ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 16 febbraio 2016

Chi abbocca al Pesce?

SE LI CONOSCI LI EVITI

    Augias e Pesce: se li conosci li eviti. «Inchiesta su Gesù» un libro-intervista nel senso che Augias fa le domande e Pesce dà le risposte. Come mai non si parla mai neppure in via d'ipotesi di Gesù Cristo come Figlio di Dio? 
di Francesco Lamendola




Corrado Augias, nato a Roma nel 1935, è un giornalista scaltrito e molto noto al pubblico, poiché ha collaborato a importanti giornali nazionali, specialmente «La Repubblica», ha tenuto a lungo rubriche televisive (in particolare «Le Storie-Diario italiano», andata in onda, quotidianamente, per un decennio, dal 2003 al 2013) e, infine, ha pubblicato una quantità impressionante di libri, fra romanzi, inchieste e saggi, qualcosa come trentacinque volumi. Mauro Pesce, nato a Genova nel 1941, è un docente universitario specializzato in storia del cristianesimo, biblista e fondatore dell'Associazione italiana per lo studio del Giudaismo e del Centro interdipartimentale di studi per l'Ebraismo e il Cristianesimo; ha pubblicato una ventina di volumi, alcuni titoli dei quali possono dare un'idea del suo tipo di approccio storico-religioso: «Dio senza mediatori. Una tradizione teologica dal giudaismo al cristianesimo»; «Il cristianesimo e la sua radice ebraica»; «L'ermeneutica biblica di Galileo e le due strade della teologia cristiana»;  «Le parole dimenticate di Gesù»; e «Chi ha paura del Gesù storico?».

Insieme, essi hanno dato alle stampe un libro-intervista, nel senso che Augias fa le domande e Pesce dà le risposte, intitolato «Inchiesta su Gesù», pubblicato nel 2006 con gran battage pubblicitario e mediatico e presentato come un libro che, finalmente, quasi fosse la prima volta nella storia, fa un discorso di verità, aperto e coraggioso, su Gesù Cristo, la sua figura storica, il suo messaggio, la religione che a lui si ispira: un libro che non pretende di fare delle "rivelazioni", che non punta ad alcuna forma di scandalo, anzi, critica la superficialità del polpettone di Dan Brown «Il Codice Da Vinci»; ma poi procede citando teologi e biblisti come Han Küng e come Elaine Pagels, o come Harold Bloom (che è un critico letterario e non certo un biblista o un esperto di storia del cristianesimo) e perfino Voltaire (citato tre volte) e guardandosi bene dal richiamarsi alle massime autorità della teologia e della critica neotestamentaria di parte cattolica. Tommaso d'Aquino è citato una sola volta, e fuori contesto; Joseph Ratzinger è citato due volte, la prima per metterlo in una luce malevola (avrebbe mostrato "mancanza di delicatezza" verso i Giudei per la scelta del cardinale Lustiger, un ebreo convertito, per farsi rappresentare alla commemorazione del quarantennale della «Nostra aetate», il documento del Concilio Vaticano II che inaugurava il "disgelo" verso il Giudaismo; cosa che avrebbe tanto irritato il rabbino capo di Roma, da indurlo a disertare la cerimonia); la seconda, per fargli un processo alle intenzioni, attribuendogli scarsa propensione per il "dialogo" con il Giudaismo, inteso come riconoscimento a senso unico delle "colpe" dei cristiani, nonché una interpretazione non abbastanza giudaica, e tropo "cristiana", della figura e della predicazione di Gesù Cristo!
Sforzo costante di tutto il libro, molto ben dissimulato, è, da un lato, "recuperare" Gesù Cristo alla tradizione religiosa giudaica, senza residui e senza riserve, dall'altro, quello di offrire una chiave di lettura prevalentemente politica e sociale del suo messaggio, come una attesa della realizzazione del Regno di Dio sulla terra, in un prossimo futuro, e nella instaurazione della giustizia nei rapporti umani, insomma una "redenzione" tutta laica e immanente.
Il primo punto si avvale di una serie incessante di luoghi comuni, ulteriormente ribaditi e rafforzati, il cui nucleo è il seguente: il cristianesimo, e la Chiesa cattolica in particolare, sono sempre stati anti-giudaici; hanno sempre discriminato gli Ebrei; hanno accettato malvolentieri l'instaurazione dei "diritti dell'uomo" nella modernità, poi, la fondazione dello Stato d'Israele. In compenso, a partire dal Concilio Vaticano II, hanno incominciato a fare doverosa ammenda dei loro atteggiamenti antisemiti, delle loro responsabilità e delle loro colpe, se non altro di omissione e di silenzio", rispetto all'Olocausto; solo che queste lodevoli iniziative sono tuttora tenacemente contrastate da uno “zoccolo duro" di anti-giudaismo presente nel cuore della Chiesa, da un persistente sentimento di ostilità, o almeno di diffidenza; da una mai sopita insofferenza venata di pregiudizi, e, in particolare, dalla vecchia accusa di "deicidio" rivolta al popolo ebreo nel suo complesso.
Dell'ostilità al cristianesimo dei Giudei, nemmeno una parola; del fatto che non solo Gesù, ma anche i suoi primi apostoli, siano stati perseguitati a morte dal Sinedrio, con ogni mezzo, legale e illegale (nel caso di San Paolo, un tentativo di farlo assassinare mentre i soldati romani lo scortavano da Gerusalemme a Cesarea, perché vi fosse giudicato), nulla; del fatto che, in tutte le comunità giudaiche sparse nell'Impero romano, e specialmente  a Roma, presso gli imperatori, i Giudei si siano serviti di ogni occasione per istigare la persecuzione dello Stato contro i cristiani, ancora nulla. Nulla sul fatto che i Giudei aprirono le porte ai Persiani e, poco più tardi, agli Arabi, quando le terre cristiane del Vicino Oriente dell'Egitto sfuggirono al controllo degli imperatori bizantini; e che in più occasioni si siano resi protagonisti, in prima persona, di giganteschi massacri di cristiani, come appunto a Gerusalemme, all'epoca della conquista sassanide. Nulla anche della ferma volontà di non integrarsi, di considerare tutti i Gentili, cioè i cristiani, come massa dannata, meritevole dell'Inferno e di ogni maledizione, come peraltro raccomanda, e, anzi impone, il «Talmud»; o del fatto che i Giudei, nell'Europa medievale, esercitassero l'usura in misura tale, da attirarsi l'odio delle popolazioni, non per ragioni religiose, ma economico-sociali. Allo stesso modo, non si accenna mai a una distinzione fra anti-giudaismo e anti-semitismo; si mescolano le due cose; si tace che le riserve della Chiesa cattolica verso il giudaismo erano di natura religiosa, né avevano a che fare con l'antisemitismo razzista, tanto è vero che i Giudei convertiti al cristianesimo venivano - e vengono - accolti senza riserve nell'ambito della cristianità, con pari diritti e doveri; e che alcuni grandi santi e personaggi insigni del cristianesimo sono stati dei Giudei convertiti, dallo stesso San Paolo alla luminosa figura di Edith Stein, monaca carmelitana perita ad Auschwitz.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, in verità meno fortemente sottolineato, si sostiene che Gesù non voleva altro, in fondo, che l'instaurazione di un regno di Dio che equivalesse al regno della giustizia e della pace sulla terra, come lo voleva qualunque giudeo osservante; che il «Padre nostro» non ha alcunché d’innovativo, ma è una preghiera che qualunque giudeo osservante avrebbe potuto recitare in perfetta coscienza; che il Sermone della Montagna, evidentemente, non ha quella valenza rivoluzionaria che gli è stata attribuita, se non, appunto, in senso politico e sociale.
Citiamo qualche estratto del libro, per mostrare le tesi precostituite che gli Autori si propongono di smerciare come moneta buona, ossia come disamina serena e spassionata, storicamente oggettiva e intellettualmente "onesta", cioè scevra di pregiudizi, scegliendo quasi a caso;dal momento che tutto il libro, dal principio alla fine, è un'opera "a tesi", spacciata, però, all'opposto, per una inchiesta disinteressata, neutra, equa e imparziale (da: C. Augias-M. Pesce, "Inchiesta su Gesù. Chi era l'uomo che ha cambiato il mondo" (Milano, Mondadori, 2006):

«Il cristianesimo è un movimento sorto dopo Gesù e che, per molti versi, ne ha nascosto l'ebraicità, allontanando da lui le Chiese di oggi. Gli studi storici ne hanno dimostrato l'ebraicità, tuttavia questa conquista è spesso ignorata dai fedeli e, anche quando è conosciuta, non è percepita in tutte le sue conseguenze» (p. 23).
«Non c'è una sola idea o consuetudine, una sola delle principali iniziative di Gesù che non siano integralmente ebraiche» (p. 26).
«Forse il cristianesimo nasce addirittura nella metà del II secolo.  In quel momento portano il nome di "cristiani" quasi soltanto i non ebrei che credono in Gesù; il cristianesimo è la loro religione» (p. 201).
«Il Dio in cui Gesù mostra assoluta fiducia è il Dio ebraico che ha espresso la sua volontà nella Legge biblica. Per Gesù il cuore di questa legge sta nel Decalogo: lì Dio rivela ciò che in concreto si deve fare, su quelle norme esige assoluta obbedienza. 
Gesù aspetta l'avvento del regno di Dio che avrà luogo in due modi diversi. Quando arriverà il regno di Dio, si avrà un giudizio universale, ma anche un periodo intermedio in cui il messia regnerà e la terra sarà rinnovata: una specie di sogno utopico in cui le forze della natura diventeranno benefiche, ogni contrasto avrà fine. In seguito, questa idea del regno intermedio sembra essere rimasta solo in alcuni gruppi di seguaci, per poi essere trascurata dalla maggior parte dell'esperienza cristiana. Solo in certe correnti marginali del cristianesimo è di tanto in tanto riaffiorata nel corso dei secoli. Di ciò che Gesù ha lasciato fa quindi parte anche la smisurata speranza che il mondo possa essere redento in termini non solo teologici ma concreti, che il mondo cioè ossa davvero cambiare. Gesù era certo di questo rinnovamento e anche il grande mutamento non ebbe luogo, egli ha lasciati ai seguaci una speranza che ha continuato a incendiare il cuore degli uomini» (p. 220).

Insomma: i cristiani hanno "scippato" Gesù all'ebraismo e si sono serviti di lui per “costruire” una religione tendenzialmente anti-giudaica. Strano: avevamo sempre saputo che fu il Giudaismo a rifiutare Gesù, e che fu il Sinedrio a volerne la morte di croce. O si tratta di dettagli irrilevanti? Eppure è stato Gesù a osservare che la pietra, rifiutata dai costruttori, è diventata la pietra d'angolo. E quanto al fatto che l'aver "nascosto" l'ebraicità di Gesù (ma chi mai si è sognato di negare, o adombrare, il fatto che Gesù era ebreo?), avrebbe allontanato i cristiani da lui, dalla sua vera figura e dal suo vero messaggio, travisandolo in senso, appunto, "cristiano" (paolino? o, come azzardano gli Autori, di san'Ireneo di Lione?), come mai, allora, i Giudei lo hanno sempre percepito come estraneo e blasfemo rispetto al loro credo? Se Gesù era così "ebreo", così ligio alla Legge mosaica, perché mai i Giudei hanno voluto farlo morire? Resterebbe un mistero inspiegabile. La verità è completamente diversa: Gesù, pur essendo ebreo, predicò una Lieta Novella che andava molto al di là degli orizzonti, mentali, religiosi ed etici, del Giudaismo: «Voi avete sentito che è stato detto... ma io vi dico»: ecco il Discorso della Montagna; ecco l'essenza del cristianesimo. Che è realmente un'altra cosa, rispetto al Giudaismo. E non occorre certo aspettare la seconda metà del II secolo, cioè un secolo e mezzo dopo la morte di Gesù, per trovare i cristiani: i cristiani sono già lì, fra coloro che ascoltano le parole di Gesù.
Questo per quanto riguarda l'ebraicità di Gesù, della quale altra volta ci siamo occupati (cfr. il nostro articolo: «Gesù ebreo? No, grazie», pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 29/09/2010, e ripubblicato su «Il Corriere delle Regioni» il 09/12/2014). Per quanto riguarda la sua attesa di una "redenzione" del mondo che sarebbe avvenuta non solo in termini teologici, ma concreti, e insomma che il mondo potesse davvero cambiare, non si può non notare la disinvoltura con cui gli Autori sottintendono che un "vero" cambiamento è sempre e solo un cambiamento concreto, e che un cambiamento di tipo spirituale e morale è solo, evidentemente, e nel migliore dei casi, un "mezzo" cambiamento. Ma era questa la prospettiva di Gesù? Rispondere in senso affermativo, significa fare di Gesù un agitatore politico e sociale: interpretazione vecchia, vecchissima, anche se "rinverdita" (abusivamente) dalla sottocultura sessantottina, che voleva fare di Gesù un precursore di Ernesto Che Guevara; ma ormai non più presa sul serio quasi da alcuno studioso (semmai, da certi sedicenti teologi, progressisti e di sinistra: i cosiddetti “teologi della liberazione”). Augias e Pesce hanno preteso di offrirci una "nuova" lettura dell'uomo Gesù, ma essa è, in realtà, fatta di cascami di cose vecchie e screditate.
E infine, sommessamente, ci permettiamo di fare una piccola, indiscreta domanda: come mai non si parla mai, nel loro libro, neppure in via d'ipotesi, neppure per rispetto a un paio di miliardi e passa di abitanti del pianeta Terra, di Gesù Cristo come Figlio di Dio? Nel libro, si dà semplicemente per scontato che ciò sarebbe assurdo e indegno di una indagine seria; basta vedere come è trattato il discorso sulla paternità di Giuseppe e sulla verginità di Maria: più o meno come avrebbe potuto trattarlo un philosophe deista e anticristiano del XVIII secolo; meglio ancora: più o meno come lo ha trattato il filosofo pagano Celso, lui pure anticristiano arrabbiato, fin dal II secolo (cfr. il nostro articolo: «Gesù Cristo, as you like it, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 03/03/2015, e su «Il Corriere delle Regioni» il 04/03/2015). Tanto è vero che si cita perfino Voltaire, e sia pure per criticarne l'antisemitismo e per adoperarlo, vecchio trucco del mestiere, per negare ipocritamente la sua credibilità come storico della religione; ma intanto accreditando e passando per buona la sua idea che il Gesù storico e il Gesù della Chiesa cattolica siano due figure molto diverse tra loro.
Insomma: Augias e Pesce, se li conosci, li eviti.


Augias e Pesce: se li conosci, li eviti

di Francesco Lamendola


3 commenti:

  1. Il mercato abbonda di fantateologi che si nutrono di fuorvianza, anche e soprattutto perché le loro 'produzioni letterarie' VENDONO. I loro acquirenti sono coloro che, analogamente, hanno in odio la Chiesa cattolica.
    Se poi pensiamo che Augias è ebreo (http://radioislam.org/islam/italiano/potere/lista-ebraice.htm) abbiamo il quadro completo.
    Nessun discorso antiebraico, solo un prendere atto di un dato di realtà.
    Marisa
    Due più o due meno che differenza fanno

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  2. Augias, come tanti altri sedicenti esperti delle origini del Cristianesimo, fonda la sua "ricerca" mettendo sullo stesso piano i vangeli canonici e gli apocrifi , cioè gli scritti gnostici del III-IV secolo, al limite del II. Operazione vista svariate volte che ha avuto il suo apice mediatico con Dan Brown. Dal punto di vista scientifico basta questo a qualificare l'autore.

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  3. L'Abate Ricciotti questi soggettoni se li mangia come antipasto della colazione. Ma non c'è nemmeno bisogno di scomodare un Ricciotti per queste cosette.

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