. Il numero di pellegrini che hanno partecipato agli incontri pubblici con il Papa nel mese di dicembre è infatti calato in modo sensibile rispetto allo stesso mese del 2014: meno trenta per cento, dagli oltre 461mila di un anno fa si è scesi a 324mila.
Le stime sono elaborate dalla Prefettura della casa pontificia, la struttura che si occupa dei biglietti e della registrazione di persone e comitive per gli eventi nei quali è prevista la presenza di Francesco e cioè udienze, celebrazioni liturgiche e recita dell'Angelus. Appuntamenti che si ripetono anche fuori dall'Anno Santo e che quindi permettono un'analisi confrontabile con il passato. Restano esclusi invece coloro che si mettono in coda per passare sotto alla Porta Santa, ma è lecito immaginare che gran parte dei pellegrini arrivati da fuori Roma abbiano associato il transito giubilare a uno degli incontri con il pontefice, anche perché il calendario pubblico di Bergoglio nei 31 giorni che chiudono il 2015 è stato fittissimo di impegni: 23 appuntamenti che hanno visto protagonista il Papa in diciannove diversi giorni, quindici dei quali dopo l'inizio ufficiale dell'Anno Santo, inaugurato nella basilica di San Pietro l'8 dicembre davanti a una folla che non ha superato, in quell'occasione, le cinquantamila presenze.
A pesare c'è sicuramente l'effetto terrorismo che, a poche settimane dagli attentati di Parigi, ha scoraggiato i viaggi verso i luoghi affollati e ritenuti ad alto potenziale di rischio. Un altro aspetto, però, è legato proprio alla peculiarità del Giubileo che papa Francesco nella bolla di indizione ha voluto ridefinire in chiave locale, invitando i vescovi ad aprire almeno una Porta Santa in ciascuna diocesi del mondo per sottolineare il valore universale della misericordia e per permettere di ottenere l'indulgenza anche a chi non può raggiungere Roma. Una decisione che è stata accolta con entusiasmo, a giudicare dal fatto che i varchi giubilari si sono moltiplicati oltre ogni aspettativae alle cerimonie locali hanno partecipato folle consistenti, attratte dalla novità assoluta di vedere estendere ai loro luoghi più vicini un privilegio finora riservato alle quattro basiliche papali di Roma: da San Pietro a San Giovanni in Laterano, da San Paolo fuori le Mura a Santa Maria Maggiore.
Proprio l'attenuarsi della novità nelle diocesi, insieme alla popolarità di alcuni grandi eventi come l'ostensione del corpo di Padre Pio prevista a febbraio e la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta programmata per il 4 settembre, potrebbero attirare maggiori presenze a Roma e invertire una tendenza che non si è limitata al mese di dicembre ma ha abbracciato in realtà tutto il 2015. I numeri registrati dalla Prefettura della casa pontificia, infatti, hanno rilevato che nei dodici mesi i pellegrini presenti agli incontri con il Papa sono stati in totale 3.210.860, circa il 45 per cento in meno dei 5.916.800 che erano arrivati nel 2014 e meno della metà dei 6.623.900 accorsi solo nei nove mesi del 2013 successivi all'elezione di Bergoglio al soglio di Pietro. Il 2012, ultimo anno vissuto interamente sotto il pontificato di Benedetto XVI, i fedeli erano stati invece 2.351.200.
Papa Francesco ai fedeli: "Oggi fa un po' freddo, eh?"
http://www.repubblica.it/vaticano/2015/12/31/news/l_effetto_giubileo_non_c_e_meno_fedeli_dal_papa_a_dicembre_rispetto_al_2014-130398731/?ref=HREA-1
Giubileo flop? Ecco i dati del Vaticano
Numeri impietosi per l'Anno Santo. A dicembre sono calati gli arrivi di pellegrini rispetto a un anno fa. Ancora forte la paura del terrorismo.
Numeri impietosi per l'Anno Santo. A dicembre sono calati gli arrivi di pellegrini rispetto a un anno fa. Ancora forte la paura del terrorismo.
Giubileo flop? Laici e cattolici se lo chiedono da tempo. Ora i dati ufficiali del Vaticano certificano che l'avvio del Giubileo è stato addirittura in negativo.
Il numero di pellegrini che hanno partecipato agli incontri pubblici con il Papa nel mese di dicembre è stato infatti inferiore del 30% rispetto allo stesso mese del 2014 passando dagli oltre 461mila di un anno fa ai 324mila.
Le stime, riportate da Repubblica, sono elaborate dalla Prefettura della casa pontificia, l'ente che si occupa della registrazione di persone e comitive per gli eventi nei quali è prevista la presenza di Francesco, Si tratta delle udienze, delle celebrazioni liturgiche e delle benedizioni dell'Angelus che si ripetono anche fuori dall'Anno Santo. Dal novero dei pellegrini sono esclusi invece coloro che passano sotto alla Porta Santa, ma molti di questi arrivati da fuori Roma hanno presumibilmente associato il transito giubilare a uno degli incontri con Papa Francesco che ha avuto un calendario pubblico fittissimo di impegni: ben 23 appuntamenti lo hanno visto protagonista nel solo mese di dicembre durante il quale il giorno dell'Immacolata (l'8) si è inaugurato l'Anno Santo davanti a cinquantamila persone. Per le celebrazioni solenni la Prefettura vaticana ha contato in tutto 108mila persone alle funzioni nel corso del mese di dicembre 2015, contro le 21mila dell'anno precedente. Solo il Giubileo delle famiglie ha richiamato a San Pietro e dintorni altre 50mila persone. Per udienze generali del mercoledì le presenze sono aumentate da 32mila a 44mila, mentre quelle speciali sono passate da 18.500 a 22mila. La recita dell'Angelus, invece, nonostante il clima più mite, ha visto accorrere solo 150mila pellegrini rispetto ai 390mila dello stesso periodo del 2014.
I motivi di questa scarsa affluenza sono principalmente due: la paura di attentati dopo i fatti di Parigi e il fatto che Papa Francesco abbia invitato i vescovi ad aprire almeno una Porta Santa in ciascuna diocesi del mondo per sottolineare il valore universale della misericordia e per permettere di ottenere l'indulgenza anche a chi non può raggiungere Roma. L'ostensione del corpo di Padre Pio prevista a febbraio e la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta programmata per il 4 settembre, potrebbero però invertire una tendenza che non si è limitata al mese di dicembre ma ha abbracciato in realtà tutto il 2015. I numeri registrati dalla Prefettura della Casa Pontificia, infatti, hanno rilevato che nell'ultimo anno i pellegrinipresenti agli incontri con il Papa sono stati 3.210.860, circa il 45% in meno contro i 5.916.800 carrivati nel 2014 e meno della metà dei 6.623.900 accorsi solo nei nove mesi del 2013 successivi all'elezione di Bergoglio al soglio di Pietro. Nel 2012, l'ultimo anno del pontificato di Benedetto XVI, i fedeli erano stati 2.351.200.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.