ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 21 gennaio 2016

Dialoghi ebraici ?

Dialoghi ebraici   

di Satiricus

Il tema del dialogo ebraico è affascinante quanto aperto. Prima di scrivere le poche e sciocche idee maturate sul tema nelle ultime 24 ore, permettetemi di dichiarare che ho due cari amici ebrei, di cui uno cattolico e uno no.
Socci ha scritto due articoli sul tema della visita alla Sinagoga di Roma, di cui uno mi è piaciuto e l’altro meno. Mi è piaciuto il primo articolo, in cui si cercavano punti di dialogo ebraico-cristiano nella condivisibile critica al fondamentalismo religioso e alle politiche pro-choice. Non mi è piaciuto l’articolo in cui si applaudiva l’intervento di Ruth Mereghello, secondo la quale “l’antisionismo è la forma più moderna di antisemitismo”. Ora spiegherò perché non mi è piaciuto. Faccio il nome di un terzo amico ebreo non cattolico: Gilad Atzmon. Mi è amico su Facebook, il che non è molto, ma è qualcosa. Gilad divide la sua vita tra una discreta carriera come musicista jazz e l’attività di blogger ed opinionista antisionista. Stante il discorso di Mereghello, dovremmo affermare che Gilad è antisemita. Bah, mi sembra di sentire i militanti Arcigay, quando accusano di omofobia gli omosessuali che dissentono da certe forme di militanza arcobaleno. Capite cosa voglio dire? Non sto nemmeno a dichiarare se il sottoscritto sia o non sia a favore del sionismo, ma credo che liberarsi con energia dalle opinabili politiche bergogliane, per sottomettersi ad altre politiche di dubbia plausibilità, non sia una scelta tra le più astute. Certo, se con antisionismo indichiamo esclusivamente un modo violento di opporsi al sionismo, allora sottoscrivo la frase, ma nel senso che ogni esercizio forsennato e terroristico della violenza è sinonimo di “indebita discriminazione” (il virgolettato si assuma come sinonimo quantomeno tipologico per antisemitismo). Perché? L’antisemitismo è una forma di opposizione a un carattere indelebile e personale, un carattere che identifica un popolo in quanto tale, un carattere che non si sceglie bensì si riceve: dunque non ha senso opporvisi in alcun modo o discriminare in alcuna maniera. L’antisionismo è una forma di opposizione a una opzione politica che, in quanto tale, si colloca nell’ambito della discutibilità, della contingenza, del giudizio pratico: è passibile di critiche proporzionate e misurate, di critiche e dissensi culturali, di contro-proposte sul medesimo piano del dibattito civico e partitico. Tolte queste disambiguazioni, la dichiarazione di Mereghello, lungi dall’apparire ragionevole ed universale, assume piuttosto il sapore di un diktat, una sorta di “contr’ordine compagni” da oggi tutti in schiera a difendere il sionismo. Ai fini della pace, non un diktat strumentale, ma un dialogo libero e razionale sembra quanto di più urgente. Ancora una volta, Ratisbona docet.
Ciò basti sull’oziosa questione. Secondo breve pensiero: da inutile tradizionalista quale sono, non posso non mostrare divertimento per il simpatico incontro tra Papa Francesco e un anziano ebreo romano, che senza tanti complimenti ha indicato al Pontefice un gesto di riconciliazione insospettabile: ripristinare l’antica ricorrenza liturgica della Circoncisione di Gesù (a capodanno). E così, scherzi della storia,si scopre che la Chiesa anti-semita del pre-Concilio per certi aspetti era forse meno anti-semita di quanto troppi divulgatori in poltrona amino dipingerla
A questo anziano fratello maggiore dico con gioia: carissimo amico, sappia che, grazie al coraggio di Benedetto XVI, è da vari anni che il sottoscritto ha potuto anticipare le celebrazioni dialogiche dal contesto troppo umano del 17 alle divine liturgie del 1° gennaio, Die Octavae Nativitatis Domini ~ I. classis: “In illo témpore: Postquam consummáti sunt dies octo, ut circumciderétur Puer: vocátum est nomen eius Iesus, quod vocátum est ab Angelo, priúsquam in útero conciperétur”.
http://www.campariedemaistre.com/2016/01/dialoghi-ebraici.html

ISRAELE TORTURA I BAMBINI PALESTINESI IN CARCERE

ISRAELE TORTURA I BAMBINI PALESTINESI IN CARCERE
 

Dal 2000 oltre 10 .000 bambini palestinesi sono stati arrestati dal regime di Tel Aviv. I più sfortunati vengono portati nella Stanza N°. 4 del Russian Compound

Sono circa 700 all'anno. Bambini palestinesi, di età inferiore ai 18 anni, della Cisgiordania Occupata. Vengono arrestati dall'esercito israeliano e condannati dalle corti militari israeliane. L'accusa più comune? Aver lanciato pietre, reato punibile con una pena massima di 20 anni di carcere. 

Dal 2000 oltre 10 .000 bambini palestinesi sono stati arrestati.

Oggi sono circa 7000 i minori palestinesi detenuti in 17, tra carceri israeliane e campi di detenzione. Diverse organizzazioni per i diritti umani hanno ripetutamente invitato le Nazioni Unite perché impediscano ad  Israele di arrestare e torturare bambini palestinesi, perché smetta di processarli secondo il diritto penale militare e rilasci tutti quelli detenuti illegalmente.
 
A seguito di un rapporto dell'Indipendent del novembre 2015 nel quale emergeva come il Palestinian Prisoners Club (PPC) - organizzazione per i diritti dei palestinesi detenuti - riferisse cha almeno 600 bambini palestinesi erano stati arrestati a Gerusalemme solo nella prima metà del 2015 e che circa il 40% erano stati vittime di abusi sessuali, a gennaio 2016 il giornale britannico ha realizzato un nuovo report, affermando che il governo israeliano stesse torturando i bambini, tenendoli in gabbie all'aperto durante il periodo invernale.

L' Independent ha citato un rapporto pubblicato da The Public Committee Against Torture in Israel (PCATI) in cui si afferma che "i bambini accusati di reati minori sono stati messi in gabbie, sono stati minacciati e sessualmente abusati. I processi dinanzi ai tribunali militari si sono svolti senza la presenza di un legale".

A seguito di una visita degli avvocati del Public Defender’s Office di Israele, sono venuti alla luce i dettagli scioccanti di ciò che avveniva nel centro di detenzione di Ramla.

"Durante la nostra visita, mentre una violenta tempesta di freddo colpiva lo stato, gli avvocati hanno incontrato i detenuti che hanno descritto un quadro sconvolgente: nel bel mezzo della notte, decine di loro venivano trasferiti in gabbie di ferro, costruite all'esterno della struttura carceraria".

Questa procedura si protraeva da alcuni mesi. Il rapporto afferma che questa forma di tortura a Ramla era solo una di una vasta gamma di abusi.

Il 74 % di questi bambini sperimentano violenza fisica durante l'arresto, il trasferimento e/o l'interrogatorio. Israele è l'unico governo che persegue sistematicamente  bambini palestinesi nei suoi tribunali militari, mentre "nessun bambino israeliano entra in contatto con i tribunali militari".

In un report del giugno 2013 anche  il Comitato delle Nazioni Unite sui Diritti dei Bambini (CRC) ha espresso  profonda preoccupazione per la pratica della tortura e dei maltrattamenti nei confronti dei bambini palestinesi arrestati, perseguiti e detenuti dai militari e dalla polizia israeliani.

Ha inoltre riportato "l'uso continuo di violenza fisica e verbale, umiliazioni, restrizioni dolorose, incappucciamento della testa e del viso in un sacco, minacce di morte, violenza fisica, violenza sessuale contro di loro o membri delle loro famiglie, accesso limitato ai servizi igienici, cibo ed acqua."
 
Il rapporto del CRC ha anche spiegato che l'esercito israeliano ha utilizzato più volte i  bambini palestinesi come scudi umani.
 
La maggior parte dei bambini riferiscono di essere sottoposti a maltrattamenti durante gli interrogatori, al fine di estorcere loro confessioni. I maltrattamenti includono schiaffi, percosse, calci e spintoni violenti. Gli abusi verbali sono consuetudinari. Nonostante le raccomandazioni del Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura nel maggio 2009, gli interrogatori continuano a non essere videoregistrati. 

Sempre più spesso, i soldati israeliani utilizzano minacce sessuali, incluse le minacce di stupro, per spaventare i bambini e costringerli a confessare. Nel 2009, Addameer ha documentato almeno cinque casi di bambini che hanno dichiarato di essere stati aggrediti o minacciati sessualmente durante l' arresto, il trasferimento al centro di detenzione e/o l'interrogatorio. Le aggressioni sessuali hanno diversi aspetti, incluso afferrare i testicoli di un bambino e minacciarli di stupro o sodomia con un oggetto.

Uno dei luoghi più tristemente famosi per le torture sui bambini palestinesi è la Stanza N°. 4 del Russian Compound, centro d'interrogatori di Gerusalemme. È  possibile visionare tutte le foto al seguente link.
 
Molti bambini palestinesi scontano le pene nelle stesse prigioni israeliane per gli adulti. L'Ordine Militare 1644, emesso il 29 luglio 2009, ha istituito un tribunale militare diverso per i bambini palestinesi, chiudendo i  42 anni di processi ai bambini di 12 anni negli stessi tribunali degli adulti. Tuttavia, l'ordine non è riuscito a colmare  molte delle carenze nei confronti dei bambini, tra cui  le disposizioni insufficienti per la nomina dei giudici e la mancata presenza di un avvocato durante gli interrogatori.

Mentre la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo definisce bambino "ogni essere umano con un'età inferiore a diciotto anni", secondo l'ordine militare israeliano 132 i bambini palestinesi, dai 16 anni in poi, sono stati processati e condannati da tribunali militari israeliani per adulti.

Naturalmente, gli israeliani sono considerati "bambini" fino al compimento dei 18 anni.
 
Il più giovane prigioniero al mondo, attualmente in un carcere israeliano, è Ali Alqam, 11 anni. Accusato di aver tentato di accoltellare una guardia israeliana a Gerusalemme, il 10 novembre, gravemente ferito con tre colpi all'addome, al bacino e ad una mano dall'esercito israeliano, ha subito due interventi chirurgici. È  stato ricoverato all'Haddasah Ein Kerem Hospital di Gerusalemme Ovest ammanettato al letto, nonostante fosse privo di sensi. La sua famiglia ha potuto vederlo solo una volta, per 20 minuti ed in presenza della polizia israeliana.
 
L'altro giovane prigioniero che rischia di essere condannato per tentato omicidio è Ahmad Manasra, accusato di duplice tentato omicidio. Martedì scorso è comparso dinanzi ad un tribunale militare israeliano, ma l'udienza è stata rinviata al 22 gennaio, giorno in cui Ahmad compirà 14 anni e, per la legislazione israeliana, potrà essere condannato ed andare in carcere.

Qui la sua storia
 
Fonti : Middle East Rising 
             Addameer 
            The Palestinian Information Center 

Israele getta la maschera: per noi l’ISIS non è’ un nemico

Isis Miliziani
Nel corso di una conferenza tenutasi presso l'”Istituto di Studi per la Sicurezza Nazionale” a Tel Aviv, il ministo della Difesa israeliano, Moshe Yaalon, ha dichiarato di “preferire l’ISIS rispetto al pericolo costituito dall’Iran e che Israele non considera che l’ISIS (Stato Islamico) costituisca una minaccia per Israele. L’esponente del Governo israeliano ha inoltre aggiunto che ” bisognerà sempre considerare  l’Iran quale  il principale nemico di Israele”.

Yaalon ha affermato di ritenere che l’ISIS finirà con l’essere sbaragliato, tuttavia ha dichiarato che preferirebbe vedere questo gruppo (l’ISIS) a governare la Siria che non tenere “un governo pro iraniano ” al potere a Damasco (quale il Governo di Bashar al-Assad).

La dichiarazione di Yaalon appare in realtà del tutto coerente con la politica israeliana verso la Siria, dove Israele ha appoggiato, più o meno discretamente, i gruppi terroristi, includendo il fornire asssistenza medica ai componenti di Al Qaeda (Al Nusra), ed attaccando con l’aviazione le posizioni dell’Esercito siriano e di Hezbollah.
Questa non è la prima volta che Yaalon fa delle dichiarazioni circa la non preoccupazione di Israele riguardo all’ISIS.  Già nel 2014 lo stesso ministro aveva dichiarato al Washington Post che “L’ISIS è un fenomeno nuovo che ha avuto origine da Al Qaeda. Non costituisce comunque per noi (Israele) una minaccia”.
L’ISIS da parte sua, ha sempre operato in paesi arabi e mussulmani e non ha mai fatto nulla contro Israele.
Dall’altro lato, il ministro israeliano ha riaffermato anche apertamente che la politica dello Stato di Israele continua ad essere quella di cercare di fomentare il settarismo e le differenze tra i mussulmani sunniti e sciiti, come interesse di Israele.
Yaalon ha predetto in questo senso un prossimo  “conflitto di civiltà” tra Israele ed i mondo sciita, aggiungendo che Israele deve cercare una “alleanza con i sunniti” per contrastare l’Iran e gli sciiti. “L’Iran potrebbe ottenere una bomba nucleare in modo più rapido”, ha detto il ministro.
Da considerare che Israele ha tentato senza successo di sabotare il recente accordo firmato dall’Iran con il Gruppo dei 5+1, che è entrato in vigore lo scorso Sabato. In questo senso, Yaalon ha insistito nella conosciuta retorica di Israele delle “scadenze”.
“Se l’Iran si sente economicamente sicuro, può realizzare le bombe nucleari e persino in forma più veloce”, ha segnalato. “Gli attacchi degli USA, e non quelli della Russia, sono efficaci contro l’ISIS in Siria”, secondo il ministro.
D’altra parte, Yaalon ha realizzato un’altra manifestazione tanto lontana dalla verità come quella precedente in cui ha sostenuto la scarsa efficacia degli attacchi aerei russi in Siria ed ha preferito dare credito agli USA per i colpi subiti dall’ISIS nel paese arabo. Secondo Yaalon, le Forze russe in Siria non stanno raggiungendo i loro obiettivi.
“Ci sono stati successi nella lotta contro l’ISIS, quella diretta dagli USA”, ha affermato il ministro, senza però precisare quali siano i “successi” della campagna diretta da Washington, dopo oltre un anno e mezzo da quando è iniziata.
Inoltre Yaalon si è dimostrato favorevole  all’ipotesi di un intervento nordamericano in Siria “rinforzando le forze locali come i curdi, con gli “stivali sul terreno”.


Ministro israeliano Moshe Yaalon
Ministro israeliano Moshe Yaalon

Nota: Queste dichiarazioni del Ministro Yaalon sono estremamente importanti poichèdimostrano la sostanziale complicità del governo Israeliano con i gruppi jihadisti che operano in Siria per rovesciare il governo di Assad: l’ISIS come Al Nusra (Al Qaeda in Siria) e gli altri.
Si sapeva già da molto tempo che Israele forniva “discretamente” sostegno ed appoggio logistico ai gruppi jihadisti, era noto che il governo Netanyahu favoriva l’assistenza ai miliziani di al Nusra e che provvedeva anche al ricovero dei feriti presso i suoi ospedali all’interno del territorio israeliano. Si intuiva che le frequenti incursioni aeree dell’aviazione di Tel Aviv erano dirette a proteggere i gruppi dei terroristi quando questi si trovavano in difficoltà, almeno fino all’intervento russo che ne ha scompigliato i piani.
Adesso arrivano le dichiarazioni ufficiali con cui il ministro rivela chi sia il vero nemico di Israele, non lo Stato Islamico  ma bensì  l’Iran ed il regime di Assad, che ne è lo stretto alleato in Siria. Vedi: Ya’alon: I would prefer Islamic State to Iran in Syria
Si conferma esattamente la tesi che abbiamo sempre sostenuto  noi ed altri analisti indipendenti e che per questo venivamo attaccati dai commentatori ufficiali dei media atlantisti i quali insistevano col dire che “Israele era il mortale nemico dell’ISIS” o,  come affermava Edward Lutwak (agente CIA), che “i miliziani dell’ISIS non attaccavano Israele prchè loro avrebbero timore di scontrarsi con dei veri soldati”. Una vera comica visto che Israele era uno dei loro migliori protettori assieme ad Arabia Saudita, al Qatar, alla Turchia e, naturalmente, agli Stati Uniti.
Se poi andiamo a verificare le precedenti dichiarazioni di Yaalon in cui si era espresso , in una intervista di alcuni mesi addietro con Steve Inskeep, nella edizione del mattino, del canale NPR , che  “…le frontiere del Medio Oriente sono instradate verso un cambiamento definitivo” , allora sembra chiaro che queste dichiarazioni di allora, aggiunte a quelle di oggi, rivelano che il vero piano di Israele (e degli USA) è quello della “balcanizzazione” del Medio Oriente ed in particolare della Siria e dell’Iraq, come confermato anche dai rapporti della DIA (Defence Inteligence Agency) e dalle dichiarazioni similari  di altri personaggi dell’Amministrazione USA come Joe Biden ed altri. Vedi: Il piano di “balcanizzazione” del Medio Oriente
Lo Stato Islamico o ISIS, come si voglia denominare, si conferma come lo strumento geopolitico di Israele e della strategia degli Stati Uniti che mira “in primis”  a ridisegnare i confini del Medio Oriente  (e non solo per quello) in base ai propri interessi geopolitici. Questo spiega molte cose,  dalle ambiguità della politica di Washington (il grande protettore di Israele),  alla reticenza della coalizione diretta dagli USA nel colpire i centri di comando e di autofinanziamento delll’ISIS  (traffico del petrolio),  alle complicità manifeste che abbiamo visto in molte occasioni.
Come sempre accade il tempo è galantuomo e mette a nudo le verità scomode che il velo della propaganda non riesce  più nascondere
Fonti: The Times of Israel           Al Manar
Traduzione, sintesi e nota di Luciano Lago

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