ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 11 febbraio 2016

Cum quibus

"Qui ad Aleppo non abbiamo più nulla, ma non ci arrenderemo"

Il racconto di Padre Ibrahim. Missili jihadisti sul quartiere cristiano, a ogni ora del giorno e della notte: "Nessuno può scappare, i vivi sono sepolti assieme ai cadaveri"
"La maggior parte della gente non riesce nemmeno a pensare alla fuga: non ha soldi neanche per il cibo" (LaPresse)
Riceviamo e pubblichiamo questo racconto di Padre Ibrahim Alsabagh, francescano e parroco della cattedrale latina di Aleppo, colpita lo scorso ottobre da un attentato mentre si stava celebrando la messa vespertina.




Amici carissimi, provo a raccontare quello che stiamo vivendo qui ad Aleppo da quando è cominciata l’offensiva dell’esercito regolare per riprendere possesso dell’intera città. Nella notte tra il tre e il quattro febbraio, due missili lanciati dagli jihadisti hanno colpito la zona di Soulaymanieh-Ram, dove si trova la nostra Succursale.

Avevo appena cominciato a pensare a radunare tutti i Frati d’Aleppo in Capitolo pastorale locale, per decidere insieme se e come intensificare il nostro servizio nella zona di Soulaymanieh e di Midaan, quando ci ha raggiunto la notizia dell’accaduto. Il risultato di questi incessanti bombardamenti è sempre tragicamente lo stesso: morte e distruzione, morte di cittadini inermi e distruzione delle loro povere case. Due cristiani sono rimasti uccisi, diversi i feriti e innumerevoli le case danneggiate. Come non essere scoraggiati? Avevamo appena finito di riparare, in qualche modo, i danni provocati dai missili caduti il 12 aprile 2015 quando… ecco che nuove esplosioni arrivano a devastare ciò che con immensa fatica e sacrifici era stato risanato. La nostra chiesa di san Francesco non è stata fino a ora danneggiata significativamente, ma il tetto delle aule di catechismo invece sì: colpito è andato parzialmente distrutto. Anche le pareti sono rimaste danneggiate dalle scosse provocate dalle esplosioni e i vetri ridotti in mille frantumi.

Un missile ha colpito la nostra Succursale forandone il tetto e arrivando a distruggere sia la venerata statua della Madonna di Aleppo, che il campanile e alcuni depositi d’acqua installati di recente. La statua della Madonna ridotta a pezzi vi permette d’immaginare la misura del nostro dolore: il volto della Vergine frantumato e oltraggiato in mezzo alla strada.

Un secondo missile è caduto sulla strada antistante la Succursale, danneggiandone l’entrata e provocando la morte di due cristiani. Anche questa volta gli edifici attigui, come già accaduto più e più volte nel passato, non sono stati risparmiati.


Padre Ibrahim 
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Gli effetti dei bombardamenti per le strade di Aleppo

Ecco cosa sta accadendo nel quartiere cristiano di Midaan

I devastanti lanci di missili da parte dei gruppi jiahdisti e ribelli, come risposta all’avanzata delle forze governative e dei loro alleati, sono continuati anche nella notte tra il quattro e il cinque di febbraio. Ancora una volta, siamo stati colpiti al cuore. Le esplosioni hanno interessato il quartiere di Midaan che è zona a maggioranza cristiana. La distruzione è stata totale e i pochi  abitanti rimasti, poveretti, sono nuovamente sulla strada senza casa.

Non so se riuscite a immaginare cosa voglia dire per noi restare qui mentre anche di notte cadono, senza tregua, missili e bombe; senza sapere che cosa accadrà istante dopo istante ai nostri parrocchiani, agli amici, che cosa accadrà alla loro abitazione, che è il luogo della storia famigliare e degli affetti più forti, senza sapere se saranno ancora in vita oppure no, se lo saranno i loro figli e i loro vecchi… Un’anziana donna piangeva raccontandoci di come la gente non sapesse più come  comportarsi, quale fosse la decisione opportuna da prendere: scappare dalle case con il pericolo reale di incontrare la morte faccia a faccia per le strade oppure rimanere rintanati nelle abitazioni, con il pericolo altrettanto reale che i missili le distruggano uccidendoli? Alcune famiglie hanno deciso di pernottare al freddo all’entrata delle loro abitazioni, altri ancora nei sottoscala. Una signora che portava tra le braccia il suo bambino, ha bussato alla nostra porta chiedendo aiuto e raccontandoci delle tante persone rimaste purtroppo sotto le macerie. A nulla sono valse le sue grida di soccorso poiché  nessuno si è fatto vivo per dare una mano a quella  povera gente, nessuno ha avuto umanamente il coraggio di rispondere. I feriti così sono rimasti sepolti per ore ed ore assieme ai cadaveri.
Un missile ha colpito la nostra Succursale forandone il tetto e arrivando a distruggere sia la venerata statua della Madonna di Aleppo



Che cosa fare?

Noi però non ci arrendiamo mai. Durante la visita alle case danneggiate, accompagnati dall’ingegnere per valutare i danni e le possibili riparazioni d’emergenza, abbiamo distribuito scatole di alimentari di prima necessità e a riparare si è cominciato subito, cominciando dalle porte e dalle finestre. Chi ha avuto la casa danneggiata irreparabilmente, è stato aiutato con denaro sufficiente a prendere in affitto un’altra casa per almeno tre mesi, con possibilità di proroga… In tantissimi bussano alla nostra porta  terrorizzati,  soprattutto  famiglie  con  bambini  piccoli. La maggior parte di loro non riesce nemmeno a pensare alla fuga: occorrono infatti molti soldi per il trasporto e loro non ne hanno a sufficienza per il cibo. In questa situazione più tragica che drammatica, a noi non resta che cominciare con il ministero dell’accoglienza e dell’ascolto. Dopodiché è necessario passare immediatamente all’azione in quanto non è possibile rimandare nulla all’indomani. Immenso è il lavoro che ci aspetta, poiché immense sono le necessità in cui ci troviamo coinvolti.


Padre Ibrahim con altri membri della comunità
Ancora sul problema dell’acqua e sui prezzi proibitivi
Permane il problema immenso dell’acqua potabile, ma anche la necessità di trovare dell’aqua per la sola igiene personale. È impressionante vedere gente aggirarsi cercando dell’acqua sotto la “pioggia” dei missili. Le persone sono talmente disperate da sfidare i missili, pur di attingere acqua dai rubinetti installati lungo le strade nei pressi di pozzi. Sono ormai più di dieci giorni che non esce una goccia d’acqua dai rubinetti. Oggi per un dollaro, al cambio, occorrono 410 l.s. (lire siriane), mentre solo ieri ieri ne bastavano 400! Questo fatto fa comprendere come, di conseguenza, anche i prezzi degli alimentari aumentano di giorno in giorno. E questo accade anche per i generi di prima necessità quali pane, verdure, etc.
Una signora che ha ancora un lavoro, e quindi un’entrata mensile sicura, ci racconta di non potersi più permettere neanche un piatto di verdura ogni giorno del mese.
Gli effetti dei bombardamenti per le strade di Aleppo

“Fino a quando, Signore, ti scorderai di me? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?”
Immerso nel dolore atroce di questi giorni, sovente mi torna alla mente quel versetto del Salmo che dice: “Fino a quando, Signore, ti scorderai di me? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?” (cf. Sal 12, 2).
Le domande che non vorremmo mai sentire, alle volte affiorano spontanee in noi e nel  “piccolo gregge” rimasto ancora ad Aleppo e che è stato affidato a noi: il Signore ci ha forse abbandonato? Ma dov’è il Signore? È in questo momento che la fede viene scossa nelle sue fondamenta, sin dalle sue radici profonde. A Saul sulla via di Damasco, il Signore risorto aveva chiesto: “Perché mi perseguiti?”, lasciandoci in tal modo una conferma certa della Sua unione (comunione) con tutte le membra del Suo Corpo mistico che è la Chiesa. E parte di questo Suo Corpo siamo anche noi, cristiani perseguitati e Chiesa martoriata che vive e resiste in Aleppo. Cristo si fa prossimo come uomo dei dolori, familiare con il patire: sofferente e appeso alla croce, Egli non guarda da lontano i suoi che sono nella prova. Egli è presente in mezzo al Suo popolo aiutandolo e assistendolo attraverso la tenerezza misericordiosa dei suoi pastori. E non ci è di ostacolo né di scandalo l’enorme fatica e l’amarezza che proviamo noi pastori, davanti alle prove a cui è sottoposto ogni santo giorno  il nostro “piccolo gregge”. Questo è vero per noi frati francescani, questo è il motivo che di giorno in giorno ci fa ridecidere di rimanere qui.

di Ibrahim Alsabagh | 11 Febbraio 2016 ore 14:51

L’arcivescovo di Aleppo contro i presuli europei: “Davanti alla minaccia islamista fanno i politicamente corretti”

Mons. Jeanbart: “Tra lo Stato islamico e il governo, la scelta è ovvia. Non vogliamo una teocrazia sunnita. Dovete aprire gli occhi”
Mons. Jean-Clément Jeanbart, arcivescovo greco-melkita cattolico di Aleppo
Roma. L’arcivescovo greco-melkita cattolico di Aleppo, mons. Jean-Clément Jeanbart, ha scelto l’uditorio di Nancy, in Francia, per biasimare il silenzio dei vescovi europei dinanzi alla persecuzione dei cristiani in corso nel vicino oriente. Invitato nei giorni scorsi a intervenire a un evento organizzato dalla sezione locale della fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla chiesa che soffre”, a precisa domanda sul comportamento dei presuli d’oltralpe su quanto sta accadendo in Siria e Iraq, Jeanbart ha detto che “se la Conferenza episcopale francese si fosse fidata di più di noi, sarebbe stata meglio informata. Perché i vostri vescovi stanno in silenzio su una minaccia che oggi riguarda anche voi?”. La risposta è semplice, ha proseguito il presule di Aleppo: “Perché i vescovi fanno i politicamente corretti. Ma Gesù non è mai stato politicamente corretto!
La responsabilità di un vescovo è di insegnare, di usare la propria influenza per trasmettere la verità. Perché i vostri vescovi hanno paura di parlare? Certamente sarebbero criticati, ma avrebbero l’opportunità di difendere se stessi e questa verità. Dobbiamo ricordare che il silenzio, a volte, è segno di acquiescenza”.

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Le parole di mons. Jeanbart rendono palese, ancora una volta, la spaccatura profonda che c’è tra il clero del vicino oriente e quello occidentale a proposito della denuncia e delle conseguenti risposte da dare all’avanzata delle milizie califfali tra la Siria e l’Iraq. Solo un paio di settimane fa, il Patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssif III Younan, lamentava – rispondendo a una domanda di questo giornale – il “poco coraggio” manifestato da “qualche uomo occidentale, civile o ecclesiastico” nel denunciare il “genocidio in atto”. Il fatto che il presule di Aleppo abbia attaccato la Conferenza episcopale francese fa ancora più rumore, se si considera che uno dei suoi principali esponenti, il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, era stato il primo presule occidentale a recarsi – nell’estate del 2014 – a Erbil, in Kurdistan, portando solidarietà ai profughi costretti ad abbandonare le proprie case e i propri beni nelle città e nei villaggi della piana di Ninive. Mons. Jeanbart ha criticato apertamente anche le politiche migratorie adottate dai paesi europei: “Aprite gli occhi, non avete visto cosa è accaduto a Parigi?”, ha detto prima di chiedere aiuto: “Non posso stare a guardare mentre le nostre chiese bimillenarie scompaiono. Preferisco morire che vedere ciò”.

Media Occidentali a corto di verità sulla Siria

Convoglio della croce rossa in Siria
di Finian Cunningham
I mass media occidentali l’hanno fatto di nuovo – hanno raccontato spudorate bugie e mezze verità su città siriane prive di cibo, che sarebbero state liberate dall’assedio. False immagini di bambini emaciati vengono pubblicate per rafforzare la loro narrazione fraudolenta.
Prendete l’immagine della bambina denutrita che la BBC e il giornale britannico Independent hanno affermato provenire dalla città di Madaya. E’ venuto fuori che la ragazzina è del sud del Libano. Il suo nome è Marianna Mazeh. La foto pubblicata diffusamente questa settimana dai media occidentali è di tre anni fa, e nel frattempo gli stessi media continuano ad affermare che sarebbe un’abitante della città siriana di Madaya, di cui la stampa occidentale dice che sarebbe assediata e subirebbe un blocco da parte delle forze governative del Presidente Bashar al-Assad.
E’ emerso anche che i familiari di Marianna si siano infuriati per il fatto che la sua immagine disperata venga fatta circolare a scopo di propaganda. “Vivo a Tayr Filsey [Libano meridionale], non a Madaya, e sto bene,” ha detto la ragazzina all’agenzia di stampa Al Manar. Lei adesso ha sette anni e si è completamente ripresa da quella condizione. La ragione della sua malattia di allora non è chiara.
Ma ciò che è chiaro è che i media occidentali, sono stati colti – ancora una volta – nell’atto di falsificare la realtà riguardo alle città assediate, e ora liberate, in Siria.
La televisione di Stato BBC ci racconta che ci sono circa 400.000 persone trattenute in una quindicina di città assediate in Siria. La BBC ed altri media occidentali definiscono questi luoghi come “controllati dai ribelli”, e tramite una sequenza di spudorate menzogne o di mezze verità, lasciano intendere che queste località sarebbero assediate dall’esercito siriano, sostenuto dalla milizia di Hezbollah e dall’aeronautica russa.
Di tanto in tanto, i media occidentali, lasciano trapelare qualcosa, come quando il New York Times questa settimana ha raccontato di “persone colpite mentre tentavano di fuggire” dalle città assediate. Queste persone vengono uccise – dai cosiddetti ribelli, che tengono in ostaggio gli abitanti di queste città, ma il NY Times ha omesso questo particolare.
La mezza verità che i media occidentali non dicono è che molte città in Siria sono state, e ancora sono sotto il controllo di milizie mercenarie sostenute dall’estero. Questi sono terroristi, non “ribelli”, appartenenti a gruppi quali il cosiddetto Stato Islamico (o Daesh), il Fronte al Nusra e Jaish al-Islam. Tutti questi gruppi hanno sposato una visione distorta e corrotta dell’Islam, che prescrive che chiunque si opponga a loro può essere decapitato e i loro figli stuprati.
I media occidentali riferiscono che le forze del “regime siriano” avrebbero messo sotto assedio le città usando la fame come arma contro i loro abitanti. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità.
Le popolazioni sono state trattenute in ostaggio da gruppi terroristici e usate come “scudi umani” per impedire che l’avanzata dell’esercito siriano liberi tutti coloro che vengono trattenuti contro la propria volontà.
Questa settimana, le città assediate di cui si è parlato sono Madaya, vicina a Damasco, la capitale, e le località di Kefraya e Foua, a nord del paese. Ma le stesse situazioni di assedio e liberazione finale si sono precedentemente ripetute in molte altre città e paesi come Zabadani, Kessab, Adra, Homs e Maloula.
In tutti i casi gli abitanti hanno accolto a braccia aperte come “liberatori” i soldati dell’esercito siriano – grati di essere stati liberati dall’incubo della prigionia sotto i mercenari stranieri. Le loro condizioni di denutrizione e la generale brutalità non erano dovute al supposto assedio da parte delle forze governative siriane, come affermano i media occidentali, ma piuttosto, erano una diretta conseguenza del sequestro di massa a cui erano sottoposti da parte dei mercenari.
Il Dott. Declan Hayes, un attivista per la pace irlandese, ha riferito a chi scrive come sia stato testimone della liberazione di Maloula nei pressi dei confini col Libano nel 2014.
“Era la domenica di Pasqua, il 24 aprile, quando siamo entrati nella città con le forze armate siriane. Era stata tenuta sotto sequestro dai mercenari per tanti mesi. Siamo stati accolti da bambini in festa, che sventolavano bandiere, da Cristiani e Musulmani, vecchi e giovani. L’atmosfera era euforica,” ha raccontato Hayes.
“Avresti dovuto vedere la distruzione di Maloula per crederci. Tutto era stato raso al suolo dai mercenari che la occupavano. Le persone erano ancora in stato di shock per le brutalità a cui erano state sottoposte. Decapitazioni, sparatorie, sequestri, stupri. C’erano graffiti sui muri scritti dai cosiddetti jihadisti che dicevano ‘Ci avviciniamo a Dio tagliando le teste dei nostri nemici’.”
Questi sono gli stessi mercenari che i governi occidentali e i loro mezzi d’informazione presentano come “ribelli“. Come per l’assedio di Madaya e di altre città, che si sono conclusi questa settimana, i media occidentali hanno confezionato una narrativa secondo la quale anche Maloula fosse sotto assedio da parte dell’esercito siriano.
Naturalmente, i motivi per cui l’Occidente li presenta come “ribelli” e non “terroristi” dipende dal fatto che i terroristi sono sostenuti dai governi occidentali e dai loro alleati regionali in Arabia Saudita, Qatar e Turchia.Mezze verità vengono inventate perché la verità intera è una scioccante esposizione della vera natura criminale dei governi occidentali, e di come questi abbiano sponsorizzato una guerra sotto copertura in Siria per portare avanti il loro piano illegittimo di “regime change” contro l’amministrazione Assad.
Il Dott Hayes dice che c’è un metodo clinico nella follia in cui le comunità e le città siriane sono state fatte sprofondare. L’obiettivo è la distruzione del tessuto ricco e pluralista della società e della cultura siriane.
“Maloula è uno dei primi insediamenti cristiani al mondo. Le persone lì parlano un Aramaico che data ai tempi di Gesù,” ci ha spiegato Hayes. “Ma la comunità da quelle parti comprende anche Musulmani, Sunniti, Sciiti, Alawiti, Drusi ed altre fedi. Hanno vissuto pacificamente assieme per secoli. Maloula è la quintessenza della società siriana nel suo insieme. E’ un esempio di coesistenza pluralista e pacifica.”
Ciò che i mercenari sostenuti dall’estero hanno tentato di fare sin dall’esplosione del conflitto nel marzo 2011 è stata la distruzione del mosaico della società siriana, brutalizzandone le comunità e tentando di sconvolgerla mediante divisioni settarie.
Hayes è convinto che le brigate mercenarie che hanno seminato distruzione in Siria negli ultimi cinque anni siano state indirizzate dai servizi di informazione occidentali, la statunitense CIA e il britannico MI6, assieme al servizio di informazioni turco. “Il comando e il controllo di questi terroristi è fuori dalla Siria. I terroristi seguono un piano demoniaco, ma deliberato finalizzato alla distruzione della società.”
I mezzi d’informazione occidentale forniscono il braccio della propaganda all’assalto terroristico in Siria. Un paese è stato portato ad un soffio dalla totale demolizione, dalla sua trasformazione in uno Stato fallito, come molti altri paesi in cui le potenze occidentali hanno illegalmente interferito per “portare la democrazia”.
L’intervento militare russo alla fine di settembre ha trattenuto la Siria sul ciglio del burrone. Ed è l’aviazione russa, assieme alle forze di terra dell’esercito siriano, di Hezbollah e dell’Iran che ora stanno costringendo i terroristi alla resa. Per questo motivo si sta assistendo alla fine di così tanti assedi.
Diffondendo ulteriori menzogne, i media occidentali stanno cercando ora di raccontare al loro pubblico che “il malvagio regime di Assad” sta (inspiegabilmente) cedendo a un moto d’animo, e consente l’arrivo di convogli umanitari per soccorrere le popolazioni affamate.
La pura e semplice verità è che le persone in Siria sono tenute sotto assedio dai terroristi organizzati dall’Occidente.
Un assedio di un altro genere viene imposto alle menti del pubblico occidentale dai suoi mass media; il nutrimento che viene negato, è quello della verità.
Traduzione in Italiano a cura di Mario B. per SakerItalia.it
http://www.controinformazione.info/media-occidentali-a-corto-di-verita-sulla-siria/#
scaglione

Assedio, su Aleppo la fabbrica delle balle

Forse non lo sapevate ma in questi ultimi giorni, e solo in questi ultimi giorni, il mondo delle persone perbene, di coloro che hanno a cuore la libertà, è angosciato dall’assedio di Aleppo. Il che è un po’ curioso, perché Aleppo è sotto assedio da tre anni e mezzo
DI FULVIO SCAGLIONE - 11 FEBBRAIO 2016
  
L’assedio di Aleppo. Forse non lo sapevate ma in questi ultimi giorni, e solo in questi ultimi giorni, il mondo delle persone perbene, di coloro che hanno a cuore la libertà, è angosciato dall’assedio di Aleppo. Il che è un po’ curioso, perché Aleppo è sotto assedio da tre anni e mezzo. Guardate la cartina qui pubblicata: raffigura la situazione di Aleppo dal 2012 fino a un mese fa. Com’è facile notare, il verde circonda su tre lati il rosso. E il verde erano le forze dei ribelli. Che quindi per tre anni e mezzo hanno stretto la città in una morsa aperto solo verso Sud. Un assedio quasi perfetto.
assedio Aleppo
Come hanno vissuto i siriani di Aleppo, quelli rimasti nei quartieri controllati dal Governo e dalle truppe di Assad? Le testimonianze non mancano. Bombe sulle scuole e sugli ospedali. Missili sui palazzi. Niente acqua. Niente elettricità. Pochissimo carburante, e a carissimo prezzo, per riscaldare le case d’inverno. Un sacco di morti civili, perché i missili cadevano dove cadevano. Insomma, le cose che succedono durante un assedio. Quando, nel 2014, lanciò l’appello “Salviamo Aleppo”, la Comunità di Sant’Egidio scrisse cose come questa: “La gente non può uscire dalla città accerchiata dall’opposizione, tra cui fondamentalisti intransigenti e sanguinari”. Oppure: “ C’è l’orribile ricatto dell’acqua che i gruppi jihadisti tolgono alla città. È una guerra terribile e la morte viene da ogni parte. Passando per tunnel sotterranei, si fanno esplodere palazzi “nemici” “. E lo diceva Sant’Egidio, che non aveva mai lesinato le critiche anche verso Assad. Insomma, pochi dubbi: era un assedio.
Assedio o non assedio?
Riascoltiamo che cosa ha raccontato a Repubblica padre Rodrigo Miranda, cileno, missionario del Verbo Incarnato, parroco ad ALeppo dal 2011 al 2015: “”Era mezzogiorno, l’ora di punta, quando sono caduti i tre missili. L’università era piena e molte persone erano in strada. Quando è caduto il primo missile ho iniziato ad aiutare le persone che avevo davanti a me. Poi mentre stavo correndo verso l’università per aiutare gli altri, ho visto il secondo missile che arrivava. Ho cercato di rifugiarmi tra un muro e alcune auto. Ho sentito un rumore, uno strano silenzio, e poi il disastro. È stato un massacro”. Morirono centinaia di giovani, colpiti dai missili dei ribelli. Come spesso avviene quando si è sotto assedio.
Altre testimonianze, di quelle con nome e cognome e la foto, non quelle anonime (“mi dice il taxista”) che vanno di moda nei giornali, le ho raccolte per Famiglia Cristiana in un recente viaggio in Siria. Gli uomini e le donne morte perché colpite dai missili mentre andavano a raccogliere un po’ d’acqua dai camioncini che girano per distribuirla. La bomba, per fortuna inesplosa, sulla parrocchia mentre vengono celebrate le prime comunioni. I rapimenti. I cecchini. I morti. I feriti. Fino all’ultima voce, quella di fra Ibrahim Faltas, francescano, che si trova ad Aleppo il giorno in cui il quartiere cristiano è colpito da cinque missili a cui è agganciata una bombola di gas Gpl, per aumentare la forza esplosiva. Che dire? È un assedio.
A Natale fra Ibrahim Sabbagh, parroco della chiesa di San Francesco ad Aleppo, ancora mi diceva: “In pochi giorni sul solo quartiere di Khalidiya gli islamisti hanno sparato più di 500 razzi. Ci sono stati morti, feriti, case distrutte. Da trentacinque giorni siamo senz’acqua, l’elettricità va e viene, manca il riscaldamento. E quest’anno il freddo è arrivato anche prima del solito. Ero qui anche a Natale dell’anno scorso e devo ammettere che vedo crescere nei cuori l’amarezza, e la sofferenza farsi più profonda». Ma nessuno parlava di assedio.
E avanti così per tre anni e mezzo. Nel silenzio delle Merkel, dei Kerry e della quasi totalità dei politici di presunta buona volontà. E i profughi? È una pagina terribile, le colonne di gente disperata che muove verso la Turchia straziano l’anima. Ma non è una pagina inedita: dei 2 milioni di abitanti che aveva Aleppo prima della guerra, almeno la metà se n’è andata. Molti di loro verso Sud, verso Damasco, e magari di lì in Libano nella speranza di scappare poi anche più lontano, il più lontano possibile. Ma quei profughi, a quanto pare, colpivano meno, non facevano parlare di emergenza umanitaria come avviene adesso. D’altra parte, mica era un assedio, allora, quello di Aleppo.
I profughi di adesso scappano verso un confine, quello con la Turchia, che è improvvisamente diventato impenetrabile, a meno che l’Europa non molli altri miliardi a Erdogan e soci. Ma è impenetrabile solo per i profughi. Perché gli islamisti in fuga davanti a siriani, Hezbollah, iraniani e curdi, possono attraversarlo senza problemi. Così come per anni l’hanno attraversato in senso inverso i foreign fighters e i rifornimenti per i jihadisti che stringevano in una morsa Aleppo. Ma già, quello non era un assedio.

L’aspirante sultano e la Divisione Aeroportata russa, che succederà?

Moon of Alabama, 9 febbraio 2016700x350c50L’operazione siriana contro i terroristi eterodiretti continua con l’aiuto di Russia, Iran e altre forze alleate. L’operazione ha lo scopo di eliminare tutti i terroristi e loro alleati, come richiesto dalla risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. “La reiterata richiesta della risoluzione 2249 (2015) agli Stati membri è impedire e reprimere il terrorismo, in particolare dello Stato Islamico in Iraq e Levante (SIIL, noto anche come Daash), al-Nusra (ANF) e tutti gli altri individui, gruppi, imprese ed entità associate ad al-Qaida e SIIL, e altri gruppi terroristici, (…) e sradicarne il santuario che hanno creato”. Gli Stati Uniti per ora sembrano aderire alla risoluzione e permettere a Siria e Russia di fare ciò che devono. Ma vi sono altri che hanno investito sulla Siria più dell’amministrazione Obama. Lo scopo immediato delle forze siriane è chiudere il confine con la Turchia e liberare Aleppo dai jihadisti. 6000 soldati dall’Iran sono arrivati a sostenere l’operazione. Una grande operazione è prevista nei prossimi mesi. Ma sauditi, qatarioti, turchi e israeliani vogliono combattere il governo siriano fino all’ultimo ribelle siriano e mercenario straniero. Non rinunciano a sogni ed ingenti investimenti fatti per abbattere la Siria. Gruppi di terroristi sono stati appena richiamati ad Ankara per ricevere nuovi ordini. I sauditi avanzano l’offerta infida d’inviare truppe a combattere in Siria. Probabilmente è solo una copertura per incitare altri ad invadere il Paese. La Turchia è la candidata più probabile. Qui un giornalista turco, fervente seguace e portavoce di Erdogan, avanza la folle tesi che l’autodifesa della Turchia richieda di attaccare la Siria e gli alleati russi e iraniani: “La guerra di Teheran e Mosca contro questo Paese è una guerra contro Ankara. Questi due Paesi in realtà combattono direttamente la Turchia. Non vi è più alcun modo di nasconderlo. … La Turchia deve intervenire direttamente sulla questione siriana. Azione militare inclusa. Se Iran e Russia possono entrare in questo Paese con pretesti inconsistenti, se possono bombardare anche un puntino del nostro confine, se possono deportare i civili siriani in Turchia e attaccare la Turchia dalla Siria, allora la Turchia ha di gran lunga più ragione e diritto di loro. Nessuno vorrebbe una guerra aperta. Nessuno vorrebbe una guerra tra Russia e Iran e Turchia. Nemmeno l’avrebbero desiderato. Ma questa volta è molto grave. Se un passo non viene fatto oggi, ci accingeremo a combattere in condizioni più severe in futuro. Non esiste una cosa come il regime siriano o l’amministrazione di Damasco. Il Paese è stato ricreato e questa situazione chiaramente minaccia direttamente la Turchia e ci si aspetta che rimaniamo in silenzio accettandolo! Quale Paese può arrendersi a una cosa del genere? Vi è una minaccia, la condizione fisica e la ragione legale per intervenire”. Follie simili sono scritte dai clown della propaganda sionista sui principali quotidiani degli Stati Uniti L’assedio non ancora attuato a migliaia di terroristi di al-Qaida/al-Nusra e forse a circa 40000 civili ostaggi degli insorti in parti di Aleppo viene usato per invocare l’attacco degli Stati Uniti contro le forze siriane e russe. Dal Washington Post: “Operando sotto l’ombrello della NATO, gli Stati Uniti potrebbero utilizzare mezzi aeronavali nella regione per creare una no-fly zone da Aleppo al confine turco e chiarire che impedirà il continuo bombardamento di civili e rifugiati da qualsiasi parte, anche ai russi. Si potrebbe utilizzare la no-fly zone per tenere aperto il corridoio con la Turchia e utilizzare i propri mezzi per fornire a città e sfollati nella regione assistenza umanitaria. Se russi e siriani cercano di evitare la protezione umanitaria e il rifornimento della città, dovrebbero affrontarne le conseguenze militari”.
German Chancellor Angela Merkel visits TurkeyUna mappa pubblicata lo scorso venerdì da La Repubblica, senza ulteriori spiegazioni, mostra l’invasione turca della parte settentrionale della Siria, attualmente occupata dallo Stato Islamico. Tale operazione consentirebbe di tenere aperte le comunicazioni tra Turchia e Stato Islamico, minacciate dai piani di attacco curdi e russi sulla stessa area per eliminare la presenza dello SIIL. Tale linea di comunicazione è importante. Lo scorso anno la comunità d’intelligence degli Stati Uniti dichiarò che vi erano circa 20000 jihadisti stranieri di SIIL, Jabhat al-Nusra e altri gruppi terroristici in Siria e Iraq. Nella testimonianza al Congresso di oggi (.pdf) il direttore dell’intelligence nazionale James Clapper parla di 38000. La Turchia afferma che ha chiuso le frontiere ai combattenti stranieri che vanno in Siria e Iraq. Se è così, come hanno fatto questi altri 18000 jihadisti stranieri ad entrare in Siria e in Iraq? Sono caduti dal cielo? I terroristi dello SIIL difficilmente vi sono stati aviotrasportati. Le truppe aeroportate russe atterrerebbero, piuttosto, se la Turchia dovesse fare qualcosa di stupido. La Russia ha già avvertito di aver osservato i preparativi dei turchi per l’invasione, ed ha lanciato un’esercitazione improvvisa con le truppe aviotrasportate e l’aviazione da trasporto militare nel Comando meridionale. La 56.ma Brigata d’Assalto Aereo della Guardia e la 7.ma Divisione Aerotrasportata della Guardia, a Kamyshin e Novorossijsk, sono state allertate. Sono unità d’élite che presero parte alle guerre cecene. L’anno scorso una Brigata Aeroportata della Difesa Aerea russa eseguì un’esercitazione a sorpresa. Queste forze, oltre a ulteriori unità aeree russe, probabilmente reagiranno all’invasione turca della Siria. Combatterebbero sul territorio siriano, non turco, e polverizzerebbero qualsiasi forza d’invasione turca di medie dimensioni.
Erdogan ricatta l’Unione europea con la minaccia d’inviare centinaia di migliaia di profughi. Non si capisce il motivo per cui l’Unione europea, e in particolare la cancelliera tedesca Merkel, lo permettano. Se l’UE, o anche la sola Germania, usassero le valvole economiche disponibili sulla Turchia, la sua economia urlerebbe di dolore. Un avvertimento ai turisti tedeschi a non recarsi in Turchia per il pericolo di attentati costerebbe alla Turchia miliardi di entrate all’anno. Anche avvertimenti sul credito alle banche turche sovraesposte sarebbero possibili; le linee di credito all’esportazione potrebbero essere ridotte, e le importazioni agricole dalla Turchia finire sotto più stretti controlli. In un anno la Turchia perderebbe almeno il 10% del PIL. Ma UE e Merkel non sembrano ricordarsi di essere derise dall’aspirante sultano ottomano. Gli Stati Uniti hanno solo snobbato la Turchia dichiarando che non ritengono la curdo-siriana YPG un’organizzazione terroristica. La Turchia ha convocato l’ambasciatore degli Stati Uniti sulla questione. Erdogan sembra fuori di sé. Ora è il fattore dei più incalcolabili futuri sviluppi in Siria. Ma se dovesse invadere la Siria non potrà contare su NATO e Stati Uniti. Cosa combinerà?Russian-war-exerciseTraduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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