Helvetia magistra vitae. Per scoprire come andrà a finire la saga sulla stepchild adoption in Italia – tanto dibattuta in queste ore al Senato - andiamo a vedere cosa è successo al di là delle Alpi. Dunque, fino al 12 gennaio scorso la Svizzera aveva detto sì alle unioni civili omosessuali, ma aveva detto no alla possibilità dell’adozione da parte di queste coppie gay. Esattamente ciò che chiedono anche tanti politici sedicenti cattolici nostrani.
Ma d’ora in poi le regole potrebbero cambiare. La Commissione degli Affari giuridici del Consiglio degli Stati, esprimendosi su un disegno di legge di modifica del diritto di adozione, ha aperto alla stepchild adoption sia per le persone omosessuali unite civilmente, sia per i gay ed eterosessuali che convivono di fatto. Il puntello usato è quello che anche da noi è stato usato per impedire che venga tolta la stepchild adoption dalla Cirinnà: il supremo interesse del bambino. «La revisione del diritto in materia di adozione», tengono a precisare quelli della Commissione degli affari giuridici – intende porre al centro della decisione d’adozione il benessere del bambino. Poco importa che una montagna di studi scientifici abbiano provato al di là di ogni ragionevole dubbio che l’inserimento del bambino all’interno di una relazione omosessuale intacca e non favorisce il benessere del minore.
L’obiettivo di avere l’adozione del figliastro deve poi essere lucrato ad ogni costo e così si propone addirittura di rendere meno rigorosa la pratica dell’adozione: «alcune condizioni di adozione», continua la nota della Commissione, «possono essere tralasciate se ciò si impone nell’interesse del bambino. L’età minima dei genitori adottivi è ridotta da 35 a 28 anni». Poi si aggiunge: «la posizione del bambino è rafforzata in quanto la legge riprende l’obbligo di sentire il bambino prima dell’adozione, indipendentemente dalla sua capacità di discernimento». L’indicazione appare paradossale perché contraddittoria: si afferma che la volontà del minore ha valore giuridico anche qualora egli sia incapace di intendere e volere, sicuri del fatto che se il bambino è cresciuto per molto tempo con Mario e Franco non potrà che essere legato affettivamente a costoro e quindi vorrà continuare a vivere con questa coppia.
Il copione seguito in Svizzera potrebbe ripetersi anche all’interno dei nostri confini. Se per ipotesi il ddl Cirinnà venisse varato senza art. 5, articolo che prevede appunto la stepchild adoption, questa potrebbe rientrare dalla finestra grazie alla complicità di un giudice nazionale o europeo. Anche in terra elvetica come abbiamo visto le coppie omosessuali unite civilmente all’inizio non potevano adottare, ma è bastato l’intervento di una commissione parlamentare, proprio quando si rimetteva mano alla materia delle adozioni, per introdurre la stepchild adoption. L’occasione fa l’uomo ladro di sani principi.
Ciò accadrà anche nel Bel Paese perché la legge sulle Unioni civili tende di suo all’adozione gay. In altri termini è connaturata alla ratio della legge Cirinnà la facoltà per i partner della coppia omosessuale di diventare genitori, proprio perché le Unioni civili prevedono la piena equiparazione tra uniti civilmente e coniugi, così come attesa il comma 4 dell’art. 3: «le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso”. È insito quindi nel dna di questo disegno di legge il riconoscimento del diritto di adozione. L’unico modo perciò per evitare la stepchild adoption sarebbe quello di evitare in toto il ddl Cirinnà. Perché potete ammansire un leone quanto volete, ma alla prima occasione il suo istinto predatorio tornerà a galla e azzannerà la preda.
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