Papa, l'Ucraina si sente tradita.
La Chiesa greco-cattolica ucraina, e in generale l’opinione pubblica del Paese si sentono traditi dalla dichiarazione congiunta firmata da papa Francesco e dal patriarca Kirill. Il capo della Chiesa greco-cattolica. membro del Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani, non è stato consultato. La Chiesa greco-cattolica fu cancellata con un colpo di penna da Stalin, tutte le sue proprietà e i suoi fedeli furono passati d’autorità agli ortodossi, molti fedeli, preti e vescovi furono uccisi e perseguitati per la loro fedeltà a Roma. Solo con il ritorno dell’Ucraina all’indipendenza questa Chiesa martire è tornata alla luce.
La Chiesa greco-cattolica ucraina, e in generale l’opinione pubblica del Paese si sentono traditi dalla dichiarazione congiunta firmata da papa Francesco e dal patriarca Kirill. E lo esprimono con cautela, ma apertamente. Sono in discussione soprattutto questi paragrafi della dichiarazione:
“25. Speriamo che il nostro incontro possa anche contribuire alla riconciliazione, là dove esistono tensioni tra greco-cattolici e ortodossi. Oggi è chiaro che il metodo dell’“uniatismo” del passato, inteso come unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di ristabilire l’unità. Tuttavia, le comunità ecclesiali apparse in queste circostanze storiche hanno il diritto di esistere e di intraprendere tutto ciò che è necessario per soddisfare le esigenze spirituali dei loro fedeli, cercando nello stesso tempo di vivere in pace con i loro vicini. Ortodossi e greco-cattolici hanno bisogno di riconciliarsi e di trovare forme di convivenza reciprocamente accettabili.
26. Deploriamo lo scontro in Ucraina che ha già causato molte vittime, innumerevoli ferite ad abitanti pacifici e gettato la società in una grave crisi economica ed umanitaria. Invitiamo tutte le parti del conflitto alla prudenza, alla solidarietà sociale e all’azione per costruire la pace. Invitiamo le nostre Chiese in Ucraina a lavorare per pervenire all’armonia sociale, ad astenersi dal partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto.
27. Auspichiamo che lo scisma tra i fedeli ortodossi in Ucraina possa essere superato sulla base delle norme canoniche esistenti, che tutti i cristiani ortodossi dell’Ucraina vivano nella pace e nell’armonia, e che le comunità cattoliche del Paese vi contribuiscano, in modo da far vedere sempre di più la nostra fratellanza cristiana”.
Sul sito del RISU, il servizio di informazioni religiose dell’Ucraina, aperto a varie confessioni, è apparsa una dichiarazione di mons. Peter Galadza dell’Istituto di Studi Cristiani Orientali di Ottawa. “ L’incapacità di trovare qualsiasi tipo di riferimento nella dichiarazione congiunta all’aggressione straniera in Ucraina è un grande errore in una dichiaazione altrimenti decorosa – gli ucraini in tutto il mondo saranno molto delusi-. E la preminenza di Antonii Pakanich metropolita della Chiesa ortodossa ucraina di Mosca nella delegazione del Patriarcato senza nessuna neanche remota rappresentanza dei Cattolici orientali è anche molto sfortunata”.
Allo stesso tempo Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk patriarca di Kyiv-Halych e di tutta la Russia ha emesso una dichiarazione ufficiale pubblicata in ucraino sul sito della Chiesa greco-cattolica . Sviatoslav loda sotto certi aspetti il documento, anche se l’elogio è temperato dal fatto che non è mai stato consultato nonostante che sia un membro del Pontificio Consiglio di promozione dell’unità dei cristiani.
Ecco una frase della dichiarazione pubblicata da Opus Publicum : “ Senza dubbio questo testo ha provocato una profonda elusione fra molti fedeli della nostra Chiesa e fra coscienziosi cittadini ucraini. Oggi molti mi hanno contattato per questo e mi hanno detto che si sentono traditi dal Vaticano, delusi dalle mezze verità del documento, e vedono in questo addirittura un appoggio indiretto della Sede Apostolica all’aggressione russa contro l’Ucraina. Certamente posso capire questi sentimenti”.
“Tuttavia – continua – incoraggio i nostri fedeli a non drammatizzare questa dichiarazione e a non esagerare la sua importanza nella vita della Chiesa. Abbiamo avuto esperienza di più di una di tali dichiarazioni, e sopravvivremo anche a questa. Dobbiamo ricordare che la nostra unità e piena comunione con il Santo Padre non è il risultato di un compromesso diplomatico o di un accordo politico”.
La Chiesa greco-cattolica fu cancellata con un colpo di penna da Stalin, tutte le sue proprietà e i suoi fedeli furono passati d’autorità agli ortodossi, molti fedeli, preti e vescovi furono uccisi e perseguitati per la loro fedeltà a Roma. Solo con il ritorno dell’Ucraina all’indipendenza questa Chiesa martire è tornata alla luce.
14/02/2016
Ecco una frase della dichiarazione pubblicata da Opus Publicum : “ Senza dubbio questo testo ha provocato una profonda elusione fra molti fedeli della nostra Chiesa e fra coscienziosi cittadini ucraini. Oggi molti mi hanno contattato per questo e mi hanno detto che si sentono traditi dal Vaticano, delusi dalle mezze verità del documento, e vedono in questo addirittura un appoggio indiretto della Sede Apostolica all’aggressione russa contro l’Ucraina. Certamente posso capire questi sentimenti”.
DICHIARAZIONE KIRILL-FRANCESCO: QUANTO VALE LA FIRMA DEL PAPA?
Se l’incontro tra il patriarca Kirill e papa Francesco è stato un evento storico, anche la ‘Dichiarazione comune’ firmata da ambedue ha un’innegabile e grande importanza per un’unità d’azione delle due Chiese riguardo a tante sfide del nostro tempo. Tuttavia è già in corso (con Santa Marta in prima fila) il tentativo di sminuire, definendola ‘pastorale’, la portata delle chiare e nette affermazioni che nel testo si fanno sui valori etici e che chiamano inevitabilmente alla coerenza di comportamenti nella vita della ‘polis’ i membri delle due Chiese…
Venerdì sera 12 febbraio papa Francesco ha incontrato presso l’aeroporto dell’Avana il patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill. Certo un evento storico e di grande portata simbolica, accentuata dalla visibilità massmediatica data giustamente all’incontro. Al lungo e franco (com’è stato detto dagli stessi protagonisti) colloquio a due, in presenza solo del metropolita Hilarion e del cardinale Koch (oltre che degli interpreti) è seguita la firma solenne di una ‘Dichiarazione comune’ in 30 punti. Una ‘Dichiarazione’ che era stata elaborata a partire dall’autunno scorso dal metropolita Hilarion e dal cardinale Koch, con l’accordo di principio sui contenuti generali sia da parte del Patriarca che del Papa, ambedue poi tenuti al corrente con costanza degli sviluppi del testo. La stesura non dev’essere stata facile e solo la sera del 10 febbraio si è approvata la versione finale. Questo per dire che la ‘Dichiarazione’ è un documento che va considerato con grande serietà e attenzione, fondato com’è su uno scambio approfondito tra gli interlocutori a proposito degli argomenti in esso trattati.
Subito la prima impressione è che la ‘Dichiarazione’ abbia più di Kirill che di Francesco. Lo si evince dai toni adottati, soprattutto nei punti 15-16 (secolarizzazione forzata in tanti Paesi) e 18-21 (famiglia e vita). Anche i punti 25-27 (religiosamente e politicamente molto delicati) sulla necessità di riconciliare tra loro gli ucraini, risentono maggiormente della mano del patriarca moscovita - che pure ha scontentato una parte degli ucraini ortodossi - rispetto a quella del papa di Roma, cui i greco-cattolici hanno subito rimproverato duramente un cedimento ingiustificato alla visione russa della situazione (secondo la quale in Ucraina c’è una guerra civile e non un’aggressione esterna). Da notare poi che della ‘salvaguardia del creato’ e in genere dei temi ambientalisti (argomenti molto cari al Papa argentino) nella ‘Dichiarazione’ non c’è quasi traccia.
Del resto è evidente che Francesco ha puntato in primo luogo sull’incontro fisico con Kirill, su un abbraccio che tutto il mondo potesse vedere, così da trarne conseguenze positive riguardo a una accresciuta collaborazione in ambito cristiano. Per poter giungere a tale abbraccio il Papa ha scelto di non irrigidirsi su alcune modalità connesse. Ad esempio su contenuti e stile della ‘Dichiarazione’. Così è stato.
Però una firma è sempre una firma. Anche se la ‘Dichiarazione’ risente maggiormente della mano di Kirill (e di Hilarion, d’accordo pure il cardinale Koch), papa Francesco l’ha firmata solennemente.
UNA ‘DICHIARAZIONE PASTORALE’?
Tuttavia … lo stesso Papa già nell’aereo che lo portava verso Città del Messico ha detto spontaneamente ai giornalisti che la ‘Dichiarazione’ “non è politica, non è sociologica”, è “una ‘Dichiarazione pastorale’, anche quando si parla del secolarismo e di cose esplicite, della manipolazionebiogenetica e di tutte queste cose”. Parole che inducono a pensare che per Francesco la ‘Dichiarazione’ vada considerata solo come un testo riconducibile al puro servizio pastorale delle singole Chiese. Insomma…quasi un documento come tanti altri.
DA SPADARO AI TURIFERARI UN SOLO GRIDO, UNA SOLA VOCE: LA ‘DICHIARAZIONE’ CONTA POCO
Nei giorni precedenti l’incontro un noto consigliere di Francesco, il direttore di ‘Civiltà cattolica’ padre Antonio Spadaro, aveva già annotato sul suo blog avveniristico “Cyberteologia” che, sì, “Francesco e Kirill (…) si vedranno faccia a faccia e firmeranno una dichiarazione comune”… ma “cosa sarà scritto in quella dichiarazione importa meno, tutto sommato. Importa però quell’incontro”. Da notare l’attenzione partecipe e grata con cui Spadaro salutava il gran lavoro di redazione da parte di Mosca e del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani.
A ruota si erano distinti in osservazioni analoghe alcuni tra i Turiferari Maggiori di Santa Marta. Uno tra loro ha scritto su ‘Vatican Insider’ parole memorabili in preparazione all’incontro, già conoscendo alcuni contenuti principali della ‘Dichiarazione’: “La dichiarazione congiunta rimarrà come attestato documentario dell’incontro di Cuba, ma non conviene sopravvalutarla come chiave interpretativa di tale evento. Papa Francesco ha aderito senza esitazioni alla prospettiva di sottoscrivere un testo predisposto secondo la sensibilità di Mosca, pur di facilitare l’abbraccio con il patriarca Kirill. A lui interessa l’incontro, e quello che dall’incontro potrà nascere. Il resto – il Paese scelto per il rendez-vous , la locazione anomala, la dichiarazione congiunta - è secondario”. Anche qui si evidenzia il gran conto in cui il pio turiferario mostrava di tenere il lavoro del metropolita Hilarion e del card. Koch.
Continuava e ribadiva sempre la stessa, presumibilmente informata penna: “Papa Francesco ha aderito alle proposte che arrivavano da Mosca, anche riguardo al luogo e alle modalità dell’incontro, come pure ai contenuti della dichiarazione comune che sarà sottoscritta dai due”. Non solo: “In quel testo (…) si ritrovano temi e accenti su cui si concentrano da tempo gli interventi pubblici e ‘politici’ di esponenti autorevoli del Patriarcato di Mosca. (…) Negli ultimi anni i portavoce ufficiali dell’Ortodossia russa hanno accentuato le condanne della ‘decadenza morale’ occidentale, da loro identificata con fenomeni come la legalizzazione delle convivenze omosessuali e hanno proposto le battaglie etiche come terreno privilegiato della ‘alleanza’ con la Chiesa cattolica”. Sono dei retrogradi, sembrano quelli del ‘Family Day’ … no, così non può andare, sembra suggerire il turiferario indignato, perché “la Sede apostolica di Roma, di suo, non cavalca toni da crociata anti-moderna venati di omofobia che pure si trovano in alcuni interventi dei leader russi. E, riguardo al Medio Oriente, (…) nella costante predicazione di papa Francesco intorno al martirio dei cristiani mediorientali non si trova traccia del linguaggio da ‘Guerra Santa’ utilizzato da esponenti del Patriarcato di Mosca per benedire le bombe russe contro il ‘Male’ jihadista”. Da ammirare la delicatezza della penna turiferaria verso l’ortodossia russa.
Insomma… questo Kirill, questo Hilarion … magari anche questo cardinale Koch… lasciamoli scrivere… che tanto la ‘Dichiarazione’ la metteremo subito in un cassetto, come un qualsiasi foglio da archiviare. E poi… ma che sogni pericolosi sono quelli di un’ alleanza ortodosso-cattolica contro il relativismo e il fondamentalismo islamico? Sono concetti che sempre lo stesso turiferario ha esternato anche dal pulpito di Tv 2000, la tv galanto-papolatrica per eccellenza.
Perché non ci fosse proprio nessun dubbio sulla melodia dello spartito di Santa Marta, ecco che cosa scriveva, sempre su ‘Vatican Insider’,forse il maggiore tra i Turiferari Maggiori. Nell’articolo preparatorio del viaggio messicano si leggeva: (L’abbraccio a Cuba) “è un gesto innanzitutto ecumenico che s’inserisce in un cammino la cui meta finale è la piena unità, non ‘sante alleanze’ in funzione anti-islamica o in difesa di alcuni valori. L’unità dei cristiani non sarà il risultato di nuove ‘crociate’ “.
LA ‘DICHIARAZIONE’ HA MOLTI ELEMENTI ‘POLITICI’
Alla luce anche delle esternazioni turiferarie diventa allora molto comprensibile la definizione insistita appioppata da papa Francesco alla ‘Dichiarazione’ dell’Avana: è “pastorale”. Ma tale aggettivo dovrebbe (secondo l’interpretazione papale) comprendere tutta una serie di affermazioni concernenti senza ombra di dubbio la vita quotidiana della polis e non solo le sacristie e i centri parrocchiali. Nella ‘Dichiarazione’ troviamo infatti osservazioni ‘forti’ sulla situazione mediorientale e su quella ucraina. Poi la presa di posizione non solo in tema di Europa e “radici cristiane” connesse, ma anche per denunciare le restrizioni “sempre più frequenti” per i cristiani della libertà religiosa “in tanti Paesi”: laddove “alcune forze politiche, guidate dall’ideologia di un secolarismo tante volte assai aggressivo, cercano di spingerli ai margini della vita pubblica”. Vigorosi gli appelli per la difesa della vita nascente (“La voce del sangue di bambini non nati grida verso Dio”), contro l’eutanasia, contro la manipolazione della vita umana, tutti argomenti sempre più presenti del dibattito politico. Ed ecco nella ‘Dichiarazione’ la riproposizione chiara, netta e attualissima della famiglia fondata sul matrimonio (“Atto libero e fedele di amore di un uomo e di una donna”). Con il rammarico che “altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene estromesso dalla coscienza pubblica”.
‘Dichiarazione pastorale’? Solo dunque per certi aspetti; ma per tanti altri, con tutta evidenza, la ‘Dichiarazione’ contiene elementi ‘politici’ da cui derivare per il cristiano un comportamento conseguente. Cui non può essere estraneo, come mostra l’attualità in diversi Paesi occidentali, anche lo scendere in piazza e il combattere duramente e con ogni mezzo lecito in Parlamento e nel Paese coloro che vogliono imporre una rivoluzione antropologica foriera di guasti sociali enormi. E’ anche evidente che le strategie ‘inclusive’ di papa Bergoglio non contemplano lo scontro sui temi etici e neppure l’alleanza con gli ortodossi sugli stessi temi (il che comporterebbe complicazioni nei rapporti con il mondo protestante classico, in buona parte ormai preda del relativismo). Niente incoraggiamento alla battaglia sui ‘valori’ dunque neppure in Italia, dove un governo che comprende un presidente ‘cattolico’ e alcuni ministri ‘cattolici’ è impegnato con tenacia degna di miglior causa nel distruggere il valore della famiglia con la complicità volontaria o involontaria di un settore del mondo cattolico, segretario della Conferenza episcopale (scelto da Bergoglio) in prima linea.
UNA ‘DICHIARAZIONE’ DAI TONI BATTAGLIERI CHE NON PIACE AGLI INCIUCIANTI E AI CATTOLICI ‘A’ LA CARTE’
Insomma: la ‘Dichiarazione comune’ dell’Avana (così impegnativa) disturba coloro che, quando si deve scendere dall’astrattezza dei principi alla concretezza delle situazioni storiche, preferiscono l’inciucio con il mondo. Ciò per scelta strategica, per timore di vendette di natura economica o perché ormai sono de facto “cattolici à la carte”. Comprensibile allora che si pensi a riporla il più in fretta possibile in un cassetto, dove avrà tempo e modo di coprirsi di polvere.
C’è però un ma e non da poco: il Papa l’ha firmata. Pure solennemente. E allora la domanda viene spontanea: quanto vale in questo caso la firma di Francesco?
DICHIARAZIONE KIRILL-FRANCESCO: QUANTO VALE LA FIRMA DEL PAPA? – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 15 febbraio 2016
Apocalypse now. I media celebrano l’incontro Francesco-Kirill, ma censurano l’esplosiva dichiarazione. Storico patto per combattere islamismo e laicismo obamiano ed europeo.
C’è uno sfondo quasi apocalittico nello storico incontro di papa Francesco con il patriarca ortodosso Kirill e s’intravede nella solenne Dichiarazione che hanno firmato: “Dalla nostra capacità di dare insieme testimonianza dello Spirito di verità in questi tempi difficili dipende in gran parte il futuro dell’umanità”.
E’ un’ombra apocalittica che – in modo discreto – si trova nel magistero di tutti gli ultimi papi, da Pio XII a Benedetto XVI (ne parlo proprio nel mio libro, “La profezia finale”).
Siamo del resto nell’epoca della minaccia atomica planetaria e oggi del terrorismo globale. Il tempo in cui l’autodistruzione dell’umanità è diventata possibile.
E’ stato lo stesso Francesco, ripartendo verso il Messico, a sottolineare sull’aereo questo aspetto con una frase enigmatica: “Io mi sono sentito davanti a un fratello… Due vescovi che parlano… sulla situazione del mondo, delle guerre, che adesso rischiano di non essere tanto ‘a pezzi’, ma che coinvolgono tutto”.
Finora Francesco aveva detto che è in corso una “terza guerra mondiale a pezzi”. Ora intravede il rischio della sua esplosione globale.
Sono stati proprio i tempi drammatici che viviamo a urgere per questo riavvicinamento della cristianità orientale e di quella romano-cattolica.
Ortodossi e cattolici si sono già trovati uniti nel martirio sotto i totalitarismi del Novecento (il secolo del grande macello di cristiani) e di nuovo oggi si trovano perseguitati e uccisi insieme, soprattutto in Medio Oriente dove si stanno sradicando intere (e antichissime) chiese.
PERSEGUITATI
Questo è il principale motivo dello storico incontro e la “Dichiarazione” lo afferma esplicitamente:
“Il nostro sguardo si rivolge in primo luogo verso le regioni del mondo dove i cristiani sono vittime di persecuzione. In molti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa i nostri fratelli e sorelle in Cristo vengono sterminati per famiglie, villaggi e città intere. Le loro chiese sono devastate e saccheggiate barbaramente, i loro oggetti sacri profanati, i loro monumenti distrutti. In Siria, in Iraq e in altri paesi del Medio Oriente, constatiamo con dolore l’esodo massiccio dei cristiani dalla terra dalla quale cominciò a diffondersi la nostra fede e dove essi hanno vissuto, fin dai tempi degli apostoli, insieme ad altre comunità religiose. Chiediamo alla comunità internazionale di agire urgentemente per prevenire l’ulteriore espulsione dei cristiani dal Medio Oriente. Nell’elevare la voce in difesa dei cristiani perseguitati, desideriamo esprimere la nostra compassione per le sofferenze subite dai fedeli di altre tradizioni religiose diventati anch’essi vittime della guerra civile, del caos e della violenza terroristica”.
C’è poi un punto specifico sulla Siria, terreno di confronto fra Putin e Obama. La Dichiarazione che vuole dialogo e pace e chiede di debellare il terrorismo, è obiettivamente conflittuale con i progetti bellici di Turchia, Arabia Saudita e Stati Uniti.
STORIA ROVESCIATA
E’ noto che la Chiesa ortodossa russa è oggi molto vicina al presidente Putin che ha scelto – come prospettava profeticamente Solzenicyn negli anni Settanta – di liberare il Paese dall’ideologia comunista (e dai tentativi di colonizzazione occidentale) tornando alle radici cristiane del popolo russo.
La Dichiarazione dà un grande riconoscimento a questa rinascita cristiana dei Paesi che subirono l’ateismo marxista.
E poi il Papa e il Patriarca denunciano la “restrizione della libertà religiosa” che si verifica in quei paesi occidentali che un tempo furono cristiani e liberali: “i cristiani si scontrano sempre più frequentemente con una restrizione della libertà religiosa, del diritto di testimoniare le proprie convinzioni e la possibilità di vivere conformemente ad esse. In particolare, constatiamo che la trasformazione di alcuni paesi in società secolarizzate, estranee ad ogni riferimento a Dio ed alla sua verità, costituisce una grave minaccia per la libertà religiosa. È per noi fonte di inquietudine l’attuale limitazione dei diritti dei cristiani, se non addirittura la loro discriminazione, quando alcune forze politiche, guidate dall’ideologia di un secolarismo tante volte assai aggressivo, cercano di spingerli ai margini della vita pubblica”.
Il riferimento è anzitutto all’Europa:
“invitiamo a rimanere vigili contro un’integrazione che non sarebbe rispettosa delle identità religiose. Pur rimanendo aperti al contributo di altre religioni alla nostra civiltà, siamo convinti che l’Europa debba restare fedele alle sue radici cristiane”.
Assistiamo così al ribaltamento della storia: mentre gli Stati Uniti di Obama incarnano oggi la minaccia di un imperialismo ideologico laicista e anticristiano, che viene pesantemente imposto anche attraverso istituzioni internazionali come l’Onu e la Ue, invece i Paesi ex comunisti rappresentano una resistenza a questa nuova “colonizzazione ideologica” (Francesco). E non intendono subirla come subirono il comunismo.
Questo fronte dell’Est non è politicamente compatto, ma anch’esso conflittuale (ad esempio Polonia e Russia non sono alleate). Vi sono ostilità politiche nei confronti di Putin.
Invece la comune religione cristiana supera le divisioni politiche e unisce cattolici e ortodossi nella battaglia contro le persecuzioni anticristiane e contro “la dittatura del relativismo” che si sta dispiegando in Occidente.
PAROLE ESPLOSIVE
Ecco quindi le fortissime parole contenute nella Dichiarazione sui cosiddetti “principi non negoziabili”. Anzitutto in difesa della famiglia naturale uomo-donna:
“Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene estromesso dalla coscienza pubblica”.
Il patriarca Kirill nell’estate del 2013 ha evocato scenari apocalittici attaccando proprio quella “serie di Paesi” dove “negli ultimi tempi” si stanno legalizzando i matrimoni omosessuali e dove “quelli che, in coscienza, combattono tali leggi imposte da una minoranza vengono repressi”.
Tutto ciò, secondo il Patriarca, che guarda gli eventi in un’ottica spirituale, è “un pericoloso segno dell’apocalisse”, quindi ha chiesto che tali leggi non si affermino nel “territorio della Santa Russia… perché questo significherebbe che la nazione ha intrapreso la strada dell’autodistruzione”.
Parole simili aveva pronunciato anche il cardinal Bergoglio nel 2010 da arcivescovo di Buenos Aires: “Qui c’è l’invidia del Demonio, attraverso la quale il peccato entrò nel mondo: un’invidia che cerca astutamente di distruggere l’immagine di Dio, cioè l’uomo e la donna che ricevono il comando di crescere, moltiplicarsi e dominare la terra”.
Nella Dichiarazione congiunta di venerdì poi si dice: “Chiediamo a tutti di rispettare il diritto inalienabile alla vita. Milioni di bambini sono privati della possibilità stessa di nascere nel mondo. La voce del sangue di bambini non nati grida verso Dio (cfr Gen 4, 10)”.
C’è poi una dura condanna dell’eutanasia. Infine una forte preoccupazione per lo “sviluppo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, perché la manipolazione della vita umana è un attacco ai fondamenti dell’esistenza dell’uomo”.
E’ chiaro che la firma su questa Dichiarazione solenne espone il Papa sul tema oggi bollente in Italia delle unioni gay (è ben più duro di Bagnasco).
Si dirà che le sue successive dichiarazioni in aereo ne minimizzano la portata (“Non è una Dichiarazione politica, è una dichiarazione pastorale, anche quando si parla del secolarismo e di cose esplicite, della manipolazione biogenetica e di tutte queste cose”).
Tuttavia questo documento sottrae di fatto il Papa all’agenda Obama e onusiana a cui spesso è sembrato aderire. E forse l’irritazione degli ambienti obamiani, dell’establishment europeo e dei regimi islamisti non tarderà a farsi sentire.
Antonio Socci
Da “Libero”, 14 febbraio 2016
Nelle immagini: una scena del film “Andrej Rublev”
Sito: “Lo Straniero”
Twitter: @AntonioSocci1
Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”
Greco-cattolici ucraini: “traditi” dalle “mezze verità” nella Dichiarazione comune di Francesco e Kirill
Marta Allevato
L’arcivescovo maggiore di Kiev commenta l’incontro di Cuba: si sono incontrati “due mondi paralleli”. La Dichiarazione comune “in generale positiva” per la futura cooperazione. “Controversi” i punti che riguardano l’Ucraina: il Vaticano si è fatto sfruttare dalla diplomazia ortodossa russa. Shevchuk ribadisce: la Chiesa greco-cattolica non ha mai sostenuto la guerra, causata invece dalla “aggressione russa”.
Mosca (AsiaNews) - La Chiesa greco cattolica ucraina si sente "tradita" dal Vaticano dopo l’incontro tra papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill, lo scorso 12 febbraio a Cuba. Secondo il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, l’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, è stato l’incontro tra “due mondi paralleli”. “Lo abbiamo visto specialmente dai commenti seguiti all’incontro che le due parti che si trovano su due dimensioni diverse e si sono prefissi diversi obiettivi”, ha dichiarato Shevchuk in un’intervista pubblicata sul sito d’informazione della Chiesa greco-cattolica. Il Patriarcato di Mosca ha ribadito anche prima dello storico incontro che la Chiesa greco-cattolica è il più grande ostacolo al riavvicinamento di russo-ortodossi e cattolici. “Nessuna preghiera comune, l’aeroporto come un ambiente neutrale e non ecclesiastico. L’impressione - ha detto Shevchuk - è che esistano in due mondi paralleli; non so se queste due realtà si siano intersecate durante questo incontro, ma secondo le regole matematiche due rette parallele non si intersecano mai”.
L’arcivescovo di Kiev ha ammirato l’ “umiltà” del papa, “che cerca una sola cosa: portare la testimonianza del Vangelo di Cristo davanti all’umanità oggi”. Ha poi invitato a “non affrettarsi a giudicarlo, a non rimanere sul livello della realtà di coloro che si aspettano solo politica da questo incontro, che vogliono sfruttare a tutti i costi un Papa umile per i loro piani umani”. “Se non entriamo nella realtà spirituale del Santo Padre e non percepiamo con lui le azioni dello Spirito Santo, rimarremo imprigionati nel principi di questo mondo e dei suoi seguaci”, ha aggiunto, avvertendo che così “questo diventerà un incontro capitato e non accaduto”.
Sulla Dichiarazione comune (v.foto della firma), l’arcivescovo è poi stato più duro. Pur ammettendo che si tratta di un testo “in generale positivo”, che “solleva questioni che preoccupano sia cattolici che ortodossi e apre nuove prospettive di cooperazione”, ha sottolineato che i punti relativi all’Ucraina e in particolare alla Chiesa greco-cattolica “creano più domande che risposte”. La Dichiarazione congiunta firmata a Cuba lascia intendere che nell’ex repubblica sovietica sia in corso "un conflitto civile e non l'aggressione di un Paese vicino". “Per un documento che doveva essere non teologico, ma essenzialmente socio-politico è difficile immaginare un tema, più debole di quello che ha steso questo testo”, ha denunciato l’arcivescovo riferendosi esplicitamente al capo del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato russo ortodosso, il metropolita Hilarion e al cardinale Koch, del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani. Quest’ultimo, ha fatto notare, “è competente in questioni teologiche nelle relazioni con varie Chiese e comunità cristiane ma non è esperto in questioni di politica internazionale, specialmente in questioni delicate come l’aggressione russa in Ucraina”. “Questo è stato sfruttato dal Dipartimento per le relazioni esterne che è , prima di tutto, lo strumento della diplomazia del Patriarcato di Mosca”, ha denunciato Shevchuk, il quale ha poi fatto notare che pur essendo membro del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, nominato da papa Benedetto, “nessuno mi ha invitato a esprimere il mio pensiero e, come è successo già in passato, parlano di noi senza di noi, senza darci voce”.
Allo stesso tempo, al paragrafo 25 della Dichiarazione comune, si parla con rispetto della chiesa greco-ucraina riconosciuta come un soggetto delle relazioni tra Chiesa cattolica e ortodossa. “Sembra che non obiettino più al nostro diritto di esistere”, ha commentato l’arcivescovo di Kiev. “In realtà per esistere e agire non siamo obbligati a chiedere il permesso a nessuno”, ha poi aggiunto. “In passato siamo stati accusati di espansione nel territorio canonico del patriarcato di Mosca - ha ricordato - e ora il nostro diritti di occuparci dei nostri fedeli dovunque abbiano bisogno è riconosciuto. Presumo che questo si applichi anche alla Federazione russa, dove oggi non abbiamo la possibilità di esistere in modo libero e legale, o sul territorio dell’annessa Crimea, dove siamo ‘ri-registrati’ secondo la legislazione russa e nei fatto liquidati”.
Più critico Shevchuk si è dimostrato sul punto in cui la dichiarazione comune invita “le nostre Chiese in Ucraina a lavorare per pervenire all’armonia sociale, ad astenersi dal partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto”. “Il punto 26 è il più controverso”, ha detto secco. “Si ha l’impressione che il Patriarcato di Mosca rifiuti di riconoscere che sia parte del conflitto, che apertamente supporta l’aggressione della Russia contro l’Ucraina e benedice le azioni militari della Russia in Siria come una ‘guerra santa’”, ha denunciato. “La stessa espressione ‘conflitto’ qui è oscura e sembra suggerire al lettore che vi sia un ‘conflitto civile’, piuttosto che un’aggressione da uno Stato confinante”. “Le Chiese e le organizzazioni religiose in Ucraina non hanno mai sostenuto la guerra e hanno lavorato costantemente per la pace e l’armonia sociale”, ha aggiunto, rilanciando: “Indubbiamente questo testo ha suscitato profonda delusione fra i numerosi fedeli della nostra Chiesa e tra i coscienziosi cittadini ucraini”. “Mi hanno contattato in molti per dirmi che si sentivano traditi dal Vaticano, delusi dalle mezze verità del testo e dal sostegno indiretto della Santa sede all'aggressione contro l'Ucraina”, ha riferito. “A ogni modo, incoraggio i nostri fedeli a non drammatizzare questa dichiarazione e non esagerare la sua importanza nella vita della Chiesa - ha poi concluso l’arcivescovo - Abbiamo sperimentato diverse dichiarazioni e sopravviveremo anche a questa”. “L’unione e la comunione con il Santo Padre, successore dell’apostolo Pietro, non è il risultato di un accordo politico o di un compromesso diplomatico, ma è una questione della nostra fede”.
http://www.asianews.it/notizie-it/Greco-cattolici-ucraini:-%E2%80%9Ctraditi%E2%80%9D-dalle-%E2%80%9Cmezze-verit%C3%A0%E2%80%9D-nella-Dichiarazione-comune-di-Francesco-e-Kirill-36684.html
Da molti dei cinque milioni di greco-cattolici dell'Ucraina, l'incontro del 12 febbraio all'aeroporto dell'Avana tra papa Francesco e il patriarca di Mosca Kirill, e più ancora la loro dichiarazione comune, sono stati percepiti come un tradimento.
L'arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, ha dato ragione di questo sentimento dei suoi fedeli in un'ampia intervista ufficiale pubblicata domenica 14 febbraio, festa della presentazione di Gesù al Tempio secondo il calendario liturgico in uso in quella Chiesa:
> "Two Parallel Worlds"
> "Two Parallel Worlds"
Il testo integrale dell'intervista sarà riprodotto prestissimo in più lingue su www.chiesa. Ma chi volesse leggerne già ora un sunto in italiano lo può trovare in questa pagina di "Asia News":
Già un anno fa, in visita a Roma, l'arcivescovo Scevchuk aveva espresso la contrarietà sua e della sua Chiesa alle posizioni di papa Francesco e della Santa Sede riguardo alla crisi ucraina, da lui giudicate troppo corrive a quelle di Mosca:
E discordanti con la politica filorussa del Vaticano apparivano anche i giudizi dell'allora nunzio apostolico in Ucraina, l'americano Thomas E. Gullickson.
Sia in un suo rapporto reso pubblico nell'autunno del 2014:
Sia in un'intervista a "Vatican Insider" del 16 febbraio 2015:
Dallo scorso novembre, il nunzio vaticano a Kiev è cambiato. Ora è l'arcivescovo Claudio Gugerotti, un diplomatico della covata del cardinale Achille Silvestrini, esperto di Chiese orientali.
Ma la linea del nuovo nunzio non si discosta affatto da quella del predecessore. E sul punto continua ad essere molto più comprensiva delle ragioni della Chiesa greco-cattolica ucraina che di quelle della segreteria di Stato e dello stesso papa, tanto più dopo l'incontro tra Francesco e Kirill all'Avana.
Basta vedere che cosa egli ha detto sabato 13 febbraio, il giorno dopo l'incontro, ai religiosi e alle religiose greco-cattolici riuniti a Kiev al termine dell'anno della vita consacrata, con al fianco un partecipe arcivescovo Scevchuk a far da traduttore dall'italiano all'ucraino.
Il video integrale del discorso del nunzio (vedi foto), intercalato frase per frase dalle traduzioni – e a tratti dai commenti – di Scevchuk, è più che mai eloquente, anche per la mimica che accompagna le parole di entrambi:
Ecco qui di seguito i passaggi principali del discorso del nunzio Gugerotti:
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"UN AEREO ANDAVA DA UNA PARTE, UNO DALL'ALTRA…"
È una bellissima occasione per me, che Sua Beatitudine mi offre, di dire una parola di riconoscenza a nome di papa Francesco, a tutti i religiosi e le religiose presenti e a tutti quelli che operano in Ucraina.
Ho pensato che la vita religiosa è la prerogativa di quelli che sono capaci di guardare in cielo. Ma voi direte: "Ma guardiamo in cielo e vediamo nuvole!". Bene, i religiosi e le religiose sono quelli che vedono il sole oltre le nuvole, e poi vanno a raccontare agli altri quello che hanno veduto.
In questi giorni abbiamo guardato oltre le nuvole. Perché c'erano gli aerei. Uno andava da una parte, uno andava dall'altra e tutti si trovavano nello stesso posto. Siamo rimasti a guardare la televisione con questi aerei che salivano e scendevano. Si incontrano gli aerei, si incontrano le persone.
L'incontro delle persone è sempre un mistero di Dio. Sapere che cosa pensa l'altro è sempre una cosa sconosciuta che noi affidiamo alla misericordia di Dio. Quando pensiamo a quante volte noi stessi pensiamo una cosa e ne diciamo un'altra, abbiamo bisogno solo della misericordia del Signore. Noi possiamo solo credere che la grazia di Dio è capace di convertire i cuori di tutti. […]
Vedete, io so che tanti di voi hanno sofferto in questi giorni per tante ragioni, tante interpretazioni, tante possibili comprensioni di ciò che è accaduto. [Scevchuk: Il papa e il patriarca Kirill, chiaro?]. Sì, mi riferivo a quegli aerei.
So quanto questo popolo ucraino soffre nella propria carne la fatica dell'incomprensione. Portate pazienza se non si può sempre dire tutto come si vorrebbe da parte di tutti, perché bisogna "compromettere" per fare un testo comune.
Sua Beatitudine sa bene quanta fatica è costato questo testo comune. [Scevchuk: Tra il papa e Kirill]. Ma gran parte dell'umanità si sarà già dimenticata del testo. La gente ricorderà l'abbraccio. E l'abbraccio è una cosa santa. Voi direte: Ma anche Giuda ha baciato Gesù e lo ha tradito! Siamo tutti piccoli traditori. Dobbiamo avere fiducia che Dio è capace di fare meraviglie anche dalle nostre miserie.
Io vi posso dire solo questo: il 22 febbraio parto per la zona dove la gente soffre, e sto là cinque giorni. Questa è la ragione per cui il papa mi ha mandato: stare assieme alla gente che soffre e cercare di aiutarla a nome suo.
Volentieri lascio tutti gli altri che lo vogliono a leggere e rileggere i documenti, per cercare di trovare tutto quello che vogliono. Preferisco andare a guardare negli occhi le persone che soffrono e ad abbracciarle ancora una volta. Ci sarà ancora qualcuno che dirà che vado ad abbracciarli per fare proselitismo. Non mi interessa. Il Signore guarda nel cuore e dona la grazia per fare i gesti giusti.
Allora, cari fratelli e sorelle religiosi, vi chiedo una preghiera speciale, per la consolazione del popolo ucraino, perché sentano sempre e comunque che il papa non li dimentica, che il papa li ama, che il papa li sente vicini.
Per tutto il resto, ricordiamoci quello che dice la Sacra Scrittura: "Passa la scena di questo mondo". Passano le politiche, passano i politici, rimane soltanto il Regno di Dio di fronte a noi.
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Si può notare come il nunzio vaticano in Ucraina suggerisca esplicitamente di mettere da parte, se non addirittura di "dimenticare", il testo della dichiarazione congiunta firmata all'Avana dal papa e dal patriarca di Mosca.
È la minimizzazione che lo stesso Francesco ha fatto capire di volere, declassando a solo "pastorale" – e in in ogni caso a "non politica" – la dichiarazione, nel commentarla durante il volo da Cuba a Città del Messico.
Una minimizzazione puntualmente amplificata dagli scrittori della corte papale, da "La Civiltà Cattolica" a "Vatican Insider":
Ormai occorre mettersi il cuore in pace e deporre la speranza che J.M. Bergoglio sia portatore di un raziocinio che, in modo responsabile e ADULTO, valuti la portata delle sue affermazioni e dei suoi atti.
RispondiEliminaPer lui dire e fare tutto e anche il contrario NON costituisce un problema, non lo trattiene neppure il pensiero di figuracce mondiali.
Nello specifico dell'incontro con Kirill, è stato più che palese che per lui il 'tutto' dell'evento erano il grande scambio di baci riconciliatori e il continuare a ripetere, come un mantra, 'somos hermanos' (cose belle ma CONFUSIVE se poste a sigillo di accordi storici assolutamente non pesati nella loro portata, e nella ricaduta che possono avere su altri soggetti terzi).
Sua strategia 'pastorale': affettività esuberante, magari fuori luogo, e fantasia al potere, che non sono esattamente una bella combinazione.
La domanda vera riguarda i suoi 'collaboratori coristi': con che coscienza avallano o sostengono a parole certe decisioni papali? Capisco che la speranza di avanzamenti di carriera ecclesiastica sia forte (non trovo altra spiegazione per comportamenti così servili e menefreghisti circa i propri doveri), ma so che c'è un limite a tutto.
Marisa