Nulla è
impossibile a Dio
La Persona divina che, in virtù del dono totale e
incessante che il Padre fa da sempre di se stesso, dall’eternità sussiste nella
Trinità santissima come Figlio, per opera dello Spirito Santo ha preso dalla
Vergine Maria un’umanità come la nostra, ma pura da qualsiasi macchia di
peccato come quella di Colei che L’ha messo al mondo. Il Santo dei Santi non
poteva assumere nulla che fosse anche solo minimamente contaminato; la Sua natura
umana è quella uscita dalle mani di Dio alle origini, così che è stato chiamato
secondo Adamo (cf. 1 Cor 15, 45.47),
mentre la Chiesa contempla in Lui il principio della nuova creazione – ovvero
il proprio stesso principio. Soltanto in Lui, quindi, conosciamo l’uomo qual è
veramente nella sua autentica identità e ne scopriamo l’altissima vocazione a
condividere, in Cristo, la vita divina.
Non è dunque con uno sguardo dal basso che possiamo
comprendere l’essere umano, né tanto meno risolvere la terribile crisi morale e
spirituale in cui si dibatte l’uomo moderno, il quale, quanto più si dimena
nella ragnatela mortale in cui le sue stesse idee lo hanno catturato, tanto più
vi si avviluppa fino allo sfinimento. È a Gesù che bisogna portarlo: ma non a
quello strano e ridicolo personaggio che gli presentano da decenni e che non
interessa più nemmeno ai bambini, bensì al Cristo reale con la Sua parola
vigorosa e la Sua esigente misericordia. Una persona sensata non sa che farsene
di qualcuno che, da un lato, ti ricorda sì che certe azioni sono peccato,
invitandoti ad essere buono, ma dall’altro ti scusa sempre e comunque perché ti
perdona anche se non sei pentito e non ne senti alcun bisogno… Perché
complicarsi la vita così? Tanto vale fare a meno della religione, specie se si
tratta di una religione che cambia precetti e dottrine ogni cinquant’anni.
Gesù:
è la forma affettuosa e familiare di un nome dal significato sovrumano. Il
Signore è salvezza: Egli stesso è Dio e, al contempo, la salvezza da Lui
concessa a chi Lo riconosce Salvatore e, con l’aiuto della Sua grazia, cambia
vita, abbandonando il cammino di prima e imboccando un nuovo sentiero, quello
dei Suoi comandamenti. Tutti e dieci quelli del Decalogo, beninteso, come da
Lui interpretati nel santo Vangelo e portati a compimento nel duplice precetto
della carità (cf. Mt 22, 36-40); come spiegati e insegnati dalla Chiesa in
duemila anni di costante Magistero guidato dallo Spirito Santo (cf. Gv 16,
13-15). L’insegnamento morale non arriva – come sostiene qualcuno – soltanto dopo l’annuncio della fede, ma va
proposto fin dall’inizio con l’annuncio stesso, dal quale è inseparabile. Che
senso avrebbe proclamare che il Figlio di Dio ha espiato i peccati degli uomini
con la morte di croce, senza identificare chiaramente i primi e spronare i
secondi a rinunciarvi?
Di fatto, oltretutto, quel dopo non arriva mai. I santi Comandamenti di Dio non sono più
insegnati; il catechismo – si ripete ai candidati in quel sistema di
indottrinamento che sono i corsi diocesani di formazione – deve essere un
gioco; a Messa bambini e ragazzi devono andare solo se ne hanno voglia. Ma quel
teatrino cui è ridotto il santo Sacrificio, al massimo, funziona fino ai dieci
anni; passata quell’età i ragazzini scappano inorriditi o, se vi rimangono
obbligati, provano a rendere più sopportabile la noia con lazzi e facezie che è
bene non sentire e tanto meno ripetere. Ciononostante i buoni catechisti,
grazie alla deformazione mentale indotta dai corsi diocesani, si affannano a
cercare nuovi modi di coinvolgerli,
industriandosi ad arricchire il teatrino di ulteriori trovate che, nelle loro intenzioni,
dovrebbero lasciarli senza fiato. Fortuna che, adesso, c’è anche il disco di
Francesco, ultima pop star del
momento…
Così questa società un tempo cristiana, priva di
guida e di luce, sprofonda inesorabilmente in una barbarie peggiore di quella
antica. Prima dell’avvento di Cristo la civiltà, sia pure afflitta dal male di
gravi errori e abusi, trasmetteva tuttavia alle nuove generazioni quanto il
lume della ragione le consentiva di riconoscere. Ora, a scuola, si insegna a
dividere i rifiuti e ci si profonde sui sistemi di riciclaggio; si direbbe che
non ci fosse di meglio da offrire ai giovani, i quali poi – giustamente – detestano
gli adulti e, nella loro invincibile diffidenza, si rinchiudono nel loro mondo
virtuale, che peraltro è fabbricato da quegli stessi adulti che, pur detestati,
funzionano da distributori di articoli di consumo. In una solitudine invalicabile
e in una realtà retta da una selvaggia legge di sopravvivenza, le speranze del
nostro futuro affogano la propria disperazione in droga, alcool, pornografia, impurità,
sregolatezza e pratiche occulte… Lo sappiamo da decenni, ma che possiamo farci?
«Non possiamo mica – mi disse una volta un genitore – tenerli sotto una campana
di vetro». Piuttosto che prendere il tempo di parlare con loro, continuate a
regalare cellulari.
Come il vecchio Diogene, anche noi, oggi, cerchiamo
l’uomo. Quello contemporaneo, nella sua torva quanto stolta autoesaltazione,
non sa più chi è; al massimo, pensa di essere un derivato della scimmia. La
parabola della civiltà moderna, dopo aver espulso Dio dalla vita e dal
pensiero, si conclude miseramente con la negazione dell’uomo stesso, in un’orgia
di nichilismo irrazionale. In un contesto simile, il Bambino che è appena
venuto al mondo va immediatamente eliminato: è un tacito rimprovero e una
minaccia inerme. Novelli Erode si accaniscono contro il presepio e quel poco
che resta di pubblico nella tradizione cristiana. Ma quell’esserino innocente e
puro, nuovo inizio della storia umana, ci tende ancora le mani sorridente,
conoscendo fin troppo bene i nostri cuori di pietra. Sarà dura risalire la
china, ma quel Piccolo è Dio – e nulla Gli è impossibile. Colei che L’ha
generato ne è la prova vivente e ce Lo porge ancora con smisurato amore,
perché, nonostante le bestemmie, ci è pur sempre Madre.
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