ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 5 febbraio 2016

Fuori dal coro

Dopo il Family Day. La lezione del "marxista ratzingeriano"

vacca
Tra le numerose prese di posizione riguardo al " Family Day" del 30 gennaio contro l'incombente legalizzazione in Italia delle unioni omosessuali con connessi "diritti" di adozione, ce n'è una che si è distinta su tutte: per l'autore, per il campo progressista e marxista da cui proviene e più ancora per le cose dette.
È l'intervista al "Corriere della Sera" del 3 febbraio del professor Giuseppe Vacca, presidente dell'Istituto Gramsci, un intellettuale di cui Settimo Cielo e www.chiesa hanno già segnalato a suo tempo il singolare percorso:
Non resta che leggerla, l'intervista, per valutarne l'originalità. In essa il professor Vacca fa tra l'altro rimando a un'altra intervista da lui definita "molto bella": quella del cardinale Camillo Ruini al "Corriere della Sera" del 31 gennaio, a Family Day da poco concluso:
*
VACCA: "LA SINISTRA RISCHIA LA DERIVA NICHILISTA"
Intervista a Giuseppe Vacca a cura di Massimo Rebotti
Giuseppe Vacca è un filosofo marxista, una vita nel Partito comunista italiano e nelle sue successive declinazioni, fino al Partito democratico di cui è uno degli intellettuali più autorevoli. Nel 2012, insieme ad altre figure di riferimento della sinistra, come Mario Tronti e Pietro Barcellona, firma un documento sull’"emergenza antropologica": si sostiene che esistono "valori non negoziabili" e si apprezza l’impegno della Chiesa, allora di Benedetto XVI, per difenderli. Ai firmatari viene affibbiata l’etichetta di "marxisti ratzingeriani".
Qualche anno dopo questi temi sono al centro del dibattito sulle unioni civili. Il professor Vacca ha seguito con attenzione sia il Family Day che le iniziative a favore del disegno di legge Cirinnà.
D. – Cosa pensa di chi dice che le piazze contro le unioni civili sono reazionarie?
R. – Definire il Family Day reazionario è assolutamente improprio. Su come regolare le questioni della vita non si può applicare la coppia progresso-reazione. Quella folla esprime un modo di vedere la famiglia che appartiene a una vasta parte della società italiana.
D. – Si sente equidistante?
R. – No. Io penso che sia un bene che la legge sulle unioni civili passi. Ma si deve risolvere il nodo della "stepchild adoption": trovo fondate le osservazioni di chi dice che può essere un modo surrettizio per introdurre la maternità surrogata, l’utero in affitto.
D. – Hanno quindi ragione i manifestanti del Family Day?
R. – Sul punto sì, il problema c’è. Così come penso che non sia necessario declinare al plurale la famiglia, che è una. Detto questo, è necessario riconoscere le unioni civili.
D. – C’è un clima da fronti contrapposti?
R. – Direi di no. Al netto delle sigle politiche che si sono aggiunte, penso che entrambe le piazze fossero dialoganti. Chiunque giochi alla contrapposizione, sbaglia.
D. – Un passo avanti rispetto ad altri «scontri» tra laici e cattolici?
R. – Sì, il confronto è più maturo rispetto ai tempi dell’aborto o del divorzio. Basta guardare l’intervista, molto bella, che il cardinale Ruini ha rilasciato al "Corriere" quando ha detto che non c’è una sola modernità.
D. – A proposito di modernità: lei ha parlato di un’"emergenza antropologica".
R. – È un’epoca in cui ci sentiamo sottoposti a varie minacce, il discrimine tra il naturale e l’artificiale si mescola, non ci sono solo “magnifiche sorti e progressive”. È una deriva per cui, come diceva la signora Thatcher, la società non esiste ma esistono solo gli individui.
D. – C’entra con le unioni civili?
R. – Come si fa a dire, per esempio, che avere un figlio è un diritto? Come si può pensare di declinare tutto nella chiave della libertà individuale, come se ciò che accade prescindesse dal modo in cui si compongono le volontà e le coscienze dei gruppi umani?.
D. – Sbaglia la sinistra a fare dei diritti individuali il fulcro della sua azione politica?
R. – Assolutamente sì. La sinistra subisce una deriva nichilista, in termini marxisti la definiremmo spontaneista.
D. – Cioè?
R. – Non è più capace di grandi visioni sul mondo, dalle guerre ai conflitti economici. Assolve mediamente i suoi compiti nazionali, ma sui grandi scenari mostra un impoverimento culturale che genera analisi povere. Negli anni Settanta laici e cattolici hanno fatto la più bella riforma del diritto di famiglia. E dopo? Di fronte a quello che cambia su questi temi, la sinistra non ha più niente da dire? Penso al referendum sulla fecondazione assistita, quando tutto è stato ridotto a uno scontro tra fede e scienza. Insomma, il professor Veronesi è un grande medico, ma non è uno statista...
D. – La piazza cattolica le è sembrata più consapevole dei "grandi scenari"?
R. – Lì si è manifestato un denominatore comune, la nostra civiltà cristiana. È una grande eredità.Settimo Cielo di Sandro Magister 05 feb
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/02/05/family-day-la-lezione-del-marxista-ratzingeriano/

Riflessioni fuori dal coro sui cosiddetti “diritti civili” – Prima Parte

Giovedì, Febbraio 4th, 2016 di Federico Michielan  -
Oltre gli slogan a senso unico degli organi mainstream
Il matrimonio gay e la deriva prometeica che lo Stato
non può concedersi. Ecco perché… 
di Federico Michielan

 Oltre gli slogan a senso unico degli organi mainstream                            
Roma – Sui cd “diritti civili”, da anni ormai si riscontra una generale assenza di argomentazioni ragionate. Si preferiscono gli slogan, le aggressioni, le mutue offese. Ritengo, dunque, essenziale dare un contributo che vada in direzione opposta rispetto al mainstream: sono giorni che in tv si vedono solo spot a favore delle istanze delle associazioni gay, in tutte le trasmissioni, forse si salvano solo le previsioni del tempo. Cantanti, presentatori, attori, tutti si preoccupano di dire la loro, ovviamente in un’unica direzione. E’ un assedio, una lotta impari, nonostante sia intervenuto pure il Papa, che ovviamente in questi casi viene zittito in nome della laicità dagli stessi che lo esaltavano quando parlava di immigrati o di povertà.
 L'uso delle parole                                                                                              
Uno dei mali del nostro tempo riguarda l’uso di termini al di fuori del loro contesto, travisandone e modificandone artificiosamente il significato. Nel titolo parlo di “cosiddetti” “diritti civili”. Perché “cosiddetti”? Perché l’espressione di cui sopra è una delle tante che ha perduto il significato suo proprio. I diritti civili sono quei diritti che attengono all’individuo in quanto tale, che gli appartengono in modo innato, che qualsiasi organizzazione deve riconoscergli e impedire che vengano in qualche modo mutilati. Ciascuno, quindi, indipendentemente dalle proprie caratteristiche psicofisiche e dalle proprie idee deve essere in grado diesercitare pienamente questi diritti, senza limitazioni di sorta. Esempio perfetto di quanto appena detto è l’art. 2 della Costituzione italiana, che riporto: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. In questo articolo si parla anche di doveri, concetto che tornerà più avanti.
 Intorno al diritto di voto                                                                                   
Un esempio concreto? Il diritto di voto, nei Paesi occidentali, è universale, cioè appannaggio di tutti (escludendo i minori e gli interdetti o condannati per alcuni reati). Fino al 1945 in Italia non potevano votare le donne, mentre negli USA, fino al 1965, non potevano votare i neri! In questi casi un “diritto civile”, cioè il voto, c’era per alcuni e per altri, a motivo di alcune loro caratteristiche fisiche, no. Le donne e i neri hanno richiesto a gran voce di essere ammessi a questo diritto, e dopo decenni di battaglie sono riusciti ad ottenerlo. Quindi, ricapitolando, c’era un istituto/diritto che alcuni non potevano esercitare a motivo di una legge che lo vietava loro. Con il Voting Rights Act, ad esempio, il diritto di voto è semplicemente stato esteso alla popolazione di colore residente negli Stati Uniti.
 L'unico vero obiettivo delle associazioni gay in questo momento            
Se siamo tutti d’accordo con quanto detto sopra, possiamo subito capire che l’espressione “diritti civili”, applicata alle rivendicazioni delle associazioni omosessualinon calza: vi risulta infatti che ci siano leggi che vietano a un gay, in quanto tale, di esercitare qualche diritto? Un gay non può votare? Non può essere eletto a qualche carica pubblica? Non può essere assunto da un datore di lavoro? Gli può essere violato il domicilio? Niente di tutto ciò: i diritti civili (senza virgolette) sono riconosciuti a tutti, a prescindere dall’orientamento sessuale. D’ora in poi, quindi, non parleremo più di diritti civili, ma tratteremo dell’unico vero obbiettivo del mondo gay in questo momento: il matrimonio.

 Matrimonium                                                                                                     
Ancora una volta, è opportuno ragionare sulle parole, che rivelano la natura stessa delle cose di cui andiamo a trattare. La parola “matrimonio” è deriva dal latino “matrimonium”, composta dai termini “mater” e “munus”, rispettivamente “madre” e “compito”. Si contrappone idealmente al termine “patrimonium”, composto dalle parole “pater” e “munus”, cioè “padre” e “compito”. Si comprende come nella visione romana il compito della madre è quello di generare i figli, quello del padre di sostenere economicamente la famigliaIl fine del matrimonio è la “liberorum procreandorum causa”, cioè laprocreazione, e veniva definito dai giuristi (Modestino) come
                          coniunctio maris et feminae et consortium omnis vitae,
                                   divini et humanis iuris communicatio
cioè “unione di un uomo e una donna, consorzio di tutta la vita, comunione di diritto divino e umano”. Il matrimonio serve a dare ai figli un ambiente in cui crescere, le cure di una madre e la sicurezza economica garantitagli dal padre. E’ di “diritto divino”, cioè “naturale” (ricordo che siamo in epoca precristiana). Ovviamente in quell’epoca, ma anche in epoche successive fino a pochissimi decenni fa, erano gli uomini a lavorare o andare in guerra, le donne rimanevano in casa ed erano considerate “parte debole” della società. Ecco che si spiega l’origine di alcuni istituti peculiari che l’ordinamento si è dato e che vengonoreclamati, fuori contesto, dalle associazioni omosessuali…li vedremo a suo tempo.
 Un tuffo nel passato                                                                                            
Tornando per un attimo alla società romana, cerchiamo di chiarire un concetto, spesso travisato capziosamente da certi militanti: sicuramente le pratiche omosessuali erano viste con minore riprovazione rispetto a quanto poi sarebbe avvenuto con l’affermarsi della morale cristiana. Tuttavia mai si sarebbero sognati di dare a relazioni di natura omosessuale alcun tipo di ufficialità. Tanto meno in età greca! Basta poi leggere il greco Aristofane, o il Satyricon attribuito al romano Petronio per capire come lepratiche omosessuali fossero considerate comunque per lo meno “di serie B”, oggetto di ironie e canzonature che oggi farebbero impallidire gli alfieri del politicamente corretto.
 Famiglia, Costituzione e Stato                                                                         
Riprendiamo il discorso sul matrimonio partendo dalle ultime parole della definizione di Modestino: “divini et humanis iuris communicatio”. Il matrimonio è considerato quindi un istituto di diritto divino (cioè naturale) e umano. Che significa? Cos’è il diritto naturale e cosa il “diritto umano”? Per spiegarlo partiamo ancora una volta dalla Costituzione, art. 29, 1 comma:
                                    “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia
                            come società naturale fondata sul matrimonio”.
Qui abbiamo chiari due concetti: la famiglia è una società naturale fondata sul matrimoniolo Stato ne riconosce i diritti. Analizziamoli brevemente. La famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio. Quindi, la famiglia e il matrimonio non esistono perché li istituisce lo Stato, ma esistono prima dello Stato. E allora qual è il fondamento giuridico del matrimonio? Quale ordinamento? Quale legge? Quale diritto? Quello naturale. Anche per i romani la famiglia era una situazione di fatto, esistente in natura, cui il diritto “umano”, cioè civile, faceva discendere diritti e obblighi vedremo poi per quali motivi. La famiglia, dunque, esiste perché la natura la prevede. Esiste in tutte le società, ed esiste perché è in quell’ambito che avviene un fatto che è essenziale per la sopravvivenza delle società stesse: la filiazione.
 La filiazione, lo Stato e la tutela dei soggetti più deboli                             
lo Stato riconosce i diritti della famiglia. Una volta appurato che esiste, che la natura (il diritto naturale) la prevede in un certo modo perché così risponde al suo scopo (la filiazione), lo Stato si inserisce per disciplinarne alcuni aspetti. Ovviamente col tempo è finito a disciplinare pressoché tutto, come spesso accade: l’ordinamento statale non tollera i “vuoti normativi”. Vuole che tutti gli aspetti della vita delle persone siano disciplinati da lui. Succede in tutti gli ambiti, anche nel matrimonio. Ciò detto, il motivo per cui gli ordinamenti intervengono su questo istituto di diritto naturale è, almeno inizialmente, uno solo: la tutela dei soggetti più deboli. Chi sono questi soggetti più deboli? Due: la moglie e i figli (minori o comunque non autosufficienti). La moglie è (era) soggetto debole perché non lavora(va) e, morto il marito, si sarebbe trovata sola e in povertà. Sui figli pare superfluo dare spiegazioni. Quindi il matrimonio assicura la stabilità di un gruppo di persone nelle quali si perpetua la vita. Due persone, maschio e femmina, si assumono vicendevolmente la responsabilità di creare un consorzio di vita in potenza perpetuo. Questa nuova formazione sociale comporterà diritti in capo ai soggetti più deboli, ma ovviamente anche una bella dose di doveri! Sono quelli che vengono elencati negli articoli del codice civile che si leggono alla fine del rito del matrimonio: 143, 144, 147.
 Il matrimonio è uno stutus, non è un diritto                                                
Giungiamo quindi a una prima conclusione, considerando quanto detto finora: il matrimonio è uno status, una situazione di fatto, naturale, giuridicamente rilevante e rilevata, ma non è mai stato considerato un “diritto”. Il matrimonio è un istituto giuridico oggi disciplinato anche dalla legge statale cheha certe caratteristiche e determinate finalità, accedervi ha senso se si hanno certe caratteristiche o determinate finalità. È questo il matrimonio! L’unione tra uomo e donna volto alla procreazione! Non può essere qualcosa di diverso! Si noti bene, inoltre: mai e poi mai nella storia si è parlato di “amore” come fondamento giuridico del matrimonio. Mai e poi mai un sentimento può essere fondamento di un istituto giuridico. Questa è un’invenzione contemporanea, avvallata ultimamente anche da qualche giurista per sostenere l’insostenibile.
 La deriva prometeica che non Stato non può concedersi                          
Per concludere questa prima parte, è doverosa una precisazione. Abbiamo già accennato alla tendenza che ha lo Stato a normare tutto l’immaginabile. Oggi siamo in questa situazione: lo Stato ha disciplinato pressoché tutto del matrimonio e della famiglia. Di conseguenza si sente in diritto di modificarne i connotati come meglio crede. Meglio, come la maggioranza chiede. Ha istituito il divorzioabolendo l’indissolubilità, ad esempio. Oggi lo Stato pretende addirittura di cambiare la “lex naturalis”, e di allargare il concetto di matrimonio a situazioni che naturalmente non possono esservi assimilate: l’unione di due persone dello stesso sesso. A mio avviso questa è una deriva prometeica che non è consentita a nessuna istituzione. Sarebbe come se una legge dichiarasse che l’acqua non è bagnata! (fine prima parte - continua qui - Riflessioni fuori dal coro sui cosiddetti “diritti civili” – Seconda Parte)
Federico Michielan (Copyright © 2015 Qui Europa)   

Riflessioni fuori dal coro sui cosiddetti “diritti civili” – Seconda Parte

Riflessioni fuori dal coro sui cosiddetti "diritti civili"
- Seconda Parte
L'infondatezza manifesta delle obiezioni più frequenti mosse
dal partito del "matrimonio gay"
Un lunghissimo elenco di diritti già riconosciuti ai conviventi.
Ecco perché non ha senso è utilità il "matrimonio gay"

di Federico Michielan
Matrimonio Gay e Diritti Civili
 Il matrimonio è uno status, non è un diritto                                                

Roma – (continua da qui Riflessioni fuori dal coro sui cosiddetti “diritti civili” – Prima ParteIl matrimonio, quindi, non è un diritto. E’ un istituto, presente pressoché da sempre nella storia, che ha le sue ragioni e le sue caratteristiche. Non ci sono motivi seri per estenderlo oltre l’ambito suo naturaleDue omosessuali possono benissimo amarsi anche senza fare una cerimonia dinanzi al sindaco. Non c’è un soggetto debole da tutelare. Non ci sono figli, perché la natura non può fargliene avere. A me pare, francamente, una pretesa pretestuosa. Anzi, ne sono sicuro, dato che all’estero gli omosessuali che si sposano sono una percentuale infinitesimale. Ma sono particolarmente chiassosi, quindi va data una risposta. Questo è quello che penso io, e ovviamente non è la verità assoluta. Però ora, di seguito, cercherò di prendere in considerazione le principali obiezioni che ritengo possano essere fatte al mio discorso, in ordine sparso.
 Eventuali obiezioni in… "ordine sparso"                                                      
Voi che non volete i matrimoni gay impedite loro di amare” (prima obiezione): come detto sopra, ci si può amare benissimo anche al di fuori del matrimonio. Ci sono pure tantissime coppie che lo fanno, di qualsiasi orientamento! Ho sentito dire che “impediamo loro di vivere il sogno di vestire l’abito bianco”… Se è per quello, basta comprarlo e farsi qualche foto, mettendo in scena una farsa, come farsa sarebbe un matrimonio, pur previsto dalla legge ma senza quei fondamenti che naturalmente lo giustificano. Voi che non volete i matrimoni gay siete omofobi” (seconda obiezione). Premesso che l’accusa di “omofobia” è talmente inflazionata da diventare ridicola, tanto da sminuire quei casi in cui veramente la violenza viene riversata su chi è omosessuale, cosa che fa indignare qualsiasi persona di buonsenso, io, quest’accusa, la rigetto con fermezza. Qui sopra non avete letto nessun attacco agli omosessuali in quanto tali. Nessuna forma di violenza verbale, nessuna offesa, nessuna condanna. Nessuno qui considera gli omosessuali come dei “minus habens”. Semplicemente il matrimonio è una cosa che ha senso solo tra un uomo e una donna!
 L'infondatezza manifesta delle obiezioni più frequenti                             
Voi che non volete i matrimoni gay siete razzisti” (terza obiezione). Idem come sopra, non tiriamo in ballo parole a caso. Tra l’altro l’omosessuale non appartiene a una “razza” diversa dalla mia, quindi…Voi che non volete i matrimoni gay volete tornare al Medioevo” (quarta obiezione). Veramente fino agli anni ’80-’90 del Novecento nessuno parlava di matrimoni gay. Non sapevo che il Medioevo fosse finito appena trent’anni fa! “Voi che non volete i matrimoni gay siete cattobigotti(quinta obiezione). In realtà sopra non ho mai nominato il Vangelo né il Codice di Diritto Canonico. L’ho fatto apposta per far capire che si può essere contrari “laicamente” al matrimonio gay! E che il matrimonio, così com’è, non è un’invenzione cristiana! “Voi che non volete i matrimoni gay impedite un diritto, quello di sposarsi” (sesta obiezione). Non è vero che un omosessuale non si può sposare. Basta che lo faccia con una persona di sesso opposto! Non è sarcasmo il mio, è in realtà il centro del discorso: il matrimonio non è un diritto, è uno status, un istituto con una sua struttura e a cui si accede con determinati requisiti e per determinate finalità. Non esiste il diritto a sposarsi! “Voi che non volete i matrimoni gay impedite ai gay di avere figli” (settima obiezione). Discorso ampio e delicato, che in parte esula dal discorso: come fa una coppia omosessuale ad avere figli?
 Come fa una coppia omosessuale ad avere figli?                                        
Caso Auna coppia di lesbiche: una si fa “naturalmente” ingravidare da un uomo che poi rinuncia a qualsiasi rivendicazione di paternità sul figlio, come fosse un’inseminazione artificiale. Caso B:inseminazione artificiale da donatore anonimo, sempre per una coppia di lesbiche. Caso Ccoppia di uomini acquista un figlio da maternità surrogataCaso Dadozione semplice, come fosse una coppia etero. Piaccia o no, anche i bambini hanno dei diritti. Innanzitutto, il diritto a crescere con una madre o un padrecosa che viene negata in tutti e quattro i casi, per volontà dei “genitori” stessi. Secondo, il diritto a vivere con chi li ha generaticosa parzialmente negata nei casi A e B, totalmente nel caso C, non nel D perché significa che il bambino è orfano o proviene da una famiglia che non riesce ad accudirlo. Nel caso C, poi, il bambino è trattato alla stregua di un oggetto, una cosa aberrante comunque la si pensi, per il solo capriccio di chi lo acquista,e imposizione dello Stato. Il Caso D, poi, è inverosimile si verifichi: troppe sono le coppie eterosessuali che ancora aspettano di adottare. Tra l’altro, prima di essere ritenute idonee all’adozione, queste devono rispondere a determinati requisiti, superare verifiche da parte della Commissione e dei servizi sociali… Mi sembrerebbe curioso che, stante tutto il rigore con cui queste avvengono, si decida di aprire l’adozione a due uomini… 
 L'amore non basta per crescere un bambino                                               
No, l’amore non basta per crescere un bambinoAllora io sono a favore dei matrimoni gay ma non alle adozioni” (ottava obiezione). Una volta affermata l’esistenza del “matrimonio gay”, sarebbe poiinevitabile l’introduzione delle adozioni. Infatti, l’Ordinamento non ammetterebbe unadiscriminazione basata non sulla natura dell’istituto, ma sul sesso dei coniugiAnche solo attraverso sentenze, si arriverebbe all’adozioneAllora io non sono favorevole ai matrimoni, ma le unioni civili vanno disciplinate” (nona obiezione). Per quale motivo? “Perché alcuni diritti non sono riconosciuti ai semplici conviventi…” (decima obiezione). Beh, in linea di massima non è vero, e per questo mi faccio aiutare da un articolo di Luciano Mola apparso su Avvenire, di seguito riportato.
 Un lunghissimo elenco di diritti già riconosciuti ai conviventi               
ANAGRAFE – Il regolamento anagrafico (30 maggio 1989), spiega in modo inoppugnabile che «l’anagrafe è costituita da schede individuali, di famiglia e di convivenza». Non l’hanno mai letta i sindaci che in questi anni si sono affannati ad annunciare inutili 'registri delle unioni civili'ASSISTENZA SANITARIA- La legge n.91 del 1 aprile 1999 prescrive che i medici devono fornire «informazioni sulle opportunità terapeutiche… al coniuge non separato o al convivente more uxorio». PERMESSO RETRIBUITO – La legge n.8 del 2000 'Disposizioni per il sostegno della maternità e paternità', riconosce il permesso retribuito di tre giorni all’anno al lavoratore e alla lavoratrice, anche in caso di documentata grave infermità del conviventeCONSULTORI FAMILIARI – La legge 405 del 1975 garantisceassistenza psicologica e sociale per i problemi della coppia e della famiglia anche ai componenti di una convivenzaASSISTENZA AI DETENUTI - Le norme sull’ordinamento penitenziario (legge 354 del 1975), prevedono possibilità di colloqui, corrispondenza telefonica al «convivente detenuto», alle stesse condizioni stabilite per il coniugeFIGLI – Nessuna differenza sul piano legislativo tra genitori regolarmente sposati e conviventi. Addirittura la legge 6 del 2004, nell’elencare chi dev’essere preferito comeamministratore di sostegno di una persona priva di autonomia, inserisce «la persona stabilmente convivente», subito dopo il coniuge e prima del padre, della madre, dei figli, dei fratelli. Difficile davvero affermare che i conviventi sono marginalizzati dal nostro ordinamento civile. LOCAZIONI – La Consulta, con la sentenza 404 del 1988, ha riconosciuto al convivente more uxorio il diritto di succedere nel contratto di locazione in caso di morte del partner, anche quando sono presenti eredi legittimi. E anche questa è un punto fermo, totalmente a favore delle convivenze. VITTIME DI MAFIA O TERRORISMO – Il diritto di chiedere le provvidenze che lo Stato accorda alle vittime di mafia o di terrorismo è stato esteso, dallelegge 302 del 1990, anche ai conviventi: «L’elargizione di cui al comma 1 è disposta altresì a soggetti non parenti né affini, né legati da rapporti di coniugio… e ai conviventi more uxorio». VITTIME DI ESTORSIONI E USURA – Oltre al coniuge, ai genitori, ai fratelli e alle sorelle, anche i conviventi figurano nell’elenco previsto dalla legge 44 del 1999 per le «vittime di richieste estorsive o di usura». LE ALTRE TUTELE – Nel lunghissimo elenco dei diritti già riconosciuti figurano poi ampie garanzie per quanto riguarda, l’assegnazione degli alloggi popolari, l’impresa familiare, il risarcimento del danno patrimoniale, la protezione dei collaboratori e dei testimoni di giustizia. E tanto altro ancora.”
 Le sole 3 questioni ancora aperte: adozioni, reversibilità e successioni 
In definitiva, tre rimangono le questioni ancora aperte: 1) l’adozioni; 2) La reversibilità della pensione; 2) le successioniSull’adozione abbiamo già detto. Veniamo agli altri istituti: la reversibilità è un istituto sorto negli anni ’70 che permette al coniuge o ai figli di alcuni lavoratori di godere della pensione del defunto. Perché? Perché non in grado di mantenersi, perché sono categorie deboli, perché il “patrimonio” è “dovere del padre”… Nella coppia gay, però, queste esigenze non ci sononon ci sono figli, non c’è un coniuge “debole”, non c’è un “padre”. In realtà ormai non c’è più un coniuge “debole” neanche nelle famiglie, dal momento che le donne ormai quasi sempre lavorano. E’ il caso forse di ripensare all’attualità di questo istituto. Successioni: il diritto successorio non calcola mai il/la convivente. Se io con testamento decido di dare tutti i miei averi ai poveri, ma mi sopravvive mia moglie, di diritto la metà della mia eredità spetta a lei. Così coi figli. Il motivo? Sempre quanto detto sopra, soggetto debole, “dovere del padre”, tutela delle vedove e degli orfani… E' giusto che oggi non possa io destinare tutti i miei averi a chi voglio? Non lo so, ma è così. In assenza di coniuge, spettano quote agli ascendenti, mai al convivente. Così come se io muoio intestato, cioè senza aver fatto testamento, chi eredita al posto mio sarà mia moglie, se esiste, mai la mia convivente “more uxorio”. In quel caso l’eredità spetterebbe ai miei genitori. E’ giusto? Non lo so, ma se si vuole cambiare si può sempre includere tra le persone che hanno diritto ad ereditare il convivente, non serve certo istituire il matrimonio gay!
 Contratti tra privati, non matrimonio!                                                         
Nel mio mondo ideale il matrimonio civile non esisterebbe: vi sarebbero contratti tra privati per stabilire il regime patrimoniale di convivenza e stopIl matrimonio lo lascerei alla religione e alle tradizioni… alla natura, insomma, com’è giusto che sia. Essendo però che la situazione attuale è un po’ diversa, mi sembra giusto che la legge imiti la natura, che il diritto mantenga il suo rigore logico e la sua funzione di tutela dei diritti (veri) e di difesa dei più deboli.

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