ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 25 dicembre 2015

Una bellezza da conservare

Così hanno ucciso il Natale: ecco le tradizioni cancellate

Dalle scuole alla famiglia, ormai il Natale ha perso il suo vero significato. Un modo per estirpare le radici della nostra cultura
“La tradizione - diceva Ezra Pound - è una bellezza da conservare, non un mazzo di catene per legarci”. Un filo rosso che lega la comunità, che unisce le persone intorno ad un sistema di valori.


Affermare che il cristianesimo non ha permeato la vita dell’Occidente è (lecitamente) sciocco, eppure quel filo rosso è stato tranciato. Di netto. con un obiettivo preciso: estirpare le radici cristiane dell’Europa e sostituirle con multiculturalismo, globalismo, buonismo.
Tra tutti i simboli della cristianità, il Natale è forse il più rappresentativo. Senza rendercene conto, abbiamo abbandonato (o ci hanno fatto abbandonare) parole, canti, emblemi e gesti dal significato cristiano. Tanto che a stento le giovani generazioni ne conservano i ricordi. Proviamo a ripercorrere le tradizioni dimenticate. E gli attacchi che gli sono stati rivolti.
L’enciclopedia Treccani la definisce come la “festa della Natività di Gesù Cristo”. Sembra scontato, ma non lo è. Per fare un esempio, il preside della scuola "Iqbal Masih" di Trieste ha affermato che “il Natale non è solo una festa cristiana”. Non solo. Nella sua ultima pubblicità, la nota casa di moda svedese "H&M" ha sostituito “merry Christmas” con “buone vacanze”. Escludendo così ogni riferimento alla natività del bambinello.
Non c’è probabilmente persona nata nel secolo scorso che non abbia seguito nella sua giovinezza un calendario d’Avvento. Circa 24 caselle da aprire una volta al giorno, dall’inizio del "tempo dell’attesa” fino al giorno di Natale. La tradizione sorge nel Nord Europa e ad inventarlo nei primi anni del 1900 sarebbe stato Gerhard Lang, proprietario di una stamperia di Monaco. La sua stampa con 24 caselle non fece altro che istituzionalizzare una pratica diffusa tra le donne del luogo per rendere più piacevole ai bambini l’attesa della nascita di Gesù. Spesso al dolcetto veniva allegata anche una frase della Bibbia.
Ebbene: sono poche, ormai, le famiglie che ne posseggono uno. Se poi lo si cerca al supermercato, è (quasi) impossibile trovarne la versione “cristiana”. Il più di moda di quest’anno raffigura “Masha e l’Orso”. Che per quanto sia un cartone apprezzabile, non ha niente a che fare col Natale.
E’ forse ridondante parlare del presepe. L’idea di posizionare in una grotta Gesù, il bue e l’asinello venne a San Francesco d’Assisi nel 1223. Che lo realizzò per la prima volta a Greccio (Rieti). Prima lo hanno bandito dai luoghi pubblici, poi dalle scuole e infine lo hanno realizzato in formato gay (due Giuseppe e in dono i preservativi). Ha creato scalpore il caso dell’asilo di Pietrasanta (Lucca) che ha deciso di escludere la rappresentazione della natività dalle aule. Ma non è un caso isolato.
Nella stessa scuola è stata fatta un’eccezione per l’albero di Natale, ammesso tra i banchi. Tra tutti il simboli, infatti, l’abete addobbato è il meno cristiano. Per questo resiste più degli altri. Per risalire alle sue origini bisogna guardare ai germani, che ornavano gli alberi cosmici con i simboli del sole e della luna in onore degli dei. Simbologia poi riletta alla luce della dottrina cristiana. Oggi, invece, le Poste Italiane lo cancellano dall’arredo natalizio asserendo a motivazioni di uniformità aziendale.
“Tu scendi dalle stelle” è ormai un canto reazionario. Composto nel dicembre 1754 a Nola dal napoletano sant'Alfonso Maria de' Liguori, è un cult delle feste natalizie. Ma quei riferimenti al Re del Cielo, alla grotta e alle preghiere sono troppo espliciti. Così il preside della scuola di Rozzano ha deciso di annullare il tradizionale concerto di Natale, trasformandolo in una più laica Festa d’Inverno. Perché “un concerto a base di canti religiosi” sarebbe stata “una provocazione pericolosa” dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre. Via anche “Adeste fideles”: troppo bigotto.
Nel tempo abbiamo detto addio alla corona d’avvento e alle quattro candele delle domeniche che precedono il Natale. L’unico a difendersi egregiamente è San Nicola di Myra (o di Bari). E’ lui il genitore di Babbo Natale. Vescovo del IV secolo, è un santo venerato sia dai cattolici che dagli ortodossi: viene rappresentato dalla tradizione con la barba lunga e la mitra in testa. Per i popoli dei Paesi Bassi era lui a portare i doni. Ora gli è rimasto solo il cappello rosso e una discreta pancia.
Rimane difficile stupirsi allora se all'istituto "Carlo Pisacane" di Roma sostituiscono il Natale con la festa antirazzismo. Stanno estirpando le nostre radici, per ripiantarne delle altre. E i preti che fanno? Annullano la Messa natalizia nell’istituto cattolico di Monza perché è un “atto di fede troppo forte” per i non credenti”.
Anche questo, a suo modo, è segno dei tempi che passano. Portare gli studenti a Messa era del tutto normale, finché qualcuno non s’è ribellato. E allora prontamente abbiamo messo la testa nella sabbia, per non infastidire nessuno. Per paura d’essere reazionari.

Ecco perché è sbagliato cancellare il Natale (anche per gli islamici)

Ripensare al 2015 significa ripensare a un anno in cui il dilagare di una guerra, militare e ideologica, ha interessato ognuno di noi

Natale, un attimo di pace. Natale, periodo di riconciliazione. Oggi come ieri, per i fedeli come per i non credenti, questo momento dell’anno va ad assumere un significato trasversale, che evade la dimensione meramente religiosa: ogni Natale le famiglie si riuniscono, le persone si ritrovano in un momento staccato e lontano dalla frenesia quotidiana e dai problemi che hanno accompagnato i mesi precedenti.
Per molti è un’occasione di riflessione e di confronto con l’anno che si sta per chiudere, con le scelte che in questo arco di tempo sono state prese o subite e con le conseguenze che esse hanno avuto sulle proprie persone e sulle proprie storie.
Ripensare al 2015 significa ripensare a un anno in cui il dilagare di una guerra, militare e ideologica, ha interessato ognuno di noi. Perché nessuno che viva nella società occidentale può essere immune dal cambiamento che questa sta subendo a seguito dell’inasprimento di uno scontro che ha visto nelle due stragi di Parigi, quella di Charlie Hebdo e del Bataclan, i suoi momenti più emblematici. Uno scontro sanguinoso dichiarato da esponenti di due diversi mondi che, in nome di due religioni considerate contrapposte, si sono posti come portavoce della totalità dei propri fedeli e hanno dichiarato di voler esportare il proprio modello di società e di vita dove esso non è ancora presente. Così, se da una parte l’Occidente ‘cristiano’ già da tempo bombarda i territori musulmani in nome del progresso, dall’altra i terroristi dell’Isis hanno portato la propria guerra in terra europea in nome di Allah.
Da una parte come dall’altra è stato invocato lo stesso messaggio: che si tratta di una guerra tra religioni, di uno scontro di civiltà tra Islam e Cristianesimo, di una battaglia tra bene e male. E questo Natale, in quanto festa cristiana, è stato da alcuni considerato come un momento per inasprire questo scontro. Generando, da una parte come dall’altra, sentimenti di rabbia, di emozione, di sfiducia, di diffidenza, di paura per il futuro.
Siamo nel pieno di un disordine che non sembra volersi arrestare. E le guerre che l’Europa in passato ha già vissuto non si sono mai concluse fino alla vittoria totale di una parte sull’altra. Interrompendosi però solo in un’occasione: proprio durante il Natale. Nel 1914, per esempio, i soldati tedeschi e inglesi che si combattevano sul fronte occidentale durante la Grande Guerra dichiararono un inufficiale ‘cessate il fuoco’, celebrando comuni cerimonie religiose e di sepoltura dei caduti. Solo lo scorso anno, invece, l’esercito ucraino intento a combattere nella città Donetsk, si è accordato con i ribelli filo-russi per una breve tregua natalizia.
E’ possibile, dunque, che anche il Natale del 2015 diventi un momento di tregua anche dello scontro di civiltà? Secondo Niyazi Oktem, professore dell’Università di Istanbul, non solo è possibile, ma strettamente necessario. Senza mai dimenticare che la diversità di religione è una delle cause principali dei conflitti internazionali, spiega, va fatto sapere che l’Islam riconosce come sacro il Natale e i suoi protagonisti. Esso, infatti, concepisce sia l’Antico sia il Nuovo Testamento come testi sacri, oltre che tutti i profeti in essi menzionati. Soprattutto la Vergine Maria e suo figlio godano di una considerazione del tutto speciale: menzionati in 100 versetti del Corano, vengono indicati come modelli di retta condotta e di verità. Per questo le celebrazioni cristiane del Natale sono un momento di pace anche per i musulmani. E per questo lo sfruttamento del Natale come occasione per attaccare i musulmani da parte occidentale - e vice versa - è un insulto a entrambe le fedi.
Abolire la celebrazione del Natale, dunque, significa cancellare il più importante punto d'incontro tra le due religioni. Ridurre o limitare le festività natalizie significa ridurre anche ciò che gli islamici considerano come sacro nel Cristianesimo. Trasformare questo Natale in uno strumento di battaglia per attaccare un’altra fede farebbe altrettanto male. Da una parte come dall’altra.
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ecco-perch-sbagliato-cancellare-natale-anche-islamici-1207152.html

Greccio, il primo presepe della storia è italiano

Per la prima volta, San Francesco d'Assisi rappresentò la natività di Gesù in una grotta vicino a Greccio (Rieti)


Lo hanno relegato in un angolo. Lo hanno chiuso in un cassetto. Messo sotto chiave negli armadietti scolastici. Hanno detto essere solo un simbolo confessionale.
Ma il presepe è anche un segno culturale. E’ parte integrante della tradizione italiana. Tradizione che abbiamo esportato in tutto il mondo.
Il primo presepe della storia, infatti, è stato realizzato in Italia. Per capire i perché della grotta, del bue e dell'asinello, siamo andati a Greccio, un piccolo centro in provincia di Rieti (Lazio). Il luogo dove venne rappresentata per la prima volta la nascita di Gesù. (guarda il video)
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Greccio, così è nato il primo presepe della storia



Per la prima volta San Francesco d'Assisi rappresentò la natività di Gesù in una grotta vicino a Greccio (Rieti). In quella notte di Natale del 1223 nasce la tradizione di realizzare il presepe con una mangiatoia, il bue e l'asinello
terzi - il giornale - Greccio, così è nato il primo presepe della storia - 1207669
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San Francesco d'Assisi arriva a Greccio nel 1209. Come d'abitudine andò ad abitare in un luogo isolato, 
da eremita, sul Monte Lacerone a qualche chilometro dal castello della città. Dopo alcuni anni di predicazione,
la popolazione del luogo comprese la santità di quell’uomo. Il castellano di Greccio, Giovanni Velita
ne divenne amico sincero, tanto da chiedergli di avvicinarsi alla città per permettere a tutti di andarlo ad ascoltare. 
La leggenda vuole che per scegliere il luogo della nuova dimora, San Francesco si affidò ad un bambino di quattro anni.
 Al quale venne fatto lanciare un tizzone di fuoco, che cadde in una località piena di grotte. Quelle stesse grotte 
al cui interno venne rappresentata la natività e che ora ricorrono in tutti i presepi del mondo.
Il desiderio di rappresentare la nascita di Gesù viene a Francesco durante un viaggio in Palestina. Quando nell’autunno del 1223 si reca a Roma da papa Onorio III, chiede al Santo Padre di poterla realizzare. Ottenuto il permesso, San Francesco torna in quella Greccio che gli “ricordava Betlemme” e disse a Giovanni Velita: “Voglio celebrare teco la notte diNatale. Scegli una grotta dove farai costruire una mangiatoia ed ivi condurrai un bove ed un asinello, e cercherai di riprodurre, per quanto è possibile la grotta di Betlemme! Questo è il mio desiderio, perché voglio vedere, almeno una volta, con i miei occhi, la nascita del Divino infante”.
E così, il 24 dicembre 1223, viene messa in scena la nascita di Gesù bambino. C'erano la grotta, il bue e l'asinello. Nessuno dei presenti prese il ruolo di Giuseppe e Maria, perché Francesco non voleva si facesse "spettacolo" della nascita di Gesù. Solo successivamente nei presepi del mondo vennero aggiunti gli altri personaggi.
Il biografo di San Francesco, Tommaso da Celano, scrisse uno dei presenti vide il bambinello di terracotta prendere vita.
Da questi momenti trae origine il tradizionale presepio, poi tramandato e esportato in tutto il mondo cristiano. A Greccio, ogni anno, viene messo in scena il ricordo di questo evento. Non un semplice presepe vivente, ma la rievocazione dei momenti che hanno spinto San Francesco a realizzare la natività di Gesù.
Le tradizioni rimangono tali solo se le si coltivano. Chiedendole in un cassetto si finisce per dimenticarle. Un simbolo che dal lontano 1223 viene esposto in tutti i luoghi d’Italia e d’Europa non può essere abbandonato con la scusa di non “offendere” le altre religioni. Oppure, ed è ancor più grave, in nome della laicità dello Stato. Il presepe è un simbolo culturale. E come tale va difeso.
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La rievocazione Storica del Primo Presepe del Mondo di Greccio, sarà rappresentata per il Natale 2015/2016 i giorni: 24 Dicembre alle ore 22.30; 26 Dicembre alle ore 17.45; 27 Dicembre alle ore 17.45; 1 Gennaio alle ore 17.45; 2 Gennaio alle ore 17.45; 3 Gennaio alle ore 17.45; 6 Gennaio alle ore 17.45

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