Papa Francesco: "Perché i bambini soffrono? Non so dare una spiegazione"
In una delle risposte alle lettere ricevute dai più piccoli (e raccolte in un libro) Bergoglio si pone l'interrogativo più difficile per un fedele
Se potessi fare un miracolo "io guarirei i bambini. Non sono riuscito ancora a capire perché i bambini soffrano. Per me è un mistero. Non so dare una spiegazione. Mi interrogo su questo. Prego su questa domanda: perché i bambini soffrono? È il mio cuore che si pone la domanda. Gesù ha pianto e piangendo ha capito i nostri drammi. Io cerco di capire. Se potessi fare un miracolo, guarirei tutti i bambini".
È una delle risposte che Papa Francesco dà alle lettere che gli sono arrivate dai bimbi di tutto il mondo, raccolte nel libroL'amore prima del mondo (Rizzoli), di cui il Corriere della Sera pubblica un'anticipazione. Nel libro, curato da padre Antonio Spadaro, Bergoglio affronta questione teologiche spiegandole ai più piccoli ed accenna anche alla sua infanzia: "Mi piaceva stare insieme con altri bambini, giocare, fare la ronda, ma anche ballare le nostre danze tipiche dell'Argentina", dice il Papa che poi esorta: "La gente che non può esprimere allegria sta sempre seria. Ballate, voi che siete bambini, così non sarete troppo seri quando sarete grandi!".
A un piccolo australiano che ha perso la mamma dice: "Sta in cielo bella, splendida, piena di luce". E a un bambino cinese che gli scrive del calcio, il Papa risponde: "Si gioca bene al calcio quando si gioca insieme, quando si fa gioco di squadra e si cerca il bene di tutti senza pensare al bene personale o a mettersi in mostra. Cosi' dovrebbe essere anche nella Chiesa".(ANSA)
Dalla Salvifici doloris
(Giovanni Paolo II - 11 febbraio 1984)
Si può, tuttavia, premettere che quasi sempre ciascuno entra nella sofferenza con una protesta tipicamente umana e con la domanda del suo "perché". Ciascuno si chiede il senso della sofferenza e cerca una risposta a questa domanda al suo livello umano. Certamente pone più volte questa domanda anche a Dio, come la pone a Cristo. Inoltre, egli non può non notare che colui, al quale pone la sua domanda, soffre lui stesso e vuole rispondergli dalla croce, dal centro della sua propria sofferenza. Tuttavia, a volte c'è bisogno di tempo, persino di un lungo tempo, perché questa risposta cominci ad essere internamente percepibile. Cristo, infatti, non risponde direttamente e non risponde in astratto a questo interrogativo umano circa il senso della sofferenza. L'uomo ode la sua risposta salvifica man mano che egli stesso diventa partecipe delle sofferenze di Cristo.
La risposta che giunge mediante tale partecipazione, lungo la strada dell'incontro interiore col Maestro, è a sua volta qualcosa di più della sola risposta astratta all'interrogativo sul senso della sofferenza. Questa è, infatti, soprattutto una chiamata. E' una vocazione. Cristo non spiega in astratto le ragioni della sofferenza, ma prima di tutto dice: "Seguimi!". Vieni! Prendi parte con la tua sofferenza a quest'opera di salvezza del mondo, che si compie per mezzo della mia sofferenza! Per mezzo della mia croce. Man mano che l'uomo prende la sua croce, unendosi spiritualmente alla croce di Cristo, si rivela davanti a lui il senso salvifico della sofferenza.
L'uomo non scopre questo senso al suo livello umano, ma al livello della sofferenza di Cristo. Al tempo stesso, però, da questo livello di Cristo, quel senso salvifico della sofferenza scende a livello dell'uomo e diventa, in qualche modo, la sua risposta personale. E allora l'uomo trova nella sua sofferenza la pace interiore e perfino la gioia spirituale.
Di tale gioia parla l'Apostolo nella lettera ai Colossesi: "Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi". Fonte di gioia diventa il superamento del senso d'inutilità della sofferenza, sensazione che a volte è radicata molto fortemente nell'umana sofferenza.
Questa non solo consuma l'uomo dentro se stesso, ma sembra renderlo un peso per gli altri. L'uomo si sente condannato a ricevere aiuto e assistenza dagli altri e, in pari tempo, sembra a se stesso inutile.
La scoperta del senso salvifico della sofferenza in unione con Cristo trasforma questa sensazione deprimente. La fede nella partecipazione alle sofferenze di Cristo porta in sé la certezza interiore che l'uomo sofferente "completa quello che manca ai patimenti di Cristo"; che nella dimensione spirituale dell'opera della redenzione serve, come Cristo, alla salvezza dei suoi fratelli e sorelle. Non solo quindi è utile agli altri, ma per di più adempie un servizio insostituibile. Nel corpo di Cristo, che incessantemente cresce dalla croce del Redentore, proprio la sofferenza, permeata dallo spirito del sacrificio di Cristo, è l'insostituibile mediatrice e autrice dei beni, indispensabili per la salvezza del mondo. E' essa, più di ogni altra cosa, a fare strada alla grazia che trasforma le anime umane. Essa, più di ogni altra cosa, rende presenti nella storia dell'umanità le forze della redenzione.
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