ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 8 maggio 2015

Salvati dal naufragio patmosiano


L’Unione Apostolica “Fides et ratio” è lieta di annunciare la prossima uscita di un libro di grande importanza per capire il momento presente in relazioe ai temi del Sinodo del prossimo mese di Ottobre. Uscirà tra circa un mese. Ne anticipiamo qui la copertina.

Contro la cremazione: cosa vi è nel corpo di così importante?

I santi delle catacombe: 

così veneravano i martiri

Sembrano re inca o augusti imperatori, ma sono santi cattolici 

ornati maestosamente dopo essere stati dimenticati per secoli


Sapevate che un giorno il sottosuolo di Roma è stato abitato da scheletri degni dei romanzi più fantastici? Potete crederci guardando queste immagini, che portano alla luce gli ornamenti lussuosi e sontuosi con cui sono stati adornati questi resti di santi cristiani.



Nel 1578 vennero scoperti dei labirinti sotto la capitale italiana. I primi a percorrerli li battezzarono “catacombe dei santi”. Questi corridoi sotterranei erano in realtà gli ultimi resti della vita dei primi cristiani della Chiesa. Per via della repressione subita alla loro epoca, sono ritenuti tra i più grandi santi della storia del cattolicesimo.



Gli scheletri vennero adornati in questo modo dopo che essere stati estratti da terra, o meglio dal sottosuolo. Ornati con le pietre più belle e ricoperti dei tessuti più sontuosi, sostituirono le sacre reliquie distrutte o rubate nelle chiese nell'ondata di saccheggi che accompagnarono la Riforma.



Questi santi delle catacombe di Roma vennero allora esposti all'interno di numerose chiese, non solo per sostituire le reliquie distrutte, ma anche per ricordare a tutti i fedeli la devozione che dovevano professare ai propri martiri.



Questi personaggi sacri suscitarono allora un miscuglio di ammirazione e timore.


Particolarmente affascinato da queste scoperte e dalla storia nascosta di queste “catacombe di santi”, lo storico dell'arte (e cercatore di reliquie) Paul Koudounaris ha viaggiato per tutta l'Europa per seguire le orme di questi santi, ed è l'autore di queste immagini.



Paul Koudounaris ha descritto il suo periplo nel libro Heavenly Bodies: Cult Treasures and Spectacular Saints from the Catacombs (Corpi celestiali: grandi tesori e santi spettacolari delle catacombe), un libro-album che raccoglie tutte le sue ricerche e i suoi risultati.


Quest'opera permette di capire chi erano, come sono morti e perché sono stati dimenticati dalla Chiesa cattolica fino al 1578.


Curiosamente, molti scheletri non sono stati esposti in chiese. Alcuni sono stati sempre conservati in attesa di essere adornati e presentati in pubblico.


Le prime catacombe vennero scavate nel I secolo d.C., fuori dall'antica muraglia. I primi cristiani rispettarono così la legge romana che obbligava a seppellire o incenerire i cadaveri all'esterno della città.


Le descrizioni realizzate da Paul Koudounaris nella sua opera danno un'idea della composizione di questi splendidi ornamenti: “Stupisce lo scheletro di una santa, vestita con un complesso intreccio di seta e di filo d'oro, le dita ornate da rubini colorati e brillanti, smeraldi e di perle marcite”. È una delle reliquie particolarmente fotografate che si può trovare nell'opera Heavenly Bodies.




“La morte non è mai sembrata così bella”, scrive Koudounaris nell'introduzione al testo.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]
http://www.aleteia.org/it/arte/articolo/santi-catacombe-cosi-primi-cristiani-venerare-martiri-5779944089059328

Perché la resurrezione dei corpi? 

Non basta la salvezza dell’anima?

Cosa vi è nel corpo di così importante?


Perché tanta enfasi sulla resurrezione dei corpi quando basta la salvezza dell’anima? Cosa vi è nel corpo di così importante?
Simone Nespolo


Risponde suor Giovanna Cheli, docente di Sacra Scrittura alla Facoltà Teologica dell'Italia Centrale
La domanda posta dal nostro lettore è fondamentalmente una domanda sull’uomo, sul senso del suo corpo e quindi della sua vita. Inoltre pare che la resurrezione dei corpi sia contrapposta alla salvezza dell’anima che è destinata alla salvezza eterna, mentre il corpo si disfa. Il corpo non sembra recettivo della salvezza quanto invece lo è l’anima. Per questo la lettrice afferma: «basta la salvezza dell’anima».

C’è da chiedersi però se è possibile davvero «salvare l’anima» senza il »corpo». Il problema della salvezza è legato a quello della morte, per cui «salvare l’anima» significa comunemente far sì che l’anima raggiunga, grazie ad una vita spesa nella bontà, la visione beatifica mentre il corpo resta sepolto e si dissolve. Ma la prospettiva che la S. Scrittura ci consegna riguardo a queste cose non è proprio questa. Prima di tutto la fede nella resurrezione della carne non è un’enfasi, ma una verità essenziale della vita cristiana. Tutta la nostra fede è fondata sulla resurrezione di Gesù che apparve agli apostoli per quaranta giorni con un corpo vivo, mangiò con loro, si fece toccare, alitò su loro e parlò con loro: «Perché siete turbati e sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le miei mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». (Lc 24,39). Non fu facile per loro riconoscerlo, segno evidente che il suo corpo aveva subito delle trasformazioni, eppure in lui gli apostoli rividero i segni della sua storia e poterono persino toccarli nella persona di Tommaso. Dunque, la resurrezione del corpo del Signore e dei nostri corpi è un elemento essenziale della vita del cristiano e della sua fede.

La morte, che sentenzia la fine di una realtà e vorrebbe gettare una luce d’inutilità su ciò che prima è esistito, non è capace di interrompere la vita dell’uomo e segna solo la fine di un certo tipo di vita, quella fisica e biologica.  Alla luce dei racconti pasquali c’è da chiedersi: i nostri corpi sono solo uno strumento per la vita terrestre, oppure il loro significato va ben oltre il tempo assegnato fisicamente a ciascuno? Se la nostra anima era presente nel nostro corpo prima della morte, perché non si può pensare, in un certo senso, che il nostro corpo dopo la morte sia presente nella nostra anima e che l’uno e l’altro si trasformino al momento del passaggio da questa vita all’altra? Se si obietta, a ragione, che dopo la morte il nostro corpo non è più quello di prima, perché non si può dire  così anche dell’anima: essa con la morte non è più quella di prima perché è privata del suo corpo fisico. Il Risorto ci ricorda che la morte, pur trasformando il corpo biologico e l’anima, non ha il potere di sopprimere la loro relazione, creata da Dio.

È riduttivo dire che con la morte l’anima si separa dal corpo ed è invece più giusto dire che la nostra vita intera si trasforma in una dimensione nuova: la nostra anima e la nostra corporeità (non biologica) continuano a crescere verso la pienezza della vita divina. Il prefazio della Messa dei defunti dice: «la vita non è tolta ma trasformata..». La Parola di Dio afferma con chiarezza che il «corpo», da noi erroneamente ridotto solo a vita fisica, sta al centro di tutta la storia della salvezza: dalla creazione, all’Incarnazione del Verbo, alla sua morte Resurrezione, Ascensione al cielo dal quale attendiamo il ritorno. Se dovessimo pensare che il corpo muore con la fine della vita fisica, tutta la storia della salvezza sarebbe scardinata. Come ci ricorda Terulliano: caro cardo salutis (la carne è il cardine della salvezza).

Dietro questa centralità c’è una precisa idea di uomo che la S. Scrittura ci offre, diversificandosi dalla filosofia greca di cui il nostro pensiero è intriso. Nell’antropologia semitica, propria dell’AT e del NT, l’uomo non si può dire composto dall’unione di due elementi distinti come l’ anima e il corpo, dal principio spirituale e da quello materiale. È vero nella Scrittura non mancano richiami ad una dicotomia antropologica, che prende campo nel momento in cui la fede ebraica o cristiana si è confrontata con il mondo greco, ma l’idea di uomo che la S. Scrittura ci presenta è unitaria. Questo non vuol dire che non si veda nell’uomo una realtà complessa e articolata, costituita da più dimensioni variamente attestate. Quindi, sebbene si parli nella Bibbia di «anima» (nefeš- psiché), di «carne» (basar- sárx), di «spirito» (ruâh-pneûma), di «corpo» (sôma), l’uomo non s’identifica mai solamente con una di queste dimensioni. Non solo, mentre noi diciamo che l’uomo ha l’anima, ha il corpo, nella S. Scrittura si afferma che l’uomo è anima, spirito, corpo e così via. Questa precisazione è essenziale per dire un’unità sostanziale della realtà umana e sebbene essa sia sottoposta alla caducità nel suo corpo, l’aspetto della corporeità non è solo un fatto biologico ed esteriore, ma appartiene alla sua dimensione profonda. Ognuno di noi è il suo corpo, come è la sua anima e la relazione tra queste componenti è intima e indissolubile, così che se l’anima nel tempo terreno è impressa nel corpo, in modo analogico, anche il corpo è impresso nell’anima. Questa relazione è unitaria e non è destinata ad estinguersi. In questo senso la resurrezione riguarda tutta la persona, colta in tutti i suoi aspetti anche quelli più fragili, come la carne. Non basta, quindi, la salvezza dell’anima, perché è semplicemente impossibile: l’anima si porta sempre dietro la reciprocità con il suo corpo, è creata così, per questo nella visione cristiana la resurrezione del corpo è fondamentale. Non si deve, infatti, dimenticare che Dio ha fatto l’uomo «a sua immagine e somiglianza» (Gen 1,26) e che il Figlio di Dio è venuto nel mondo assumendo in tutto la nostra natura umana. Così dice la lettera agli Ebrei (10, 5), dando voce a Gesù: «Tu un corpo mi hai preparato allora ho detto ecco io vengo».

Il «corpo» è il luogo del dono ricevuto e ridonato. La salvezza dell’umanità non avviene attraverso il sacrificio solo spirituale di Gesù, o l’offerta della sua anima, ma attraverso il dono del «suo corpo», come ci ricorda l’Eucarestia. Senza il corpo del Signore e il nostro corpo, Dio non potrebbe rivelare tutto il suo l’amore che, sebbene nella temporaneità, è già eterno.

Nel Verbo fatto carne (Gv1,14), il corpo diventa un bene che è in comune tra Dio e l’uomo; non è quindi una zavorra di cui liberarsi, né un mero strumento che decade con il tempo: è il nostro modo di essere, è la nostra vita.  Anche noi nel nostro corpo siamo invitati a donarci, perché il suo principio e la sua pienezza è il dono.  Infatti, il corpo che noi siamo ci è stato donato dai nostri genitori e da Dio. Il nostro essere a «sua immagine e somiglianza» ci dice anche che la corporeità dell’uomo non solo è l’apice di tutta la creazione, ma il punto di riferimento di tutta la storia della salvezza che trova il suo centro nell’Incarnazione e nella morte e resurrezione del Signore.

Dopo Lui, anche noi risorgiamo nella carne. Quindi decade il «corpo biologico», ma non si esaurisce la sostanza del nostro essere, la nostra corporeità, crocevia del dono ricevuto e del donarsi: essa è destinata a rimanere per sempre, pur essendo trasformata nel passaggio dalla terra all’eternità.

Dopo la morte, la vita così intesa cresce ancora fino alla pienezza. Ecco perché, quando Gesù Risorge mostra le sue piaghe perché sono il segno corporeo della sua opera di amore che ha travalicato il tempo e lo spazio.  Il corpo di Cristo, come il nostro, registra ogni azione di amore. Il corpo non è il rivestimento di un principio spirituale, esso stesso è permeato dallo spirito: quando moriamo, noi continuiamo ad essere vivi e fecondi (per questo i morti e i vivi pregano reciprocamente) e custodendo l’impronta di Dio, veniamo trasfigurati nel nostro corpo.  Dice Paolo: «Dio dà a ciascun seme il proprio corpo.. Così anche nella resurrezione dei corpi è seminato corruzione, risorge nell’incorruttibilità.. è seminato corpo animale risorge corpo spirituale...» (1 Cor 15,35ss). Cosa c’è nel nostro corpo di così importante? L’immagine e somiglianza di Dio che torna a risplendere chiaramente con la Resurrezione.

Le bugie sui migranti:

 più sono grandi e più è facile spacciarle per verità!

Si deve dare accoglienza e asilo ai migranti africani che sbarcano perchè da loro c'è la guerra e la fame

Ad eccezione degli schiavi imbarcati sulle negriere, deportati comunque contro la loro volontà, non ho ricordo di intere popolazioni africane emigrate negli ultimi secoli dalla loro terra natia! Ma perchè ora, tutto ad un tratto, dei  barconi, progettati e costruiti per pescare o per commerciare al di là delle nostre coste, vengono usati per far scappare interi gruppi di persone? Ma cosa è successo in questi anni?  Perchè i mezzi di informazione danno solo un orientamento "pietista" alla gente senza approfondire il problema?   

Una dei tanti

Non condivido il pensiero del Papa. 

Ha comunque valore se prendo l'Eucaristia?

Il liturgista Finotti: un fedele deve essere sempre in comunione

 con il Successore di Pietro

Pope Francis general audience St Peter's square
© neneo / Shutterstock.com

Una nostra lettrice ci chiede: «Quando non ci si sente in comunione con il Papa, perché non credo in ciò che dice e non lo riconosco come degno successore di Pietro, ha valore comunque andare a Messa? E sopratutto qual è il valore della comunione ecclesiale qualora io non mi sentissi, pur da cristiana cattolica credente e praticante "cum Petro et sub Petro"? Posso prenderla lo stesso?».  

Via un vescovo si farà un charlie?

«Macché Charlie, io sono vescovo». 

Si dimette Leonard

L'attuale primate del Belgio, monignor André-Joseph Leonard, ha raggiunto i 75 anni e ha consegnato al Papa la sua lettera di dimissioni per raggiunti limiti di età. Nominato arcivescovo di Bruxelles nel 2010 da Benedetto XVI, è conosciuto per le sue posizioni ferme su aborto, eutanasia e matrimonio. I giornali locali festeggiano, sperando che il vescovo lasci presto il suo posto, ma non è detto che questo avvenga immediatamente, il Papa, infatti, potrebbe chiedere a mons. Leonard di rimanere ancora un po' nel suo ruolo di primate.

Le ossa degli zombie


Guglielmo Tell si ribella a Roma. Il rapporto choc dei vescovi svizzeri


svizzera
Dopo i vescovi della Germania, anche quelli della Svizzera hanno pubblicato i risultati delle risposte al questionario diffuso da Roma in vista della prossima sessione del sinodo sulla famiglia.
Con una differenza. Mentre i vescovi tedeschi hanno scritto il loro rapporto in prima persona, per dire quello che loro pensano dopo aver consultato i fedeli, i vescovi svizzeri si limitano invece a riferire ciò che i fedeli hanno detto.
Non si tratta però di fedeli qualsiasi, ma dell’ossatura della Chiesa elvetica promossa dagli stessi vescovi e dal clero: operatori pastorali, catechiste e catechisti, consigli parrocchiali, associazioni femminili e maschili, gruppi e comunità, in tutto circa 6 mila persone.

I Vescovi tacciono, i lupi irrompono tra le pecore.

Inerzia dell'Episcopato Italiano


Il cardinale Bertone, quando era Segretario di Stato, sottrasse alla Conferenza Episcopale Italiana la competenza di trattare con le strutture dello Stato italiano, ma Papa Bergoglio ha tempestivamente riattivato tali competenze dei Vescovi italiani.
È pertanto incomprensibile il totale silenzio dei Vescovi a fronte dell’attivismo renziano in materia dei cosiddetti “diritti civili” dei conviventi omosessuali.
La legge che eguaglia sostanzialmente tali convivenze al matrimonio è pronta e fra giorni scade il termine per presentare gli emendamenti. La convivenza è legalizzata con estrema facilità (mentre il matrimonio deve filtrare attraverso norme più rigorose per emergere alla legalità) e ottiene tutti i privilegi dei matrimoni.
Non ci saranno più barriere perché gli omosessuali si facciano i figli con gli aiuti medici e rivendichino il diritto che hanno gli eterosessuali e i coniugi veri e propri.
La stabilità di tali convivenze non ha alcuna garanzia, è in totale arbitrio dei singoli conviventi e questo arbitrio si ripercuote con estrema durezza sui diritti dell’abitazione, sui rivendicati diritti agli alimenti e sui diritti riguardanti attività lavorative.
I Vescovi tacciono, i lupi irrompono tra le pecore, il matrimonio è irriso e avvilito, le famiglie soffrono sempre più.
Don Ennio Innocenti

Gli abortisti alzano i toni, tutti a Roma il 10 maggio

marcia 10 maggio(di Mauro Faverzani) Sono sempre più scatenati: ad ogni latitudine, ad ogni longitudine del pianeta gli attacchi alla vita si fanno sempre più feroci. Gli ultimi fuochi son giunti dagli Stati Uniti, dove, nonostante il sostegno bipartisan appena ricevuto dalla Camera dei Rappresentanti, la risoluzione a tutela della libertà religiosa è stata definita un«azzeramento del processo democratico» ed un male per le donne.
A dir questo è stato il portavoce di Hillary Clinton, candidata alla Casa Bianca per i Democratici. In realtà la risoluzione per la libertà religiosa si propone di tutelare in ambito sanitario i pro-life e le organizzazioni religiose dal devastante Atto di non-discriminazione per la salute riproduttiva, che impone ai datori di lavoro di assumere indipendentemente dalle convinzioni e dalle azioni dei candidati, nonché di dare copertura assicurativa ai dipendenti anche per le spese abortive.
Ora la risoluzione dovrà passare al Senato, ma il Presidente Obama ha anticipato il proprio veto. E la Clinton ha già dimostrato di voler proseguire sulla stessa linea. Nel frattempo, anche le multinazionali dell’aborto hanno intensificato la loro offensiva su scala planetaria: Cecile Richards, presidente di Planned Parenthood ̶ tristemente leader mondiale nel settore ̶ , lo scorso 28 aprile dalle colonne della rivista “Time”, ha suonato la carica: «Giovani donne, volete raggiungere i vostri sogni e cogliere le vostre opportunità? Spegnere una vita innocente può essere proprio ciò che fa per voi!», ha tuonato, lodando i media per l’incredibile assist fornito alla sua Fondazione, peraltro finanziata col denaro dei contribuenti, loro malgrado.
L’errore è culturale, di fondo e deriva dalla convinzione che per la vita si schierino solo i credenti. Non è così: «L’aborto è sbagliato in sé – ha scritto l’agenzia “LifeSiteNews” –, l’aborto è un atto di violenza che distrugge un essere umano durante il suo sviluppo nel grembo materno: su tale definizione possono essere tutti d’accordo, dall’ateo Christopher Hitchens al Papa. Una panoramica dei testi di embriologia in uso presso le scuole di Medicina dovrebbe bastare, per capire se il bambino che cresce in grembo sia un essere umano o meno e quindi se meriti il diritto alla vita o meno».
È proprio a partire da qui che occorre diffondere la consapevolezza di quanto il valore della vita sia universale, di come alla vita tutti possano e debbano credere, di come essa sia da tutelare senza compromessi al di là della propria fede, dei propri ideali, delle proprie convinzioni. È quel che le Marce per la Vita, promosse ormai in tutto il mondo, vogliono testimoniare.
Ed il successo da esse ovunque riscosso dimostra come la gente, tutto ciò, lo capisca eccome, nonostante gli sforzi martellanti compiuti dalle potenti lobby abortiste per farlo loro dimenticare. Poiché è vero come in campo etico siano emerse anche altre urgenze – in particolar modo,gender, eutanasia e via dicendo –, ma non è certo l’attualità a stabilire le priorità: alla base di tutto, a fondamento di tutto, al di là di ogni attualità contingente, stanno i principi non negoziabili – tra cui quello della Vita –, come ebbe già a dire nel 2006 Benedetto XVI: «Questi principi non sono verità di fede, anche se sono illuminati e confermati dalla fede; sono insiti nella natura umana e pertanto sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nella loro promozione non è quindi di carattere confessionale, ma si dirige a tutte le persone».
Il prossimo appuntamento, come noto, è a Roma per domenica 10 maggio con la V edizione della Marcia per la Vita italiana, prevista dalle ore 14 a partire dalla centralissima via della Conciliazione per giungere sino a piazza Bocca della Verità attorno alle ore 16. Moltissimi sono i pullman previsti, provenienti da tutta Italia e dall’estero, soprattutto da Polonia, Romania e Spagna, contando sul sostegno di tanti Vescovi e sul coinvolgimento di parrocchie, associazioni ecclesiali, folte rappresentanze pro-life dall’Europa e dal resto del mondo.
Mons. Livio, Melina Preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia esprime la sua più «cordiale adesione alla quinta Marcia per la Vita, che intende proclamare il “Vangelo della Vita”, di cui fu araldo intrepido e gioioso San Giovanni Paolo II. Difendendo i più piccoli, i più deboli e i più minacciati da una cultura egoistica e dello scarto, si testimonia il valore unico di ogni persona umana, dal suo concepimento alla fine naturale, e si promuove la famiglia autentica, radicata nel mistero nuziale dell’unione tra uomo e donna, fondata sul matrimonio fedele e indissolubile, aperta alla procreazione, santuario della vita e cellula primaria della società.». Parole chiare. Senza compromessi. In perfetta sintonia con lo spirito dell’ormai imminente Marcia nazionale per la Vita di Roma. (Mauro Faverzani)
MARCIA PER LA VITA: ADESIONI SIGNIFICATIVE DI CARDINALI E VESCOVI – di GIUSEPPE RUSCONI – su www.rossoporpora.org – 5 maggio 2015

Si svolgerà a Roma domenica 10 maggio, con partenza alle 14.00 da Castel Sant’Angelo, la quinta edizione della ‘Marcia per la Vita’. Tra  le numerose adesioni quelle di diversi cardinali e vescovi, non solo italiani. Al convegno internazionale di sabato 9 maggio, nella sala san Pio X,  parlerà nel pomeriggio anche il cardinale George Pell su “I genitori come migliori educatori”

Domenica 10 maggio alle 14.00 partirà da Castel Sant’Angelo – concludendosi a piazzale Bocca della Verità - la V edizione della ‘Marcia nazionale per la Vita”. La marcia - il cui comitato è presieduto da Virginia Coda Nunziante – verrà preceduta come l’anno scorso da un convegno di impronta internazionale che si svolgerà presso la Sala San Pio X in via dell’Ospedale e sarà caratterizzato nel pomeriggio (dopo la mattinata a porte chiuse, presenti un’ottantina di associazioni pro-vita di tutto il mondo) dalle relazioni del cardinale George Pell – su “I genitori migliori educatori” - e di John Henry Westen, caporedattore del noto portale LifeSiteNews, sui problemi-chiave in discussione al Sinodo della famigliaLunedì 11 maggio, poi, presso l’Università europea di via degli Aldobrandeschi si svolgerà un altro convegno – promosso dall’Università e dall’Ufficio pastorale universitaria del Vicariato di Roma – su “Leggi ingiuste e disobbedienza civile – In memoria di Mario Palmaro”.
Sono tre occasioni per riaffermare pubblicamente il valore della sacralità della vita, negato sempre più – in nome dei cosiddetti e nefasti ‘nuovi diritti’ – dalla nostra società secolarizzata, pervasa  dalla ‘cultura dello scarto’ come avverte continuamente papa Francesco.
La ‘Marcia per la vita’ italiana si tenne per la prima volta a Desenzano sul Garda nel 2011, dall’anno seguente sempre a Roma con forte partecipazione di popolo. Quest’anno, spostata al pomeriggio per favorire una partecipazione ancora maggiore e con una partenza da Castel Sant’Angelo dopo l’Angelus papale, la marcia può contare sull’adesione o l’incoraggiamento di un’ ottantina di associazioni, gruppi e movimenti, tra i quali ginecologici, ostetrici e farmacisti cattolici, l’Unitalsi, l’Ordine di Malta-Gran Priorato di Roma, l’Associazione nazionale Famiglie numerose, la Comunità Giovanni XXIII, i Giuristi per la Vita, Notizie Pro-Vita, diverse sezioni del Movimento per la Vita e di Scienza e Vita, alcuni Centri di aiuto alla Vita, Nuovi Orizzonti. L’inserto ‘Lazio Sette’ di ‘Avvenire’, nel numero di domenica 3 maggio, ha dedicato ampio spazio alla marcia, con un’intervista a Virginia Coda Nunziante.

MESSAGGI CARDINALIZI DI SOSTEGNO

La marcia è aperta per convinzione a tutti i ‘pro-life’, credenti e non credenti; come sempre non saranno permessi simboli politici. Naturalmente la presenza cattolica sarà rilevante. Lo testimoniano anche i numerosi messaggi di adesione pervenuti da vescovi di tutto il mondo. Al corteo si unirà come nelle scorse edizioni il cardinale Raymond Burke. Un pubblico sostegno alla marcia è venuto anche da alcuni suoi confratelli come il prefetto della Congregazione per i vescovi Marc Ouellet, che ha scritto tra l’altro: “Desidero esprimere il più sincero plauso per una così lodevole e proficua iniziativa. Essa assicura un’adeguata visibilità a quei movimenti di pensiero, a quelle istituzioni, nonché a quelle numerose attività che trovano nella difesa della vita un obiettivo comune da perseguire, perché sempre più insidiata da più parti con mascherata aggressività”. Rileva  il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione: “”Vedendovi così mobilitati per la protezione della vita, non posso che rallegrarmi e assicurarvi i miei incoraggiamenti e le mie preghiere. Sì, ogni vita dev’essere rispettata. E’ nostra responsabilità che essa lo sia effettivamente attraverso la difesa di leggi giuste e la solidarietà concreta con i bisognosi. Che all’inizio e alla fine della nostra azione sia sempre posta la misericordia!”. Se il cardinale Zenon Grocholewski si augura, “per questo evento tanto importante, un’adesione sempre maggiore soprattutto di tanti giovani”, su tale aspetto insiste anche l’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe: “Auspico che l’evento sia un momento di sincero confronto e di rinnovato entusiasmo per i tanti ragazzi e giovani che vi parteciperanno”. Il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi da parte sua "desidera esprimere il suo compiacimento per l'iniziativa che richiama l'opinione pubblica sul valore primario ed essenziale dell'umana esistenza". Il presule salesiano auspica che la voce di coloro che non hanno voce"possa scuotere le coscienze, commuovere i cuori, sollecitare le istituzioni in vista di un comune cammino a servizio della vita".

L’ADESIONE DEGLI ARCIVESCOVI PAGLIA E FORTE 

Molto significative anche altre adesioni come quella dell’arcivescovo Vincenzo Paglia: “Cari amici che partecipate alla V Marcia per la Vita, è con entusiasmo che vi porto il mio saluto e quello di tutto il Pontificio Consiglio per la famiglia. (…) Affidiamo questa bella Marcia a Colui che è via, verità e vita”. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto nonché segretario speciale e tra i protagonisti del Sinodo sulla famiglia, scrive da parte sua: “Possa il Signore benedire l’impegno di quanti non si stancano di annunciare alla nostra società, spesso distratta o manipolata, quanto il valore della via sia primario e assoluta e chieda la disponibilità assoluta, l’attenzione prioritaria e il coinvolgimento senza risparmio di tutti, nessuno escluso”. Mons. Livio Melina, preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II esprime la sua “più cordiale adesione alla quinta Marcia per la Vita, che intende proclamare il ‘Vangelo della Vita’, di cui fu araldo intrepido e gioioso san Giovanni Paolo II”.

CONSENSI DA DIVERSI VESCOVI ITALIANI

Tra i messaggi dei vescovi italiani ce ne sono di particolarmente calorosi, come quello di monsignor Giovan Battista Pichierri (Trani-Barletta-Bisceglie): “Leggo con piacere e con spirito di condivisione le finalità della ‘Marcia’ (…) Vi comunico che mi accingo a far pervenire a tutta la Chiesa diocesana il mio invito a prendervi parte”. Per monsignor Michele Seccia (Teramo-Atri) la ‘Marcia’ è “un momento significativo perché i cattolici impegnati facciano sentire la propria voce su questi temi”. Da Imola monsignor Tommaso Ghirelli scrive: “Abbiamo solo bisogno di un’iniezione di coraggio, non abbiamo bisogno di aggiungere parole a quelle chiarissime che i Vescovi di Roma e di tutte le parti del mondo hanno instancabilmente pronunciato da quando si è cominciato a legalizzare l’aborto. (…) Ma non basta: l’altro passo da compiere è andare in piazza, sfilare per le strade. Così ci si dichiara apertamente e ci si incoraggia a vicenda”. Da Bolzano monsignor Ivo Muser invia ai partecipanti della ‘Marcia’ la sua “beneaugurante benedizione, con l’auspicio che questa iniziativa possa portare buoni frutti”, mentre da Trieste monsignor Gianpaolo Crepaldi  loda "l'iniziativa coraggiosa e profetica, che richiama tutti ad amare e a rispettare la vita come condizione per dare espressione viva ed autentica alla nostra umanità". Concludiamo la citazione di alcuni dei messaggi inviati da vescovi italiani con Giuseppe Piemontese (Terni-Narni-Amelia): “Assicuro le mie preghiere e quelle della Chiesa affidata alle mie cure pastorali affinché l’iniziativa possa raggiungere il suo obiettivo i affermare il valore universale del diritto alla vita e il primato del bene comune sul male e sull’egoismo”.

DA LUGANO ALLE AZZORRE

Sono giunti consensi anche da diversi vescovi europei. Alcune citazioni. Se da Lugano monsignor Valerio Lazzeri augura “pieno successo alla manifestazione”, un sostegno caloroso lo danno anche dall’Austria l’arcivescovo di Salisburgo Franz Lackner, il vescovo di Linz Ludwig Schwarz, quello di Feldkirch Benno Elbs. Dalla Francia giungono messaggi dal vescovo di Grenoble-Vienne Guy de Kerimel (“Noi incominciamo a vedere le conseguenze della relativizzazione della vita umana a livello mondiale e sull’insieme della società: recrudescenza della violenza nelle relazioni umane e sviluppo della diffidenza e della paura”) e dal vescovo di Luçon Alain Castet (“Dobbiamo mobilitarci tutti affinché il crimine non sia trasformato in diritto”). Dalla Polonia aderiscono il presidente della Conferenza episcopale Stanislaw Gadecki (Poznan), il suo predecessore Jozef Michalik (Przemysl), il vescovo di Wloclawek Wieslaw Mering. Dalla Spagna notiamo il sostegno dell’arcivescovo di Bilbao Mario Iceta Gavicagogeascoa (presidente della sottocommissione episcopale per la famiglia e la difesa della vita) e dei vescovi di San Sebastian José Ignacio Munilla e di Cuenca  José Maria Yanguas. Messaggi anche da altri Paesi, come la Gran Bretagna, la Danimarca, dal Portogallo (Azzorre).  

Gaudeamus igitur ?

Il Papa, la misericordia per chi abortisce e si pente e le parole che mancano sulla sordità morale degli stati sull’aborto



Papa Francesco (foto LaPresse)
Non ho competenza nel perdono ecclesiastico, se Papa Francesco ha deciso di potenziare spiritualmente l’anno santo di misericordia affidando ai suoi preti missionari il potere di assolvere dal peccato di procurato aborto madri, padri, congiunti, operatori sanitari, è un diritto della chiesa e niente più, e in sé non è nemmeno cosa nuovissima, è un ampliamento della platea di coloro che per mandato vescovile hanno questo potere di remissione anche ordinariamente. Gaudeamus igitur, rallegriamoci.
Sono da laico preoccupato di un equivoco.

giovedì 7 maggio 2015

E continuano a scherzare..: la Consacrazione della Russia non c'é stata! *

(Card. Angelo Amato) Tra carisma e profezia.  «Quando ero segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede ho avuto il privilegio di avere tra mano e di leggere i manoscritti originali riguardanti i segreti di Fátima e il loro messaggio. Li ho meditati a lungo perché gettano una luce di fede e di speranza sui tristissimi eventi del secolo scorso e non solo». È la premessa della prolusione, di cui pubblichiamo ampi stralci, con la quale il cardinale prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi ha aperto oggi, giovedì, all’Antonianun di Roma il convegno su «Il messaggio di Fátima tra carisma e profezia». 

Piccoli sinodi pullulano

Il sinodo della chiesa di Vicenza 

Dall’ufficio di Pastorale per il Matrimonio e la Famiglia, Alla Caritas, all’Azione Cattolica (e tanti altri), tutti insieme appassionatamente per presentare il libro “L’amore omosessuale” =========

di Patrizia Fermani

zzzzlbrivtRoma chiama, la diocesi di Vicenza risponde. È’ alleato affidabile e servizievole. Da anni prepara il proprio fedele pubblico al nuovo corso del cattolicesimo, con i lussureggianti festival biblici aperti sui larghi orizzonti del pensiero debole ben rappresentato, facendo un nome a caso, da Michela Marzano. Molto significativo quello del 2013 intitolato “Fede e Libertà”, che riguardava propriamente la libertà dalla fede.
Ora la diocesi di Vicenza gioca di anticipo sul Sinodo della famiglia che qualche preoccupazione pare darla a Roma per una partita, contro l’ala conservatrice, che sembrava dovesse essere vinta già al primo tempo e forse dovrà essere giocata fino ai supplementari. Ecco allora questa alacre diocesi periferica che oltre ai festival biblici ora sponsorizza anche la pubblicazione di un libro dal titolo eloquente: ”L’amore omosessuale” (CLICCA QUI per leggere l’invito con l’elenco completo degli sponsorizzatori e dei relatori).

Niente fughe in avanti?

Il Papa e la remissione della scomunica per l’aborto. Il cardinale De Paolis: ‘Ma quel peccato non si cancella’



<MA QUEL PECCATO NON SI CANCELLA>. IL  CARDINALE: NIENTE FUGHE IN AVANTI
Articolo pubblicato sul Qn (il Giorno, la Nazione, il Resto del Carlino), edizione del 6 maggio 2015
«L’ABORTO resta un peccato, non è che il Papa ha deciso di abrogarlo. Questo va chiarito subito per evitare fraintendimenti e fughe in avanti che, in una materia delicata come la difesa della vita, non hanno alcun senso». Imbocca la via della prudenza il cardinale italiano Velasio De Paolis, classe 1935, presidente emerito della Prefettura degli affari economici della Santa Sede.

I Bergogliani

Bergogliani a parole e nei fatti 

Sorprendono, ma fino a un certo punto, i cardinali che criticano il Papa. Suona curiosa l'affermazione di Robert Sarah: "A leggere certi documenti o certe affermazioni, si potrebbe avere l'impressione che non rispetti la dottrina". Fa specie l'accusa di Raymond Leo Burke, la Chiesa sembra "una nave senza timone". Esempi che sorprendono, ma fino a un certo punto.

Tutti in fila appassionatamente..?

Comunione di massa
TUTTI IN FILA PER LA COMUNIONE... MA QUANTI SI CONFESSANO?




Sparito il senso del peccato, dimenticato il progetto di Dio sul matrimonio, abolite le parole giudizio e inferno: i risultati sono confessionali vuoti e file oceaniche per la comunione

Ladri, lupi e pazzi....


Un leader cretino può essere riconosciuto tale anche in vita,
 ma solo nel caso in cui egli abbia raggiunto il vertice dell'organizzazione e abbia avuto modo 
di arrecare il maggior danno possibile.


Questo post prende spunto da una lettera scritta da una parrocchiana, membro di un consiglio parrocchiale la quale è stata testimone di quanto descrive. Per un motivo di privacy ho tolto ogni riferimento in grado di risalire al luogo e alle persone ma i fatti riportati oltre che ad essere attuali, paiono reali. Sulla base di queste descrizioni faccio le seguenti osservazioni.

Quousque tandem?

La castità è virtù. Anche per gli omosessuali

lotto
Divorzio e omosessualità. Continuano ad essere questi i due punti più controversi, nell’intervallo tra le due sessioni del sinodo sulla famiglia.
I vescovi della Germania hanno detto in questi giorni la loro, in 17 pagine di risposta al questionario proposto da Roma come traccia di lavoro:
Ma proprio mentre il loro documento di netta rottura con la tradizione faceva il giro del mondo, mercoledì 6 maggio dall’Italia sono venuti due segnali di tutt’altro orientamento, fedelissimi questi al magistero vigente della Chiesa: l’uno, sul divorzio, dall’arcidiocesi di Milano; l’altro, sull’omosessualità, dal quotidiano della conferenza episcopale italiana “Avvenire”.